Titolo originale Ursprung des deutscben Trauerspiels
© 1974 Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main
© 1999 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino
Traduzione di Flavio Cuniberto
www.einaudi.it
ISBN 978-88-06· I 52 I }·O
Walter Benjamin n dramma barocco tedesco
Introduzione di Giulio Schiavoni
Nuova edizione
Einaudi
Titolo originale Ursprung des deutscben Trauerspiels
© 1974 Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main
© 1999 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino
Traduzione di Flavio Cuniberto
www.einaudi.it
ISBN 978-88-06· I 52 I }·O
Walter Benjamin n dramma barocco tedesco
Introduzione di Giulio Schiavoni
Nuova edizione
Einaudi
Indice
p.vu Fuori dal coro di Giulio Schiavoni
Il dramma barocco tedesco
3 Premessa gnoseologica
Dramma e tragedia
32 I.
76 II.
II4 m.
Allegoria e dramma barocco
134 I.
164 II.
I9I m.
Indice
p.vu Fuori dal coro di Giulio Schiavoni
Il dramma barocco tedesco
3 Premessa gnoseologica
Dramma e tragedia
32 I.
76 II.
II4 m.
Allegoria e dramma barocco
134 I.
164 II.
I9I m.
Fuori dal coro
I.
Il Dramma barocco tedesco avrebbe dovuto schiudere a W alter Benjamin le porte del mondo accademico. _Per il suo taglio non convenzionale esso ne sand invece l'esclusione. E sorprendente che, quando venne pubblicato a Berlino nel 1928, il libro recasse il semplice titolo Ursprung des deutschen Trauerspiels, senza neppure un accenno o una nota a piè di pagina che facessero intravedere al lettore che quella trattazione sull'«origine del dramma tedesco» (tale il significato letterale del titolo) costituiva una tesi presentata per ottenere la libera docenza (Habilitation) e rifiutata dalla Facoltà di Filosofia dell'Università di Francoforte. L'editore Ernst Rowohlt, al quale esso era stato raccomandato dallo scrittore Franz Hessel e il quale pubblicava nel medesimo anno anche la raccolta di prose e aforismi benjaminiani intitolata Strada a senso unico (Einbahnstrafte), lo mandava in stampa mantenendo un velo di pietoso silenzio su uria vicenda che di certo non faceva onore all'istituzione accademica e che di fatto rivelava l'inconciliabilità fra Benjamin e l'università tedesca (anche se, probabilmente, il rifiuto avrebbe potuto provenire da qualsiasi altra università, non solo tedesca). Con un'«irtfame e sfrontata battuta» e non senza compiacimento, riferendosi a Benjamin, un professore universitario, Erich Rothacker, avrebbe in seguito commentato: «All'intelligenza non. si può conferire la libera docenza»1
•
A guisa di amara e ironica glossa a tale esclusione, Benjamin redasse nel luglio del 1925 un commento concepito come «Premessa» retrospettiva al suo libro sul barocco e pubblicato soltanto circa mezzo secolo piu tardi. Era una nuova versione della fiaba della Bella Addormentata raccolta dai fratelli Grimm, adattata alla vicenda personale occorsagli nella 'selva' dell'Università, nella quale Benjamin faceva comprendere di aver già in un certo senso previsto l'impossibilità
1 « Den Geist kann man nicht habilitieremo. ll giudizio è riferito in GERSHOM SCHOLEM,
W alter Ben;amin: die Geschichte einer Freundscha/t, Frankfurt am Main 1975; trad. it. W alter Benjamin.Storia di un'amicizia, Milano 1992, p. 183.
Fuori dal coro
I.
Il Dramma barocco tedesco avrebbe dovuto schiudere a W alter Benjamin le porte del mondo accademico. _Per il suo taglio non convenzionale esso ne sand invece l'esclusione. E sorprendente che, quando venne pubblicato a Berlino nel 1928, il libro recasse il semplice titolo Ursprung des deutschen Trauerspiels, senza neppure un accenno o una nota a piè di pagina che facessero intravedere al lettore che quella trattazione sull'«origine del dramma tedesco» (tale il significato letterale del titolo) costituiva una tesi presentata per ottenere la libera docenza (Habilitation) e rifiutata dalla Facoltà di Filosofia dell'Università di Francoforte. L'editore Ernst Rowohlt, al quale esso era stato raccomandato dallo scrittore Franz Hessel e il quale pubblicava nel medesimo anno anche la raccolta di prose e aforismi benjaminiani intitolata Strada a senso unico (Einbahnstrafte), lo mandava in stampa mantenendo un velo di pietoso silenzio su uria vicenda che di certo non faceva onore all'istituzione accademica e che di fatto rivelava l'inconciliabilità fra Benjamin e l'università tedesca (anche se, probabilmente, il rifiuto avrebbe potuto provenire da qualsiasi altra università, non solo tedesca). Con un'«irtfame e sfrontata battuta» e non senza compiacimento, riferendosi a Benjamin, un professore universitario, Erich Rothacker, avrebbe in seguito commentato: «All'intelligenza non. si può conferire la libera docenza»1
•
A guisa di amara e ironica glossa a tale esclusione, Benjamin redasse nel luglio del 1925 un commento concepito come «Premessa» retrospettiva al suo libro sul barocco e pubblicato soltanto circa mezzo secolo piu tardi. Era una nuova versione della fiaba della Bella Addormentata raccolta dai fratelli Grimm, adattata alla vicenda personale occorsagli nella 'selva' dell'Università, nella quale Benjamin faceva comprendere di aver già in un certo senso previsto l'impossibilità
1 « Den Geist kann man nicht habilitieremo. ll giudizio è riferito in GERSHOM SCHOLEM,
W alter Ben;amin: die Geschichte einer Freundscha/t, Frankfurt am Main 1975; trad. it. W alter Benjamin.Storia di un'amicizia, Milano 1992, p. 183.
vm Giulio Schiavoni
che allibro arridesse qualche successo in ambito accademico e nella quale traspariva anche un comprensibile desiderio di rivalsa:
Vorrei raccontare, per la seconda volta, la fiaba della Bella Addormentata. Lei dorme entro il suo roveto. Poi, dopo tanti anni, si risveglia. Ma non per un bacio del Bel Principe. A risvegliarla è stato il capocuoco, quando dà allo sguattero lo schiaffo che
echeggia per il castello con tutta la forza accumulata in tanti anni. Una bella fanciulla è assopita dietro i cespugli spinosi delle pagine che se
guono.
Ma che nessun Bel Principe adorno dell'armatura lucente della scienza si avvicini troppo, perché se abbraccerà la sua fidanzata per baciarla lei gli darà un morso.
Per risvegliarla, l'autore ha riservato a se stesso il ruolo del capocuoco. Da troppo tempo ormai si attende lo schiaffo che dovrà echeggiare nei padiglioni della scienza.
Solo allora si risveglierà anche quella povera verità che ·si è punta con la conocchia antiquata quando, entrando abusivamente in uno sgabuzzino di robe vecchie, ha voluto tessersi un abito da professore.
Francoforte sul Meno, luglio 1925
(Premessa allibro sul Trauerspielf.
È come se, in questa laconica e allusiva risposta alle autorità accademiche che «non avevano compreso una sola parola» del suo scritto3 e che gli avevano appena rifiutato quell' Habilitation indispensabile in Germania per chiunque ambisse a divenire professore universitario, il mancato 'libero docente', imprigionato entro gli steccati accademici, nelle vesti del cuoco avesse voluto infliggere all'Università uno schiaffo rimasto a lungo in sospeso. Ed è come se, nel fragore di quel ceffone, avesse preso a rianimarsi la «povera verità» (la principessa), condannata all'assopimento in seguito alla
2 W ALTER BENJAMIN, Vorrede zum Trauerspielbuch, in GesammelteSchri/ten, a cura di R. Tiedemann e H. Schweppenhauser, Frankfurt am Main 1974, I{3, pp. 901-2. In una lettera del5 aprile 1926, parlando della sua produzione letteraria piu recente, Benjamin riferiva all'amico Gershom Scholem in proposito: «Per il resto non sono venute alla luce cose di particolare entità. La cosa piu degna di menzione è la Premessa di dieci righe che sul libro sul Trauerspiel ho scritto all'indirizzo dell'Università di Francoforte e che considero fra i miei pezzi piu riusciti» (cfr. W ALTER BENJAMIN, Briefe, a cura di G. Scholem e Th. W. Adorno, Frankfurt am Main 1966, I, p. 416). Nel suo Moskauer Tagebuch (trad. it. Diario moscovita, Torino 1983, p. 46) Benjamin ricorda di aver letto questa «Premessa contro l'università di Francoforte» ad Asja Lacis alla vigilia di Natale del 1926: «Per me può essere importante quel che mi ha detto Asja, e cioè che nonostante tutto devo semplicemente scrivere: Respinto dall'Università di Francoforte sul Meno».
' Questo avrebbero raccontato a Benjamin i professori Franz Schultz e Hans Cornelius, ai quali era spettata l'ultima parola sul caso Benjamin. Cfr. SCHOLEM, W alter Betziamin cit., p. 200.
Fuori dal coro ·IX
puntura di un fuso avvelenato durante la preparazione di un abito da professore, quella «povera verità» a cui le persone coinvolte nella vicenda francofortese non parevano essersi accostate seriamente. Non era poi molto diversa, del resto, la prospettiva che Benjamin dischiudeva nelle ultime pagine del libro ragionando di un divario incolmabile fra Wissenschaft (scienza o sapere) ed Erkenntnis (conoscenza).
Ci si è domandati piu volte se e in che misura Benjamin, di fronte alla prospettiva accademica, che da un lato avrebbe posto fine alla precarietà delle sue condizioni di vita ma che dall'altro gli ripugnava, non abbia in fondo contribuito lui stesso a provocare quel verdetto negativo e quello scacco, o se egli perlomeno non abbia rincorso soltanto per metà quell'inseriinento nella vita universitaria, se non l'abbia cioè tentato sapendo di attuare una sorta di «esperienza sociologica», non priva di qualche analogia- pur nella diveristà dei contesti -con quella che egli, nel 1931, avrebbe attribuita a Charles Baudelaire, il quale aveva presentato la propria candidatura all' Académie française, venendone però respinto4
•
Certo è che la vicenda francofortese, che si situava peraltro nel momento di una radicalizzazione del suo impegno politico, in coincidenza con la frequentazione di autori della sinistra rivoluzionaria come Bert Brecht,. Ernst Bloch, Georg Lukacs o della regista teatrale russa Asja Lacis, costituf nella vita di Benjamin una cesura, un gesto di 'interruzione', una perdita da cui egli ebbe forse solo da guadagnare, almeno sotto il profilo dell'indipendenza intellettuale. (D'altronde non era forse stata proprio la dimensione della rovina, dello scacco piu che della salvezza, ad apparirgli peculiare e produttiva nel sentire degli autori barocchi da lui studiati?) In tal senso il suo difficile ma tutt'altro che illeggibile libro sul dramma barocco tedesco, prefigurabile come uno «schiaffo» non soltanto destinato a restare sospeso o collocato in un vago futuro ma affibbiato di fatto alle vuote certezze della 'scienza' accademica (fosse essa Kunstwissenscha/t, Literaturwissenschaft o quant'altro), rappresentava in primo luogo un atto d'amore nei confronti del pieno e negletto orizzonte della Verità e della parola pura, che per i vari Schultz e Cornelius restava assolutamente impenetrabile e alla quale andava subordinata ogni ricerca. In pari tempo esso veniva a configurarsi anche come uno fra i molte-
' Sulle implicazioni della vicenda francofortese di Benjamin e sul significato di questa Premessa retrospettiva anche per i commentatori di Benjamin, cfr. IRVING WOHLFARTH,
Riabilitazione di Ben;amin? Per un'autocritica, in L. BELLOI e L. LO'ITI (a cura di), W alter Beniamin. Tempo storia linguaggio, Roma 1983, pp. 239-43, e m., Hors-d'reuvre, Prefazio-ne a W ALTER BENJAMIN, Origine du drame baroque allemand, Paris 1985, pp. 9 sgg. ·
vm Giulio Schiavoni
che allibro arridesse qualche successo in ambito accademico e nella quale traspariva anche un comprensibile desiderio di rivalsa:
Vorrei raccontare, per la seconda volta, la fiaba della Bella Addormentata. Lei dorme entro il suo roveto. Poi, dopo tanti anni, si risveglia. Ma non per un bacio del Bel Principe. A risvegliarla è stato il capocuoco, quando dà allo sguattero lo schiaffo che
echeggia per il castello con tutta la forza accumulata in tanti anni. Una bella fanciulla è assopita dietro i cespugli spinosi delle pagine che se
guono.
Ma che nessun Bel Principe adorno dell'armatura lucente della scienza si avvicini troppo, perché se abbraccerà la sua fidanzata per baciarla lei gli darà un morso.
Per risvegliarla, l'autore ha riservato a se stesso il ruolo del capocuoco. Da troppo tempo ormai si attende lo schiaffo che dovrà echeggiare nei padiglioni della scienza.
Solo allora si risveglierà anche quella povera verità che ·si è punta con la conocchia antiquata quando, entrando abusivamente in uno sgabuzzino di robe vecchie, ha voluto tessersi un abito da professore.
Francoforte sul Meno, luglio 1925
(Premessa allibro sul Trauerspielf.
È come se, in questa laconica e allusiva risposta alle autorità accademiche che «non avevano compreso una sola parola» del suo scritto3 e che gli avevano appena rifiutato quell' Habilitation indispensabile in Germania per chiunque ambisse a divenire professore universitario, il mancato 'libero docente', imprigionato entro gli steccati accademici, nelle vesti del cuoco avesse voluto infliggere all'Università uno schiaffo rimasto a lungo in sospeso. Ed è come se, nel fragore di quel ceffone, avesse preso a rianimarsi la «povera verità» (la principessa), condannata all'assopimento in seguito alla
2 W ALTER BENJAMIN, Vorrede zum Trauerspielbuch, in GesammelteSchri/ten, a cura di R. Tiedemann e H. Schweppenhauser, Frankfurt am Main 1974, I{3, pp. 901-2. In una lettera del5 aprile 1926, parlando della sua produzione letteraria piu recente, Benjamin riferiva all'amico Gershom Scholem in proposito: «Per il resto non sono venute alla luce cose di particolare entità. La cosa piu degna di menzione è la Premessa di dieci righe che sul libro sul Trauerspiel ho scritto all'indirizzo dell'Università di Francoforte e che considero fra i miei pezzi piu riusciti» (cfr. W ALTER BENJAMIN, Briefe, a cura di G. Scholem e Th. W. Adorno, Frankfurt am Main 1966, I, p. 416). Nel suo Moskauer Tagebuch (trad. it. Diario moscovita, Torino 1983, p. 46) Benjamin ricorda di aver letto questa «Premessa contro l'università di Francoforte» ad Asja Lacis alla vigilia di Natale del 1926: «Per me può essere importante quel che mi ha detto Asja, e cioè che nonostante tutto devo semplicemente scrivere: Respinto dall'Università di Francoforte sul Meno».
' Questo avrebbero raccontato a Benjamin i professori Franz Schultz e Hans Cornelius, ai quali era spettata l'ultima parola sul caso Benjamin. Cfr. SCHOLEM, W alter Betziamin cit., p. 200.
Fuori dal coro ·IX
puntura di un fuso avvelenato durante la preparazione di un abito da professore, quella «povera verità» a cui le persone coinvolte nella vicenda francofortese non parevano essersi accostate seriamente. Non era poi molto diversa, del resto, la prospettiva che Benjamin dischiudeva nelle ultime pagine del libro ragionando di un divario incolmabile fra Wissenschaft (scienza o sapere) ed Erkenntnis (conoscenza).
Ci si è domandati piu volte se e in che misura Benjamin, di fronte alla prospettiva accademica, che da un lato avrebbe posto fine alla precarietà delle sue condizioni di vita ma che dall'altro gli ripugnava, non abbia in fondo contribuito lui stesso a provocare quel verdetto negativo e quello scacco, o se egli perlomeno non abbia rincorso soltanto per metà quell'inseriinento nella vita universitaria, se non l'abbia cioè tentato sapendo di attuare una sorta di «esperienza sociologica», non priva di qualche analogia- pur nella diveristà dei contesti -con quella che egli, nel 1931, avrebbe attribuita a Charles Baudelaire, il quale aveva presentato la propria candidatura all' Académie française, venendone però respinto4
•
Certo è che la vicenda francofortese, che si situava peraltro nel momento di una radicalizzazione del suo impegno politico, in coincidenza con la frequentazione di autori della sinistra rivoluzionaria come Bert Brecht,. Ernst Bloch, Georg Lukacs o della regista teatrale russa Asja Lacis, costituf nella vita di Benjamin una cesura, un gesto di 'interruzione', una perdita da cui egli ebbe forse solo da guadagnare, almeno sotto il profilo dell'indipendenza intellettuale. (D'altronde non era forse stata proprio la dimensione della rovina, dello scacco piu che della salvezza, ad apparirgli peculiare e produttiva nel sentire degli autori barocchi da lui studiati?) In tal senso il suo difficile ma tutt'altro che illeggibile libro sul dramma barocco tedesco, prefigurabile come uno «schiaffo» non soltanto destinato a restare sospeso o collocato in un vago futuro ma affibbiato di fatto alle vuote certezze della 'scienza' accademica (fosse essa Kunstwissenscha/t, Literaturwissenschaft o quant'altro), rappresentava in primo luogo un atto d'amore nei confronti del pieno e negletto orizzonte della Verità e della parola pura, che per i vari Schultz e Cornelius restava assolutamente impenetrabile e alla quale andava subordinata ogni ricerca. In pari tempo esso veniva a configurarsi anche come uno fra i molte-
' Sulle implicazioni della vicenda francofortese di Benjamin e sul significato di questa Premessa retrospettiva anche per i commentatori di Benjamin, cfr. IRVING WOHLFARTH,
Riabilitazione di Ben;amin? Per un'autocritica, in L. BELLOI e L. LO'ITI (a cura di), W alter Beniamin. Tempo storia linguaggio, Roma 1983, pp. 239-43, e m., Hors-d'reuvre, Prefazio-ne a W ALTER BENJAMIN, Origine du drame baroque allemand, Paris 1985, pp. 9 sgg. ·
x Giulio Schiavoni
plici gesti di ribellione di W alter Benjamin (q~ali saranno, sul fi~e degli anni Venti, ad esempio Strada a senso unzco o, poco dopo, l Infanzia berlinese [Berliner Kindheit .um ~eunze.hnhundert]) alla ~tura weimariana, agli autoinganni deg~ a~ Vent~, c~me un modo ~h porsi cioè al di fuori anche dei rituali dell eserc1taz10ne accadem1ca, ol-tre che dei giochi ingannevoli della letteratura.
L'inquietante disavventura ~cca~emica fr~c?~ortese avrebbe costretto Benjamin a una precaria esistenza di cnuco, traduttore, recensore e radiocronista. L'iter di tale disavventura è stato rece~temente ricostruito - con coraggiosa ostinazione - da ~';ll'khardt Lu~dner' sulla base del materiale presente sotto la d1c1tura «Pratica Benjamin per l'abilitazione alla. libera doce~a?> (H~bilita~ons.akte Beniamin) nell'Archivio dell'antica Facoltà d1 Fil?sof1a dell Uruversità di Francoforte, la st~ssa Facoltà che avrebbe, m~ece ~c:olto st~diosi come Max Horkheimer e Theodor W. Adorno. Puo g10vare r1-
' Cfr BURJ<HAliDT LINDNER Habilitationsakte Ben;amin. O ber ein .rakadernisches Trauerspiel» und uber ein Vorkapitetd.er .. Frankfurter Schule» (Horkheimer Adorno)! in ID. ~a ~radi), W alter Ben;amin im Kontext, Konigstein 198~, P~· 32.4-41. L~ «Pratt~a BenJamm per l'abilitazione alla libera docenza» contiene (nell ordine): x. cumcu/um Vltae_<!.ebens: /auj),
2• domanda di abilitazion~ alla li~er,a d<><;enza (Habilita.tion~gesuck), 3; c~tftcato dt
buona condotta (Fuhrungszeugms), 4· dichiaraztone del commtSsarto dell Uruversttà, 5. lettera del Preside professar Schultz al professar Comeli~s, ?· parere .del pro!essor C~rn~lius (Gutachten Corne/ius) 7. descrizione di W alter BenJamm della d1Ssertaztone per l ab~litazione alla libera doce~za, 8.lettera del Preside a Benjantin, 9.lettera della ~egretena della Presidenza sulla restituzione dei documenti presentati, e 10. documenta~tone re~ativa alla richiesta di Rolf Tiedemann, in quanto curato~ d~ e Ges~~/te ~chri/ten ~nJa· miniane di poter prendere visione della «Pratica BenJamm per l abilitaztone alla hbera docenza'» e di citarla. Può valere la pena ricordare le motivazioni addotte nel negare l' accesso agli Atti a Rolf Tiedemann: secondo una pre~isazi~~e scrit~a del5 settembre 1973 dell'ufficio legale dell'Università di Francoforte, gh Attltn guesttone non ~onterrebbero nulla di «onorevole» (EhrenrUhriges) per le persone allora comvolte n~ vtcenda. ll_professor Becker Preside della Facoltà di Filosofia, assicurava che «non susst~t~no dubb1 che lo stile di BenJantin è difficilmente comprensibile o addirittura !n~omp~enstbile (n_u~ schwer zu verstehen oder uberhaupt nicht zu verstehen)», e comurtque 1 giudizi formulat~ m ~casione del tentativo di W alter Benjamin di ottenere la libera docenza erano tali da rie~trare nella «sfera privata protetta dal diritto costiruzionale» ed erano pertanto da const-derare riservati. , .
Ampio materiale documentario (annotazioni, appunti occasionali, un.a pref.aZtone me-dita) su tutta la vicenda è presente anche in BE.NJAMIN, Gesam_me/te Schri/ten c1t., I/3, PP·
868-84 e 895·914. . . . • Non va tuttavia dimenticato che neppure Adorno ebbe vtta facile. con la sua. libera
docenza presso la stesso Facoltà dell'Università~ Francoforte: il su~ prtmo tentattvo nel
1927 (con il lavoro pubblicato postumo Der Begriffdes Unbewuftten m der transz~denta/en See/en/ehre), infatti, non ebbe successo. Egli riusd nell'impresa soltanto successivamente,
Fuori dal coro XI
percorrerne ora nei dettagli alcuni dei momenti piu salienti, prima di enucleare alcune peculiarità dello studio benjaminiano.
Benjamin sembrava intenzionato in un primo tempo ad accogliere l'offerta di conseguire la libera docenza con il professar Richard Herbertz, personalità «quanto mai incolore»7 sotto la cui guida egli si era laureato all'Università di Berna nel giugno 1919 sul Concetto di critica d'arte nel romanticismo tedesco (Der Begriff der Kunstkritik in der deutsch~ Romantik). A part,ire dal 1922, tuttavia, in una situazione di precanetà economica e di conflitto con i genitori (pur coabitando ancora con loro insieme alla moglie Dora), il suo progetto di conseguire la libera docenza si fece impellente. A trent'anni compiuti, Benjamin avv_ertiva l'urgenza di ottenere un «riconoscimento pubblico», sf da far ncredere i propri genitori nei confronti di attività in sé nobilissime come il lavoro da antiquario o la ricerca storico-letteraria, considerate però dagli estranei buoni borghesi come« arti che non danno pane» e da troncare cosi la torturante dipendenza dai familiari: «Quanto piu i miei genitori si mostrano testardi, tanto piu devo preoccuparmi·di ottenere un riconoscimento pubblico che li richiami all'ordine»8
• La carriera universitaria gli appariva come un'occasione per veder confermata la propria scelta di studioso, nella convinzione che, dopo il suo conseguimento della venia legendi, i genitori si sarebbero sentiti moralmente vincolati a garantire al suo spirito un maggiore sostegno materiale e indotti "'" secondo il suo proposito - a liquidargli in anticipo la sua eredità assicurandogli «una pur limitatissima rendita annua».
Nel 1922, dopo che i rapporti con Herbertz si erano affievoliti a causa del lungo tergiversare di quest'ultimo, le tenui speranze di conseguire la libera docenza a Berna erano definitivamente tramontate. Benjamin sondò allora la possibilità di conseguire l' Habilitation all'Università di Heidelberg, dove prese parte alle lezioni tenute da Fri~drich G?n~olf, ~ece la s,onoscenza di Karl]aspers e riprese i contat~I con Hemnch Rtckert, suo ex professore a Friburgo. Dovette tuttavia constatare che la Facoltà di Filosofia stava favorendo un altro candidato: Karl Mannheim. Benjamin decise allora di tentare l'ultima spiaggia: provare con Francoforte, in cui viveva ancora lo zio materno Arthur Moritz Schèinflies, ex rettore della locale Università e da poco in pensione. Riferimento chiave nella nuova situazione divenne Gottfried Salomon-Delatour, libero docente di sociologia nella stessa
nel 1930, con ill~voro Kierkega~rd. Konstruktiat; des Asthetischen. Meno nitido appare il compo:tamento d1 Max Horkhetmer, allora ass1Stente del professar Hans Cornelius, In propostto cfr. LINDNER, Habi/itationsakte Beniamin cit., pp. 335-38,
7 Cfr. SCHOLE.M, W alter Ben;amin cit., p. 79· • Cfr. BE~AMIN, Briefe cit., l, p. 2.93 (lettera del 14 ottobre 1922. a Florens Christian
Rang); trad. It. Lettere I9IJ·I940, Torma 1978, p, 59·
x Giulio Schiavoni
plici gesti di ribellione di W alter Benjamin (q~ali saranno, sul fi~e degli anni Venti, ad esempio Strada a senso unzco o, poco dopo, l Infanzia berlinese [Berliner Kindheit .um ~eunze.hnhundert]) alla ~tura weimariana, agli autoinganni deg~ a~ Vent~, c~me un modo ~h porsi cioè al di fuori anche dei rituali dell eserc1taz10ne accadem1ca, ol-tre che dei giochi ingannevoli della letteratura.
L'inquietante disavventura ~cca~emica fr~c?~ortese avrebbe costretto Benjamin a una precaria esistenza di cnuco, traduttore, recensore e radiocronista. L'iter di tale disavventura è stato rece~temente ricostruito - con coraggiosa ostinazione - da ~';ll'khardt Lu~dner' sulla base del materiale presente sotto la d1c1tura «Pratica Benjamin per l'abilitazione alla. libera doce~a?> (H~bilita~ons.akte Beniamin) nell'Archivio dell'antica Facoltà d1 Fil?sof1a dell Uruversità di Francoforte, la st~ssa Facoltà che avrebbe, m~ece ~c:olto st~diosi come Max Horkheimer e Theodor W. Adorno. Puo g10vare r1-
' Cfr BURJ<HAliDT LINDNER Habilitationsakte Ben;amin. O ber ein .rakadernisches Trauerspiel» und uber ein Vorkapitetd.er .. Frankfurter Schule» (Horkheimer Adorno)! in ID. ~a ~radi), W alter Ben;amin im Kontext, Konigstein 198~, P~· 32.4-41. L~ «Pratt~a BenJamm per l'abilitazione alla libera docenza» contiene (nell ordine): x. cumcu/um Vltae_<!.ebens: /auj),
2• domanda di abilitazion~ alla li~er,a d<><;enza (Habilita.tion~gesuck), 3; c~tftcato dt
buona condotta (Fuhrungszeugms), 4· dichiaraztone del commtSsarto dell Uruversttà, 5. lettera del Preside professar Schultz al professar Comeli~s, ?· parere .del pro!essor C~rn~lius (Gutachten Corne/ius) 7. descrizione di W alter BenJamm della d1Ssertaztone per l ab~litazione alla libera doce~za, 8.lettera del Preside a Benjantin, 9.lettera della ~egretena della Presidenza sulla restituzione dei documenti presentati, e 10. documenta~tone re~ativa alla richiesta di Rolf Tiedemann, in quanto curato~ d~ e Ges~~/te ~chri/ten ~nJa· miniane di poter prendere visione della «Pratica BenJamm per l abilitaztone alla hbera docenza'» e di citarla. Può valere la pena ricordare le motivazioni addotte nel negare l' accesso agli Atti a Rolf Tiedemann: secondo una pre~isazi~~e scrit~a del5 settembre 1973 dell'ufficio legale dell'Università di Francoforte, gh Attltn guesttone non ~onterrebbero nulla di «onorevole» (EhrenrUhriges) per le persone allora comvolte n~ vtcenda. ll_professor Becker Preside della Facoltà di Filosofia, assicurava che «non susst~t~no dubb1 che lo stile di BenJantin è difficilmente comprensibile o addirittura !n~omp~enstbile (n_u~ schwer zu verstehen oder uberhaupt nicht zu verstehen)», e comurtque 1 giudizi formulat~ m ~casione del tentativo di W alter Benjamin di ottenere la libera docenza erano tali da rie~trare nella «sfera privata protetta dal diritto costiruzionale» ed erano pertanto da const-derare riservati. , .
Ampio materiale documentario (annotazioni, appunti occasionali, un.a pref.aZtone me-dita) su tutta la vicenda è presente anche in BE.NJAMIN, Gesam_me/te Schri/ten c1t., I/3, PP·
868-84 e 895·914. . . . • Non va tuttavia dimenticato che neppure Adorno ebbe vtta facile. con la sua. libera
docenza presso la stesso Facoltà dell'Università~ Francoforte: il su~ prtmo tentattvo nel
1927 (con il lavoro pubblicato postumo Der Begriffdes Unbewuftten m der transz~denta/en See/en/ehre), infatti, non ebbe successo. Egli riusd nell'impresa soltanto successivamente,
Fuori dal coro XI
percorrerne ora nei dettagli alcuni dei momenti piu salienti, prima di enucleare alcune peculiarità dello studio benjaminiano.
Benjamin sembrava intenzionato in un primo tempo ad accogliere l'offerta di conseguire la libera docenza con il professar Richard Herbertz, personalità «quanto mai incolore»7 sotto la cui guida egli si era laureato all'Università di Berna nel giugno 1919 sul Concetto di critica d'arte nel romanticismo tedesco (Der Begriff der Kunstkritik in der deutsch~ Romantik). A part,ire dal 1922, tuttavia, in una situazione di precanetà economica e di conflitto con i genitori (pur coabitando ancora con loro insieme alla moglie Dora), il suo progetto di conseguire la libera docenza si fece impellente. A trent'anni compiuti, Benjamin avv_ertiva l'urgenza di ottenere un «riconoscimento pubblico», sf da far ncredere i propri genitori nei confronti di attività in sé nobilissime come il lavoro da antiquario o la ricerca storico-letteraria, considerate però dagli estranei buoni borghesi come« arti che non danno pane» e da troncare cosi la torturante dipendenza dai familiari: «Quanto piu i miei genitori si mostrano testardi, tanto piu devo preoccuparmi·di ottenere un riconoscimento pubblico che li richiami all'ordine»8
• La carriera universitaria gli appariva come un'occasione per veder confermata la propria scelta di studioso, nella convinzione che, dopo il suo conseguimento della venia legendi, i genitori si sarebbero sentiti moralmente vincolati a garantire al suo spirito un maggiore sostegno materiale e indotti "'" secondo il suo proposito - a liquidargli in anticipo la sua eredità assicurandogli «una pur limitatissima rendita annua».
Nel 1922, dopo che i rapporti con Herbertz si erano affievoliti a causa del lungo tergiversare di quest'ultimo, le tenui speranze di conseguire la libera docenza a Berna erano definitivamente tramontate. Benjamin sondò allora la possibilità di conseguire l' Habilitation all'Università di Heidelberg, dove prese parte alle lezioni tenute da Fri~drich G?n~olf, ~ece la s,onoscenza di Karl]aspers e riprese i contat~I con Hemnch Rtckert, suo ex professore a Friburgo. Dovette tuttavia constatare che la Facoltà di Filosofia stava favorendo un altro candidato: Karl Mannheim. Benjamin decise allora di tentare l'ultima spiaggia: provare con Francoforte, in cui viveva ancora lo zio materno Arthur Moritz Schèinflies, ex rettore della locale Università e da poco in pensione. Riferimento chiave nella nuova situazione divenne Gottfried Salomon-Delatour, libero docente di sociologia nella stessa
nel 1930, con ill~voro Kierkega~rd. Konstruktiat; des Asthetischen. Meno nitido appare il compo:tamento d1 Max Horkhetmer, allora ass1Stente del professar Hans Cornelius, In propostto cfr. LINDNER, Habi/itationsakte Beniamin cit., pp. 335-38,
7 Cfr. SCHOLE.M, W alter Ben;amin cit., p. 79· • Cfr. BE~AMIN, Briefe cit., l, p. 2.93 (lettera del 14 ottobre 1922. a Florens Christian
Rang); trad. It. Lettere I9IJ·I940, Torma 1978, p, 59·
xn Giulio Schiavoni
università, il quale suggerf a Benjamin di tentare ,dira~iunge~e la sua meta optando per la storia della letteratura o~ l estetlc~, anz1ché per la filosofia (il carteggio fra loro intercorso fra il 1922 e~ 1926 è una miniera di informazioni dettagliatissime su tutta la v~cenda francofortese). Benjamin accettò allora la proposta del preSlde ~ella Facoltà di Filosofia, il germanista Franz ScJ;ultz. (al 9~al<: ~el d1c~mbre 1922 Salomon aveva trasmesso due scrittl benJamiruaru: il saggio sul: le Affinità elettive (Goethes Wahlverwandtschaften) '!i Goe~e e la .tesl di laurea sul romanticismo tedesco) di scrivere una dissertazione ~clentifica concernente la «letteratura barocca tedesc~». ~em~ra che Sla stato proprio Gottfried Salomon a sugged:e a Be~J.amin di lavorare « s~la forma del Trauerspiel», senza ~uttav1a specificare ancora quale di-sciplina la libera docenza avrebbe: poi. do~.to rigu~dare. . .
Incoraggiato da Schultz, che gli ass1curo il pr?~r~o appoggio! Ben]amin trascorse a Francoforte l'inizio del I 9 2 3 e Vi ns.1edette stabilmente nel semestre estivo del medesimo anno, durante il q~ale ~rese p~te anche al seminario di sociologia tenuto da Salorno~, m Cl;ll aveva In
contrato un confidente disposto a prendere le sue difese riguardo all~ questioni accademiche franc~forte~ e a ~f~r~~l~ regolarmente S?B~ sviluppi della situ.azione9• ~li entu~ia~mllnlZlali d~ Sc?ultz tu~taVla s1 smorzarono via v1a, ed egli cercò di dirott~e B~nJ~ vers? ~ settore dell'estetica. Avrebbe dovuto però fare 1 conti c~m l opp<_>SlZlo~e del docente della disciplina, il professar Hans Cornelius. ~ «ld~e di fondo» della ricerca sul Trauerspiel barocco erano. «fissate. m nuce» nell'aprile 192310• Sul finire dell'autunno le tematt~he.dellibro a~parivano già ben delineate11
• Nel dicembre 192 3 BenJamin ~a co.nvmto che il progetto non lo avrebbe impegnato t7oppo a lungo : D1 ~atto, però, la raccolta del materiale per le sue «ncerche letterari~» s_i ~r~trasse sino al marzo del 1924, e la stesura del lavoro, che Ben]amin lnl-
, Cfr. eH. KAMBAS, W alter Benjamin ~n Gottfried Sa~m~n, in «DVjs», 798~, PP· 6oi: 62.1 La situazione vennè cosi riassunta m una lettera mvtata a Salomon il I agosto di qudl'anno: dn queste settimane ho avuto ampio motivo di rimpiangere la ~ua assenza, poiché se ci fosse stato Lei alcune cose sarebbero probabilment~ andate megliocll .. ~da~ che Cornelius non vuole che io ottenga la libera docenza con lw, adesso tutt~ pe ed Schultz ... È positivo il fatto che Cornelius intenda yotare. a favore della ~a libera o· cenza» (citata in W alter Benjamin 1892-1940, a cura di R. Ttedemann, C. GOdde e H. Lo· nitz, in «Marbacher Magazin», LV (I990), p. 68). . .
•• Lettera dd I 4 aprile I 923 a G. Salomon (Nachla.B Salomon, Amsterda~), clt. m M. BRO~JERSEN, Spinne im eigenen Netz. Walter Benjamin. Leben und Werk, Biihl-Moos,
I990, P· I49· il · · 'al r: ersp' l tra u «Nd complesso, si direbbe tornato in primo piano tema UllZl e, rau ~~ e ali.
gedia. È un confronto fra le due forme, concluso deducendo la ~o~ dd Tra.uersptel d a teoria dell'allegoria»: lettera dd 7 ottobre I923 a Florens Christian Rang, m BENJAMlN,
Briefe cit., l, p. 304. . • l' ff · 1 · u «Le mie ricerche letterarie sono ormat pressoché t~te, e e etuva eone ustone
dd lavoro, come sempre in questi casi, è soltanto un fatto di volontà. E una volta che la
Fuori dal coro xm
ziò ai primi di maggio13, lontano dalla sua Germania, a Capri, in un' at
mosfera spirituale e geografica sicuramente meno deprimente e in una fase della sua vita di 'svolta' marxista14
, lo impegnò sino alla fine dell'anno. Tornato a Berlino, nel dicembre ultimò la «prima stesura» del lavoro, perlomeno le parti che egli intendeva presentare a Francoforte, come egli riferf in una lettera a Salomon il29 dicembre 1924u.
Poco tempo dopo, Benjamin deve aver completato anche l'introduzione nella sua prima stesura, come si deduce da un'altra lettera dei primi di febbraio al suo confidente francofortese nella quale egli affermava di aver attuato quanto si era «prefisso »16
• Alla fine di mar-
red~ione scritta sia terminata, cosa che comunque ovviamente richiede ancora qualche settimana, sono abbastanza fiducioso di riuscire a consegnare il lavoro. Mi sono dedicato alla cosa con la massima intensità e credo che la materia estremamente ostica vi si presenti quasi seducente e· misteriosa. Ormai ho scoperto molti nessi estremamente sorprenden· ti»: lettera del2 I dicembre I 92 3 a Gottfried Salomon, in W alter Beniamin z 892·1940 cit.; p. 68.
" Va tuttavia ricordato che già nel I9I6 Benjamin aveva dedicato ad alcune tematiche centrali del suo lavoro in particolare il saggio Ursprung und Tragadie. In questo senso risulta comprensibile la dedica del lavoro alla moglie Dora Kdlner «Abbozzato nel 1916, composto nel I925. Allora come oggi dedicato a mia moglie», riportata nell'edizione dell'Ursprung des deutschen Trauerspie/s proposta dall'editore Suhrkamp di Francoforte nel 1963.
" In una cdebre lettera del22 dicembre I924 a Gershom Scholem, Benjamin parlò di «segnali comunisti» come «segni di una svolta» che aveva destato in lui «la volontà di non mascherare piu i momenti attuali e politici» dei suoi pensieri, «ma di svilupparli, speri· mentalmente, in forma estrema» (cfr. BENJAMlN, Lettere 1913·1940 cit., p. 109). Tale «svolta», oggetto di controversie e di roventi polemiche fra gli interpreti dd!' opera benjami· niana, è connessa all'esplicito riconoscimento da parte di Benjamin ddl'importanza del materialismo storico, in seguito all'incontro caprese con la «rivoluzionaria russa» Asja Lacis e alla lettura del testo di GYORGY wx.ks, Storia e coscienza di classe (I9I I).
" «Come si richiedeva, ho scritto e scritto senza sosta, ma non a Lei. Nella sua prima stesura (Rohschrift), il lavoro è pronto ndla forma in cui voglio presentarlo a Francoforte, ossia senza la parte puramente metodologica dd!' introduzione e della conclusione. Queste ultime non le posso scrivere prima di osservare da una certa distanza il corpus dell'intero lavoro. Inoltre l'introduzione metodologica comporta talune complicazioni che risultano scoraggianti a prima vista. Il lavoro, come lo presento, non è un frammento, ma un qualcosa di organico (nicht Fragment, sondern Totalitiit); a nessuno può venire in mente che pri· ma e dopo ci sia ancora qualcosa. Esso si presenta con il titolo di Ursprung des deutschen Trauerspie/s [Origine del dramma barocco tedesco] in due patti: I: <KTrauerspiel» e tragedia, II: Allegoria e <KTrauerspiel». Ognuna di queste parti si suddivide in tre altre parti, che sono adorne di sei motti fra i piu preziosi, tutti desunti dai testi barocchi maggiormente fuori mano. Questo per quanto concerne il lavoro nel suo insieme. Negli ultimi giorni ho rallentato a causa della Diirers Melencolial di Saxl e Panofsky, Leipzig I922, sfuggitomi non so come, ottimo e molto importante. (E uscito nelle Schriften der Bibliothek Warburg [Pubblicazioni ddla Biblioteca Warburg]). Per mettere a punto il dattiloscritto ci vorranno 20 giorni, piuttosto qualche giorno in piu che in meno. Sono ancora nei tempi, se concludo alla fine di gennaio? Lo spero molto. Poiché chissà chi sarà Preside nel prossimo semestre. La faccenda deve decidersi sicuramente in questo»: lettera del 29 dicembre 1924 a Gottfried Salomon, riferita in Walter Beniamin 1892-1940 cit., p. 68.
" «Terminato il lavoro non lo è; non era fattibile. Invece sono nei tempi l'introdu?>k>ne e la I parte, già redatte (però a mano, non ancora a macchina), la II parte in forma ma-
xn Giulio Schiavoni
università, il quale suggerf a Benjamin di tentare ,dira~iunge~e la sua meta optando per la storia della letteratura o~ l estetlc~, anz1ché per la filosofia (il carteggio fra loro intercorso fra il 1922 e~ 1926 è una miniera di informazioni dettagliatissime su tutta la v~cenda francofortese). Benjamin accettò allora la proposta del preSlde ~ella Facoltà di Filosofia, il germanista Franz ScJ;ultz. (al 9~al<: ~el d1c~mbre 1922 Salomon aveva trasmesso due scrittl benJamiruaru: il saggio sul: le Affinità elettive (Goethes Wahlverwandtschaften) '!i Goe~e e la .tesl di laurea sul romanticismo tedesco) di scrivere una dissertazione ~clentifica concernente la «letteratura barocca tedesc~». ~em~ra che Sla stato proprio Gottfried Salomon a sugged:e a Be~J.amin di lavorare « s~la forma del Trauerspiel», senza ~uttav1a specificare ancora quale di-sciplina la libera docenza avrebbe: poi. do~.to rigu~dare. . .
Incoraggiato da Schultz, che gli ass1curo il pr?~r~o appoggio! Ben]amin trascorse a Francoforte l'inizio del I 9 2 3 e Vi ns.1edette stabilmente nel semestre estivo del medesimo anno, durante il q~ale ~rese p~te anche al seminario di sociologia tenuto da Salorno~, m Cl;ll aveva In
contrato un confidente disposto a prendere le sue difese riguardo all~ questioni accademiche franc~forte~ e a ~f~r~~l~ regolarmente S?B~ sviluppi della situ.azione9• ~li entu~ia~mllnlZlali d~ Sc?ultz tu~taVla s1 smorzarono via v1a, ed egli cercò di dirott~e B~nJ~ vers? ~ settore dell'estetica. Avrebbe dovuto però fare 1 conti c~m l opp<_>SlZlo~e del docente della disciplina, il professar Hans Cornelius. ~ «ld~e di fondo» della ricerca sul Trauerspiel barocco erano. «fissate. m nuce» nell'aprile 192310• Sul finire dell'autunno le tematt~he.dellibro a~parivano già ben delineate11
• Nel dicembre 192 3 BenJamin ~a co.nvmto che il progetto non lo avrebbe impegnato t7oppo a lungo : D1 ~atto, però, la raccolta del materiale per le sue «ncerche letterari~» s_i ~r~trasse sino al marzo del 1924, e la stesura del lavoro, che Ben]amin lnl-
, Cfr. eH. KAMBAS, W alter Benjamin ~n Gottfried Sa~m~n, in «DVjs», 798~, PP· 6oi: 62.1 La situazione vennè cosi riassunta m una lettera mvtata a Salomon il I agosto di qudl'anno: dn queste settimane ho avuto ampio motivo di rimpiangere la ~ua assenza, poiché se ci fosse stato Lei alcune cose sarebbero probabilment~ andate megliocll .. ~da~ che Cornelius non vuole che io ottenga la libera docenza con lw, adesso tutt~ pe ed Schultz ... È positivo il fatto che Cornelius intenda yotare. a favore della ~a libera o· cenza» (citata in W alter Benjamin 1892-1940, a cura di R. Ttedemann, C. GOdde e H. Lo· nitz, in «Marbacher Magazin», LV (I990), p. 68). . .
•• Lettera dd I 4 aprile I 923 a G. Salomon (Nachla.B Salomon, Amsterda~), clt. m M. BRO~JERSEN, Spinne im eigenen Netz. Walter Benjamin. Leben und Werk, Biihl-Moos,
I990, P· I49· il · · 'al r: ersp' l tra u «Nd complesso, si direbbe tornato in primo piano tema UllZl e, rau ~~ e ali.
gedia. È un confronto fra le due forme, concluso deducendo la ~o~ dd Tra.uersptel d a teoria dell'allegoria»: lettera dd 7 ottobre I923 a Florens Christian Rang, m BENJAMlN,
Briefe cit., l, p. 304. . • l' ff · 1 · u «Le mie ricerche letterarie sono ormat pressoché t~te, e e etuva eone ustone
dd lavoro, come sempre in questi casi, è soltanto un fatto di volontà. E una volta che la
Fuori dal coro xm
ziò ai primi di maggio13, lontano dalla sua Germania, a Capri, in un' at
mosfera spirituale e geografica sicuramente meno deprimente e in una fase della sua vita di 'svolta' marxista14
, lo impegnò sino alla fine dell'anno. Tornato a Berlino, nel dicembre ultimò la «prima stesura» del lavoro, perlomeno le parti che egli intendeva presentare a Francoforte, come egli riferf in una lettera a Salomon il29 dicembre 1924u.
Poco tempo dopo, Benjamin deve aver completato anche l'introduzione nella sua prima stesura, come si deduce da un'altra lettera dei primi di febbraio al suo confidente francofortese nella quale egli affermava di aver attuato quanto si era «prefisso »16
• Alla fine di mar-
red~ione scritta sia terminata, cosa che comunque ovviamente richiede ancora qualche settimana, sono abbastanza fiducioso di riuscire a consegnare il lavoro. Mi sono dedicato alla cosa con la massima intensità e credo che la materia estremamente ostica vi si presenti quasi seducente e· misteriosa. Ormai ho scoperto molti nessi estremamente sorprenden· ti»: lettera del2 I dicembre I 92 3 a Gottfried Salomon, in W alter Beniamin z 892·1940 cit.; p. 68.
" Va tuttavia ricordato che già nel I9I6 Benjamin aveva dedicato ad alcune tematiche centrali del suo lavoro in particolare il saggio Ursprung und Tragadie. In questo senso risulta comprensibile la dedica del lavoro alla moglie Dora Kdlner «Abbozzato nel 1916, composto nel I925. Allora come oggi dedicato a mia moglie», riportata nell'edizione dell'Ursprung des deutschen Trauerspie/s proposta dall'editore Suhrkamp di Francoforte nel 1963.
" In una cdebre lettera del22 dicembre I924 a Gershom Scholem, Benjamin parlò di «segnali comunisti» come «segni di una svolta» che aveva destato in lui «la volontà di non mascherare piu i momenti attuali e politici» dei suoi pensieri, «ma di svilupparli, speri· mentalmente, in forma estrema» (cfr. BENJAMlN, Lettere 1913·1940 cit., p. 109). Tale «svolta», oggetto di controversie e di roventi polemiche fra gli interpreti dd!' opera benjami· niana, è connessa all'esplicito riconoscimento da parte di Benjamin ddl'importanza del materialismo storico, in seguito all'incontro caprese con la «rivoluzionaria russa» Asja Lacis e alla lettura del testo di GYORGY wx.ks, Storia e coscienza di classe (I9I I).
" «Come si richiedeva, ho scritto e scritto senza sosta, ma non a Lei. Nella sua prima stesura (Rohschrift), il lavoro è pronto ndla forma in cui voglio presentarlo a Francoforte, ossia senza la parte puramente metodologica dd!' introduzione e della conclusione. Queste ultime non le posso scrivere prima di osservare da una certa distanza il corpus dell'intero lavoro. Inoltre l'introduzione metodologica comporta talune complicazioni che risultano scoraggianti a prima vista. Il lavoro, come lo presento, non è un frammento, ma un qualcosa di organico (nicht Fragment, sondern Totalitiit); a nessuno può venire in mente che pri· ma e dopo ci sia ancora qualcosa. Esso si presenta con il titolo di Ursprung des deutschen Trauerspie/s [Origine del dramma barocco tedesco] in due patti: I: <KTrauerspiel» e tragedia, II: Allegoria e <KTrauerspiel». Ognuna di queste parti si suddivide in tre altre parti, che sono adorne di sei motti fra i piu preziosi, tutti desunti dai testi barocchi maggiormente fuori mano. Questo per quanto concerne il lavoro nel suo insieme. Negli ultimi giorni ho rallentato a causa della Diirers Melencolial di Saxl e Panofsky, Leipzig I922, sfuggitomi non so come, ottimo e molto importante. (E uscito nelle Schriften der Bibliothek Warburg [Pubblicazioni ddla Biblioteca Warburg]). Per mettere a punto il dattiloscritto ci vorranno 20 giorni, piuttosto qualche giorno in piu che in meno. Sono ancora nei tempi, se concludo alla fine di gennaio? Lo spero molto. Poiché chissà chi sarà Preside nel prossimo semestre. La faccenda deve decidersi sicuramente in questo»: lettera del 29 dicembre 1924 a Gottfried Salomon, riferita in Walter Beniamin 1892-1940 cit., p. 68.
" «Terminato il lavoro non lo è; non era fattibile. Invece sono nei tempi l'introdu?>k>ne e la I parte, già redatte (però a mano, non ancora a macchina), la II parte in forma ma-
XIV Giulio Schiavoni
zo il lavoro tecnico e noioso di dettatura, assolto da Benjamin a Francoforte era terminato. Il dattiloscritto venne consegnato al professar Schultz poco alla volta: dapprima l'introduzione, composta soltanto dalla «seconda metà, quella piu mansueta» della P~emessa g~oseologica (Erkenntniskritische Y_orrede) che. fig?I'~ nel libro, pot.la prima parte intitolata «Trauersptel» e tragedta e infme la second~, mtitolàta Allegoria e «Trauerspiel», mentre venne escluso un capttolo conclusivo, progettato in un primo tempo. . ·
Per lungo tempo, tuttavia, dal professar Schultz non ~unsero cen-ni in proposito, e ben presto il «silenz~o» del rdator~ f~ Per: all~mare Benjamin17 • Si rese evidente che l'illustre germarusta (il cw scntto Klassik und Romantik der Deutschen [Classicismo e romanticismo dei tedeschi] avrebbe costituito un manuale in uso fino ~ anni _Sessanta) si stava defilando sempre piu, forse preoccupato alltdea di poter essere offuscato da quell'ebreo berli:nese es.troso; ~trap~n~ente. Schultz mostrava di volersi sottrarre a1 proprt obblighi e di mtrru:e -elegantemente - a dirottare Benjamin verso il collega Hans Cornelius, ordinario di filosofia all'Università di Francoforte e contempor~eamente incaricato dell'insegnamento di discipline artistiche (di 's~enza generale dell'arte' (Allgemeine Kunstwiss;nschaft) ~eco!ldo l'altisonante dicitura germanica). In una lettera di sfogo :ili amtc~ Scholem Benjamin esprimeva il6 aprile di quell'anno tutto il proprto sconcerto di fronte a quel professore «vigliacco»; «formai~»'. «freddo:, scostante» oltre che «male informato», che s1 contraddtstmgueva ptu per le rdazioni mondane che la competenza scientifica, e che avev~ ~messo («persino con sincera autoironia») di rimproverare a Be~Jamm il solo fatto di «non essere suo allievo»18
• Analogamen~e, nel nspo_ndere a \ma lettera chiarificatrice di Salomon, il I
0 maggto 1925 Ben]amin ne lamentava il comportamento «ignobile» e si mostrava ancora incerto se tentare o meno la via dell'Habilitation19
•
noscritta, mentre la conclusione non è ancora scritta. La conclusio~e è però fa~oltativa; il lavoro è concluso con la II parte. In fondo già la I parte, « Trauerspz~l» ~ tragedza, è un tut· to unico, ma non voglio fondarmi esclusivamente su questo ... <?btettlvamente, con q~esto lavoro ho attuato ciò che avevo in mente e, a parte q~~sto, m rap~rt? al tempo tm· piegato, e malgrado esso, ho anche sicuramen~e realizzato~ ~e era poSSibile~ (lettera del
9 febbraio 1925 a Gottfried Salomon, citata m W alter Benr~mm 1~92-I94~ ctt., P· 69). 11 «Approdato presso gli accademici dopo. queste traverste, e~p~o la mta suprema ~
goscia sul persistente silenzio di Schultz, che chiaramente non L ha. t~ormata di nulla pn· ma della sua partenza. Spero che, una volta tornato, non Le sfug~ua; atten~o un,su~ pa· rere personale prima eventualmente di consegnare la documentazione relativa all abilita-zione alla libera docenza» (ibid .) .
•• Cfr. BENJAMIN, Let~ 191)•1940 cit., p. II3· • • •• «Dalla Sua lettera deduco molte cose, nulla di buono; una cosa però .non mt è cht~
ra. Cosa sia accaduto che potrebbe spiegare la svolta che comunque è da registrare nella VI: cenda. Poiché, anche se nella presa di posizione.esplicita di Schultz non v'è nulla che egli
Fuori dal coro xv
Nondimeno, il 12 maggio 1925 egli inoltrò formale domanda per conseguire la libera docenza in estetica. Tra la documentazione allegata20 appare significativo il suo curriculum vitae, -che lascia intravedere il tentativo &mettere in collegamento l'estetica (settore che gli era stato imposto quale ambito di specializzazione) e la storia della letteratura, che costituiva la disciplina per la quale intendeva optare originariamente:
Curriculum vitae
Sono nato il 15luglio 1892 dal commerciante Emil Benjamin e da sua moglie Pauline Schonflies. Entrambi i miei genitori vivono ancora. Sono di confessione mosaica. Ho ricevuto la mia formazione scolastica nel ginnasio della Kaiser-Friedrich-Schule di Charlottenburg. Questi studi furono interrotti da due anni di permanenza presso il «Landerziehungsheim» di Haubinda in Turingia dal quattordicesimo al quindicesimo anno di età. Ho superato l'esame di maturità nel periodo pasquale del 1912. Ho studiato alle università di Friburgo, Berlino, Monaco e Berna. I miei interessi principali furono la filosofia, la storia della letteratura tedesca e la storia dell'arte. Ho pertanto seguito le lezioni dei professori Cohn, Klilge, Rickert e Witkop a Friburgo, Cassirer, Erdmann, Goldschrnidt, Hermann e Simmel a Berlino, Geiger, von der Leyen e Wolfflin a Monaco, Haberlin, Herbertz e Maync a Berna. Nel giugno del I 919 ho conseguito la laurea a Berna summa cum laude con un lavoro intitolato Il concetto della critica d'arte nel romanticismo tedesco. Ho avuto come materia fondamentale la filosofia e come materie complementari la storia della letteratura tedesca moderna e la psicologia. Dato che mi interesso soprattutto di estetica, si è fatto sempre piu stretto il legame fra i miei interessi storico-letterari e quelli filosofici. Da un approfondimento delle concezioni e delle tendenze dei Parnassiens è derivato il tentativo di una traduzione di Baudelaire, la quale ha un suo momento di centrale importanza nella prefazione intitolata Sul compito del traduttore (Oberdie Aufgabe des Obersetzers), che affronta anche teoricamente la questione del linguaggio. Partendo da un'altra prospettiva, mi sono occupato del rapporto fra la bellezza (das Schone) e l'apparenza (der Schein)
nòn abbia preparato con accortezza, tuttavia gli elementi imponderabili a mio sfavore mi sembrano diventare a poco a poco ponderabili: ad esempio il fatto che egli abbia evitato di portare ditettamente il discorso sul mio caso. Oppure: il fatto che le cose stiano in modo che Lei può scrivere che Schultz "probabilmente" farà da relatore al mio lavoro ... In base al modo in cui adesso la faccenda si presenta, anch'io devo riconoscere, con calma e freddezza, che Schultz inizia a comportarsi in maniera ignobile ... Se, in questa situazione, presenterò davvero i documenti per ottenere la libera docenza lo devo valutare a Francoforte. Determinato non lo sono piu affatto. E che cosa posso sperare da Comelius - una via esaurita -, il quale riveste lui stesso un incarico nelle discipline artistiche (Kunstwissenschaft) ?»(lettera citata in W alter Beniamin 1892-I940 cit., p. 71).
"' Oltre al dattiloscritto dell'Ursprung des deutschen Trauerspiels allegò alcuni attestati relativi ai suoi precedenti studi universitari a Friburgo, Berlino, Monaco e Berna, il diploma di laurea, il certificato di buona condotta, un curriculum vitae, una copia della sua tesi di laurea discussa all'Università di Berna, del suo saggio sulle Affinità elettive di Goethe, della sua traduzione dei Tableaux Parisiens di Baudelaire e del suo saggio Destino e carattere (Schicksal und Charakter) e infine la dichiarazione del commissario presso l'Università di Francoforte.
XIV Giulio Schiavoni
zo il lavoro tecnico e noioso di dettatura, assolto da Benjamin a Francoforte era terminato. Il dattiloscritto venne consegnato al professar Schultz poco alla volta: dapprima l'introduzione, composta soltanto dalla «seconda metà, quella piu mansueta» della P~emessa g~oseologica (Erkenntniskritische Y_orrede) che. fig?I'~ nel libro, pot.la prima parte intitolata «Trauersptel» e tragedta e infme la second~, mtitolàta Allegoria e «Trauerspiel», mentre venne escluso un capttolo conclusivo, progettato in un primo tempo. . ·
Per lungo tempo, tuttavia, dal professar Schultz non ~unsero cen-ni in proposito, e ben presto il «silenz~o» del rdator~ f~ Per: all~mare Benjamin17 • Si rese evidente che l'illustre germarusta (il cw scntto Klassik und Romantik der Deutschen [Classicismo e romanticismo dei tedeschi] avrebbe costituito un manuale in uso fino ~ anni _Sessanta) si stava defilando sempre piu, forse preoccupato alltdea di poter essere offuscato da quell'ebreo berli:nese es.troso; ~trap~n~ente. Schultz mostrava di volersi sottrarre a1 proprt obblighi e di mtrru:e -elegantemente - a dirottare Benjamin verso il collega Hans Cornelius, ordinario di filosofia all'Università di Francoforte e contempor~eamente incaricato dell'insegnamento di discipline artistiche (di 's~enza generale dell'arte' (Allgemeine Kunstwiss;nschaft) ~eco!ldo l'altisonante dicitura germanica). In una lettera di sfogo :ili amtc~ Scholem Benjamin esprimeva il6 aprile di quell'anno tutto il proprto sconcerto di fronte a quel professore «vigliacco»; «formai~»'. «freddo:, scostante» oltre che «male informato», che s1 contraddtstmgueva ptu per le rdazioni mondane che la competenza scientifica, e che avev~ ~messo («persino con sincera autoironia») di rimproverare a Be~Jamm il solo fatto di «non essere suo allievo»18
• Analogamen~e, nel nspo_ndere a \ma lettera chiarificatrice di Salomon, il I
0 maggto 1925 Ben]amin ne lamentava il comportamento «ignobile» e si mostrava ancora incerto se tentare o meno la via dell'Habilitation19
•
noscritta, mentre la conclusione non è ancora scritta. La conclusio~e è però fa~oltativa; il lavoro è concluso con la II parte. In fondo già la I parte, « Trauerspz~l» ~ tragedza, è un tut· to unico, ma non voglio fondarmi esclusivamente su questo ... <?btettlvamente, con q~esto lavoro ho attuato ciò che avevo in mente e, a parte q~~sto, m rap~rt? al tempo tm· piegato, e malgrado esso, ho anche sicuramen~e realizzato~ ~e era poSSibile~ (lettera del
9 febbraio 1925 a Gottfried Salomon, citata m W alter Benr~mm 1~92-I94~ ctt., P· 69). 11 «Approdato presso gli accademici dopo. queste traverste, e~p~o la mta suprema ~
goscia sul persistente silenzio di Schultz, che chiaramente non L ha. t~ormata di nulla pn· ma della sua partenza. Spero che, una volta tornato, non Le sfug~ua; atten~o un,su~ pa· rere personale prima eventualmente di consegnare la documentazione relativa all abilita-zione alla libera docenza» (ibid .) .
•• Cfr. BENJAMIN, Let~ 191)•1940 cit., p. II3· • • •• «Dalla Sua lettera deduco molte cose, nulla di buono; una cosa però .non mt è cht~
ra. Cosa sia accaduto che potrebbe spiegare la svolta che comunque è da registrare nella VI: cenda. Poiché, anche se nella presa di posizione.esplicita di Schultz non v'è nulla che egli
Fuori dal coro xv
Nondimeno, il 12 maggio 1925 egli inoltrò formale domanda per conseguire la libera docenza in estetica. Tra la documentazione allegata20 appare significativo il suo curriculum vitae, -che lascia intravedere il tentativo &mettere in collegamento l'estetica (settore che gli era stato imposto quale ambito di specializzazione) e la storia della letteratura, che costituiva la disciplina per la quale intendeva optare originariamente:
Curriculum vitae
Sono nato il 15luglio 1892 dal commerciante Emil Benjamin e da sua moglie Pauline Schonflies. Entrambi i miei genitori vivono ancora. Sono di confessione mosaica. Ho ricevuto la mia formazione scolastica nel ginnasio della Kaiser-Friedrich-Schule di Charlottenburg. Questi studi furono interrotti da due anni di permanenza presso il «Landerziehungsheim» di Haubinda in Turingia dal quattordicesimo al quindicesimo anno di età. Ho superato l'esame di maturità nel periodo pasquale del 1912. Ho studiato alle università di Friburgo, Berlino, Monaco e Berna. I miei interessi principali furono la filosofia, la storia della letteratura tedesca e la storia dell'arte. Ho pertanto seguito le lezioni dei professori Cohn, Klilge, Rickert e Witkop a Friburgo, Cassirer, Erdmann, Goldschrnidt, Hermann e Simmel a Berlino, Geiger, von der Leyen e Wolfflin a Monaco, Haberlin, Herbertz e Maync a Berna. Nel giugno del I 919 ho conseguito la laurea a Berna summa cum laude con un lavoro intitolato Il concetto della critica d'arte nel romanticismo tedesco. Ho avuto come materia fondamentale la filosofia e come materie complementari la storia della letteratura tedesca moderna e la psicologia. Dato che mi interesso soprattutto di estetica, si è fatto sempre piu stretto il legame fra i miei interessi storico-letterari e quelli filosofici. Da un approfondimento delle concezioni e delle tendenze dei Parnassiens è derivato il tentativo di una traduzione di Baudelaire, la quale ha un suo momento di centrale importanza nella prefazione intitolata Sul compito del traduttore (Oberdie Aufgabe des Obersetzers), che affronta anche teoricamente la questione del linguaggio. Partendo da un'altra prospettiva, mi sono occupato del rapporto fra la bellezza (das Schone) e l'apparenza (der Schein)
nòn abbia preparato con accortezza, tuttavia gli elementi imponderabili a mio sfavore mi sembrano diventare a poco a poco ponderabili: ad esempio il fatto che egli abbia evitato di portare ditettamente il discorso sul mio caso. Oppure: il fatto che le cose stiano in modo che Lei può scrivere che Schultz "probabilmente" farà da relatore al mio lavoro ... In base al modo in cui adesso la faccenda si presenta, anch'io devo riconoscere, con calma e freddezza, che Schultz inizia a comportarsi in maniera ignobile ... Se, in questa situazione, presenterò davvero i documenti per ottenere la libera docenza lo devo valutare a Francoforte. Determinato non lo sono piu affatto. E che cosa posso sperare da Comelius - una via esaurita -, il quale riveste lui stesso un incarico nelle discipline artistiche (Kunstwissenschaft) ?»(lettera citata in W alter Beniamin 1892-I940 cit., p. 71).
"' Oltre al dattiloscritto dell'Ursprung des deutschen Trauerspiels allegò alcuni attestati relativi ai suoi precedenti studi universitari a Friburgo, Berlino, Monaco e Berna, il diploma di laurea, il certificato di buona condotta, un curriculum vitae, una copia della sua tesi di laurea discussa all'Università di Berna, del suo saggio sulle Affinità elettive di Goethe, della sua traduzione dei Tableaux Parisiens di Baudelaire e del suo saggio Destino e carattere (Schicksal und Charakter) e infine la dichiarazione del commissario presso l'Università di Francoforte.
XVI Giulio Schiavoni
nella sua particolare espressione linguistica. È stato questo uno dei motivi da cui ha preso le mosse il mio saggio sulle Affinità elettive di Goethe, al quale intendo farne seguire un altro sulla Nuova Melusina (Neue Melusine). Alle riflessioni teoriche sul linguaggio presenti in alcuni capitoli della mia dissertazione che ha per titolo Origine del dramma barocco tedesco ho cercato di dare una concreta impronta storico-letteraria. Nello stringato collegamento da me tentato fra le problematiche estetiche e le· grandi opere della letteratura tedesca vedo prefigurato il metodo dei miei futuri lavori21
•
Poco tempo dopo, Benjamin espresse esplicitamente le proprie perplessità all'amico Scholem, affermando di considerare ormai «irrilevanti» le proprie chance22. Schultz, in quanto Preside della Facoltà di Filosofia, incaricò quindi il 27 maggio 1925 Hans Cornelius di preparare una relazione sul lavoro presentato da Benjamin. Tale relazione fu redatta soltanto a distanza di sei settimane (in data 7 luglio 1925), durante le quali è pensabile che, piu che dedicarsi a un'approfondita lettura del testo, Cornelius si preoccupò di chiedere all' autore di redigeme una breve sintesi. Le tre pagine dattiloscritte in cui Benjamin condensò sotto forma di tesi le sue ricerche sul dramma barocco tedesco sono state in seguito pubblicate nell'apparato critico delle Gesammelte Schriften benjaminiane:
Relazione
1. Il lavoro concerne il contenuto artistico del dtamma barocco tedesco. n. La sua problematica estetica la risolve in strettissimo collegamento con i do
cumenti storico-letterari di questa stessa forma: quindi non deducendo esteticamente, ma analizzando secondo la critica d'arte (Kunstwissenscha/t).
m. Metodologicamente esso cerca di giustificare nel concetto di«origine» (Ursprung) la stretta connessione esistente fra l'intenzione di tipo kunstwissenschaftlich, che è orientata sull'essenza del Trauerspielbarocco e del Trauerrpiel in generale, e la materia letteraria.
21 Riportato in LINDNER (a cura di), W alter Beniamin im Kontext ci t., pp. 330-3 I.
22 Cfr. BENJAMIN, Briefe cit., I, p. 379; trad. it. Lettere I9IJ·I940 cit., p. n6: «Da una settimana la mia richiesta formale di libera docenza si trova presso la Facoltà. Le mie chances sono cosi irrilevanti che ho esitato fino all'ultimo, prima di avanzare la mia candidatura. Infatti la libera docenza per storia della letteratura tedesca mi era dichiarata da ultimo e irrevocabilmente impossibile, a causa della mia «preparazione culturale», sicché ero sbattuto sulla spiaggia dell' «estetica»; e qui minacciano nuovamente le resistenze di Comelius. Poiché ha un incarico per l'insegnamento di «scienza generale dell'arte», che appartiene alla stessa specialità dell'estetica. Si aggiunga l'inattendibilità di Schultz, che non vuole compromettersi nei miei confronti, è vero, e ha pronunciato riguardo al lavoro, perché co· stretto, poche parole di massimo riconoscimento, ma non ha neanche nessuna voglia di impegnarsi. Cosi in questo momento nessuno può dire che cosa ne verrà fuori. Conto, nella Facoltà, un certo numero di benevoli signori neutrali, ma nessuno sa chi dovrebbe prendere veramente in mano la cosa. Se la cosa verrà decisa negativàmente a priori, lo saprò entro pochi giorni. Ma è piu probabile che sia insediata una commissione che lavorerà sino alla fine del semestre, e devo rallegrarmi se si prenderà una decisione prima delle vacanze estive».
Fuori dal coro XVII
rv. Il concetto di origine (Ursprung) è cosf definito: L'origine (Ursprung), pur essendo una categoria pienamente storica, non ha nulla in comune con la genesi (Entstehung). Per «origine» non si intende il divenire di ciò che scaturisce, bensf al contrario ciò che scaturisce dal divenire e dal trapassare. L'origine sta nel flusso del divenire come un vortice, e trascina dentro il suo ritmo il materiale della propria genesi. Nella nuda e palese compagine del fattuale, l'originario non si dà mai a conoscere, e il suo ritmo si dischiude soltanto a una duplice visione. Essa vuoi essere intesa da un lato come restaurazione, come ripristino, e dall'altro e proprio per questo come qualcosa di imperfetto e di inconcluso [cfr. Gesammelte Schriften, I/ x, p. 236]. Per tale ragione nel corso del lavoro si offrono degli excursus sul tardo Trauerspiel e sulle tendenze affini al Trauerspiel barocco in epoca medievale. La conseguenza di questa definizione storico-logica dell'origine, tuttavia, non è che il vecchio «fatto» diventa di colpo un momento costitutivo dell'essenza. Il compito dello studioso comincia anzi proprio qui, nell'accettare il fatto come genuino soltanto se ha l'inequivocabile affinità dell'essenza con il prima e con il dopo. Nei fenomeni piu singolari e intricati, nelle prove piu incerte e piu ingenue come nelle forme piu mature di una civiltà al tramonto la scoperta è in grado di portare alla luce l'autentico. Non è per costruire un'unità, e tanto meno per estrarne un elemento comune, che l'idea riassume la serie delle forme storiche. Il rapporto fra il singolo el'idea non ha nulla a che fare col rapporto fra il singolo e il concetto: nel secondo caso esso cade sotto il concetto e rimane quello che era - singolarità; nel primò esso sta nell'idea e diventa ciò che non era.., totalità. E questa è la sua platonica «salvazione» [cfr. Gesammelte Schriften, I/ x, pp. zz6-z7].
v. Dì conseguenza l'« Ursprung» des deutschen Trauerspiels («origine» del dtamma. tedesco) è~ sua idea, sv~';lPPata in una ~assa di casi concreti. In quanto 1dea (Idee), m contrappos1z1one all'allegonco concetto (J3egrif/J, il concetto estetico del genere (Gattungsbegrif/J viene difeso contro coloro che lo confutano, principalmente Croce e Burdach.
VI. La prima parte della dissertazione, intitolata «Trauerspiel» e tragedia, culmina in una sinossi di queste due opposte categorie:
Tragedia Trauerspiel Saga Colpa naturale Unità dell'eroe Pluralità degli individui sgomenti Immortalità Vita da spettri Contrasto con la commedia Commistione con la commedia
VII. La seconda parte della dissertazione, Allegoria e «Trauerspiel», è dedicata a un'indagine sull'allegoria. Quest'ultima viene presentata, in un'analisi non di tipo storico bensf kunstwissenschaftlich~ come lo schema stilistico del Trauerspielbarocco.
VIII. L'allegoria entra in contrasto con il simbolo, ma non in quello dell'uso linguistico convenzionale. Piuttosto: «Non è possibile pensare qualcosa di piu lontano dal simbolo artistico, dal simbolo plastico, dall'immagine della totalità organica, di questo frammento amorfo che è l'ideogramma allegorico. In essa il barocco si dimostra un pendant perfetto del classicismo. E non si tratta tanto di un correttivo del classicismo, quanto di un correttivo dell'arte come tale. Cogliere la non-libertà, l'incompiutezza e la fragilità della na-
XVI Giulio Schiavoni
nella sua particolare espressione linguistica. È stato questo uno dei motivi da cui ha preso le mosse il mio saggio sulle Affinità elettive di Goethe, al quale intendo farne seguire un altro sulla Nuova Melusina (Neue Melusine). Alle riflessioni teoriche sul linguaggio presenti in alcuni capitoli della mia dissertazione che ha per titolo Origine del dramma barocco tedesco ho cercato di dare una concreta impronta storico-letteraria. Nello stringato collegamento da me tentato fra le problematiche estetiche e le· grandi opere della letteratura tedesca vedo prefigurato il metodo dei miei futuri lavori21
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Poco tempo dopo, Benjamin espresse esplicitamente le proprie perplessità all'amico Scholem, affermando di considerare ormai «irrilevanti» le proprie chance22. Schultz, in quanto Preside della Facoltà di Filosofia, incaricò quindi il 27 maggio 1925 Hans Cornelius di preparare una relazione sul lavoro presentato da Benjamin. Tale relazione fu redatta soltanto a distanza di sei settimane (in data 7 luglio 1925), durante le quali è pensabile che, piu che dedicarsi a un'approfondita lettura del testo, Cornelius si preoccupò di chiedere all' autore di redigeme una breve sintesi. Le tre pagine dattiloscritte in cui Benjamin condensò sotto forma di tesi le sue ricerche sul dramma barocco tedesco sono state in seguito pubblicate nell'apparato critico delle Gesammelte Schriften benjaminiane:
Relazione
1. Il lavoro concerne il contenuto artistico del dtamma barocco tedesco. n. La sua problematica estetica la risolve in strettissimo collegamento con i do
cumenti storico-letterari di questa stessa forma: quindi non deducendo esteticamente, ma analizzando secondo la critica d'arte (Kunstwissenscha/t).
m. Metodologicamente esso cerca di giustificare nel concetto di«origine» (Ursprung) la stretta connessione esistente fra l'intenzione di tipo kunstwissenschaftlich, che è orientata sull'essenza del Trauerspielbarocco e del Trauerrpiel in generale, e la materia letteraria.
21 Riportato in LINDNER (a cura di), W alter Beniamin im Kontext ci t., pp. 330-3 I.
22 Cfr. BENJAMIN, Briefe cit., I, p. 379; trad. it. Lettere I9IJ·I940 cit., p. n6: «Da una settimana la mia richiesta formale di libera docenza si trova presso la Facoltà. Le mie chances sono cosi irrilevanti che ho esitato fino all'ultimo, prima di avanzare la mia candidatura. Infatti la libera docenza per storia della letteratura tedesca mi era dichiarata da ultimo e irrevocabilmente impossibile, a causa della mia «preparazione culturale», sicché ero sbattuto sulla spiaggia dell' «estetica»; e qui minacciano nuovamente le resistenze di Comelius. Poiché ha un incarico per l'insegnamento di «scienza generale dell'arte», che appartiene alla stessa specialità dell'estetica. Si aggiunga l'inattendibilità di Schultz, che non vuole compromettersi nei miei confronti, è vero, e ha pronunciato riguardo al lavoro, perché co· stretto, poche parole di massimo riconoscimento, ma non ha neanche nessuna voglia di impegnarsi. Cosi in questo momento nessuno può dire che cosa ne verrà fuori. Conto, nella Facoltà, un certo numero di benevoli signori neutrali, ma nessuno sa chi dovrebbe prendere veramente in mano la cosa. Se la cosa verrà decisa negativàmente a priori, lo saprò entro pochi giorni. Ma è piu probabile che sia insediata una commissione che lavorerà sino alla fine del semestre, e devo rallegrarmi se si prenderà una decisione prima delle vacanze estive».
Fuori dal coro XVII
rv. Il concetto di origine (Ursprung) è cosf definito: L'origine (Ursprung), pur essendo una categoria pienamente storica, non ha nulla in comune con la genesi (Entstehung). Per «origine» non si intende il divenire di ciò che scaturisce, bensf al contrario ciò che scaturisce dal divenire e dal trapassare. L'origine sta nel flusso del divenire come un vortice, e trascina dentro il suo ritmo il materiale della propria genesi. Nella nuda e palese compagine del fattuale, l'originario non si dà mai a conoscere, e il suo ritmo si dischiude soltanto a una duplice visione. Essa vuoi essere intesa da un lato come restaurazione, come ripristino, e dall'altro e proprio per questo come qualcosa di imperfetto e di inconcluso [cfr. Gesammelte Schriften, I/ x, p. 236]. Per tale ragione nel corso del lavoro si offrono degli excursus sul tardo Trauerspiel e sulle tendenze affini al Trauerspiel barocco in epoca medievale. La conseguenza di questa definizione storico-logica dell'origine, tuttavia, non è che il vecchio «fatto» diventa di colpo un momento costitutivo dell'essenza. Il compito dello studioso comincia anzi proprio qui, nell'accettare il fatto come genuino soltanto se ha l'inequivocabile affinità dell'essenza con il prima e con il dopo. Nei fenomeni piu singolari e intricati, nelle prove piu incerte e piu ingenue come nelle forme piu mature di una civiltà al tramonto la scoperta è in grado di portare alla luce l'autentico. Non è per costruire un'unità, e tanto meno per estrarne un elemento comune, che l'idea riassume la serie delle forme storiche. Il rapporto fra il singolo el'idea non ha nulla a che fare col rapporto fra il singolo e il concetto: nel secondo caso esso cade sotto il concetto e rimane quello che era - singolarità; nel primò esso sta nell'idea e diventa ciò che non era.., totalità. E questa è la sua platonica «salvazione» [cfr. Gesammelte Schriften, I/ x, pp. zz6-z7].
v. Dì conseguenza l'« Ursprung» des deutschen Trauerspiels («origine» del dtamma. tedesco) è~ sua idea, sv~';lPPata in una ~assa di casi concreti. In quanto 1dea (Idee), m contrappos1z1one all'allegonco concetto (J3egrif/J, il concetto estetico del genere (Gattungsbegrif/J viene difeso contro coloro che lo confutano, principalmente Croce e Burdach.
VI. La prima parte della dissertazione, intitolata «Trauerspiel» e tragedia, culmina in una sinossi di queste due opposte categorie:
Tragedia Trauerspiel Saga Colpa naturale Unità dell'eroe Pluralità degli individui sgomenti Immortalità Vita da spettri Contrasto con la commedia Commistione con la commedia
VII. La seconda parte della dissertazione, Allegoria e «Trauerspiel», è dedicata a un'indagine sull'allegoria. Quest'ultima viene presentata, in un'analisi non di tipo storico bensf kunstwissenschaftlich~ come lo schema stilistico del Trauerspielbarocco.
VIII. L'allegoria entra in contrasto con il simbolo, ma non in quello dell'uso linguistico convenzionale. Piuttosto: «Non è possibile pensare qualcosa di piu lontano dal simbolo artistico, dal simbolo plastico, dall'immagine della totalità organica, di questo frammento amorfo che è l'ideogramma allegorico. In essa il barocco si dimostra un pendant perfetto del classicismo. E non si tratta tanto di un correttivo del classicismo, quanto di un correttivo dell'arte come tale. Cogliere la non-libertà, l'incompiutezza e la fragilità della na-
XVIII Giulio Schiavoni
tura sensibile, del bello naturale, al classicismo non era dato. Ma sono proprio questi i caratteri che l'allegoria barocca propone, nascosti sotto la sua pompa sfarzosa, con una insistenza fino a quel punto ignota [cfr. Gesammelte Schriften, l/x, pp . .351-52].
IX. L'opera d'arte allegorica reca già in sé in una certa misura la dissoluzione critica, in essa si compie la nascita della critica dallo spirito dell'arte. Con rara chiarezza la critica sta nell'ulteriore durata di queste opere. Sin dal principio esse mirano a quella dissoluzione critica che il corso del tempo ha praticato su di esse. La critica filosofica non deve contestare il fatto di ridestare, proprio lei, la bellezza dell'opera. Si dice: La scienza non può condurre a un godimento ingenuo dell'opera d'arte, cos{ come i geologi e i botanici non possono risvegliare la sensibilità per un bel paesaggio [Petersen]. Ma questa affermazione è discutibile: senza intuire in qualche modo la vita del dettaglio nella struttura, ogni aspirazione alla bellezza rimane pura faptasia. Struttura e dettaglio sono sempre, in definitiva, carichi di storicità. E com· pito della critica filosofica mostrare che la funzione della forma artistica è appunto questa: trasformare i dati storici che stanno alla base di ogni opera significativa in contenuti di verità. Questa metamorfosi dei dati di fatto in contenuti di verità fa s{ che l'affievolirsi, decennio dopo decennio, del fascino originario dell'opera, diventi il germe di una nuova nascita, in cui ogni bellezza effimera viene completamente a cadere e l'opera si afferma come rovina. Nella costruzione allegorica del dramma barocco tedesco si delineano fin dall'inizio le forme in rovina dell'opera d'arte giunta alla sua salvez· za [cfr. Gesammelte Schriften, I/r, pp. 351-52]23
•
Dopo aver preso visione di questo sconcertante Exposé, vibrante di risentimento per i cultori del 'simbolo estetico' (in primis la scuola di Stefan George, da Benjamin attaccata nella persona di Gundolf nel saggio sulle Affinità elettive di Goethe) e per quanti finivano per ricadere nella ricerca di un «godimento ingenuo dell'opera d'arte, nel suo giudizio il professar Cornelius (che possiamo immaginare anche lui - per quanto implicitamente - tra i bersagli di Benjamin) cosf scri-veva:
Il lavoro del dottor Benjamin, su cui devo riferire in merito ai contenuti inerenti alla 'scienza dell'arte', presenta un'estrema difficoltà di lettura. Ven· go no usate molte parole di cui l'autore non ritiene doveroso spiegare il senso e che però o non hanno un significato generalmente sicuro o che, se vengono intese nel loro significato comune, non offrono alcun senso chiaro nel contesto in cui vengono utilizzate. Per tale motivo, in parte io non sono in grado di riferire il significato del lavoro, e in parte non sono perlomeno in grado di riferirlo con esattezza.
Oggetto del lavoro è il dramma barocco tedesco, o meglio- secondo l'intenzione dell'autore- il contenuto artistico del dramma barocco tedesco. Oltre a una serie di considerazioni inerenti alla 'scienza dell'arte', su cui ritornerò piu tardi, in questo contesto vengono radunati con gran cura una quantità di interessanti materiali storici. Queste esposizioni storiche costituiscono,
" Cfr. W ALTER BENJAMIN, Exposé, in Gesamme!te Schriften eit., I/3, pp. 950-52.
Fuori dal coro XIX
a quanto posso giudicare, la parte piu cospicua dell'opera· esse non hanno un rilievo dal punto di vista della 'scienza dell'arte', sebben~ d'altro canto contengano interessanti e importanti osservazioni sulla storia della letteratura cosa che non spetta a me giudicare. '
«lntenzi.oni pertinenti la scienza dell'arte» sembra anzitutto perseguire l' «lntrod~o~~». Malgrado ~~ò i ffi:iei ripetuti sforzi, non è stato possibile trarne un signif1cato comprensibile. D1 contenuto inerente alla 'scienza dell' art:' è poi una cz?.tica piuttosto es~uriente della teoria di Volkelt sul tragico, che glUstamente disapprova come infondate le premesse di questa teoria, senza che però l'autore riesca a esprimere con sufficiente chiarezza la sua opinione sulla costituzione 'storico-filosofica' del tragico. «<ntenzioni dal punto di vista della scienza dell'arte» infine persegue l'ampia esposizione sull'elemento allegorico; m_a ne~p~e in questo caso sono riuscito a comprendere il significato delle sp1egaz1oru, per quanto nuovamente munite di una gran quantità di interessantissimo materiale storico.
Non riuscendo a riconoscere il risultato inerente alla 'scienza dell'arte' che l' ~Ut<?Je si prefigge, mi ~no rivolto a lui per via"epistolare, pregandolo di forrurml un. breve .compendio del suo lavoro. Ho quindi da lui ricevuto un prospetto s~e vane partl dd suo lavoro da lui considerate come il proprio risultato scientiflCO; ma ancora una volta non sono riuscito a comprendere tali esposizioni. In questo imbarazzo mi sono rivolto al dottor [Adhemar] Gdb e al dottor [Max] Horkh~er pregan~oli di leggere questa relazione sintetica e di dirmi in quale senso ess1 potessero mterpretare tali elaborazioni. Da entrambi mi sono sentito rispondere che per loro esse erano incomprensibili. Allego agli atti lo scritto in discussione.
. In simili condizioni non sono in grado di poter raccomandare alla Facoltà di accettare come testo per la libera docenza il lavoro del dottor Benjamin. Non posso infatti esimermi dall'esprimere il dubbio- pur con tutta la mia simpatia pe: l'autore, a me peraltro noto per la sua perspicacia e ingegnosità - che, con il suo incomprensibile modo di esprimersi, da intendere sicuramente come un indice di confusione obiettiva (sachliche Unklarheit), egli non può essere una guida per gli studenti in queste discipline.
7 luglio 1925 H. Cornelius2
•.
La Facoltà. non ritenne di doversi giovare di ulteriori relatori e, appena una settunana dopo, nella seduta del r 3 luglio, respinse la domanda di Benjamin, come si evince dal registro dei verbali~. Sull' <<Ultimo stadio» della sua impresa Benjaminriferisce il2r luglio 1925 in una lettera da Berlino all'amico Gershom Scholem. Senza risparmiarsi toni ironici e senza farsi alcuna illusione- a proposito dell'infrangersi dei 'progetti francofortesi' e dei tentativi intrapresi da parte accademica per con-
"' Cfr. Walter Benjamin x892·1940 cit., pp. 72-73. . " « S~ b~e ~el. ~udizio d~ professor Cornelius, la Facoltà delibera di consigliare al
dottor BenJamm di rttirare lo scntto presentato per ottenere la libera docenza. La Facoltà de~bera inoltre ~ n~>n ammetterlo all'esame per l' Habilitation qualora egli non dovesse se· gurre questo collSlglio» (LINDNER, Walter Beniamin im Kontextcit., p . .333).
XVIII Giulio Schiavoni
tura sensibile, del bello naturale, al classicismo non era dato. Ma sono proprio questi i caratteri che l'allegoria barocca propone, nascosti sotto la sua pompa sfarzosa, con una insistenza fino a quel punto ignota [cfr. Gesammelte Schriften, l/x, pp . .351-52].
IX. L'opera d'arte allegorica reca già in sé in una certa misura la dissoluzione critica, in essa si compie la nascita della critica dallo spirito dell'arte. Con rara chiarezza la critica sta nell'ulteriore durata di queste opere. Sin dal principio esse mirano a quella dissoluzione critica che il corso del tempo ha praticato su di esse. La critica filosofica non deve contestare il fatto di ridestare, proprio lei, la bellezza dell'opera. Si dice: La scienza non può condurre a un godimento ingenuo dell'opera d'arte, cos{ come i geologi e i botanici non possono risvegliare la sensibilità per un bel paesaggio [Petersen]. Ma questa affermazione è discutibile: senza intuire in qualche modo la vita del dettaglio nella struttura, ogni aspirazione alla bellezza rimane pura faptasia. Struttura e dettaglio sono sempre, in definitiva, carichi di storicità. E com· pito della critica filosofica mostrare che la funzione della forma artistica è appunto questa: trasformare i dati storici che stanno alla base di ogni opera significativa in contenuti di verità. Questa metamorfosi dei dati di fatto in contenuti di verità fa s{ che l'affievolirsi, decennio dopo decennio, del fascino originario dell'opera, diventi il germe di una nuova nascita, in cui ogni bellezza effimera viene completamente a cadere e l'opera si afferma come rovina. Nella costruzione allegorica del dramma barocco tedesco si delineano fin dall'inizio le forme in rovina dell'opera d'arte giunta alla sua salvez· za [cfr. Gesammelte Schriften, I/r, pp. 351-52]23
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Dopo aver preso visione di questo sconcertante Exposé, vibrante di risentimento per i cultori del 'simbolo estetico' (in primis la scuola di Stefan George, da Benjamin attaccata nella persona di Gundolf nel saggio sulle Affinità elettive di Goethe) e per quanti finivano per ricadere nella ricerca di un «godimento ingenuo dell'opera d'arte, nel suo giudizio il professar Cornelius (che possiamo immaginare anche lui - per quanto implicitamente - tra i bersagli di Benjamin) cosf scri-veva:
Il lavoro del dottor Benjamin, su cui devo riferire in merito ai contenuti inerenti alla 'scienza dell'arte', presenta un'estrema difficoltà di lettura. Ven· go no usate molte parole di cui l'autore non ritiene doveroso spiegare il senso e che però o non hanno un significato generalmente sicuro o che, se vengono intese nel loro significato comune, non offrono alcun senso chiaro nel contesto in cui vengono utilizzate. Per tale motivo, in parte io non sono in grado di riferire il significato del lavoro, e in parte non sono perlomeno in grado di riferirlo con esattezza.
Oggetto del lavoro è il dramma barocco tedesco, o meglio- secondo l'intenzione dell'autore- il contenuto artistico del dramma barocco tedesco. Oltre a una serie di considerazioni inerenti alla 'scienza dell'arte', su cui ritornerò piu tardi, in questo contesto vengono radunati con gran cura una quantità di interessanti materiali storici. Queste esposizioni storiche costituiscono,
" Cfr. W ALTER BENJAMIN, Exposé, in Gesamme!te Schriften eit., I/3, pp. 950-52.
Fuori dal coro XIX
a quanto posso giudicare, la parte piu cospicua dell'opera· esse non hanno un rilievo dal punto di vista della 'scienza dell'arte', sebben~ d'altro canto contengano interessanti e importanti osservazioni sulla storia della letteratura cosa che non spetta a me giudicare. '
«lntenzi.oni pertinenti la scienza dell'arte» sembra anzitutto perseguire l' «lntrod~o~~». Malgrado ~~ò i ffi:iei ripetuti sforzi, non è stato possibile trarne un signif1cato comprensibile. D1 contenuto inerente alla 'scienza dell' art:' è poi una cz?.tica piuttosto es~uriente della teoria di Volkelt sul tragico, che glUstamente disapprova come infondate le premesse di questa teoria, senza che però l'autore riesca a esprimere con sufficiente chiarezza la sua opinione sulla costituzione 'storico-filosofica' del tragico. «<ntenzioni dal punto di vista della scienza dell'arte» infine persegue l'ampia esposizione sull'elemento allegorico; m_a ne~p~e in questo caso sono riuscito a comprendere il significato delle sp1egaz1oru, per quanto nuovamente munite di una gran quantità di interessantissimo materiale storico.
Non riuscendo a riconoscere il risultato inerente alla 'scienza dell'arte' che l' ~Ut<?Je si prefigge, mi ~no rivolto a lui per via"epistolare, pregandolo di forrurml un. breve .compendio del suo lavoro. Ho quindi da lui ricevuto un prospetto s~e vane partl dd suo lavoro da lui considerate come il proprio risultato scientiflCO; ma ancora una volta non sono riuscito a comprendere tali esposizioni. In questo imbarazzo mi sono rivolto al dottor [Adhemar] Gdb e al dottor [Max] Horkh~er pregan~oli di leggere questa relazione sintetica e di dirmi in quale senso ess1 potessero mterpretare tali elaborazioni. Da entrambi mi sono sentito rispondere che per loro esse erano incomprensibili. Allego agli atti lo scritto in discussione.
. In simili condizioni non sono in grado di poter raccomandare alla Facoltà di accettare come testo per la libera docenza il lavoro del dottor Benjamin. Non posso infatti esimermi dall'esprimere il dubbio- pur con tutta la mia simpatia pe: l'autore, a me peraltro noto per la sua perspicacia e ingegnosità - che, con il suo incomprensibile modo di esprimersi, da intendere sicuramente come un indice di confusione obiettiva (sachliche Unklarheit), egli non può essere una guida per gli studenti in queste discipline.
7 luglio 1925 H. Cornelius2
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La Facoltà. non ritenne di doversi giovare di ulteriori relatori e, appena una settunana dopo, nella seduta del r 3 luglio, respinse la domanda di Benjamin, come si evince dal registro dei verbali~. Sull' <<Ultimo stadio» della sua impresa Benjaminriferisce il2r luglio 1925 in una lettera da Berlino all'amico Gershom Scholem. Senza risparmiarsi toni ironici e senza farsi alcuna illusione- a proposito dell'infrangersi dei 'progetti francofortesi' e dei tentativi intrapresi da parte accademica per con-
"' Cfr. Walter Benjamin x892·1940 cit., pp. 72-73. . " « S~ b~e ~el. ~udizio d~ professor Cornelius, la Facoltà delibera di consigliare al
dottor BenJamm di rttirare lo scntto presentato per ottenere la libera docenza. La Facoltà de~bera inoltre ~ n~>n ammetterlo all'esame per l' Habilitation qualora egli non dovesse se· gurre questo collSlglio» (LINDNER, Walter Beniamin im Kontextcit., p . .333).
xx Giulio Schiavoni
vincer lo a rinunciare al progettd6• Il 2 7 luglio r 9 2 5, esattamente tre set
timane dopo aver formulato il suo giudizio, Schultz raccomandò a Benjamin di ritirare la sua domanda di libera docenza per prevenire il suo rifiuto da parte della Facoltà27 • Pare che, già prima di questa lettera ufficiale, Gottfried Salomon avesse riferito della situazione ormai chiaramente sfavorevole che si era venuta delineando, come si desume dalla risposta fiera ed energica del5 agosto 1925 dell'interessatd
8, che
ritirò la domanda, risparmiando cosi all'Università uno scandalo, e il r2 ottobre 1925 si vide rispedire l'incartamento relativo alla sua pratica (non però il dattiloscritto dell'Ur.sprung, che pare sia andato smarrito).
,. ~<Pareva proprio che il mio quarto o quinto viaggio colà, all'inizio di luglio, avrebbe dowto procedere bene, quando mi arrivava, attraverso i miei suoceri, una lettera del romanista [Matthias] Friedwagner, che annunciava a Vienna la completa assenza di prospettive dei miei passi. L'amicizia per mio suocero lo aveva indotto a sondare il terreno, ed era cosf risultato che le due vecchie gerle Cornelius e Kautsch, il primo, forse, con benevolenza, il secondo piuttosto malevolmente, comunque non volevano saper nulla del mio lavoro. Subito mi rivolgevo a Salomon, per avere informazioni piu precise. Quest'ultimo non poteva dirmi nulla, fuorché questo: che in genere si consigliava di ritirare l'istanza al piu presto, per risparmiarmi il rifiuto ufficiale. È vero che Schultz mi aveva assicurato che me l'avrebbe risparmiato in ogni caso. Non si faceva vivo. Ho validi motivi per supporre che abbia agito in modo estremamente sleale. Tutto sommato sono contento. Il viaggio attraverso la vecchia diligenza attraverso le fermate dell'università di qui non è adatto a medopo la morte di Rang, Francoforte è addirittura il piu arido deserto. Tuttavia non ho ritirato l'istanza, perché voglio lasciare alla Facoltà tutto il rischio di una decisione negativa. Quali sviluppi potrà avere la cosa è un enigma. Naturalmente una revisione in senso positivo è del tutto esclusa, però il posto di storia della letteratura è attualmente assai sguarnito, a causa di alcuni cambiamenti nel corpo docente. E in questo caso per me la prima condizione sarebbe che mi mettessi in congedo per l'inverno ... Con il rifiuto dei miei genitori di migliorare la pensione in caso di libera docenza, con la svolta del mio pensiero in senso politico, con la morte di Rang, l'anno scorso sono cadute, una dopo l'altra, tutte le premesse per questa impresa. Ciò non può modificare per nulla il fatto che questo ignobile giocherellare con le mie fatiche e i miei lavori nel caso che oggi non ayessi ancora abbandonato il progetto mi irriterebbe e amareggerebbe in modo estremo. E una cosa veramente inaudita che un lavoro come il mio sia prima dato in incarico e poi ignorato in questa maniera» (BENJAMIN, Lettere 1913-1940 cit., pp. 127-28).
v «Dopo che è stato presentato il primo giudizio sulla Sua dissertazione per ottenere la libera docenza sono stato incaricato dalla Facoltà di consigliarLe di ritirare la domanda di abilitazione alla libera docenza. Mentre assolvo questo incarico, mi permetto di comunicarLe che resto a Sua disposizione in qualsiasi momento per un colloquio fino al6 agosto» (W alter Beniamin 1892-1940 cit., p. 73).
" «Caro Salomon, Lei comprenderà se ho taciuto per qualche tempo. Ciò è dipeso peraltro anche dalla Sua ultima lettera. Era cosf afflitta e abbattuta, mentre a me avrebbero fatto bene energiche imprecazioni. Poiché, se motivazioni interiori hon mi facessero considerare come qualcosa di irrilevante la vita accademica, a lungo andare gli effetti della cura che mi è stata data sarebbero stati distruttivi. Se nella mia autostima io dipendessi anche minimamente da quei pareri i modi irresponsabili e sconsiderati con cui le influenti autorità hanno trattato il mio caso mi avrebbero procurato uno choc da cui la mia produttività non si sarebbe riawta in fretta. Il fatto che tutto questo - fino a prova contraria - non è accaduto resta un fatto privato. Richiedere e poi respingere, come è stato fatto, il lavoro da me scritto resta un modo di comportarsi che rimarrà ben fisso nella mia memoria. Per-
Fuori dal coro xxr
.. In tal modo sfumav~o definitivamente per Benjamin le speranze di. mtrap:endere una c~ era universitaria, essendosi egli in precedenza alienato il favore dell'uruco altro gruppo che in Germania avrebbe potuto appoggiarlo, ossia l'avanguardia che si raccoglieva intorno a Stefan ~eor~e, ~er aver atta~cato- nel commento alle Affinità elettivela b10grafta di Goethe scrttta da Gundolf, uno dei suo membri.
Nel fr~tte~po, tuttavia, Benjamin era riuscito nell'estate a stipulare. con l.edttore Rowohlt un contratto per la pubblicazione di tre s?otl~vort: la raccolta Strada a senso unico, il saggio sulle Affinità elettzv~ dt .~oe~he, che aveva incontrato nel 1924 gli apprezzamenti entustasttc~ ~ Hugo von Hofmannsthal ed era già uscito in due puntate sulla rtvtsta «Neue Deutsche Beitrlige»29
, e Origine del dramma barocco tedesc~. Quest'ultimo sarebbe uscito- fra non poche esitazioni -nel gennruo del 1928, dopo che nel frattempo la rivista diretta da Hofm~nnsthal «~eue De~tsche Beitriige» ne aveva anticipato alcune pagtne del capttolo dedicato alla malinconia}0
•
. Il D_ramma ha:oc:o tedesco ottenne, tra il 1928 e il 1931, una dozzma di segnalaz10ru, alcune delle quali positive (sulla «Literarische Welt» a firma di Willy Haas, sulla «Weltbiihne» di Cari von Ossietzky? U: m:a rivista f~ologica ung~erese, sulle riviste francesi «Nouvelles litter;ure~» ~ « Vte~t de parrutre») .. Dopo il 1931 fu però condan!lato a_ll oblio, m segutto all affermarst del nazionalsocialismo e alla dtstruzJ.one della comunità ebraico-tedesca. Soltanto a partire dal I?55, :ùlorché venn~ riproposto nell'edizione delle Schri/ten benjamiruane m due volunu a cura di Theodor Wiesengrund Adorno, parve tornare a nuo~a lu~e e:-: malgrado ';In c~rto perdurante disprezzo da p~te acca~enuc~ e il dismteress~ net ~uot co~onti durante la 'Benja~m-Renrussance ma~ata negli anru della rtvolta studentesca- poté m~o.ntr~e un ~um~ pni ~ront~ a riconoscervi uno degli apporti piu ortgmali della riflesstone filosoftco-letteraria del Novecentd1
•
~ò ut;~a esort~ione a ~itir~e la mia domanda come quella che mi è stata rivolta in questi g10:ru dal. PreSlde per mc~co della Facoltà non è per me la benvenuta, sebbene come un restduo di decenza sensaztonale, in quanto per la stampa del libro meditavo un blando accenno alla ~~rte fr~co~or~ese del manoscritto. Invece soddisferò sicuramente quell'invito. Ma no~ ut~zerò il chiar1mento con cui i!Preside dice di essere a mia disposizione per un colloqUio fmo al6 agosto». (W alter Beniamin 1892-1940 cit., p. 73).
29 Questo scritto verrà poi di fatto pubblicato dal V erlag der Bremer Presse ,. Cfr . .. • .~ALTER BENJAMIN, Ursprung des deutschen Trauerspiels, in «Neue Deutsche Bei-
trage», .Munchen 192.7, pp. 89-100. Si tratta di alcune pagine relative alla·terza sezione ?ella p=a parte ~el libro .(<~'Tr~uerspiel» e tragedia). Il progetto di pubblicare in anteprima il c~p1tolo con~ustvo del libro m uno Jahrbuch della casa editrice di Ernst Cassirer non si era mvece realizzato.
" Sulla ricezio11:e dell'Ursprung des deutschen Trauerspiels si vedano in particolare· BENJAMIN, .Gesammelte Schriften ~it., ~/3, pp. 903-II; KLAUS GARBER, Rezeption und Rettu~g. Drei Studzen zu Walter Ben1amzn, Nzemeyer, Tiibingen 1987, pp. 59-81; MOMME BRODERSEN,
xx Giulio Schiavoni
vincer lo a rinunciare al progettd6• Il 2 7 luglio r 9 2 5, esattamente tre set
timane dopo aver formulato il suo giudizio, Schultz raccomandò a Benjamin di ritirare la sua domanda di libera docenza per prevenire il suo rifiuto da parte della Facoltà27 • Pare che, già prima di questa lettera ufficiale, Gottfried Salomon avesse riferito della situazione ormai chiaramente sfavorevole che si era venuta delineando, come si desume dalla risposta fiera ed energica del5 agosto 1925 dell'interessatd
8, che
ritirò la domanda, risparmiando cosi all'Università uno scandalo, e il r2 ottobre 1925 si vide rispedire l'incartamento relativo alla sua pratica (non però il dattiloscritto dell'Ur.sprung, che pare sia andato smarrito).
,. ~<Pareva proprio che il mio quarto o quinto viaggio colà, all'inizio di luglio, avrebbe dowto procedere bene, quando mi arrivava, attraverso i miei suoceri, una lettera del romanista [Matthias] Friedwagner, che annunciava a Vienna la completa assenza di prospettive dei miei passi. L'amicizia per mio suocero lo aveva indotto a sondare il terreno, ed era cosf risultato che le due vecchie gerle Cornelius e Kautsch, il primo, forse, con benevolenza, il secondo piuttosto malevolmente, comunque non volevano saper nulla del mio lavoro. Subito mi rivolgevo a Salomon, per avere informazioni piu precise. Quest'ultimo non poteva dirmi nulla, fuorché questo: che in genere si consigliava di ritirare l'istanza al piu presto, per risparmiarmi il rifiuto ufficiale. È vero che Schultz mi aveva assicurato che me l'avrebbe risparmiato in ogni caso. Non si faceva vivo. Ho validi motivi per supporre che abbia agito in modo estremamente sleale. Tutto sommato sono contento. Il viaggio attraverso la vecchia diligenza attraverso le fermate dell'università di qui non è adatto a medopo la morte di Rang, Francoforte è addirittura il piu arido deserto. Tuttavia non ho ritirato l'istanza, perché voglio lasciare alla Facoltà tutto il rischio di una decisione negativa. Quali sviluppi potrà avere la cosa è un enigma. Naturalmente una revisione in senso positivo è del tutto esclusa, però il posto di storia della letteratura è attualmente assai sguarnito, a causa di alcuni cambiamenti nel corpo docente. E in questo caso per me la prima condizione sarebbe che mi mettessi in congedo per l'inverno ... Con il rifiuto dei miei genitori di migliorare la pensione in caso di libera docenza, con la svolta del mio pensiero in senso politico, con la morte di Rang, l'anno scorso sono cadute, una dopo l'altra, tutte le premesse per questa impresa. Ciò non può modificare per nulla il fatto che questo ignobile giocherellare con le mie fatiche e i miei lavori nel caso che oggi non ayessi ancora abbandonato il progetto mi irriterebbe e amareggerebbe in modo estremo. E una cosa veramente inaudita che un lavoro come il mio sia prima dato in incarico e poi ignorato in questa maniera» (BENJAMIN, Lettere 1913-1940 cit., pp. 127-28).
v «Dopo che è stato presentato il primo giudizio sulla Sua dissertazione per ottenere la libera docenza sono stato incaricato dalla Facoltà di consigliarLe di ritirare la domanda di abilitazione alla libera docenza. Mentre assolvo questo incarico, mi permetto di comunicarLe che resto a Sua disposizione in qualsiasi momento per un colloquio fino al6 agosto» (W alter Beniamin 1892-1940 cit., p. 73).
" «Caro Salomon, Lei comprenderà se ho taciuto per qualche tempo. Ciò è dipeso peraltro anche dalla Sua ultima lettera. Era cosf afflitta e abbattuta, mentre a me avrebbero fatto bene energiche imprecazioni. Poiché, se motivazioni interiori hon mi facessero considerare come qualcosa di irrilevante la vita accademica, a lungo andare gli effetti della cura che mi è stata data sarebbero stati distruttivi. Se nella mia autostima io dipendessi anche minimamente da quei pareri i modi irresponsabili e sconsiderati con cui le influenti autorità hanno trattato il mio caso mi avrebbero procurato uno choc da cui la mia produttività non si sarebbe riawta in fretta. Il fatto che tutto questo - fino a prova contraria - non è accaduto resta un fatto privato. Richiedere e poi respingere, come è stato fatto, il lavoro da me scritto resta un modo di comportarsi che rimarrà ben fisso nella mia memoria. Per-
Fuori dal coro xxr
.. In tal modo sfumav~o definitivamente per Benjamin le speranze di. mtrap:endere una c~ era universitaria, essendosi egli in precedenza alienato il favore dell'uruco altro gruppo che in Germania avrebbe potuto appoggiarlo, ossia l'avanguardia che si raccoglieva intorno a Stefan ~eor~e, ~er aver atta~cato- nel commento alle Affinità elettivela b10grafta di Goethe scrttta da Gundolf, uno dei suo membri.
Nel fr~tte~po, tuttavia, Benjamin era riuscito nell'estate a stipulare. con l.edttore Rowohlt un contratto per la pubblicazione di tre s?otl~vort: la raccolta Strada a senso unico, il saggio sulle Affinità elettzv~ dt .~oe~he, che aveva incontrato nel 1924 gli apprezzamenti entustasttc~ ~ Hugo von Hofmannsthal ed era già uscito in due puntate sulla rtvtsta «Neue Deutsche Beitrlige»29
, e Origine del dramma barocco tedesc~. Quest'ultimo sarebbe uscito- fra non poche esitazioni -nel gennruo del 1928, dopo che nel frattempo la rivista diretta da Hofm~nnsthal «~eue De~tsche Beitriige» ne aveva anticipato alcune pagtne del capttolo dedicato alla malinconia}0
•
. Il D_ramma ha:oc:o tedesco ottenne, tra il 1928 e il 1931, una dozzma di segnalaz10ru, alcune delle quali positive (sulla «Literarische Welt» a firma di Willy Haas, sulla «Weltbiihne» di Cari von Ossietzky? U: m:a rivista f~ologica ung~erese, sulle riviste francesi «Nouvelles litter;ure~» ~ « Vte~t de parrutre») .. Dopo il 1931 fu però condan!lato a_ll oblio, m segutto all affermarst del nazionalsocialismo e alla dtstruzJ.one della comunità ebraico-tedesca. Soltanto a partire dal I?55, :ùlorché venn~ riproposto nell'edizione delle Schri/ten benjamiruane m due volunu a cura di Theodor Wiesengrund Adorno, parve tornare a nuo~a lu~e e:-: malgrado ';In c~rto perdurante disprezzo da p~te acca~enuc~ e il dismteress~ net ~uot co~onti durante la 'Benja~m-Renrussance ma~ata negli anru della rtvolta studentesca- poté m~o.ntr~e un ~um~ pni ~ront~ a riconoscervi uno degli apporti piu ortgmali della riflesstone filosoftco-letteraria del Novecentd1
•
~ò ut;~a esort~ione a ~itir~e la mia domanda come quella che mi è stata rivolta in questi g10:ru dal. PreSlde per mc~co della Facoltà non è per me la benvenuta, sebbene come un restduo di decenza sensaztonale, in quanto per la stampa del libro meditavo un blando accenno alla ~~rte fr~co~or~ese del manoscritto. Invece soddisferò sicuramente quell'invito. Ma no~ ut~zerò il chiar1mento con cui i!Preside dice di essere a mia disposizione per un colloqUio fmo al6 agosto». (W alter Beniamin 1892-1940 cit., p. 73).
29 Questo scritto verrà poi di fatto pubblicato dal V erlag der Bremer Presse ,. Cfr . .. • .~ALTER BENJAMIN, Ursprung des deutschen Trauerspiels, in «Neue Deutsche Bei-
trage», .Munchen 192.7, pp. 89-100. Si tratta di alcune pagine relative alla·terza sezione ?ella p=a parte ~el libro .(<~'Tr~uerspiel» e tragedia). Il progetto di pubblicare in anteprima il c~p1tolo con~ustvo del libro m uno Jahrbuch della casa editrice di Ernst Cassirer non si era mvece realizzato.
" Sulla ricezio11:e dell'Ursprung des deutschen Trauerspiels si vedano in particolare· BENJAMIN, .Gesammelte Schriften ~it., ~/3, pp. 903-II; KLAUS GARBER, Rezeption und Rettu~g. Drei Studzen zu Walter Ben1amzn, Nzemeyer, Tiibingen 1987, pp. 59-81; MOMME BRODERSEN,
xx n Giulio Schiavoni
3·
Per l'arditezza speculativa e l'ampiezza dei riferimenti e degli ambiti disciplinari chiamati in causa, il Dramma barocco tedesco presuppone un lettore non frettoloso, disposto a intraprendere una molteplicità di percorsi: da quello epistemologico-filosofico a quello religioso-culturale, da quello storico-letterario a quello iconografico. Ci si trova infatti di fronte non soltanto all' «opera piu evoluta sul piano
W alter Benjamin.Bibliografza critica generale, Palermo 1984, pp. 28-29 e 147 sgg.; R. MARKNER e TH. WEBER (a cura di),,Literatur uber Walter Benjamin. Kommentierte Bibliographie z')SJ-1992, Hamburg 199.3. E innegabile che, nell'ambito della piu recente riabilitazione di questo scritto benjaminiano, sia comunque tuttora viva nei suoi confronti la 'congiura del silenzio' da parte dei grandi specialisti del barocco tedesco, ad eccezione in particolare di ALBRECHT SCHONE (Emblematik und Drama im Zeitalterdes Barock, Miinchen 1968). In linea generale, ancora oggi nella ricerca sul barocco (a proposito della quale si veda l'utile lavoro di HANS-HARALD Miiu.ER, Barockforschung: Ideologie und Methode. Ein Kapitel deutscher Wissenschaftsgeschichte I870·I9JO, Darmstadt 197.3) il libro benjaminiano viene sf ricordato come un'importante lavoro critico, ma viene poi di fatto neutralizzato nel momento in cui ci si mantiene a rispettosa distanza da esso. Non è mancato chi ne ha contestato le pretese di scientificità (cfr. in particolare MICHAEL RUMPF, Spekulative Literaturtheorie. Zu W alter Benjamins Trauerspielbuch, Hanstein 1980), o- in forma piu mitigata- una «metafisica privata~ e un'«autorità soggettiva~ che risulterebbero nocive sotto il profilo critico-scientifico (cfr. BERND WITI'E, W alter Benjamin- Der Intellektuelle als Kritiker, Stuttgart 1976).
In Italia la valorizzazione dell' Ursprung des deutschen Trauerspiels è stata avviata dalla traduzione di Enrico Filippini (Einaudi, Torino I97I), corredata da una postilla di Cesare Cases che aiutava il lettore a districarsi nellabirintico universo del Seicento tedesco e nell'ambito delle ricerche sul barocco sia all'epoca di Benjamin che in epoca piu recente, e che accentuava la denuncia benjaminiana nei confronti dell'ottimismo di tipo idealistico e della sintesi del classicismo, sottolineandone in prevalenza- in sintonia con la linea di lettura di Renato Solmi (nell'Introduzione all'antologia benjaminiana Angelus Novus, Torino 1962) -i possibili raccordi con l'avanguardia novecentesca, come suggerito da Gyorgy Lukiics. Cases faceva notare che «l'invito al barocco» registrabile negli anni Venti in Germania (e rispetto a cui la fatica benjaminiana costituisce un insostituibile pendant) non era scevro da pericoli: «Nel revival degli anni venti, antologizzato da Alewyn che era stato uno dei suoi protagonisti, erano implicite - egli scriveva - tendenze che non a caso condussero alcuni di quegli studiosi (come Herbert Cysarz, spesso citato da Benjamin) nelle braccia del nazismo. Visto non già come un'allegoria del presente, ma come una soluzione letterale dei suoi problemi, il barocco poteva diventare un richiamo all'autorità e alle gerarchie, alla sottomissione e al sacrificio assoluto, alla vanità della politica e all'eccellenza dell'identificazione mistica, all'accettazione e al culto della morte ... Che il nuovo mondo borghese ... portasse in sé il germe della morte e della distruzione totale, è oggi visibile a tutti». A parte la penetrante e specifica lettura di Cases, si direbbe tuttavia che alla sua uscita italiana lo scritto benjaminiano sia rimasto ostico, se non impenetrabile, a buona parte dei recensori, che hanno esibito una certa frettolosità di giudizio di fronte al groviglio dei piani teorici e all'impianto piuttosto esoterico del volume. Fuori del coro e in posizione anti-Cases si è posto in tale occasione in particolare Roberto Calasso (La storia al guinzaglio, in «L'Espresso», 4 luglio 1971) che, muovendosi in una linea interpretativa di tipo ermetico-metafisico, ha insistito su di un Benjamin «cabalista naufragato nella visione di una natura tutta irretita nella rovina della concatenazione delle colpe~ e sulla dimensione del «lutto» nella ricerca benjaminiana, dimensioni che sfuggirebbero invece ai critici di prove-
Fuori dal coro XXIII
teorico» di W alter Benjamin (a detta di Adorno)32, ma anche a una
ricerca che, nella sua struttura compatta e nel gioco ad intarsio delle sue seicento citazioni, funziona da pretesto saggistico per portarsi al cuore delle metodologie interpretati ve care all'autore stesso, delle istanze morali caratteristiche del xvn secolo e infine delle tendenze estetiche piu vivaci dell'arte moderna, di cui la letteratura barocca è considerata allegoria.
Questa complessità di piani di lettura si profila con esasperante nitidezza già nel capitolo introduttivo, in quella Premessa gnoseologica che, con le sue provocatorie oscurità e torsioni stilistiche, costituisce a quanto pare la parte del libro pensata per prima, ma scritta per ultima e che si presenta obiettivamente come una sorta di barriera, pronta a scoraggiare anziché a favorire l'approfondimento di un testo a volte anche un po' farraginoso. Da un certo punto di vista, le reazioni di sconcerto dei primi lettori, i professori Schultz, Cornelius e lo stesso Horkheimer, potrebbero apparire persino comprensibili, dato che la Premessa sembra stare- secondo Gershom Scholem- «davanti allibro come l'angelo con la spada fiammeggiante del concetto all'ingresso di un paradiso della scrittura»". Benjamin stesso era solito citare al riguardo - come ricordò Adorno durante un seminario da lui dedicato proprio a quest'opera all'Università di Francoforte nel semestre estivo del r932 (mentre sulla Germariia si stavano addensando nubi fosche non soltanto per gli esponenti dell' intelligencija) - due versi di una famosa canzone per bambini dedicata a un cavalluccio di legno, versi Pt.:~visti originariamente come motto da premettere all'intero libro: « Uber Stock und iiber Steine l aber brich dir nicht die Beine! » (Sca-
nienza marxista e «adoratori~ di Lukacs. Una replica al vetriolo a questo intervento si ebbe successivamente (su «Quaderni piacentini» del luglio 197.3, pp. 1.37-.38) da parte dello stesso Cases. Fra gli studiosi che successivamente hanno sondato con variegate impostazioni ermeneutiche il Dramma barocco tedesco si possono ricordare, oltre a GIORGIO AGAMBEN (Lingua e storia. Categorie storiche e categorie linguistiche nel pensiero di Benjamin, in BEL
LO! e LOTII (a cura di), Walter Benjamin. Tempo storia linguaggio cit.), in particolare FERRUCCIO MASINI, W alter Ben;amin: allegoria e dialettica, in Brecht e Benjamin, Bari r 977, pp. 105·.3I, MASSIMO CACCIARI, Di alcuni motivi in W alter Benjamin. Da .rUrsprung des deutschen Trauerspieis» a ..-Der Autorals Produzent», in FRANCO RELLA (a cura di), Critica e storia Venezia 1980, pp. 41-71, MARIO PEZZELLA, L'immagine dialettica. Saggio su Ben;amin,'Pisa 1982, pp. 51 sgg. e BRUNO MORONCINI, Walter Benjamin e la moralità del moderno, Napoli 1984, pp . .3.32-418). Per una rassegna delle varie posizioni si vedano: ENZO RUGLIANO e GIUuo SCHIAVONI (a cura di), Caleidoscopio benjaminiano, Istituto Italiano di Studi Germanici, Roma 1987, pp . .382 sgg., e STEFANO BERETI'A, Sui rapporti dialettici interni al testo barocco di Walter Beniamin, in «Studia theodisca», V (1998), pp . .31-58.
" Cfr. TIIEODOR w. ADORNO, Ober Walter Benjamin, a cura di R. Tiedemann, Frankfurt am Main 1970, p. 1.3.
" Cfr. GERSHOM SCHOLEM, W alter Ben;amin undsein Engel, Frankfurt am Main 1975· trad. it. Wa/ter Beniamine il suo angelo, Milano 1978, p. 90. '
xx n Giulio Schiavoni
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Per l'arditezza speculativa e l'ampiezza dei riferimenti e degli ambiti disciplinari chiamati in causa, il Dramma barocco tedesco presuppone un lettore non frettoloso, disposto a intraprendere una molteplicità di percorsi: da quello epistemologico-filosofico a quello religioso-culturale, da quello storico-letterario a quello iconografico. Ci si trova infatti di fronte non soltanto all' «opera piu evoluta sul piano
W alter Benjamin.Bibliografza critica generale, Palermo 1984, pp. 28-29 e 147 sgg.; R. MARKNER e TH. WEBER (a cura di),,Literatur uber Walter Benjamin. Kommentierte Bibliographie z')SJ-1992, Hamburg 199.3. E innegabile che, nell'ambito della piu recente riabilitazione di questo scritto benjaminiano, sia comunque tuttora viva nei suoi confronti la 'congiura del silenzio' da parte dei grandi specialisti del barocco tedesco, ad eccezione in particolare di ALBRECHT SCHONE (Emblematik und Drama im Zeitalterdes Barock, Miinchen 1968). In linea generale, ancora oggi nella ricerca sul barocco (a proposito della quale si veda l'utile lavoro di HANS-HARALD Miiu.ER, Barockforschung: Ideologie und Methode. Ein Kapitel deutscher Wissenschaftsgeschichte I870·I9JO, Darmstadt 197.3) il libro benjaminiano viene sf ricordato come un'importante lavoro critico, ma viene poi di fatto neutralizzato nel momento in cui ci si mantiene a rispettosa distanza da esso. Non è mancato chi ne ha contestato le pretese di scientificità (cfr. in particolare MICHAEL RUMPF, Spekulative Literaturtheorie. Zu W alter Benjamins Trauerspielbuch, Hanstein 1980), o- in forma piu mitigata- una «metafisica privata~ e un'«autorità soggettiva~ che risulterebbero nocive sotto il profilo critico-scientifico (cfr. BERND WITI'E, W alter Benjamin- Der Intellektuelle als Kritiker, Stuttgart 1976).
In Italia la valorizzazione dell' Ursprung des deutschen Trauerspiels è stata avviata dalla traduzione di Enrico Filippini (Einaudi, Torino I97I), corredata da una postilla di Cesare Cases che aiutava il lettore a districarsi nellabirintico universo del Seicento tedesco e nell'ambito delle ricerche sul barocco sia all'epoca di Benjamin che in epoca piu recente, e che accentuava la denuncia benjaminiana nei confronti dell'ottimismo di tipo idealistico e della sintesi del classicismo, sottolineandone in prevalenza- in sintonia con la linea di lettura di Renato Solmi (nell'Introduzione all'antologia benjaminiana Angelus Novus, Torino 1962) -i possibili raccordi con l'avanguardia novecentesca, come suggerito da Gyorgy Lukiics. Cases faceva notare che «l'invito al barocco» registrabile negli anni Venti in Germania (e rispetto a cui la fatica benjaminiana costituisce un insostituibile pendant) non era scevro da pericoli: «Nel revival degli anni venti, antologizzato da Alewyn che era stato uno dei suoi protagonisti, erano implicite - egli scriveva - tendenze che non a caso condussero alcuni di quegli studiosi (come Herbert Cysarz, spesso citato da Benjamin) nelle braccia del nazismo. Visto non già come un'allegoria del presente, ma come una soluzione letterale dei suoi problemi, il barocco poteva diventare un richiamo all'autorità e alle gerarchie, alla sottomissione e al sacrificio assoluto, alla vanità della politica e all'eccellenza dell'identificazione mistica, all'accettazione e al culto della morte ... Che il nuovo mondo borghese ... portasse in sé il germe della morte e della distruzione totale, è oggi visibile a tutti». A parte la penetrante e specifica lettura di Cases, si direbbe tuttavia che alla sua uscita italiana lo scritto benjaminiano sia rimasto ostico, se non impenetrabile, a buona parte dei recensori, che hanno esibito una certa frettolosità di giudizio di fronte al groviglio dei piani teorici e all'impianto piuttosto esoterico del volume. Fuori del coro e in posizione anti-Cases si è posto in tale occasione in particolare Roberto Calasso (La storia al guinzaglio, in «L'Espresso», 4 luglio 1971) che, muovendosi in una linea interpretativa di tipo ermetico-metafisico, ha insistito su di un Benjamin «cabalista naufragato nella visione di una natura tutta irretita nella rovina della concatenazione delle colpe~ e sulla dimensione del «lutto» nella ricerca benjaminiana, dimensioni che sfuggirebbero invece ai critici di prove-
Fuori dal coro XXIII
teorico» di W alter Benjamin (a detta di Adorno)32, ma anche a una
ricerca che, nella sua struttura compatta e nel gioco ad intarsio delle sue seicento citazioni, funziona da pretesto saggistico per portarsi al cuore delle metodologie interpretati ve care all'autore stesso, delle istanze morali caratteristiche del xvn secolo e infine delle tendenze estetiche piu vivaci dell'arte moderna, di cui la letteratura barocca è considerata allegoria.
Questa complessità di piani di lettura si profila con esasperante nitidezza già nel capitolo introduttivo, in quella Premessa gnoseologica che, con le sue provocatorie oscurità e torsioni stilistiche, costituisce a quanto pare la parte del libro pensata per prima, ma scritta per ultima e che si presenta obiettivamente come una sorta di barriera, pronta a scoraggiare anziché a favorire l'approfondimento di un testo a volte anche un po' farraginoso. Da un certo punto di vista, le reazioni di sconcerto dei primi lettori, i professori Schultz, Cornelius e lo stesso Horkheimer, potrebbero apparire persino comprensibili, dato che la Premessa sembra stare- secondo Gershom Scholem- «davanti allibro come l'angelo con la spada fiammeggiante del concetto all'ingresso di un paradiso della scrittura»". Benjamin stesso era solito citare al riguardo - come ricordò Adorno durante un seminario da lui dedicato proprio a quest'opera all'Università di Francoforte nel semestre estivo del r932 (mentre sulla Germariia si stavano addensando nubi fosche non soltanto per gli esponenti dell' intelligencija) - due versi di una famosa canzone per bambini dedicata a un cavalluccio di legno, versi Pt.:~visti originariamente come motto da premettere all'intero libro: « Uber Stock und iiber Steine l aber brich dir nicht die Beine! » (Sca-
nienza marxista e «adoratori~ di Lukacs. Una replica al vetriolo a questo intervento si ebbe successivamente (su «Quaderni piacentini» del luglio 197.3, pp. 1.37-.38) da parte dello stesso Cases. Fra gli studiosi che successivamente hanno sondato con variegate impostazioni ermeneutiche il Dramma barocco tedesco si possono ricordare, oltre a GIORGIO AGAMBEN (Lingua e storia. Categorie storiche e categorie linguistiche nel pensiero di Benjamin, in BEL
LO! e LOTII (a cura di), Walter Benjamin. Tempo storia linguaggio cit.), in particolare FERRUCCIO MASINI, W alter Ben;amin: allegoria e dialettica, in Brecht e Benjamin, Bari r 977, pp. 105·.3I, MASSIMO CACCIARI, Di alcuni motivi in W alter Benjamin. Da .rUrsprung des deutschen Trauerspieis» a ..-Der Autorals Produzent», in FRANCO RELLA (a cura di), Critica e storia Venezia 1980, pp. 41-71, MARIO PEZZELLA, L'immagine dialettica. Saggio su Ben;amin,'Pisa 1982, pp. 51 sgg. e BRUNO MORONCINI, Walter Benjamin e la moralità del moderno, Napoli 1984, pp . .3.32-418). Per una rassegna delle varie posizioni si vedano: ENZO RUGLIANO e GIUuo SCHIAVONI (a cura di), Caleidoscopio benjaminiano, Istituto Italiano di Studi Germanici, Roma 1987, pp . .382 sgg., e STEFANO BERETI'A, Sui rapporti dialettici interni al testo barocco di Walter Beniamin, in «Studia theodisca», V (1998), pp . .31-58.
" Cfr. TIIEODOR w. ADORNO, Ober Walter Benjamin, a cura di R. Tiedemann, Frankfurt am Main 1970, p. 1.3.
" Cfr. GERSHOM SCHOLEM, W alter Ben;amin undsein Engel, Frankfurt am Main 1975· trad. it. Wa/ter Beniamine il suo angelo, Milano 1978, p. 90. '
XXIV Giulio Schiavoni
valca pure pietre e bastoni l ma non romperti mai le gambe! »}'4• D'altro canto la provocatoria oscurità e la calcolata difficoltà di queste prime pagine sono probabilmente frutto, oltre che del misurarsi dell' autore con l'ostacolo accademico (l'esigenza dell"istante' essendo quella di vincere le difficoltà mediante un accumulo di difficoltà), soprattutto del suo misurarsi con il problema del metodo e dell'interpretazione mediante uno stile esso stesso condotto all'estremo. Per questo la Premessa gnoseologica resta un elemento portante del libro, un pezzo forte per comprendere la rilettura benjaminiana del Seicento non soltanto tedesco. Di conseguenza essa costituisce un punto di partenza obbligato per chi, superatane l'apparente impenetrabilità e i tecnicismi espressivi, voglia inoltrarsi nel testo benjaminiano e nel regno delle 'rovine' barocche.
Definendo la propria metodologia di ricerca, Benjamin vi presenta le linee di una teoria della conoscenza che si ricollega alle sue precedenti riflessioni sul linguaggio, offrendo- come si legge in una lettera del 1925 a Christian Rang- «una sorta di secondo stadio rispetto al lavoro giovanile sulla lingua, mascherato da dottrina delle idee »3
'.
Tale teoria si direbbe caratterizzata da un neoplatonismo di fondo che assume una curvatura messianica e che passa attraverso i filtri della qabbalaiY6
• In questa luce va letto il richiamo benjaminiano alla pura lingua dei nomi adamitici posta in rapporto critico e dialettico con il linguaggio umano, richiamo cioè a un fondamento del linguaggio che resiste a qualsiasi penetrazione tecnico-razionale3', gioia e croce di ogni misurarsi con il codice ultimo. Nel ricercare l'Ursprung di un genere letterario 'minore' o scarsamente valorizzato come il Trauerspiel (categoria che in italiano, piu che a 'dramma', potrebbe equivalere a 'rappresentazione luttuosa', trattandosi di un terminus composto di Trauer, «lutto» e Spie!, «gioco o rappresentazione») Benjamin si muove proprio entro queste coordinate teoriche. Interrogare l'Ursprung di quel 'genere' letterario che ha nome Trauerspiel, egli dice, è tutt'altra cosa che illustrarne la 'genesi'; il compito non può esau-
" Cfr. anche BENJAMIN, Brie/e cit., I, p. 372 (lettera del I9 febbraio r925 a G. Scholem). I versi sono tratti dal Kinderlied: Hopp, hopp, hopp (testo di Cari Hahn, melodia di Cari Gottlieb Hering).
" Lettera del I9 febbraio 1925 a G. Scholem. Cfr. BENJAMIN, Brie/e cit., I, p. 372. •• Gershom Scholem ha ricordato che Benjamin, riguardo alla sua Premessa, confidò al
critico Max Rychner e ad Adorno che essa potrebbe essere compresa soltanto da lettori che avessero qualche dimestichezza con la qabbalah, la tradizione della mistica ebraica che oltre a Kafka stava interessando lo stesso Scholem.
J7 In proposito dr. soprattutto AGAMBEN, Lingua e storia. Categorie storiche e categorie linguistiche nel pensiero di Benjamin, in BELLOI e LOTn (a cura di), Walter Benjamin. Tempo storia linguaggio cit., pp. 65-82.
Fuori dal coro xxv
rirsi nel ricostruire un quadro di carattere prettamente storico-letterario del 'dramma' moderno. Il termine Ursprung rinvia infatti non tanto a 'g~n~si' '. 'orig~~e' o ·~orgente', ma piuttosto a «quel salto (Sprung) ortgmarto nell essere che, al contempo, rivela e determina la struttura disvelantesi e le dinamiche centrali della forma in un fenomeno organico o spirituale»3S, rinvia cioè a quella tensione dinamica - potremmo intendere - in virtU della quale materiali e commentatore mantengono la loro costante relazione con l'orizzonte della Verità, che è rappresentata e attualizzata dalle Idee.
Agisce in ciò la volontà di salvare la frammentazione dei fenomeni, adu?ati attorno all'idea stessa di Trauefspiel nella sua compiutezza monadtca, attraverso un accurato procedimento analitico che ricorda la sistemazione dei tasselli di un mosaico e in cui la ricostruzione del tutto è garantita mediante la combinazione delle varie parti. Questa 'salvazione del fenomeno' viene da Benjamin prospettata nel solco della dottrina platonica delle idee anziché nello spirito della reductio ad unum caratteristica dello storicismo che risolve la dialettica ricchezza della storia in funzione di ciò ~he è definitivamente ratificato. Il critico appare qui chiamato a «rappresentare» (darstellen) filosoficamente determinati contenuti di verità sfuggendo all'ossessione di realizzare la sintesi dei dati storici tipica delle tradizionali scienze storiche. Nell'articolare la propria interrogazione della Veri.tà, che rappresenta «la morte dell'intenzione», egli resta consapevole che alla conoscenza non è dato di coincidere con la Verità stessa senza d~struggerla: «Quel che importa sarà la pratica di questa forma [ossia la Darstellung della verità], e non la sua anticipazione sistematica». In questo modo egli si predispone a sfuggire alla maledizione del concetto e al suo maniacale domandare per catturare. Solo in questa luce diviene comprensibile l'insistenza benjaminiana sul mostrarsi delle idee nel linguaggio senza tuttavia coincidere con esso, senza esaurirsi nella comprensione, nella rappresentazione e nel concetto.
Le idee, che (secondo una lettera di Benjamin all'amico Christian Rang) «non brillano nel giorno della storia, ma vi sono attive solo in modo invisibile»39
) non possono infatti essere colte con approccio intuitivo e ancor meno con l'approccio di tipo scientifico-induttivo dei positivisti. Per differenziarsi dall'intuizionismo e dal vitalismo, da un lato, e dal neopositivismo dall'altro, Benjamin chiama «visione» questa particolare esperienza conoscitiva delle idee, che si danno, re-
'8 Cfr. GEORGE STEINER, Introduction a W ALTER BENJAMIN, The Origin o/German Tragic
Drama, London r977, pp. r6-r7. "Cfr. BENJAMIN, Briefe cit., I, p. 323; trad. it. Lettere 1913-I940 cit., p. 72.
XXIV Giulio Schiavoni
valca pure pietre e bastoni l ma non romperti mai le gambe! »}'4• D'altro canto la provocatoria oscurità e la calcolata difficoltà di queste prime pagine sono probabilmente frutto, oltre che del misurarsi dell' autore con l'ostacolo accademico (l'esigenza dell"istante' essendo quella di vincere le difficoltà mediante un accumulo di difficoltà), soprattutto del suo misurarsi con il problema del metodo e dell'interpretazione mediante uno stile esso stesso condotto all'estremo. Per questo la Premessa gnoseologica resta un elemento portante del libro, un pezzo forte per comprendere la rilettura benjaminiana del Seicento non soltanto tedesco. Di conseguenza essa costituisce un punto di partenza obbligato per chi, superatane l'apparente impenetrabilità e i tecnicismi espressivi, voglia inoltrarsi nel testo benjaminiano e nel regno delle 'rovine' barocche.
Definendo la propria metodologia di ricerca, Benjamin vi presenta le linee di una teoria della conoscenza che si ricollega alle sue precedenti riflessioni sul linguaggio, offrendo- come si legge in una lettera del 1925 a Christian Rang- «una sorta di secondo stadio rispetto al lavoro giovanile sulla lingua, mascherato da dottrina delle idee »3
'.
Tale teoria si direbbe caratterizzata da un neoplatonismo di fondo che assume una curvatura messianica e che passa attraverso i filtri della qabbalaiY6
• In questa luce va letto il richiamo benjaminiano alla pura lingua dei nomi adamitici posta in rapporto critico e dialettico con il linguaggio umano, richiamo cioè a un fondamento del linguaggio che resiste a qualsiasi penetrazione tecnico-razionale3', gioia e croce di ogni misurarsi con il codice ultimo. Nel ricercare l'Ursprung di un genere letterario 'minore' o scarsamente valorizzato come il Trauerspiel (categoria che in italiano, piu che a 'dramma', potrebbe equivalere a 'rappresentazione luttuosa', trattandosi di un terminus composto di Trauer, «lutto» e Spie!, «gioco o rappresentazione») Benjamin si muove proprio entro queste coordinate teoriche. Interrogare l'Ursprung di quel 'genere' letterario che ha nome Trauerspiel, egli dice, è tutt'altra cosa che illustrarne la 'genesi'; il compito non può esau-
" Cfr. anche BENJAMIN, Brie/e cit., I, p. 372 (lettera del I9 febbraio r925 a G. Scholem). I versi sono tratti dal Kinderlied: Hopp, hopp, hopp (testo di Cari Hahn, melodia di Cari Gottlieb Hering).
" Lettera del I9 febbraio 1925 a G. Scholem. Cfr. BENJAMIN, Brie/e cit., I, p. 372. •• Gershom Scholem ha ricordato che Benjamin, riguardo alla sua Premessa, confidò al
critico Max Rychner e ad Adorno che essa potrebbe essere compresa soltanto da lettori che avessero qualche dimestichezza con la qabbalah, la tradizione della mistica ebraica che oltre a Kafka stava interessando lo stesso Scholem.
J7 In proposito dr. soprattutto AGAMBEN, Lingua e storia. Categorie storiche e categorie linguistiche nel pensiero di Benjamin, in BELLOI e LOTn (a cura di), Walter Benjamin. Tempo storia linguaggio cit., pp. 65-82.
Fuori dal coro xxv
rirsi nel ricostruire un quadro di carattere prettamente storico-letterario del 'dramma' moderno. Il termine Ursprung rinvia infatti non tanto a 'g~n~si' '. 'orig~~e' o ·~orgente', ma piuttosto a «quel salto (Sprung) ortgmarto nell essere che, al contempo, rivela e determina la struttura disvelantesi e le dinamiche centrali della forma in un fenomeno organico o spirituale»3S, rinvia cioè a quella tensione dinamica - potremmo intendere - in virtU della quale materiali e commentatore mantengono la loro costante relazione con l'orizzonte della Verità, che è rappresentata e attualizzata dalle Idee.
Agisce in ciò la volontà di salvare la frammentazione dei fenomeni, adu?ati attorno all'idea stessa di Trauefspiel nella sua compiutezza monadtca, attraverso un accurato procedimento analitico che ricorda la sistemazione dei tasselli di un mosaico e in cui la ricostruzione del tutto è garantita mediante la combinazione delle varie parti. Questa 'salvazione del fenomeno' viene da Benjamin prospettata nel solco della dottrina platonica delle idee anziché nello spirito della reductio ad unum caratteristica dello storicismo che risolve la dialettica ricchezza della storia in funzione di ciò ~he è definitivamente ratificato. Il critico appare qui chiamato a «rappresentare» (darstellen) filosoficamente determinati contenuti di verità sfuggendo all'ossessione di realizzare la sintesi dei dati storici tipica delle tradizionali scienze storiche. Nell'articolare la propria interrogazione della Veri.tà, che rappresenta «la morte dell'intenzione», egli resta consapevole che alla conoscenza non è dato di coincidere con la Verità stessa senza d~struggerla: «Quel che importa sarà la pratica di questa forma [ossia la Darstellung della verità], e non la sua anticipazione sistematica». In questo modo egli si predispone a sfuggire alla maledizione del concetto e al suo maniacale domandare per catturare. Solo in questa luce diviene comprensibile l'insistenza benjaminiana sul mostrarsi delle idee nel linguaggio senza tuttavia coincidere con esso, senza esaurirsi nella comprensione, nella rappresentazione e nel concetto.
Le idee, che (secondo una lettera di Benjamin all'amico Christian Rang) «non brillano nel giorno della storia, ma vi sono attive solo in modo invisibile»39
) non possono infatti essere colte con approccio intuitivo e ancor meno con l'approccio di tipo scientifico-induttivo dei positivisti. Per differenziarsi dall'intuizionismo e dal vitalismo, da un lato, e dal neopositivismo dall'altro, Benjamin chiama «visione» questa particolare esperienza conoscitiva delle idee, che si danno, re-
'8 Cfr. GEORGE STEINER, Introduction a W ALTER BENJAMIN, The Origin o/German Tragic
Drama, London r977, pp. r6-r7. "Cfr. BENJAMIN, Briefe cit., I, p. 323; trad. it. Lettere 1913-I940 cit., p. 72.
XXVI Giulio Schiavoni
stando tuttavia sottratte alla sfera soggettivo-intenzionale, prive cioè di residui teleologici40
•
Alla via diretta della dimostrazione deduttiva che è orientata al 'si-stema' (come nel caso della tradizionale storia letteraria di classificazioni dei fatti culturali) Benjamin contrappone qui la «via indiretta» del trattato, una forma di scrittura dall'andamento discontinuo che è basata sull'indugio micrologico e che trasforma il testo in spazio di un'esperienza anziché in una chiarificazione concettuale. Nel 'trattato' la 'rappresentazione' assume l'andamento dell'esegesi del testo sacro, procede all'identificazione progressiva degli innumerevoli significati presenti nella trama ~estuale. In questo modo essa è in grado di assicurare respiro alla ricerca, di praticare un «movimento metodico» del respiro («ll pensiero riprende sempre da capo, di circostanza in circostanza ritorna alla cosa stessa. Questo interrotto riprender fiato è la piu specifica forma di esistenza della contemplazione»), frenando e interrompendo il movimento di un pensiero che miri a proporre una relazione di continuità fra verità e scrittura.
Grande interprete di una totalità dispersa, Benjamin interroga il frammento, gli emblemi e i geroglifici di una cultura come quella barocca che ha confinato le possibilità di riscatto sotto i detriti della vita falsa. V'è infatti in lui la convinzione di trovarsi di fronte a un' epoca dotata di una coerenza interna che si tratta di riscoprire proprio nei dettagli minimi e negli aspetti piu contraddittori, negli 'estremi', anziché negli aspetti normativi. Contro ogni trionfalismo storicista, si tratta di far emergere tutto ciò che la storia ufficiale ha escluso o annichilito e fargli acquistare un volto. Considerando irrilevanti le distinzioni gerarchiche fra 'maggiori' e 'minori', egli sembra esaltarsi nel salvare testi e autori poco noti proprio perché trascurati: dai vari Opitz, Gryphius, Lohenstein (che pure godono di una qualche considerazione nelle storie letterarie) a drammaturghi come Haugwitz o Hallmann e agli autori di vecchi e dimenticati libri di emblemi da lui raccolti per diletto personale o reperiti nella Staatsbibliothek di Berlino. Nel riaccedere al passato egli sembra dunque privilegiare la piccola porta dei particolari insignificanti, delle arti minori e degli oggetti desueti, di ciò che è stato scartato o dimenticato. In tal senso il suo metodo risente del procedere filologico caro soprattutto a esponenti della Scuola Viennese quali Max Dvoak e Alois Riegl41
, attenti a recuperare ciò che la storiografia ottocentesca aveva emarginato per
"" In ciò si può ravvisare anche !"avanzamento' di Benjamin rispetto alla fenomenologia di Husserl. In proposito cfr. CACCIARI, Di alcuni motivi in W alter Beniamin cit., pp. 41·71.
· ., Nella sua SpiitrOmische Kunstindustrie, 1911 [L'industria artistica tardoromana], della cui importanza Benjarnin fu convinto «per tutta la vita» (G. Scholem) e di cui nella sua re-
Fuori dal coro xxvn
pre~iudizio este.ticistico. Proprio. nel dime?-ticato e nel messo da parte l autore del libro sul Trauerspzel non es1ta a scorgere testimoniata e se~olt~ la presenza dell'autentico, con un gusto 'micrologico' che è ravv1sabile m larga parte della sua produzione e che pone il Dramma ba;~c~o te~esco sulla scia della scuola di Aby W arburg, dei cui apporti cr1t1c1 egli fa tesoro nella sezione dedicata all'allegoria. Giacché anc~e pe; Benj~in resta viva l'idea warburghiana che «nel minimo si nvela il mass1mo» e che «Dio abita nel dettaglio».
4·
La sfida di Benjamin nei confronti dell'estetica e della Kunstwissenscha(t tedesca ~ già chiara nella scelta di campo da lui attuata, ossia nell approfondimento delle problematiche artistiche del Seicento. Per l~ngo tempo ~atti l'intera epoca barocca, e in particolare la produzlon~ letterar1a_te~esca del periodo era stata oggetto di valutazioni riduttlve, che la 1s~n_vevano nella prospettiva di una presunta decadenza m?rale o la deflruvano come un mero periodo di transizione &a il Rinasc~ento e l'~tà dell~ ragione (si pensi ad esempio alla condanna e~tetlc_a pro_n~clata al rtguardo nel Settecento dai protoilluministi zunghesl B~elt~nger e Bodmer). Le opere di scrittori quali Gryphius e Lo~enstem, 1 due drammaturghi piu citati nel libro di Benjamin, di Op1tz, Hallmann e cosi via erano pressoché dimenticate e non venivano quasi piu ra~presentate. Benjamin invece accoglieva come oggetto della sua trattaz1?ne no~ soltanto il barocco europeo piu caduco- quello ~edesco .- ma m esso mtendeva dare un pieno riconoscimento di digmtà poetlca al genere del Trauerspiel, quello dalle riuscite meno evidenti e che da alcuni era visto come una pedante imitazione della tragedia greca. . Soltant~ con gli studi di Heinrich Wolfflin, in particolare con il suo
hbro Renazssance und Barock. Bine Untersuchung uber Wesen und Enstehung des Barockstils in Italien, Miinchen 1888 [Rinascimento e baroc~o. R_icerche intorno _all'essenza e all'origine dello stile barocco in Italia], s1 era fatto largo il concetto di autonomia estetica dell'arte barocca, per quanto tale concetto avrebbe incontrato ostacoli ad affern:ars! ~nche nel corso del Novecento, come, ad esempio, nel severo gmd1z10. es~r~sso da Benedetto Croce, un anno dopo l'uscita del libro benJarrumano, nella Storia dell'età barocca in Italia (Bari 1929).
c~nsione Libri che sono rimasti attuali (1929, in W ALTER BENJAMIN, Critiche e recensioni, Tonno 1979, p. 105) apprezzava «il modo di procedere rivoluzionario» Riegl aveva rivalutato un periodo le cui ~sperienze artistiche (al pari di quelle del barocco' tedesco) valevano come morte, secondane e sgraziate per i canoni dell'estetica imperante.
XXVI Giulio Schiavoni
stando tuttavia sottratte alla sfera soggettivo-intenzionale, prive cioè di residui teleologici40
•
Alla via diretta della dimostrazione deduttiva che è orientata al 'si-stema' (come nel caso della tradizionale storia letteraria di classificazioni dei fatti culturali) Benjamin contrappone qui la «via indiretta» del trattato, una forma di scrittura dall'andamento discontinuo che è basata sull'indugio micrologico e che trasforma il testo in spazio di un'esperienza anziché in una chiarificazione concettuale. Nel 'trattato' la 'rappresentazione' assume l'andamento dell'esegesi del testo sacro, procede all'identificazione progressiva degli innumerevoli significati presenti nella trama ~estuale. In questo modo essa è in grado di assicurare respiro alla ricerca, di praticare un «movimento metodico» del respiro («ll pensiero riprende sempre da capo, di circostanza in circostanza ritorna alla cosa stessa. Questo interrotto riprender fiato è la piu specifica forma di esistenza della contemplazione»), frenando e interrompendo il movimento di un pensiero che miri a proporre una relazione di continuità fra verità e scrittura.
Grande interprete di una totalità dispersa, Benjamin interroga il frammento, gli emblemi e i geroglifici di una cultura come quella barocca che ha confinato le possibilità di riscatto sotto i detriti della vita falsa. V'è infatti in lui la convinzione di trovarsi di fronte a un' epoca dotata di una coerenza interna che si tratta di riscoprire proprio nei dettagli minimi e negli aspetti piu contraddittori, negli 'estremi', anziché negli aspetti normativi. Contro ogni trionfalismo storicista, si tratta di far emergere tutto ciò che la storia ufficiale ha escluso o annichilito e fargli acquistare un volto. Considerando irrilevanti le distinzioni gerarchiche fra 'maggiori' e 'minori', egli sembra esaltarsi nel salvare testi e autori poco noti proprio perché trascurati: dai vari Opitz, Gryphius, Lohenstein (che pure godono di una qualche considerazione nelle storie letterarie) a drammaturghi come Haugwitz o Hallmann e agli autori di vecchi e dimenticati libri di emblemi da lui raccolti per diletto personale o reperiti nella Staatsbibliothek di Berlino. Nel riaccedere al passato egli sembra dunque privilegiare la piccola porta dei particolari insignificanti, delle arti minori e degli oggetti desueti, di ciò che è stato scartato o dimenticato. In tal senso il suo metodo risente del procedere filologico caro soprattutto a esponenti della Scuola Viennese quali Max Dvoak e Alois Riegl41
, attenti a recuperare ciò che la storiografia ottocentesca aveva emarginato per
"" In ciò si può ravvisare anche !"avanzamento' di Benjamin rispetto alla fenomenologia di Husserl. In proposito cfr. CACCIARI, Di alcuni motivi in W alter Beniamin cit., pp. 41·71.
· ., Nella sua SpiitrOmische Kunstindustrie, 1911 [L'industria artistica tardoromana], della cui importanza Benjarnin fu convinto «per tutta la vita» (G. Scholem) e di cui nella sua re-
Fuori dal coro xxvn
pre~iudizio este.ticistico. Proprio. nel dime?-ticato e nel messo da parte l autore del libro sul Trauerspzel non es1ta a scorgere testimoniata e se~olt~ la presenza dell'autentico, con un gusto 'micrologico' che è ravv1sabile m larga parte della sua produzione e che pone il Dramma ba;~c~o te~esco sulla scia della scuola di Aby W arburg, dei cui apporti cr1t1c1 egli fa tesoro nella sezione dedicata all'allegoria. Giacché anc~e pe; Benj~in resta viva l'idea warburghiana che «nel minimo si nvela il mass1mo» e che «Dio abita nel dettaglio».
4·
La sfida di Benjamin nei confronti dell'estetica e della Kunstwissenscha(t tedesca ~ già chiara nella scelta di campo da lui attuata, ossia nell approfondimento delle problematiche artistiche del Seicento. Per l~ngo tempo ~atti l'intera epoca barocca, e in particolare la produzlon~ letterar1a_te~esca del periodo era stata oggetto di valutazioni riduttlve, che la 1s~n_vevano nella prospettiva di una presunta decadenza m?rale o la deflruvano come un mero periodo di transizione &a il Rinasc~ento e l'~tà dell~ ragione (si pensi ad esempio alla condanna e~tetlc_a pro_n~clata al rtguardo nel Settecento dai protoilluministi zunghesl B~elt~nger e Bodmer). Le opere di scrittori quali Gryphius e Lo~enstem, 1 due drammaturghi piu citati nel libro di Benjamin, di Op1tz, Hallmann e cosi via erano pressoché dimenticate e non venivano quasi piu ra~presentate. Benjamin invece accoglieva come oggetto della sua trattaz1?ne no~ soltanto il barocco europeo piu caduco- quello ~edesco .- ma m esso mtendeva dare un pieno riconoscimento di digmtà poetlca al genere del Trauerspiel, quello dalle riuscite meno evidenti e che da alcuni era visto come una pedante imitazione della tragedia greca. . Soltant~ con gli studi di Heinrich Wolfflin, in particolare con il suo
hbro Renazssance und Barock. Bine Untersuchung uber Wesen und Enstehung des Barockstils in Italien, Miinchen 1888 [Rinascimento e baroc~o. R_icerche intorno _all'essenza e all'origine dello stile barocco in Italia], s1 era fatto largo il concetto di autonomia estetica dell'arte barocca, per quanto tale concetto avrebbe incontrato ostacoli ad affern:ars! ~nche nel corso del Novecento, come, ad esempio, nel severo gmd1z10. es~r~sso da Benedetto Croce, un anno dopo l'uscita del libro benJarrumano, nella Storia dell'età barocca in Italia (Bari 1929).
c~nsione Libri che sono rimasti attuali (1929, in W ALTER BENJAMIN, Critiche e recensioni, Tonno 1979, p. 105) apprezzava «il modo di procedere rivoluzionario» Riegl aveva rivalutato un periodo le cui ~sperienze artistiche (al pari di quelle del barocco' tedesco) valevano come morte, secondane e sgraziate per i canoni dell'estetica imperante.
xxvm Giulio Schiavoni
E una certa valorizzazione dell'esperienza religiosa di autori tedeschi del Seicento si poteva riscontrare nel volume Deutsche Barockdichtung, Leipzig r924 [La poesia barocca tedesca] di Herbert Cysarz, che però finiva per considerare la drammaturgia tedesca del periodo come un gradino imperfetto verso il dramma classico di Goethe e di Schiller.
Il carattere innovativo dei giudizi di Benjamin sulla civiltà del xvn secolo, a proposito della quale egli respinge polemicamente l'idea di una dipendenza, anche solo negativa, tra il barocco e il Rinascimento, è testimoniato soprattutto dall'attenzione riservata, da un lato, al rapporto fra Trauerspiel e tragedia (laddove il critico berlinese nega sostanza 'tragica' al barocco) e, dall'altro, alla struttura allegorica della produzione artistica del Seicento. Al tempo stesso Benjamin giudica di grande utilità l'allegoria barocca per comprendere le tendenze dell'avanguardia (l'espressionismo in particolare) e l'autodistruzione della soggettività, come ha ben visto Gyorgy Lukacs, che ha scorto nel Dramma barocco tedesco benjaminiano la piu audace e coerente teorizzazione della problematica artistica novecentesca («Si ha l'impressione di veder cadere la maschera del barocco e apparire il teschio dell' avanguardia»)42
•
5·
La tragedia (Tragodie) non si addice ai drammaturghi del XVII secolo. La distanza che la separa dal Trauerspiel, in buona parte già prefigurata da Nietzsche nella Nascita della tragedia, è per Benjamin in-· colmabile. Lo statuto di questi due generi viene precisato nel primo capitolo del Dramma barocco tedesco, in cui il critico berlinese fa tesoro soprattutto delle riflessioni sul tragico elaborate da due grandi esponenti della simbiosi ebraico-edesca da lui conosciuti e apprezzati: Franz Rosenzweig e Florens Christian Rang. La questione era peraltro già stata affrontata in due saggi giovanili di Benjamin: « Trauerspiel» e tragedia" e Il significato del linguaggio nel« Trauerspiel» e nella tragedja44.
" Cfr. trad. it. GYORGY LUKAcs, Il significato attuale del realismo critico, Torino 1957, p. 48, dove il critico ungherese definisce lo scritto benjarniniano come «il riferimento piu intimo all'odierna letteratura di avanguardia». Cfr. anche trad. it. ID., Estetica, Torino 1970, vol. II, pp. 1505 sgg. Sulla questione si vedano: RENATO SOLMI, Introduzione aBENJA· MIN, Angelus Novus cit., pp. xv sgg.; P. BURGER, Theorie der Avantgarde, Frankfurt am Main 1974, pp. 93 sgg.; FERRUCCIO MASINI, Melancho!ia il/a allegorica, in Brecht e Beniamin cit., pp. 115 sgg .
., WALTERBENJAMIN, TrauerspielundTragOdie, in GesammelteSchriftencit., II/I, pp. 133-137; trad. it. inMetafzsica della gioventU, Torino 1982, pp. 168-72.
" W ALTER BENJAMIN, Die Bedeutung der Sprache in Trauerspiel und Tragodie, ibid.; trad. it. ibid., pp. 173•76. •
Fuori dal coro XXIX
La distinzione fra i due termini, per la quale l'italiano non ha equivalenti, è di cruciale importanza per l'interpretazione benjim.iniana. Per quanto nell'uso corrente vengano considerati pressoché identici, essi rivestono significati profondamente diversi. Benjamin spiega infatti che la 'tragedia', in quanto dramma sacrificale in cui l'eroe viene offerto agli dèi in espiazione, va circoscritta alla Grecia antica. Il Trauerspiel, per contro, che comprende tutto il barocco (sia gli elisabettiani e Calder6n che i drammaturghi tedeschi del xvn secolo) e che si presenta a guisa di una 'rappresentazione per malinconici' (Spielfur Traurige), nella sua accezione linguistica di Trauer («lutto, afflizione, tristezza») e di Spie l (ossia «gioco o rappresentazione»), è una sorta di 'mistero' in cui si mette in scena la disgregazione dell'uomo post-antico.
La tragedia perde la propria legittimità in un cont~sto non ellenistico. Di qui il duro attacco benjaminiano contro l' Asthetik des Tragischen, I9I7 [Estetica del tragico] diJohannes Volkelt, il pontefice dell'estetica di quegli anni, il quale caldeggiava che «ancora oggi» si scrivessero tragedie. Dalla medesima convinzione scaturisce l'insofferenza benjaminiana per qualsiasi moderna pretesa di rinnovare la «grande forma drammatica», dai tentativi della tragédie classique francese (cui è significativo che il Dramma barocco tedesco non dedichi il minimo spazio), al classicismo tedesco, fino al neoclassicismo epigonale di Paul Ernst.
La tragedia, insiste Benjamin, ha il suo fondamento nel mito e rappresenta il sacrificio dell'eroe, che con la sua sofferenza distoglie dalla comunità l'ira degli dèi e con la sua morte risolve la situazione di conflittualità permanente con il destino tragico e trionfa sull'ordinamento mitico degli Olimpici, recando nel suo silenzio tragico, oltre che il superamento delle forze irraziònali del mito, la muta promessa di un nuovo ordine. Nel Trauerspiel viceversa l'azione non è determinata dall' avverarsi delle profezie dell'oracolo, ma discende da un atto di ribellione, gravido di conseguenze: al sacrificio si sostituisce ora il martirio, accettato con stoica abnegazione e con ascetica malinconia (il modello del 'dramma martirologico' costituisce, per certi versi, una versione parodistica della morte tragica, versione che Friedrich Nietzsche aveva scorto come già prefigurata nella morte di Socrate).
Si tratta, in parte, di considerazioni già sviluppate da Franz Rosenzweig, di cui Benjamin riprende l'idea del tragico come «angoscia di fronte alla morte» e dello stato «metaetico» dell'uomo tragico presenti nella Stella della redenzion~', e soprattutto da Florens Christian
41 Cfr. FRANZ ROSENZWEIG, Stern der Erlosung, Frankfurt am Main 1921 (nell'ed. Suhrkamp, Frankfurt am Main 1988, pp. 83-84); trad. it. La stella della redenzione, Genova 1985.
xxvm Giulio Schiavoni
E una certa valorizzazione dell'esperienza religiosa di autori tedeschi del Seicento si poteva riscontrare nel volume Deutsche Barockdichtung, Leipzig r924 [La poesia barocca tedesca] di Herbert Cysarz, che però finiva per considerare la drammaturgia tedesca del periodo come un gradino imperfetto verso il dramma classico di Goethe e di Schiller.
Il carattere innovativo dei giudizi di Benjamin sulla civiltà del xvn secolo, a proposito della quale egli respinge polemicamente l'idea di una dipendenza, anche solo negativa, tra il barocco e il Rinascimento, è testimoniato soprattutto dall'attenzione riservata, da un lato, al rapporto fra Trauerspiel e tragedia (laddove il critico berlinese nega sostanza 'tragica' al barocco) e, dall'altro, alla struttura allegorica della produzione artistica del Seicento. Al tempo stesso Benjamin giudica di grande utilità l'allegoria barocca per comprendere le tendenze dell'avanguardia (l'espressionismo in particolare) e l'autodistruzione della soggettività, come ha ben visto Gyorgy Lukacs, che ha scorto nel Dramma barocco tedesco benjaminiano la piu audace e coerente teorizzazione della problematica artistica novecentesca («Si ha l'impressione di veder cadere la maschera del barocco e apparire il teschio dell' avanguardia»)42
•
5·
La tragedia (Tragodie) non si addice ai drammaturghi del XVII secolo. La distanza che la separa dal Trauerspiel, in buona parte già prefigurata da Nietzsche nella Nascita della tragedia, è per Benjamin in-· colmabile. Lo statuto di questi due generi viene precisato nel primo capitolo del Dramma barocco tedesco, in cui il critico berlinese fa tesoro soprattutto delle riflessioni sul tragico elaborate da due grandi esponenti della simbiosi ebraico-edesca da lui conosciuti e apprezzati: Franz Rosenzweig e Florens Christian Rang. La questione era peraltro già stata affrontata in due saggi giovanili di Benjamin: « Trauerspiel» e tragedia" e Il significato del linguaggio nel« Trauerspiel» e nella tragedja44.
" Cfr. trad. it. GYORGY LUKAcs, Il significato attuale del realismo critico, Torino 1957, p. 48, dove il critico ungherese definisce lo scritto benjarniniano come «il riferimento piu intimo all'odierna letteratura di avanguardia». Cfr. anche trad. it. ID., Estetica, Torino 1970, vol. II, pp. 1505 sgg. Sulla questione si vedano: RENATO SOLMI, Introduzione aBENJA· MIN, Angelus Novus cit., pp. xv sgg.; P. BURGER, Theorie der Avantgarde, Frankfurt am Main 1974, pp. 93 sgg.; FERRUCCIO MASINI, Melancho!ia il/a allegorica, in Brecht e Beniamin cit., pp. 115 sgg .
., WALTERBENJAMIN, TrauerspielundTragOdie, in GesammelteSchriftencit., II/I, pp. 133-137; trad. it. inMetafzsica della gioventU, Torino 1982, pp. 168-72.
" W ALTER BENJAMIN, Die Bedeutung der Sprache in Trauerspiel und Tragodie, ibid.; trad. it. ibid., pp. 173•76. •
Fuori dal coro XXIX
La distinzione fra i due termini, per la quale l'italiano non ha equivalenti, è di cruciale importanza per l'interpretazione benjim.iniana. Per quanto nell'uso corrente vengano considerati pressoché identici, essi rivestono significati profondamente diversi. Benjamin spiega infatti che la 'tragedia', in quanto dramma sacrificale in cui l'eroe viene offerto agli dèi in espiazione, va circoscritta alla Grecia antica. Il Trauerspiel, per contro, che comprende tutto il barocco (sia gli elisabettiani e Calder6n che i drammaturghi tedeschi del xvn secolo) e che si presenta a guisa di una 'rappresentazione per malinconici' (Spielfur Traurige), nella sua accezione linguistica di Trauer («lutto, afflizione, tristezza») e di Spie l (ossia «gioco o rappresentazione»), è una sorta di 'mistero' in cui si mette in scena la disgregazione dell'uomo post-antico.
La tragedia perde la propria legittimità in un cont~sto non ellenistico. Di qui il duro attacco benjaminiano contro l' Asthetik des Tragischen, I9I7 [Estetica del tragico] diJohannes Volkelt, il pontefice dell'estetica di quegli anni, il quale caldeggiava che «ancora oggi» si scrivessero tragedie. Dalla medesima convinzione scaturisce l'insofferenza benjaminiana per qualsiasi moderna pretesa di rinnovare la «grande forma drammatica», dai tentativi della tragédie classique francese (cui è significativo che il Dramma barocco tedesco non dedichi il minimo spazio), al classicismo tedesco, fino al neoclassicismo epigonale di Paul Ernst.
La tragedia, insiste Benjamin, ha il suo fondamento nel mito e rappresenta il sacrificio dell'eroe, che con la sua sofferenza distoglie dalla comunità l'ira degli dèi e con la sua morte risolve la situazione di conflittualità permanente con il destino tragico e trionfa sull'ordinamento mitico degli Olimpici, recando nel suo silenzio tragico, oltre che il superamento delle forze irraziònali del mito, la muta promessa di un nuovo ordine. Nel Trauerspiel viceversa l'azione non è determinata dall' avverarsi delle profezie dell'oracolo, ma discende da un atto di ribellione, gravido di conseguenze: al sacrificio si sostituisce ora il martirio, accettato con stoica abnegazione e con ascetica malinconia (il modello del 'dramma martirologico' costituisce, per certi versi, una versione parodistica della morte tragica, versione che Friedrich Nietzsche aveva scorto come già prefigurata nella morte di Socrate).
Si tratta, in parte, di considerazioni già sviluppate da Franz Rosenzweig, di cui Benjamin riprende l'idea del tragico come «angoscia di fronte alla morte» e dello stato «metaetico» dell'uomo tragico presenti nella Stella della redenzion~', e soprattutto da Florens Christian
41 Cfr. FRANZ ROSENZWEIG, Stern der Erlosung, Frankfurt am Main 1921 (nell'ed. Suhrkamp, Frankfurt am Main 1988, pp. 83-84); trad. it. La stella della redenzione, Genova 1985.
xxx Giulio Schiavoni
Rang (il suo grande interlocutore durante la stesura dell'Ursprung des deutschen Trauerspiels e insieme !'«autentico lettore» del suo scritto)46
,
di cui fa propria l'idea dell'«agonismo» dell'eroe quale superamento del mondo arcaico47
•
Non a caso Benjamin sottolinea la natura sostanzialmente 'antiagonistica' della rappresentazione del mondo carattèristica del Trauerspiel barocco, che - a suo giudizio - si aggrappa alla parola e al linguaggio con la medesima dispera~ione con cui la tragedi~ ~las~ca. esaltava il 'silenzio' dell'eroe, non r1spetta alcuna delle uruta (di azione, di tempo-e di luogo) della Poetica aristotelica, perché nega loro la ragion d'essere, e sostituisce il ruolo_ dell'eroe tragico- c<;>me :i?a~t? nell' Exposé inviato a Hans Cornelius - con una «pluralità di mdividui sgomenti».
Rispetto all'interpretazione dei suoi ispiratori Rosenzweig e Rang (ai quali occorre aggiungere il Lukacs della Metaphysik der Tragodi7, I 9 I I [Metafisica della tragedia]), nel rapportars1 alla drammaturgia barocca Benjamin enfatizza gli aspetti della secolarizzazione e dell'immanenza, che ne costituirebbero i punti di forza. Il Trauerspiel non si inscrive in una prospettiva sacrale o salvifico-religiosa (peculiare ad esempio della compagine del Medioevo), né può essere accostato a una prospettiva profana (sorretta da tensioni e ideali per cui lottare)_quale si registrerà, ad esempio, nei drammi di Schiller. Esso appare mvece interamente radicato nella storia, si nutre di quell'immanenza che è la materia prima dei drammaturghi del xvn secolo, rispecchia la visione barocca della storia come volgere inesorabile della ruota della fortuna come vuoto avvicendarsi dei potenti del mondo sul palcoscenico: principi, pontefici, imperatrici nei loro sontuosi costumi, cortigiani, personaggi in maschera e avvelenatori, tutti coinvolti in una danza di morte condotta con l'eleganza dei 'trionfi' rinascimentali.
Il fatto che il tempo storico si configuri agli occhi di molti drammaturghi barocchi tedeschi come un mero e meccanico scorrere privo di sviluppo e di novità fa emergere - a giudizio di Benjamin -un'idea di storia come natura: una storia che si intreccia con l'idea del-
.. Cfr. BENJAMIN, Briefe cit., I, p . .374· Si tratta di una lettera del 19 febbraio 1925 a G. Scholem nella quale Benjamin si duole de~ scomparsa del suo confidente, ~vvenut~ prima che fosse conclusa la redazion: del suo libr? sull Ursprun~: «C~n la. I?orte di Rang il mio libro sul barocco ... ha perduto il suo autentico lettore (seznen ezgentilichen Leser)».
41 Cfr. F. CH. RANG Agon und Theater, in BENJAMIN, Gesammelte Werke cit., I/.3. p. 89I. Non è da escludere che Benjamin possa aver fatto tesoro anche dei risultati delle ricerche di Rang sull'origine astronomica del carnevale esposti nel suo s~ggio Histo_rische Psychologie des Karneva/s (trad. it. Psicologia storica del carnevale, Venezta 198.3), nsalente alx909 e pubblicato in «Die Kreatun, II (1927), ad esempio nel ritrarre il rituale spettacolare dell'alternanza dei sovrani sul trono, che rinvia alla caducità che investe lo stesso potere politico sullo sfondo del barocco.
Fuori dal coro XXXI
la 'caduta originale' e che viene fotografata nei suoi momenti di corruzione e decadimento. In questa luce essa appare come spazio che ignora la redenzione, come eterno ritorno dell'uguale48
, come destino che regge l'accadere in forza di un'infrazione originaria responsabile del ciclo di catastrofi e violenze in cui l'uomo si dibatte, senza apparenti vie d'uscita, senza intravedere un eschaton o un telos che lo trascenda. Chi si immerga in ciò che «di inopportuno, di doloroso, di sbagliato» la storia ha evidenziato ne delineerà un decorso inteso come caducità e mortificazione. In quanto luterani, i drammaturghi tedeschi barocchi (per lo piu slesiani) conoscono - secondo Benjamin -un mondo in cui la fede è del tutto separata dalle opere, e in cui neppure l'armonia della predestinazione calvinista può ridare significato alla catena di azioni insensate di cui la vita appare consistere.
L'espressione forse piu adeguata di questa storia-natura è costituita dalla figura del martire, che è al centro del cosiddetto 'dramma martirologico'. L'impassibilità che lo contraddistingue rispecchia una fede che riconosce la vanitas degli sforzi umani e predica la sopportazione, il permanere imperterriti di fronte alle violenze della storia vissute come evento pressoché naturale. In questo atteggiamento caratteristico di autori di confessione luterana come Gryphius e Lohenstein traspare, a giudizio di Benjamin, un cristianesimo dai tratti neostoici, che costituisce una sorta di etica sovraconfessionale scaturita dalle guerre di religione che hanno insanguinato l'epoca, etica connessa allo sfaldarsi dell'una societas christiana. Si tratta di autori (non a caso dislocati nella Slesia) scettici verso il cattolicesimo post-tridentino, i quali hanno assistito con rassegnazione al fallimento dei tentativi di emancipazione religiosa (nella battaglia della Montagna Bianca presso Praga nel I62o) e alla «brutale ri-cattolicizzazione» del loro paese49
•
A questa visione antiteleologica e controriformistica della storia sembra adeguarsi anche il personaggio del sovrano, le cui mire sono di «arginare la trascendenza». Egli unisce in sé i destini del tiranno giustamente assassinato e del martire che subisce, impassibile, la propria passione. Il suo mondo, quello della corte, è il regno dell'intrigo, del calcolo e della cospirazione. Pur concentrando nelle proprie mani il potere assoluto, il monarca finisce infatti per assumere paradossalmente - secondo Benjamin - una valenza esemplare per il concetto barocco della vanitas e dell'inconstantia temporis. Anche quandonella spietata concretezza della vita politica - veste gli abiti del tiranno, passando dall'esercizio della sovranità al ruolo di «detentore
" Cfr. ENRICO GUGLIELMINETII, Walter Ben;amin. Tempo, ripetizione, equivocità, Milano 1990, pp. 66 sgg.
" In proposito cfr. KLAUS GARBER, Benjamins Theorie des Ursprungs der Moderne, in« Studi germanici», n. s., XXIX (1991), n. 8.3-85, pp. 176 sgg.
xxx Giulio Schiavoni
Rang (il suo grande interlocutore durante la stesura dell'Ursprung des deutschen Trauerspiels e insieme !'«autentico lettore» del suo scritto)46
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di cui fa propria l'idea dell'«agonismo» dell'eroe quale superamento del mondo arcaico47
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Non a caso Benjamin sottolinea la natura sostanzialmente 'antiagonistica' della rappresentazione del mondo carattèristica del Trauerspiel barocco, che - a suo giudizio - si aggrappa alla parola e al linguaggio con la medesima dispera~ione con cui la tragedi~ ~las~ca. esaltava il 'silenzio' dell'eroe, non r1spetta alcuna delle uruta (di azione, di tempo-e di luogo) della Poetica aristotelica, perché nega loro la ragion d'essere, e sostituisce il ruolo_ dell'eroe tragico- c<;>me :i?a~t? nell' Exposé inviato a Hans Cornelius - con una «pluralità di mdividui sgomenti».
Rispetto all'interpretazione dei suoi ispiratori Rosenzweig e Rang (ai quali occorre aggiungere il Lukacs della Metaphysik der Tragodi7, I 9 I I [Metafisica della tragedia]), nel rapportars1 alla drammaturgia barocca Benjamin enfatizza gli aspetti della secolarizzazione e dell'immanenza, che ne costituirebbero i punti di forza. Il Trauerspiel non si inscrive in una prospettiva sacrale o salvifico-religiosa (peculiare ad esempio della compagine del Medioevo), né può essere accostato a una prospettiva profana (sorretta da tensioni e ideali per cui lottare)_quale si registrerà, ad esempio, nei drammi di Schiller. Esso appare mvece interamente radicato nella storia, si nutre di quell'immanenza che è la materia prima dei drammaturghi del xvn secolo, rispecchia la visione barocca della storia come volgere inesorabile della ruota della fortuna come vuoto avvicendarsi dei potenti del mondo sul palcoscenico: principi, pontefici, imperatrici nei loro sontuosi costumi, cortigiani, personaggi in maschera e avvelenatori, tutti coinvolti in una danza di morte condotta con l'eleganza dei 'trionfi' rinascimentali.
Il fatto che il tempo storico si configuri agli occhi di molti drammaturghi barocchi tedeschi come un mero e meccanico scorrere privo di sviluppo e di novità fa emergere - a giudizio di Benjamin -un'idea di storia come natura: una storia che si intreccia con l'idea del-
.. Cfr. BENJAMIN, Briefe cit., I, p . .374· Si tratta di una lettera del 19 febbraio 1925 a G. Scholem nella quale Benjamin si duole de~ scomparsa del suo confidente, ~vvenut~ prima che fosse conclusa la redazion: del suo libr? sull Ursprun~: «C~n la. I?orte di Rang il mio libro sul barocco ... ha perduto il suo autentico lettore (seznen ezgentilichen Leser)».
41 Cfr. F. CH. RANG Agon und Theater, in BENJAMIN, Gesammelte Werke cit., I/.3. p. 89I. Non è da escludere che Benjamin possa aver fatto tesoro anche dei risultati delle ricerche di Rang sull'origine astronomica del carnevale esposti nel suo s~ggio Histo_rische Psychologie des Karneva/s (trad. it. Psicologia storica del carnevale, Venezta 198.3), nsalente alx909 e pubblicato in «Die Kreatun, II (1927), ad esempio nel ritrarre il rituale spettacolare dell'alternanza dei sovrani sul trono, che rinvia alla caducità che investe lo stesso potere politico sullo sfondo del barocco.
Fuori dal coro XXXI
la 'caduta originale' e che viene fotografata nei suoi momenti di corruzione e decadimento. In questa luce essa appare come spazio che ignora la redenzione, come eterno ritorno dell'uguale48
, come destino che regge l'accadere in forza di un'infrazione originaria responsabile del ciclo di catastrofi e violenze in cui l'uomo si dibatte, senza apparenti vie d'uscita, senza intravedere un eschaton o un telos che lo trascenda. Chi si immerga in ciò che «di inopportuno, di doloroso, di sbagliato» la storia ha evidenziato ne delineerà un decorso inteso come caducità e mortificazione. In quanto luterani, i drammaturghi tedeschi barocchi (per lo piu slesiani) conoscono - secondo Benjamin -un mondo in cui la fede è del tutto separata dalle opere, e in cui neppure l'armonia della predestinazione calvinista può ridare significato alla catena di azioni insensate di cui la vita appare consistere.
L'espressione forse piu adeguata di questa storia-natura è costituita dalla figura del martire, che è al centro del cosiddetto 'dramma martirologico'. L'impassibilità che lo contraddistingue rispecchia una fede che riconosce la vanitas degli sforzi umani e predica la sopportazione, il permanere imperterriti di fronte alle violenze della storia vissute come evento pressoché naturale. In questo atteggiamento caratteristico di autori di confessione luterana come Gryphius e Lohenstein traspare, a giudizio di Benjamin, un cristianesimo dai tratti neostoici, che costituisce una sorta di etica sovraconfessionale scaturita dalle guerre di religione che hanno insanguinato l'epoca, etica connessa allo sfaldarsi dell'una societas christiana. Si tratta di autori (non a caso dislocati nella Slesia) scettici verso il cattolicesimo post-tridentino, i quali hanno assistito con rassegnazione al fallimento dei tentativi di emancipazione religiosa (nella battaglia della Montagna Bianca presso Praga nel I62o) e alla «brutale ri-cattolicizzazione» del loro paese49
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A questa visione antiteleologica e controriformistica della storia sembra adeguarsi anche il personaggio del sovrano, le cui mire sono di «arginare la trascendenza». Egli unisce in sé i destini del tiranno giustamente assassinato e del martire che subisce, impassibile, la propria passione. Il suo mondo, quello della corte, è il regno dell'intrigo, del calcolo e della cospirazione. Pur concentrando nelle proprie mani il potere assoluto, il monarca finisce infatti per assumere paradossalmente - secondo Benjamin - una valenza esemplare per il concetto barocco della vanitas e dell'inconstantia temporis. Anche quandonella spietata concretezza della vita politica - veste gli abiti del tiranno, passando dall'esercizio della sovranità al ruolo di «detentore
" Cfr. ENRICO GUGLIELMINETII, Walter Ben;amin. Tempo, ripetizione, equivocità, Milano 1990, pp. 66 sgg.
" In proposito cfr. KLAUS GARBER, Benjamins Theorie des Ursprungs der Moderne, in« Studi germanici», n. s., XXIX (1991), n. 8.3-85, pp. 176 sgg.
xxxn Giulio Schiavoni
di un potere dittatoriale nello stato di eccezione» (secondo le indicazioni della Politische Theologie [Teologia politica] del cattolico Carl Schmitt, il controverso e conturbante teorico del 'decisionismo' e avversario della liberaldemocrazia da Benjamin piu volte citato)'0 e di conseguenza scatenando la _reazione dei cortigiani, egli resta infatti conscio che, proprio in quanto tiranno, sarà destinato al supremo sacrificio del martirio («11 tiranno e il martire sono nel Barocco i due volti di Giano della testa coronata. Sono le due modalità estreme, e necessarie, dell'essenza regale»). ·
Né il sovrano può sfuggire a quella melanconia che sembra ispirare il suo agire, che permea in diverso grado i protagonisti del Trauerspiel barocco e che al tempo stesso sembra costituire la sindrome storico-culturale di quest'epoca, una sorta di narcotico della psiche e insieme di risposta alla storia come rovina per l'intelligenciia del XVII secolo: Egli cade a motivo della propria indolenza, dell'acedia o 'pigrizia del cuore'.
La sua indecisione lo rivela come figlio di Saturno, che rende le persone 'apatiche, indecise, lente'. E dell'influenza del pianeta lento risente anche il carattere fluttuante dei parassiti e dei cortigiani che lo attorniano, sempre pronti alla slealtà e al tradimento. Di questo machiavellismo coniugato a una funesta capitolazione alla congiunzione astrale e al mondo delle cose appaiono segnati i personaggi del dramma del destino, i cui esempi piu alti Benjamin rinviene nell' opera di Calder6n de la Barca.
Nell'ultima parte del libro è peraltro evidente il tentativo di Benjamin di mostrare i limiti e i pericoli della contemplazione malinconica e di individuare un punto di svolta, di forzare l'oggettiva impermeabilità del destino, gli emblemi luttuosi della storia e i suoi torbidi scenari politici dominati dal ritorno all'identico ben noti allo sguardo del malinconico, consapevole della lacerazione e della finitudine della creatura.
,. Cfr. CARL SCHMlTI', Politische Theologie. Vier KApitel :r.ur Lehre der Souveranitiit, Miinchen-Leipzig 1922, p. u: «Souveriin ist, wer iiber den Ausnahmezustand entscheidet» (Sovrano è colui che decide sullo stato d'eccezione). Si direbbe che 'trasversalmente' Benjamin utilizzi sostanzialmente proprio la dottrina schmittiana dello 'stato di emergenza' (dietro cui è cifrata la collisione fra logica istituzionale e democrazia. fra legalità e legittimità) per rappresentare la politica assolutistica dei regnanti del Trauerspiel barocco. Sui controversi rapporti fra Benjamin e Cari Schmitt (consigliere di stato prussiano che successivamente sarà nelle grazie del nazionalsocialismo) cfr. NORBERT BOLZ, Charisma und Souveranitiit. Cari Schmitt und W alter Benjamin im Schatten Max Weben, in JACOB TAUBES (a cura di), Religionstheorie und Politische Theologie, Miinchen 1983, vol. I, Der Furst dieser Welt. Carl Schmitt und die Folgen, pp. 249-62. Non è da escludere che Benjamin abbia fatto ricorso alle teorie schmittiane per una forma di captatio benevolentiae nei confronti del professar Schultz dell'Università di Francoforte, del quale conosceva gli orientamenti conservatori. Sulla maestria schmittiana nella dissimulazione e sullo «iato tra il vertiginoso ordine della teoria di Schmitt e la modestia, o la miseria, o l'inaccettabilità, delle sue indicazioni pratiche» cfr. CARLO GALLI, Genealogia della politica. Carl Schmitt e la crisi del pensiero politico moderno, Il Mulino, Bologna 1986. ·
Fuori dal coro xxxm
Se il Rinascimento aveva visto in lui l'emblema del sapiente, per Benjamin egli sembra anticipare quella m~rna del filosofo nei suoi tratti estremi, nei tratti nihilistici della rl/~ione. In tal senso i vertici, non tedeschi, del dramma barocco sono in.dividuati dal critico berlinese in Calder6n e in Shakespeare: il movimento della riflessione è già in azione in La vita è sogno e nell'Amleto. La ponderaciòn mysteriosa di Calder6n, ovvero la riflessione 'giocosa' e la razionalizzazione degli affetti e delle fatalità grazie al libero arbitrio (nella figura di Sigismondo, protagonista di La vida es suefio che era stata oggetto della rivisitazione hofmammsthaliana di Der Turm [La torre]'1), costituisce una «promessa di felicità»'2 nel mondo dell'allegorico, quasi un miracolo che consente un innalzamento dello sguardo: fa comprendere che anche il mondo e lo spazio profano del destino sono soggettivi. Cosf come il pensiero del malinconico Amleto - irretito nelle polarità del desiderio di dominio e la follia creaturale- si rivela caratterizzato da un'intenzionalità cosciente che vela di 'lutto' (Trauer) ogni possibile rapporto con la realtà («<l lutto ha la facoltà di una particolare intensificazione, di un continuo approfondimento della sua intenzione»).
6.
La consapevolezza barocca del disordine e dell' opacità della storia, anziché della prospettiva del trionfo, trova nella forma allegorica una modalità espressiva adeguata a un mondo in cui le cose sono separate dai significati, dallo spirito, da un'autenticità del vivere. L'allegoria, grazie a cui «ogni persona, ogni cosa, ogni rapporto può significarne qualsiasi altro», si rivela a Benjamin- contestualmente alla scoperta del saggio di Panofsky e Saxl sulla Melencolia I di Diirer - come «un campo di ricerca affascinante»'3 e rimarrà una delle categorie centrali nei suoi scritti, fino al Passagen-Werk e· agli studi su Baudelaire. Da ciò deriva la convinzione della centralità degli elementi allegorici in quanto «originario fondo e ragione del barocco», come Benjamin confida in una lettera del 22 dicembre 1924 all'amico Scholem'4 • E
" In proposito cfr. MASSIMO CACCIARI, Intransitabi/i utopie, in trad. it. HUGO VON HOF·
MANNSTHAL, La torre, Milano 1973, pp. 193-216. Sui rapporti fra Benjamin e Hofmannsthal cfr. LORENZ JGER, Hofmannsthal und der ... Ursprung des deutschen Trauerspiels», in «Hofmannsthal-Bliitter», 1986, n. 31-32, pp. 83-106.
" Cfr. PEZZELLA., L'immagine dialettica cit., p. 72. " Lettera del22 dicembre 1924 a G. Scholem, riportata in BENJAMIN, Briefe cit., I, p.
366; trad. it. Lettere I9IJ-I940 cit., p. 108. " Cfr. BENJAMIN, Lettere I9IJ-I940 cit., p. 107. Sull'allegoria Benjamin continuerà a
interrogarsi anche negli anni futuri, spostando l'accento dall'aspetto storico-artistico a quello materialistico nel periodo del Passagen-W erk.
xxxn Giulio Schiavoni
di un potere dittatoriale nello stato di eccezione» (secondo le indicazioni della Politische Theologie [Teologia politica] del cattolico Carl Schmitt, il controverso e conturbante teorico del 'decisionismo' e avversario della liberaldemocrazia da Benjamin piu volte citato)'0 e di conseguenza scatenando la _reazione dei cortigiani, egli resta infatti conscio che, proprio in quanto tiranno, sarà destinato al supremo sacrificio del martirio («11 tiranno e il martire sono nel Barocco i due volti di Giano della testa coronata. Sono le due modalità estreme, e necessarie, dell'essenza regale»). ·
Né il sovrano può sfuggire a quella melanconia che sembra ispirare il suo agire, che permea in diverso grado i protagonisti del Trauerspiel barocco e che al tempo stesso sembra costituire la sindrome storico-culturale di quest'epoca, una sorta di narcotico della psiche e insieme di risposta alla storia come rovina per l'intelligenciia del XVII secolo: Egli cade a motivo della propria indolenza, dell'acedia o 'pigrizia del cuore'.
La sua indecisione lo rivela come figlio di Saturno, che rende le persone 'apatiche, indecise, lente'. E dell'influenza del pianeta lento risente anche il carattere fluttuante dei parassiti e dei cortigiani che lo attorniano, sempre pronti alla slealtà e al tradimento. Di questo machiavellismo coniugato a una funesta capitolazione alla congiunzione astrale e al mondo delle cose appaiono segnati i personaggi del dramma del destino, i cui esempi piu alti Benjamin rinviene nell' opera di Calder6n de la Barca.
Nell'ultima parte del libro è peraltro evidente il tentativo di Benjamin di mostrare i limiti e i pericoli della contemplazione malinconica e di individuare un punto di svolta, di forzare l'oggettiva impermeabilità del destino, gli emblemi luttuosi della storia e i suoi torbidi scenari politici dominati dal ritorno all'identico ben noti allo sguardo del malinconico, consapevole della lacerazione e della finitudine della creatura.
,. Cfr. CARL SCHMlTI', Politische Theologie. Vier KApitel :r.ur Lehre der Souveranitiit, Miinchen-Leipzig 1922, p. u: «Souveriin ist, wer iiber den Ausnahmezustand entscheidet» (Sovrano è colui che decide sullo stato d'eccezione). Si direbbe che 'trasversalmente' Benjamin utilizzi sostanzialmente proprio la dottrina schmittiana dello 'stato di emergenza' (dietro cui è cifrata la collisione fra logica istituzionale e democrazia. fra legalità e legittimità) per rappresentare la politica assolutistica dei regnanti del Trauerspiel barocco. Sui controversi rapporti fra Benjamin e Cari Schmitt (consigliere di stato prussiano che successivamente sarà nelle grazie del nazionalsocialismo) cfr. NORBERT BOLZ, Charisma und Souveranitiit. Cari Schmitt und W alter Benjamin im Schatten Max Weben, in JACOB TAUBES (a cura di), Religionstheorie und Politische Theologie, Miinchen 1983, vol. I, Der Furst dieser Welt. Carl Schmitt und die Folgen, pp. 249-62. Non è da escludere che Benjamin abbia fatto ricorso alle teorie schmittiane per una forma di captatio benevolentiae nei confronti del professar Schultz dell'Università di Francoforte, del quale conosceva gli orientamenti conservatori. Sulla maestria schmittiana nella dissimulazione e sullo «iato tra il vertiginoso ordine della teoria di Schmitt e la modestia, o la miseria, o l'inaccettabilità, delle sue indicazioni pratiche» cfr. CARLO GALLI, Genealogia della politica. Carl Schmitt e la crisi del pensiero politico moderno, Il Mulino, Bologna 1986. ·
Fuori dal coro xxxm
Se il Rinascimento aveva visto in lui l'emblema del sapiente, per Benjamin egli sembra anticipare quella m~rna del filosofo nei suoi tratti estremi, nei tratti nihilistici della rl/~ione. In tal senso i vertici, non tedeschi, del dramma barocco sono in.dividuati dal critico berlinese in Calder6n e in Shakespeare: il movimento della riflessione è già in azione in La vita è sogno e nell'Amleto. La ponderaciòn mysteriosa di Calder6n, ovvero la riflessione 'giocosa' e la razionalizzazione degli affetti e delle fatalità grazie al libero arbitrio (nella figura di Sigismondo, protagonista di La vida es suefio che era stata oggetto della rivisitazione hofmammsthaliana di Der Turm [La torre]'1), costituisce una «promessa di felicità»'2 nel mondo dell'allegorico, quasi un miracolo che consente un innalzamento dello sguardo: fa comprendere che anche il mondo e lo spazio profano del destino sono soggettivi. Cosf come il pensiero del malinconico Amleto - irretito nelle polarità del desiderio di dominio e la follia creaturale- si rivela caratterizzato da un'intenzionalità cosciente che vela di 'lutto' (Trauer) ogni possibile rapporto con la realtà («<l lutto ha la facoltà di una particolare intensificazione, di un continuo approfondimento della sua intenzione»).
6.
La consapevolezza barocca del disordine e dell' opacità della storia, anziché della prospettiva del trionfo, trova nella forma allegorica una modalità espressiva adeguata a un mondo in cui le cose sono separate dai significati, dallo spirito, da un'autenticità del vivere. L'allegoria, grazie a cui «ogni persona, ogni cosa, ogni rapporto può significarne qualsiasi altro», si rivela a Benjamin- contestualmente alla scoperta del saggio di Panofsky e Saxl sulla Melencolia I di Diirer - come «un campo di ricerca affascinante»'3 e rimarrà una delle categorie centrali nei suoi scritti, fino al Passagen-Werk e· agli studi su Baudelaire. Da ciò deriva la convinzione della centralità degli elementi allegorici in quanto «originario fondo e ragione del barocco», come Benjamin confida in una lettera del 22 dicembre 1924 all'amico Scholem'4 • E
" In proposito cfr. MASSIMO CACCIARI, Intransitabi/i utopie, in trad. it. HUGO VON HOF·
MANNSTHAL, La torre, Milano 1973, pp. 193-216. Sui rapporti fra Benjamin e Hofmannsthal cfr. LORENZ JGER, Hofmannsthal und der ... Ursprung des deutschen Trauerspiels», in «Hofmannsthal-Bliitter», 1986, n. 31-32, pp. 83-106.
" Cfr. PEZZELLA., L'immagine dialettica cit., p. 72. " Lettera del22 dicembre 1924 a G. Scholem, riportata in BENJAMIN, Briefe cit., I, p.
366; trad. it. Lettere I9IJ-I940 cit., p. 108. " Cfr. BENJAMIN, Lettere I9IJ-I940 cit., p. 107. Sull'allegoria Benjamin continuerà a
interrogarsi anche negli anni futuri, spostando l'accento dall'aspetto storico-artistico a quello materialistico nel periodo del Passagen-W erk.
XXXIV Giulio Schiavoni
ciò spiega la straordinaria ricchezza di applicazione di Benjamin nella sua ricognizione nel capitolo secondo del suo libro sull'Ursprung.
Lungi dal costituire una «tecnica giocosa per produrre immagini» (come pretendeva Herbert Cysarz nella sua celebre monografia Deutsche Barockdichtung), l'allegoria convoglia per Benjamin le tensioni estetico-filosofiche delle epoche che di essa si giovano. Essa esprime la profonda frattura fra particolare e universale presente nella cultura del xvrr secolo" portando in primo piano «lafacies hippocratica della storia come irrigidito paesaggio primevo», l'immagine della storia come catastrofe, secondo gli stilemi di una theologia Crucis di sapore prettamente controriformistico.
Nella seconda sezione del libro sul Trauerspiel questa forma di espressione incompresa e messa ai margini dal classicismo e dall'idealismo viene difesa e 'salvata' da Benjamin nella sua peculiare accezione di alternativa rispetto al «simbolo estetico» celebrato in particolare da Winckelmann e da Creuzer e assurto a nuova gloria nell'accademismo restaurativo del circolo di Stefan George. In proposito occorre ricordare che, in generale, la riflessione benjaminiana su simbolo e allegoria ha come premessa la constatazione di un venir meno della potenza rappresentativa del simbolo mistico-teologico (inteso come paradossale unità o sintesi di sensibile e sovrasensibile) e dell'esperienza del sacro che ne costituiva il fondamento56
• li 'simbolo estetico' non offre che la vuota parvenza o apparenza del bello, di fronte alla quale - come Benjamin aveva sostenuto nel saggio sulle Affinità elettive di Goethe- emerge in tutta la sua forza polemica il 'senza espressione' (das Ausdruckslose)57 • L'allegoria, viceversa, in quanto frammento e runa, non lascia persistere alcuna apparenza, nessuna illusione di recupero di totalità: non è possibile accedere ingenuamente al «volto trasfigurato della natura» promesso dal simbolo mistico; meno che mai ciò appare praticabile- a giudizio di Benjamin- tramite il simbolo plastico. Anziché la figura umana nella sua perfezione formale (secondo gli ideali del classicismo winckelmanniano) il Trauerspiel barocco fa emergere il teschio, l'individuo disfatto, il cadavere.
Nondimeno, con balzo repentino, Benjamin ci sorprende affermando che nell'allegoria barocca la finitezza viene annientata, ma al tempo stesso salvata: poiché - cosa che sfuggiva agli idealisti - essa
" Cfr. HARALD STEINHAGEN, Zu W alter Ben;amins Begriff der Allegorie, in W ALTER HAUG
(a cura di), Formen und Funktionen der Allegorie, Stuttgart 1979. ' 6 In proposito cfr. in particolare FURIO JESI, Mito, Milano 1973, pp. 47 sgg. n Sul rapporto antagonistico fra le due categorie nell'opera di Benjamin cfr. w. MEN
NINGHAUS, Das Ausdrucks/ose: W alter Beniamins Metamorphosen der Bilderlosigkeit, in Fiir W alter Beniamin, a cura eli L e K. Scheuermann, Frankfurt am Main 1992, pp. 170-82.
Fuori dal coro xxxv
diviene cifra del trascendente, accoglie in sé un significato che la nobilita. Griibler lui stesso, il critico berlinese è talmente affascinato dal carattere dialettico e prismatico dell'allegoria barocca (che conosce la saggezza ma non la «voce della rivelazione») da mostrarcela nel suo rovescio, predisponendo l'ordito in modo che alla fine l'allegoria «si capovolge rivelando la sua impotenza»58
• Non è difficile intravedere dietro questa esigenza di trasfigurazione, in cui l' Ursprung si rivela come metodo di redenzione dei fenomeni e di conferimento di senso, quel richiamo all'utopia e quel necessario raccordo fra apocalisse e messianismo che Benjamin ha mantenuto vivi in tutta la sua opera, malgrado l'opacità delle contingenze della storia.
,. Cfr. CESARE CASES, Postfa2ione a BENJAMIN, Il dramma barocco tedesco cit. (ed. I97I), p. xn.
GIUUO SCIDAVONI
XXXIV Giulio Schiavoni
ciò spiega la straordinaria ricchezza di applicazione di Benjamin nella sua ricognizione nel capitolo secondo del suo libro sull'Ursprung.
Lungi dal costituire una «tecnica giocosa per produrre immagini» (come pretendeva Herbert Cysarz nella sua celebre monografia Deutsche Barockdichtung), l'allegoria convoglia per Benjamin le tensioni estetico-filosofiche delle epoche che di essa si giovano. Essa esprime la profonda frattura fra particolare e universale presente nella cultura del xvrr secolo" portando in primo piano «lafacies hippocratica della storia come irrigidito paesaggio primevo», l'immagine della storia come catastrofe, secondo gli stilemi di una theologia Crucis di sapore prettamente controriformistico.
Nella seconda sezione del libro sul Trauerspiel questa forma di espressione incompresa e messa ai margini dal classicismo e dall'idealismo viene difesa e 'salvata' da Benjamin nella sua peculiare accezione di alternativa rispetto al «simbolo estetico» celebrato in particolare da Winckelmann e da Creuzer e assurto a nuova gloria nell'accademismo restaurativo del circolo di Stefan George. In proposito occorre ricordare che, in generale, la riflessione benjaminiana su simbolo e allegoria ha come premessa la constatazione di un venir meno della potenza rappresentativa del simbolo mistico-teologico (inteso come paradossale unità o sintesi di sensibile e sovrasensibile) e dell'esperienza del sacro che ne costituiva il fondamento56
• li 'simbolo estetico' non offre che la vuota parvenza o apparenza del bello, di fronte alla quale - come Benjamin aveva sostenuto nel saggio sulle Affinità elettive di Goethe- emerge in tutta la sua forza polemica il 'senza espressione' (das Ausdruckslose)57 • L'allegoria, viceversa, in quanto frammento e runa, non lascia persistere alcuna apparenza, nessuna illusione di recupero di totalità: non è possibile accedere ingenuamente al «volto trasfigurato della natura» promesso dal simbolo mistico; meno che mai ciò appare praticabile- a giudizio di Benjamin- tramite il simbolo plastico. Anziché la figura umana nella sua perfezione formale (secondo gli ideali del classicismo winckelmanniano) il Trauerspiel barocco fa emergere il teschio, l'individuo disfatto, il cadavere.
Nondimeno, con balzo repentino, Benjamin ci sorprende affermando che nell'allegoria barocca la finitezza viene annientata, ma al tempo stesso salvata: poiché - cosa che sfuggiva agli idealisti - essa
" Cfr. HARALD STEINHAGEN, Zu W alter Ben;amins Begriff der Allegorie, in W ALTER HAUG
(a cura di), Formen und Funktionen der Allegorie, Stuttgart 1979. ' 6 In proposito cfr. in particolare FURIO JESI, Mito, Milano 1973, pp. 47 sgg. n Sul rapporto antagonistico fra le due categorie nell'opera di Benjamin cfr. w. MEN
NINGHAUS, Das Ausdrucks/ose: W alter Beniamins Metamorphosen der Bilderlosigkeit, in Fiir W alter Beniamin, a cura eli L e K. Scheuermann, Frankfurt am Main 1992, pp. 170-82.
Fuori dal coro xxxv
diviene cifra del trascendente, accoglie in sé un significato che la nobilita. Griibler lui stesso, il critico berlinese è talmente affascinato dal carattere dialettico e prismatico dell'allegoria barocca (che conosce la saggezza ma non la «voce della rivelazione») da mostrarcela nel suo rovescio, predisponendo l'ordito in modo che alla fine l'allegoria «si capovolge rivelando la sua impotenza»58
• Non è difficile intravedere dietro questa esigenza di trasfigurazione, in cui l' Ursprung si rivela come metodo di redenzione dei fenomeni e di conferimento di senso, quel richiamo all'utopia e quel necessario raccordo fra apocalisse e messianismo che Benjamin ha mantenuto vivi in tutta la sua opera, malgrado l'opacità delle contingenze della storia.
,. Cfr. CESARE CASES, Postfa2ione a BENJAMIN, Il dramma barocco tedesco cit. (ed. I97I), p. xn.
GIUUO SCIDAVONI
Il dramma barocco tedesco
Il dramma barocco tedesco
Premessa gnoseologica
Poiché nel sapere come nella riflessione non si può mettere insieme un tutto, in quanto a quello manca l'interno, a questa l'esterno, noi dobbiamo di necessità pensare la scienza come arte se da essa ci aspettiamo un genere qualsiasi di totalità. E questa, non dobbiamo cercarla nel generale, nel ridondante, bensi, come l'arte si rappresenta sempre tutta in ogni singola opera d'arte, cosi anche la scienza dovrebbe ogni volta dimostrarsi totalmente in ogni singolo oggetto trattato.
JOHANN WOLFGANG VON GOETHE,
Materialien zur Geschichte der Farhen/ehre'.
È proprio della letteratura filosofica ritrovarsi, a ogni sua svolta, di nuovo di fronte al problema della rappresentazione [Darstellung]. Nella sua forma sistematica compiuta essa si presenterà si come dottrina [Lehre], ma non è tra i poteri del mero pensiero quello di conferirle una tale compiuta sistematicità. La dottrina filosofica poggia su una codificazione storica, e non è possibile evocarla dal nulla, more geometrico. Cosi come la matematica mostra con chiarezza che la totale eliminazione del problema del rappresentare - a cui tende ogni didattica rigorosamente oggettiva - è il tratto distintivo della conoscenza autentica, cosi è altrettanto chiara la sua rinuncia all'ambito della verità, che è l'oggetto intenzionale delle lingue storiche. Quel che per i sis~emi filosofici è metodo, non trapassa nel loro apparato didattico. E ciò significa: ai sistemi filosofici inerisce un esoterismo di cui non possono liberarsi, che è loro proibito dissimulare, e, che tuttavia li condannerebbe se mai lo portassero in piena luce. E l'alternativa della forma filoso-
1 JOHANN WOLFGANG VON GOETHE, Siimtfiche Werke, Stuttgart-Berlin s. d. [1907 sgg.), vol. XL: Schriften zur Naturwissenscha/t, 2, pp. 140 sgg.; trad. it. La teoria dei colori, Milano I979·
Premessa gnoseologica
Poiché nel sapere come nella riflessione non si può mettere insieme un tutto, in quanto a quello manca l'interno, a questa l'esterno, noi dobbiamo di necessità pensare la scienza come arte se da essa ci aspettiamo un genere qualsiasi di totalità. E questa, non dobbiamo cercarla nel generale, nel ridondante, bensi, come l'arte si rappresenta sempre tutta in ogni singola opera d'arte, cosi anche la scienza dovrebbe ogni volta dimostrarsi totalmente in ogni singolo oggetto trattato.
JOHANN WOLFGANG VON GOETHE,
Materialien zur Geschichte der Farhen/ehre'.
È proprio della letteratura filosofica ritrovarsi, a ogni sua svolta, di nuovo di fronte al problema della rappresentazione [Darstellung]. Nella sua forma sistematica compiuta essa si presenterà si come dottrina [Lehre], ma non è tra i poteri del mero pensiero quello di conferirle una tale compiuta sistematicità. La dottrina filosofica poggia su una codificazione storica, e non è possibile evocarla dal nulla, more geometrico. Cosi come la matematica mostra con chiarezza che la totale eliminazione del problema del rappresentare - a cui tende ogni didattica rigorosamente oggettiva - è il tratto distintivo della conoscenza autentica, cosi è altrettanto chiara la sua rinuncia all'ambito della verità, che è l'oggetto intenzionale delle lingue storiche. Quel che per i sis~emi filosofici è metodo, non trapassa nel loro apparato didattico. E ciò significa: ai sistemi filosofici inerisce un esoterismo di cui non possono liberarsi, che è loro proibito dissimulare, e, che tuttavia li condannerebbe se mai lo portassero in piena luce. E l'alternativa della forma filoso-
1 JOHANN WOLFGANG VON GOETHE, Siimtfiche Werke, Stuttgart-Berlin s. d. [1907 sgg.), vol. XL: Schriften zur Naturwissenscha/t, 2, pp. 140 sgg.; trad. it. La teoria dei colori, Milano I979·
4 Il dramma barocco tedesco
fica, posta dai concetti della dottrina e del saggio esoterico, a essere ignorata dal concetto ottocentesco di sistema. Nella misura in cui la filosofia è condizionata da tale concetto, essa rischia di adattarsi a un sincretismo che cerca di catturare la verità come in una ragnatela tesa fra le conoscenze, come se la verità arrivasse da fuori, volando. Ma il suo universalismo d'accatto resta lontanissimo dal raggiungere l'autorità didattica della dottrina. Se la filosofia vuoi conservare la legge della sua forma non come propedeutica alla conoscenza ma come rappresentazione della verità, allora ciò che importa sarà la pratica di questa forma, e non la sua anticipazione sistematica. In tutte le epoche a cui era chiara l'essenza non delimitabile del vero, questa pratica si è imposta in una forma propedeutica che può essere designata col termine scolastico di «trattato»: esso infatti contiene, sia pura in forma latente, quel rinvio agli oggetti della teologia, senza i quali non si può pensare alla verità. I trattati possono essere dottrinari quanto al tono, ma la loro indole profonda esclude quel rigore didattico che consente a un sistema dottrinale di affermarsi per autorità propria. Del pari, essi rinunciano al mezzo coercitivo della dimostrazione matematica. L'unico elemento dottrinale- anzi piu educativo che dottrinalereperibile nella loro forma canonica, sarà la citazione dell' auctoritas. La rappresentazione è la quintessenza del loro metodo. Il metodo è una via indiretta. La rappresentazione come via indiretta: è questo, dunque, il carattere metodico del trattato. Il suo primo segno caratteristico è la rinuncia a un percorso lineare e senza interruzioni. Il pensiero riprende continuamente da capo, ritorna con minuziosità alla cosa stessa. Questo movimento metodico del respiro è il modo d'essere specifico della contemplazioJ:le. Essa infatti, seguendo i diversi gradi di senso nell'osservazione di un unico e medesimo oggetto, trae l'impulso a un sempre rinnovato avvio e giustifica nello stesso tempo la propria ritmica intermittente. Come nei mosaici la capricciosa varietà delle singole tessere non lede la maestà dell'insieme, cosf la considerazione filosofica non teme il frammentarsi dello slancio. Entrambi si compongono di elementi disparati; nulla potrebbe trasmettere con piu efficacia lo splendore trascendente dell'icona, o della verità. Il valore dei singoli frammenti di pensiero è tanto piu decisivo quanto meno immediato è il loro rapporto con l'insieme, e il fulgore della rappresentazione dipende dal valore di quei frammenti come lo splendore del mosaico dipende dalla qualità del vetro fuso. Il rapporto fra l'elaborazione micrologica e la forma globale esprime quella leg-
Premessa gnoseologica 5
ge per cui il contenuto di verità di una teoria si 1ascia cogliere solo nella piu precisa penetrazione dei singoli dettagli di un concetto. Nella loro massima fioritura in Occidente, il mosaico e il trattato appartengono al Medioevo; ciò che .permette di confrontarli è un'autentica parentela. ·
La difficoltà che inerisce a una simile rappresentazione dimostra solo che essa è una forma congenitamente prosaica. Mentre l'oratore sostiene le singole frasi con la voce e con la mimica anche là dove non sarebbero in grado di reggere da sole, e le connette in un flusso unitario di pensiero - spesso incerto e vago -quasi stesse abbozzando d'un sol tratto un disegno di ampio respiro, è proprio della scrittura fermarsi e ricominciare da capo a ogni frase. La rappresentazione contemplativa deve osservare piu di ogni altra questo principio. Essa non si propone di trascinare ed entusiasmare. Essa è sicura del fatto suo solo quando costringe il lettore a fermarsi nelle «stazioni» del percorso. Quanto piu grande è il suo oggetto, tanto piu il percorso sarà spezzato. La sua sobrietà prosaica, ben lontano dal gesto imperioso del discorso dottrinale, rimane l'unica forma di scrittura che si addica alla ricerca filosofica. Oggetto di questa ricerca sono le idee. Se la rappresentazione vuole imporsi quale metodo autentico del trattato filosofico, deve essere rappresentazione delle idee. La verità, attualizzata nella ridda delle idee rappresentate, sfugge a qualunque proiezione nell'ambito della conoscenza. La conoscenza è un avere. Il suo stesso oggetto si determina in base al fatto che esso deve essere posseduto, seppure in via trascendentale, nella coscienza. Esso conserva un carattere di proprietà in rapporto al quale la rappresentazione è qualcosa di secondario. La conoscenza cosi intesa non esiste di per sé come qualcosa-che-si-rappresenta. Ma precisamente questo è il caso della verità. Il metodo, che per la conoscenza è una via per giungere a possedere il proprio oggetto - magari producendolo nella coscienza - è per la verità la rappresentazione di se stesso e perciò è dato come forma insieme alla verità stessa. Questa forma non inerisce a un rapporto nella coscienza, come accade nella metodica del conoscere, bensf a un essere. Il principio per cui l'oggetto della conoscenza non coincide con la verità risulterà sempre una delle intenzioni piu profonde della filosofia alle sue origini: la dottrina platonica delle idee. La conoscenza è interrogabile, ma non la verità. La conoscenza è orientata alla cosa singola, ma non immediatamente all'unità. L'unità della cono-
4 Il dramma barocco tedesco
fica, posta dai concetti della dottrina e del saggio esoterico, a essere ignorata dal concetto ottocentesco di sistema. Nella misura in cui la filosofia è condizionata da tale concetto, essa rischia di adattarsi a un sincretismo che cerca di catturare la verità come in una ragnatela tesa fra le conoscenze, come se la verità arrivasse da fuori, volando. Ma il suo universalismo d'accatto resta lontanissimo dal raggiungere l'autorità didattica della dottrina. Se la filosofia vuoi conservare la legge della sua forma non come propedeutica alla conoscenza ma come rappresentazione della verità, allora ciò che importa sarà la pratica di questa forma, e non la sua anticipazione sistematica. In tutte le epoche a cui era chiara l'essenza non delimitabile del vero, questa pratica si è imposta in una forma propedeutica che può essere designata col termine scolastico di «trattato»: esso infatti contiene, sia pura in forma latente, quel rinvio agli oggetti della teologia, senza i quali non si può pensare alla verità. I trattati possono essere dottrinari quanto al tono, ma la loro indole profonda esclude quel rigore didattico che consente a un sistema dottrinale di affermarsi per autorità propria. Del pari, essi rinunciano al mezzo coercitivo della dimostrazione matematica. L'unico elemento dottrinale- anzi piu educativo che dottrinalereperibile nella loro forma canonica, sarà la citazione dell' auctoritas. La rappresentazione è la quintessenza del loro metodo. Il metodo è una via indiretta. La rappresentazione come via indiretta: è questo, dunque, il carattere metodico del trattato. Il suo primo segno caratteristico è la rinuncia a un percorso lineare e senza interruzioni. Il pensiero riprende continuamente da capo, ritorna con minuziosità alla cosa stessa. Questo movimento metodico del respiro è il modo d'essere specifico della contemplazioJ:le. Essa infatti, seguendo i diversi gradi di senso nell'osservazione di un unico e medesimo oggetto, trae l'impulso a un sempre rinnovato avvio e giustifica nello stesso tempo la propria ritmica intermittente. Come nei mosaici la capricciosa varietà delle singole tessere non lede la maestà dell'insieme, cosf la considerazione filosofica non teme il frammentarsi dello slancio. Entrambi si compongono di elementi disparati; nulla potrebbe trasmettere con piu efficacia lo splendore trascendente dell'icona, o della verità. Il valore dei singoli frammenti di pensiero è tanto piu decisivo quanto meno immediato è il loro rapporto con l'insieme, e il fulgore della rappresentazione dipende dal valore di quei frammenti come lo splendore del mosaico dipende dalla qualità del vetro fuso. Il rapporto fra l'elaborazione micrologica e la forma globale esprime quella leg-
Premessa gnoseologica 5
ge per cui il contenuto di verità di una teoria si 1ascia cogliere solo nella piu precisa penetrazione dei singoli dettagli di un concetto. Nella loro massima fioritura in Occidente, il mosaico e il trattato appartengono al Medioevo; ciò che .permette di confrontarli è un'autentica parentela. ·
La difficoltà che inerisce a una simile rappresentazione dimostra solo che essa è una forma congenitamente prosaica. Mentre l'oratore sostiene le singole frasi con la voce e con la mimica anche là dove non sarebbero in grado di reggere da sole, e le connette in un flusso unitario di pensiero - spesso incerto e vago -quasi stesse abbozzando d'un sol tratto un disegno di ampio respiro, è proprio della scrittura fermarsi e ricominciare da capo a ogni frase. La rappresentazione contemplativa deve osservare piu di ogni altra questo principio. Essa non si propone di trascinare ed entusiasmare. Essa è sicura del fatto suo solo quando costringe il lettore a fermarsi nelle «stazioni» del percorso. Quanto piu grande è il suo oggetto, tanto piu il percorso sarà spezzato. La sua sobrietà prosaica, ben lontano dal gesto imperioso del discorso dottrinale, rimane l'unica forma di scrittura che si addica alla ricerca filosofica. Oggetto di questa ricerca sono le idee. Se la rappresentazione vuole imporsi quale metodo autentico del trattato filosofico, deve essere rappresentazione delle idee. La verità, attualizzata nella ridda delle idee rappresentate, sfugge a qualunque proiezione nell'ambito della conoscenza. La conoscenza è un avere. Il suo stesso oggetto si determina in base al fatto che esso deve essere posseduto, seppure in via trascendentale, nella coscienza. Esso conserva un carattere di proprietà in rapporto al quale la rappresentazione è qualcosa di secondario. La conoscenza cosi intesa non esiste di per sé come qualcosa-che-si-rappresenta. Ma precisamente questo è il caso della verità. Il metodo, che per la conoscenza è una via per giungere a possedere il proprio oggetto - magari producendolo nella coscienza - è per la verità la rappresentazione di se stesso e perciò è dato come forma insieme alla verità stessa. Questa forma non inerisce a un rapporto nella coscienza, come accade nella metodica del conoscere, bensf a un essere. Il principio per cui l'oggetto della conoscenza non coincide con la verità risulterà sempre una delle intenzioni piu profonde della filosofia alle sue origini: la dottrina platonica delle idee. La conoscenza è interrogabile, ma non la verità. La conoscenza è orientata alla cosa singola, ma non immediatamente all'unità. L'unità della cono-
6 Il dramma barocco tedesco
scenza sarebbe piuttosto - se sussistesse - un rapporto meramente indiretto, e cioè qualcosa di costruibile a partire dalle singol~ conoscenze e, in certo modo, dalla loro reciproca compensazwne, mentre nell'essenza della verità l'unità è una determinazione assolutamente immediata e diretta. Ora, proprio in quanto diretta, questa determinazione non può venire interrogata. Se infatti l'unità integrale della verità nella sua essen~a fosse, in:~rroga~ile, la,?~manda suonerebbe: in che misura la rtsposta e g1a data fm dalllllizio nel corrispondere della verità alle nostre domande. Ma prima di rispondere a questa domanda bisognerebbe ripeterla nuovamente, in modo tale che l'unità della verità sfuggirebbe a qualsiasi interrogazione. In quanto unità nell'essere e non nel concetto la verità si sottrae a ogni domanda. Mentre il concetto procede dalla spontaneità dell'intelletto, le idee sono date alla considerazione. Le idee sono qualcosa di già dato. Cosf, il fatto di distinguere la,verità dall'ambito del conoscere definisce l'idea in quanto essere. Equesta la portata della dottrina delle idee per il concetto di verità. In quanto essere, verità e idea assumono quell'altissimo significato metafisica che il sistema platonico loro conferisce.
A questo riguardo è significativo soprattutto il Simposio. In particolare esso contiene due asserzioni in questo senso decisive: illustra l~ verità - il regno delle idee - quale contenuto essenziale della bellezza; definisce bella la verità. La comprensione della concezione platonica del rapporto tra verità e bellezza è non soltanto il desiderio supremo di ogni filosofia dell'arte, ma anche uno sforzo insostituibile per determinare il concetto stesso di verità. Una concezione logico-sistematica che vedesse in queste proposizioni soltanto il venerando abbozzo di un panegirico della filosofia si separerebbe ipso facto dall'ambito di pensiero della dottrina delle idee. E il modo d'essere delle idee non risulta mai, forse, con tanta chiarezza come nelle due asserzioni citate. La seconda richiede anzitutto una precisazione. Se la verità è definita «bella», ciò va inteso nel contesto del Simposio, che descrive la gerarchia dei desideri erotici. L'eros - cosi va intesa la cosa - non diventa infedele alla sua destinazione originaria se rivolge la sua tensione verso la verità, poiché anche la verità è bella. Lo è non tanto in se stessa quanto per l'eros. E infatti lo stesso rapporto si dà nell'amore umano: l'uomo è bello per l'amante ma non lo è in se stesso, e ciò perché il suo corpo si rappresenta in un ordine superiore a quello del bello. Cosi anche la verità: essa è bella non tanto in sé quanto
Premessa gnoseologica 7
per colui che la cerca. Se ciò comporta un soffio di relativismo, la bellezza che deve inerire alla verità non per questo diventa, neppure lontanamente, un epiteto metaforico. L'essenza della verità in quanto regno delle idee nel suo rappresentarsi garantisce anzi che il discorso sulla bellezza del vero non può mai venire pregiudicato. Nella verità il momento rappresentativo è il rifugio della bellezza in generale. E infatti il bello rimane provvisto di apparenza, tangibile, finché si riconosce senz' altro come tale. Il suo apparire, che seduce finché non si propone altro che di apparire, si fa perseguitare dall'intelletto, e dà a riconoscere la sua innocenza soltanto laddove si rifugia presso l'altare della verità. Eros lo segue in questa fuga, non persecutore bensf amante, e in modo tale che la bellezza, per salvare il proprio apparire, li fugge entrambi: l'intelletto che la perseguita per timore, l'amante per ansietà. E solo quest'ultimo può testimoniare che la verità non è un disvelamento che distrugga il mistero, bensf una rivelazione che gli rende giustizia. La verità può rendere giustizia al bello? è questa la domanda piu intima del Simposio. Platone risponde attribuendo alla verità la capacità di garantire l'essere del bello. In questo senso, dunque, egli presenta la verità come il contenuto del bello. Questo contenuto tuttavia non viene alla luce nello svelamento: esso si mostra piuttosto in un processo che, con espressione analogica, si potrebbe definire come l'infiammarsi dell'involucro che penetra nel regno delle idee, come la combustione dell'opera, nella quale la sua forma raggiunge il suo massimo di luminosità. Questa relazione tra verità e bellezza, che è la piu chiara dimostrazione di come la verità sia diversa dall'oggetto della conoscenza con cui si è soliti identificarla, contiene la chiave di un altro fatto, semplice e tuttavia sgradito, ossia l'attualità di quei sistemi filosofici il cui quoziente conoscitivo ha scontato da tempo il rapporto con la scienza. Le grandi filosofie rappresentano il mondo nell'ordine delle idee. Di norma, i contorni concettuali entro i quali ciò è avvenuto sono da tempo diventati incerti. Cionondimeno, questi sistemi riaffermano la loro validità, in quanto abbozzi di una descrizione del mondo proposta da Platone con la dottrina dell~ idee, da Leibniz con la monadologia, da Hegel con la dialettica. E proprio infatti di tutti questi tentativi conservare il proprio senso, e anzi spesso dispiegarlo potenziato, quando, invece che al mondo empirico, sono riferiti alle idee. Queste formazioni di pensiero sono sorte infatti come descrizione di un ordine di idee. Quanto piu intensamente i pensatori perseguivano in esse un'immagine del
6 Il dramma barocco tedesco
scenza sarebbe piuttosto - se sussistesse - un rapporto meramente indiretto, e cioè qualcosa di costruibile a partire dalle singol~ conoscenze e, in certo modo, dalla loro reciproca compensazwne, mentre nell'essenza della verità l'unità è una determinazione assolutamente immediata e diretta. Ora, proprio in quanto diretta, questa determinazione non può venire interrogata. Se infatti l'unità integrale della verità nella sua essen~a fosse, in:~rroga~ile, la,?~manda suonerebbe: in che misura la rtsposta e g1a data fm dalllllizio nel corrispondere della verità alle nostre domande. Ma prima di rispondere a questa domanda bisognerebbe ripeterla nuovamente, in modo tale che l'unità della verità sfuggirebbe a qualsiasi interrogazione. In quanto unità nell'essere e non nel concetto la verità si sottrae a ogni domanda. Mentre il concetto procede dalla spontaneità dell'intelletto, le idee sono date alla considerazione. Le idee sono qualcosa di già dato. Cosf, il fatto di distinguere la,verità dall'ambito del conoscere definisce l'idea in quanto essere. Equesta la portata della dottrina delle idee per il concetto di verità. In quanto essere, verità e idea assumono quell'altissimo significato metafisica che il sistema platonico loro conferisce.
A questo riguardo è significativo soprattutto il Simposio. In particolare esso contiene due asserzioni in questo senso decisive: illustra l~ verità - il regno delle idee - quale contenuto essenziale della bellezza; definisce bella la verità. La comprensione della concezione platonica del rapporto tra verità e bellezza è non soltanto il desiderio supremo di ogni filosofia dell'arte, ma anche uno sforzo insostituibile per determinare il concetto stesso di verità. Una concezione logico-sistematica che vedesse in queste proposizioni soltanto il venerando abbozzo di un panegirico della filosofia si separerebbe ipso facto dall'ambito di pensiero della dottrina delle idee. E il modo d'essere delle idee non risulta mai, forse, con tanta chiarezza come nelle due asserzioni citate. La seconda richiede anzitutto una precisazione. Se la verità è definita «bella», ciò va inteso nel contesto del Simposio, che descrive la gerarchia dei desideri erotici. L'eros - cosi va intesa la cosa - non diventa infedele alla sua destinazione originaria se rivolge la sua tensione verso la verità, poiché anche la verità è bella. Lo è non tanto in se stessa quanto per l'eros. E infatti lo stesso rapporto si dà nell'amore umano: l'uomo è bello per l'amante ma non lo è in se stesso, e ciò perché il suo corpo si rappresenta in un ordine superiore a quello del bello. Cosi anche la verità: essa è bella non tanto in sé quanto
Premessa gnoseologica 7
per colui che la cerca. Se ciò comporta un soffio di relativismo, la bellezza che deve inerire alla verità non per questo diventa, neppure lontanamente, un epiteto metaforico. L'essenza della verità in quanto regno delle idee nel suo rappresentarsi garantisce anzi che il discorso sulla bellezza del vero non può mai venire pregiudicato. Nella verità il momento rappresentativo è il rifugio della bellezza in generale. E infatti il bello rimane provvisto di apparenza, tangibile, finché si riconosce senz' altro come tale. Il suo apparire, che seduce finché non si propone altro che di apparire, si fa perseguitare dall'intelletto, e dà a riconoscere la sua innocenza soltanto laddove si rifugia presso l'altare della verità. Eros lo segue in questa fuga, non persecutore bensf amante, e in modo tale che la bellezza, per salvare il proprio apparire, li fugge entrambi: l'intelletto che la perseguita per timore, l'amante per ansietà. E solo quest'ultimo può testimoniare che la verità non è un disvelamento che distrugga il mistero, bensf una rivelazione che gli rende giustizia. La verità può rendere giustizia al bello? è questa la domanda piu intima del Simposio. Platone risponde attribuendo alla verità la capacità di garantire l'essere del bello. In questo senso, dunque, egli presenta la verità come il contenuto del bello. Questo contenuto tuttavia non viene alla luce nello svelamento: esso si mostra piuttosto in un processo che, con espressione analogica, si potrebbe definire come l'infiammarsi dell'involucro che penetra nel regno delle idee, come la combustione dell'opera, nella quale la sua forma raggiunge il suo massimo di luminosità. Questa relazione tra verità e bellezza, che è la piu chiara dimostrazione di come la verità sia diversa dall'oggetto della conoscenza con cui si è soliti identificarla, contiene la chiave di un altro fatto, semplice e tuttavia sgradito, ossia l'attualità di quei sistemi filosofici il cui quoziente conoscitivo ha scontato da tempo il rapporto con la scienza. Le grandi filosofie rappresentano il mondo nell'ordine delle idee. Di norma, i contorni concettuali entro i quali ciò è avvenuto sono da tempo diventati incerti. Cionondimeno, questi sistemi riaffermano la loro validità, in quanto abbozzi di una descrizione del mondo proposta da Platone con la dottrina dell~ idee, da Leibniz con la monadologia, da Hegel con la dialettica. E proprio infatti di tutti questi tentativi conservare il proprio senso, e anzi spesso dispiegarlo potenziato, quando, invece che al mondo empirico, sono riferiti alle idee. Queste formazioni di pensiero sono sorte infatti come descrizione di un ordine di idee. Quanto piu intensamente i pensatori perseguivano in esse un'immagine del
8 II dramma barocco tedesco
reale, tanto piu ricca doveva ·essere l'elaborazione di~ ordin~ ~oncettuale che al futuro interprete della rappresentaziOne ongmaria del ~ondo ideale sarebbe poi apparsa come il vero nucleo della teoria. Se il compito del filosofo è ~ esercitarsi ~~ila d~scrizio: ne del mondo ideale in modo tale che il mondo empmco v1 penetri e vi si risolva allora il filosofo occupa il punto elevato intermedio fra lo scienzi~to e l'artista. Quest'ultimo abbozza una piccola imm~gine del mondo delle idee, e ciò perché lo fa nella f?r~,a di ~n.a similitudine che conserva in ogni momento la sua valid1ta defmitiva. Lo scienziato predispone il mondo àlla sua scomposizione nell'ambito dell'idea, 'e lo fa suddividendolo dall'interno in concetti. Ciò che lo lega al filosofo è l'interesse per il superamento della mera empiria, mentrè il filosofo è legato all'artista dal co~pito della 'rappresentazione. Una.concezione corrente ha assocl~to troppo il filosofo allo scienzi~to, e sp~sso n~e sue forme minori. Mai è stata annoverata tra 1 compiti del filosofo la cura della rappresentazione. Il concetto di stile f~osofic? ;non è affatt? paradossale. Ha i suoi postulati, eh~ sono: l arte di mterromp~sl, contro il fluire della catena deduttiva; la durata.della trattazione contro il gesto del frammento; la ripresa dei motivi contro il piatto universalismo; la pienezza di una positività pregnante contro la polemica distrutti':a; . · . . · . ·, . . ,
Affinché la venta s1 rappresenti, m quanto uruta e uruc1ta, non è affatto richiesta una concatenazione deduttiva rigorosa. Eppure è proprio questa assenza: di la~une l'unica ~orma in ~ui.la logica del sistema si rapporta al pensiero della ventà. Una simile com: piutezza sistematica non si avvicina ~Ila verità piu ~i quan~o le SI
avvicini qualsiasi altra rappresentaziOne che cerchi. di. assic~a~sela per mezzo di pure nozioni e conc~ten~~entl d1 noz10ru. Quanto piu la teoria della conoscenza scientifica cerca, penosa- . mente di andar dietro alle varie discipline, tanto piu chiaramente si p~esa la sua incoerenza meto~ca~. Ogni si~~ol? c~mpo di ri: cerca introduce nuovi presupposti md1mostrabili; m ciascuno di essi vengono dati per risolti problemi con la stessa decisione con la quale viene affermata in altri ambiti la loro ~nsolubilità
2
• E u?-o dei tratti piu afilosofici di quella epistemologia, che nelle su~ mdagini procede non dalle singole dis~ipline be~sf da presunti I?ostulati filosofici, sta proprio nel considerare accidentale questa mcoerenza. E nondimeno, questa discontinuità del metodo scien-
'Cfr. EMILE MEYERSON, De /'explication dans !es sciences, 2 voli., Paris 1921, passim.
Premessa gnoseologica 9
tifico è cosf lontana dal configurare uno stadio arcaico, provvisorio, del conoscere, che potrebbe addirittura favorirne la teoria, se non si insinuasse la pretesa di impadronirsi della verità attraverso un panorama enciclopedico di conoscenze inteso come unità senza salti. Il sistema ha una sua validità soltanto là dove la sua struttura è ispirata dalla costituzione stessa del mondo delle idee. Le grandi articolazioni che determinano non solo i sistemi ma anche la terminologia filosofica -la logica, l'etica, l'estetica- hanno un significato non come nomi di discipline specialistiche, ma in quanto monumenti della struttura discontinua del mondo ideale. I fenomeni però non entrano nel regno delle idee cosi, nella loro grezza configurazione empirica- a cui si mescola anche l'apparenza -, bensf soltanto, salvati, nei loro elementi. Essi si disfano della loro falsa unità per paitecipare, scomposti, a quella genuina della verità. In questa scomposizione i fenomeni sottostanno ai concetti. Sono questi che risolvono le cose nei loro elementi. L'analisi concettuale si affranca da ogni sospetto di cavillosità distruttiva soltanto ove miri a quel recupero dei fenomeni nelle idee che è il platonico 'tà <paLVOf.lEVa crrotew. Con la loro funzione mediatrice, i concetti permettono ai fenomeni di partecipare all'essere delle idee. E appunto questa funzione mediatrice li rende idonei all'altro e non meno originario compito della filosofia: la rappresentazione delle idee. Mentre la salvazione dei fenomeni si compie per mezzo delle idee, la rappresentazione delle idee si compie nel medium dell'empiria. Poiché le idee si rappresentano non in se stesse; ma solo e unicamente attraverso una coordinazione di elementi cosali nel concetto: ossia in quanto configurazioni di elementi.
L'insieme dei concetti che serve alla rappresentazione di un'idea la concretizza in quanto configurazione appunto dei concetti. Poiché nelle idee non sono incorporati i fenomeni. Essi non vi sono contenuti. Piuttosto, le idee sono la loro coordinazione virtuale oggettiva, la loro interpretazione oggettiva. Ma se esse non contengono i fenomeni incorporandoli, né si volatilizzano in funzioni, in leggi fenomeniche, in «ipotesi», si pone la questione di come raggiungano i fenomeni. E la risposta sarà: nella rappresentazione dei fenomeni stessi. L'idea come tale appartiene per principio a un ambito diverso da quello a cui appartiene ciò che essa . coglie. Il criterio per valutare la realtà dell'idea non sarà dunque se essa comprenda sotto di sé ciò che raccoglie, cosf come il gene-
8 II dramma barocco tedesco
reale, tanto piu ricca doveva ·essere l'elaborazione di~ ordin~ ~oncettuale che al futuro interprete della rappresentaziOne ongmaria del ~ondo ideale sarebbe poi apparsa come il vero nucleo della teoria. Se il compito del filosofo è ~ esercitarsi ~~ila d~scrizio: ne del mondo ideale in modo tale che il mondo empmco v1 penetri e vi si risolva allora il filosofo occupa il punto elevato intermedio fra lo scienzi~to e l'artista. Quest'ultimo abbozza una piccola imm~gine del mondo delle idee, e ciò perché lo fa nella f?r~,a di ~n.a similitudine che conserva in ogni momento la sua valid1ta defmitiva. Lo scienziato predispone il mondo àlla sua scomposizione nell'ambito dell'idea, 'e lo fa suddividendolo dall'interno in concetti. Ciò che lo lega al filosofo è l'interesse per il superamento della mera empiria, mentrè il filosofo è legato all'artista dal co~pito della 'rappresentazione. Una.concezione corrente ha assocl~to troppo il filosofo allo scienzi~to, e sp~sso n~e sue forme minori. Mai è stata annoverata tra 1 compiti del filosofo la cura della rappresentazione. Il concetto di stile f~osofic? ;non è affatt? paradossale. Ha i suoi postulati, eh~ sono: l arte di mterromp~sl, contro il fluire della catena deduttiva; la durata.della trattazione contro il gesto del frammento; la ripresa dei motivi contro il piatto universalismo; la pienezza di una positività pregnante contro la polemica distrutti':a; . · . . · . ·, . . ,
Affinché la venta s1 rappresenti, m quanto uruta e uruc1ta, non è affatto richiesta una concatenazione deduttiva rigorosa. Eppure è proprio questa assenza: di la~une l'unica ~orma in ~ui.la logica del sistema si rapporta al pensiero della ventà. Una simile com: piutezza sistematica non si avvicina ~Ila verità piu ~i quan~o le SI
avvicini qualsiasi altra rappresentaziOne che cerchi. di. assic~a~sela per mezzo di pure nozioni e conc~ten~~entl d1 noz10ru. Quanto piu la teoria della conoscenza scientifica cerca, penosa- . mente di andar dietro alle varie discipline, tanto piu chiaramente si p~esa la sua incoerenza meto~ca~. Ogni si~~ol? c~mpo di ri: cerca introduce nuovi presupposti md1mostrabili; m ciascuno di essi vengono dati per risolti problemi con la stessa decisione con la quale viene affermata in altri ambiti la loro ~nsolubilità
2
• E u?-o dei tratti piu afilosofici di quella epistemologia, che nelle su~ mdagini procede non dalle singole dis~ipline be~sf da presunti I?ostulati filosofici, sta proprio nel considerare accidentale questa mcoerenza. E nondimeno, questa discontinuità del metodo scien-
'Cfr. EMILE MEYERSON, De /'explication dans !es sciences, 2 voli., Paris 1921, passim.
Premessa gnoseologica 9
tifico è cosf lontana dal configurare uno stadio arcaico, provvisorio, del conoscere, che potrebbe addirittura favorirne la teoria, se non si insinuasse la pretesa di impadronirsi della verità attraverso un panorama enciclopedico di conoscenze inteso come unità senza salti. Il sistema ha una sua validità soltanto là dove la sua struttura è ispirata dalla costituzione stessa del mondo delle idee. Le grandi articolazioni che determinano non solo i sistemi ma anche la terminologia filosofica -la logica, l'etica, l'estetica- hanno un significato non come nomi di discipline specialistiche, ma in quanto monumenti della struttura discontinua del mondo ideale. I fenomeni però non entrano nel regno delle idee cosi, nella loro grezza configurazione empirica- a cui si mescola anche l'apparenza -, bensf soltanto, salvati, nei loro elementi. Essi si disfano della loro falsa unità per paitecipare, scomposti, a quella genuina della verità. In questa scomposizione i fenomeni sottostanno ai concetti. Sono questi che risolvono le cose nei loro elementi. L'analisi concettuale si affranca da ogni sospetto di cavillosità distruttiva soltanto ove miri a quel recupero dei fenomeni nelle idee che è il platonico 'tà <paLVOf.lEVa crrotew. Con la loro funzione mediatrice, i concetti permettono ai fenomeni di partecipare all'essere delle idee. E appunto questa funzione mediatrice li rende idonei all'altro e non meno originario compito della filosofia: la rappresentazione delle idee. Mentre la salvazione dei fenomeni si compie per mezzo delle idee, la rappresentazione delle idee si compie nel medium dell'empiria. Poiché le idee si rappresentano non in se stesse; ma solo e unicamente attraverso una coordinazione di elementi cosali nel concetto: ossia in quanto configurazioni di elementi.
L'insieme dei concetti che serve alla rappresentazione di un'idea la concretizza in quanto configurazione appunto dei concetti. Poiché nelle idee non sono incorporati i fenomeni. Essi non vi sono contenuti. Piuttosto, le idee sono la loro coordinazione virtuale oggettiva, la loro interpretazione oggettiva. Ma se esse non contengono i fenomeni incorporandoli, né si volatilizzano in funzioni, in leggi fenomeniche, in «ipotesi», si pone la questione di come raggiungano i fenomeni. E la risposta sarà: nella rappresentazione dei fenomeni stessi. L'idea come tale appartiene per principio a un ambito diverso da quello a cui appartiene ciò che essa . coglie. Il criterio per valutare la realtà dell'idea non sarà dunque se essa comprenda sotto di sé ciò che raccoglie, cosf come il gene-
IO Il dramma barocco tedesco
re comprende le specie. Perché il compito dell'idea no_n è q~esto. Si potrà illustrarne il significato con un paragone: le tdee s1 rapportano alle cose come le costellazioni si rapportano alle stelle. Il che significa innazitutto: esse non sono né i concetti né le leggi delle cose. Non servono alla conoscenza dei fenomeni e questi ultimi non possono in alcun modo fungere da criteri per valutare la consistenza delle idee. Piuttosto, il significato dei fenomeni per le idee si esaurisce nei loro elementi concettuali. Mentre i fenomeni determinano, con la loro esistenza, la loro comunanza, le loro differenze la portata e il contenuto dei concetti che li abbracciano, il loro r~pporto con le idee è opposto, nel senso che è proprio l'idea, quale oggettiva interpretazione dei fenomeni - o piuttosto de! loro elementi - a determinarne la reciproca appartenenza. Le tdee sono costellazioni eterne, e se gli elementi vengono concepiti come punti di tali costellazioni, i fenomeni si troveranno ad essere, nello stesso tempo, analizzati e salvati. E va detto altresf che questi elementi, la cui estrapolazione dai fenomeni è compito del concetto vengono in luce con la massima precisione negli estremi. L'ide~ è definibile come configurazione del nesso che l'unico e l'estremo ha con ciò che gli è simile. E perciò errato intendere come concetti le norme generali della lingua, anziché riconoscer! e come idee. È assurdo identificare l'universale con la media statistica. L'universale è l'idea. L'empirico è invece penetrato tanto piu a fondo quanto piu precisamente può essere considerato come qualcosa di estremo. Dall'estremo procede il concetto. Come la madre comincia a vivere la sua vita piena quando la cerchia dei suoi piccoli si stringe intorno a lei per sentirne la vicinanza, cosi le idee cominciano a vivere solo quando gli estremi si raccolgono intorno a loro. Le idee - nei termini di Goethe: gli ideali - sono le madri faustiane. Esse rimangono oscure là dove i fenomeni non si riconoscono in esse e non si raccolgono intorno ad esse. La raccolta dei fenomeni è un'incombenza dei concetti, e la frammentazione operata in essi dall'intelletto analitico è tanto ~iu si_gnificativa per il fatto di conseguire in un s.olo colpo un duplice rtsultato: la salvazione dei fenomeni e la rappresentazione delle idee.
Le idee non sono date nel mondo dei fenomeni. Sorge allora la domanda di che natura sia la loro datità, a cui si accennava, e se il compito di giustificare la struttura del mondo delle idee vada proprio assegnato, inevitabilmente, alla famosa intuizione intellettuale. Se c'è un luogo in cui si rivela in modo chiaro e imbarazzante la
Premessa gnoseologica II
debolezza di qualsiasi esoterismo filosofico, questo luogo è la «visione», prescritta come atteggiamento filosofico agli adepti del paganesimo neoplatonico in tutte le sue forme. L'essere delle idee non può assolutamente venir pensato come oggetto di un'intuizione, neppure dell'intuizione intellettuale. Poiché anche nella sua definizione piu paradossale, quella di intellectus archetypus, essa non viene a capo del peculiare darsi della verità, un darsi che rimane sottratto a ogni genere di intenzione (né la verità potrà mai apparire come intenzione essa stessa). La verità non entra mai in relazione, tanto meno in una relazione intenzionale. L'oggetto della conoscenza, quale si determina nell'intenzione concettuale, non è la verità. La verità è un essere inintenzionale formato di idee. Il comportamento che le si addice è perciò non già un intendere conoscitivo, bensf un risolversi e uno scomparire in essa. La verità è la morte dell'intenzione. Precisamente questo può essere il significato della favola dell'immagine velata di Sais, il cui svelamento provoca la distruzione di colui che voleva interrogare la verità. A determinare questo esito non è un'enigmatica crudeltà della situazione, bensf la natura stessa della verità, al cospetto della quale anche il piu puro fuoco della ricerca si spegne, come sott' acqua. In quanto ideale, l'essere della verità è diverso dal modo d'essere delle apparizioni. La struttura della verità esige pertanto un essere che, per la sua estraneità all'intenzione, somigli a quello puro e semplice delle cose, ma che lo superi per consistenza. La verità non consiste in un intendere che troverebbe nell'empiria la sua determinazione, ma è la potenza che plasma l'essenza di quell'empiria. L'essere sottratto a ogni fenomenicità, l'unico essere a cui pertiene questa potenza, è quello del nome. Esso determina il darsi delle idee. Ma esse si danno non tanto in una lingua originaria, quanto ·in una percezione originaria, nella quale le parole non avrebbero ancora perduto la loro aura denotativa a vantaggio del significato conoscitivo. «In un certo senso si può dubitare che la dottrina platonica delle "idee" sarebbe stata possibile se il significato linguistico non avesse suggerito al filosofo - che conosceva soltanto la sua lingua madre- una divinizzazione del concetto, una divinizzazione delle parole: le "idee" di Platone sono in fondo, se per una volta è lecito valutarie da questo punto di vista unilaterale, nient'altro che parole e concetti verbali divinizzati>~. L'idea è
'HERMANN GUNTERT, Von der Sprache der Giitter und Geister. Bedeutungsgèschichtliche Untersuchungen zur homerischen und eddischen Giittersprache, Halle 1921, p. 49· Cfr. HER
MANN USENER, Giitternamen. Versuch einer Lehre von der religiosen Begriffibildung, Bonn 1896, p. J2I.
IO Il dramma barocco tedesco
re comprende le specie. Perché il compito dell'idea no_n è q~esto. Si potrà illustrarne il significato con un paragone: le tdee s1 rapportano alle cose come le costellazioni si rapportano alle stelle. Il che significa innazitutto: esse non sono né i concetti né le leggi delle cose. Non servono alla conoscenza dei fenomeni e questi ultimi non possono in alcun modo fungere da criteri per valutare la consistenza delle idee. Piuttosto, il significato dei fenomeni per le idee si esaurisce nei loro elementi concettuali. Mentre i fenomeni determinano, con la loro esistenza, la loro comunanza, le loro differenze la portata e il contenuto dei concetti che li abbracciano, il loro r~pporto con le idee è opposto, nel senso che è proprio l'idea, quale oggettiva interpretazione dei fenomeni - o piuttosto de! loro elementi - a determinarne la reciproca appartenenza. Le tdee sono costellazioni eterne, e se gli elementi vengono concepiti come punti di tali costellazioni, i fenomeni si troveranno ad essere, nello stesso tempo, analizzati e salvati. E va detto altresf che questi elementi, la cui estrapolazione dai fenomeni è compito del concetto vengono in luce con la massima precisione negli estremi. L'ide~ è definibile come configurazione del nesso che l'unico e l'estremo ha con ciò che gli è simile. E perciò errato intendere come concetti le norme generali della lingua, anziché riconoscer! e come idee. È assurdo identificare l'universale con la media statistica. L'universale è l'idea. L'empirico è invece penetrato tanto piu a fondo quanto piu precisamente può essere considerato come qualcosa di estremo. Dall'estremo procede il concetto. Come la madre comincia a vivere la sua vita piena quando la cerchia dei suoi piccoli si stringe intorno a lei per sentirne la vicinanza, cosi le idee cominciano a vivere solo quando gli estremi si raccolgono intorno a loro. Le idee - nei termini di Goethe: gli ideali - sono le madri faustiane. Esse rimangono oscure là dove i fenomeni non si riconoscono in esse e non si raccolgono intorno ad esse. La raccolta dei fenomeni è un'incombenza dei concetti, e la frammentazione operata in essi dall'intelletto analitico è tanto ~iu si_gnificativa per il fatto di conseguire in un s.olo colpo un duplice rtsultato: la salvazione dei fenomeni e la rappresentazione delle idee.
Le idee non sono date nel mondo dei fenomeni. Sorge allora la domanda di che natura sia la loro datità, a cui si accennava, e se il compito di giustificare la struttura del mondo delle idee vada proprio assegnato, inevitabilmente, alla famosa intuizione intellettuale. Se c'è un luogo in cui si rivela in modo chiaro e imbarazzante la
Premessa gnoseologica II
debolezza di qualsiasi esoterismo filosofico, questo luogo è la «visione», prescritta come atteggiamento filosofico agli adepti del paganesimo neoplatonico in tutte le sue forme. L'essere delle idee non può assolutamente venir pensato come oggetto di un'intuizione, neppure dell'intuizione intellettuale. Poiché anche nella sua definizione piu paradossale, quella di intellectus archetypus, essa non viene a capo del peculiare darsi della verità, un darsi che rimane sottratto a ogni genere di intenzione (né la verità potrà mai apparire come intenzione essa stessa). La verità non entra mai in relazione, tanto meno in una relazione intenzionale. L'oggetto della conoscenza, quale si determina nell'intenzione concettuale, non è la verità. La verità è un essere inintenzionale formato di idee. Il comportamento che le si addice è perciò non già un intendere conoscitivo, bensf un risolversi e uno scomparire in essa. La verità è la morte dell'intenzione. Precisamente questo può essere il significato della favola dell'immagine velata di Sais, il cui svelamento provoca la distruzione di colui che voleva interrogare la verità. A determinare questo esito non è un'enigmatica crudeltà della situazione, bensf la natura stessa della verità, al cospetto della quale anche il piu puro fuoco della ricerca si spegne, come sott' acqua. In quanto ideale, l'essere della verità è diverso dal modo d'essere delle apparizioni. La struttura della verità esige pertanto un essere che, per la sua estraneità all'intenzione, somigli a quello puro e semplice delle cose, ma che lo superi per consistenza. La verità non consiste in un intendere che troverebbe nell'empiria la sua determinazione, ma è la potenza che plasma l'essenza di quell'empiria. L'essere sottratto a ogni fenomenicità, l'unico essere a cui pertiene questa potenza, è quello del nome. Esso determina il darsi delle idee. Ma esse si danno non tanto in una lingua originaria, quanto ·in una percezione originaria, nella quale le parole non avrebbero ancora perduto la loro aura denotativa a vantaggio del significato conoscitivo. «In un certo senso si può dubitare che la dottrina platonica delle "idee" sarebbe stata possibile se il significato linguistico non avesse suggerito al filosofo - che conosceva soltanto la sua lingua madre- una divinizzazione del concetto, una divinizzazione delle parole: le "idee" di Platone sono in fondo, se per una volta è lecito valutarie da questo punto di vista unilaterale, nient'altro che parole e concetti verbali divinizzati>~. L'idea è
'HERMANN GUNTERT, Von der Sprache der Giitter und Geister. Bedeutungsgèschichtliche Untersuchungen zur homerischen und eddischen Giittersprache, Halle 1921, p. 49· Cfr. HER
MANN USENER, Giitternamen. Versuch einer Lehre von der religiosen Begriffibildung, Bonn 1896, p. J2I.
12 n dramma barocco tedesco
qualcosa di linguistico, piu precisamente: qualcosa che, nell'essenza della parola, coincide con quel momento per cui la parola è simbolo. Nella percezione empirica, in cui le parole si sono decomposte, alle parole inerisce, accanto alloro piu o meno n~costo significato simbolico, un esplicito significato profano. E compito del filosofo restituire il suo primato, mediante la rappresentazione, al carattere simbolico della parola: quel carattere nel quale l'idea giunge all'auto trasparenza, che è il contrario di una comunicazione rivolta verso l'esterno. Poiché la filosofia non può pretendere di parlare in tono rivelativo, ciò può avvenire solo attraverso un rammemorare che risalga anzitutto a una percezione originaria. Forse l'anamnesi platonica non è lontana da questo rammemorare. Soltanto che qui non si tratta di richiamare delle immagini all'intuizione; piuttosto, nella contemplazione filosofica l'idea si libera come parola dal nucleo piu intimo della realtà, e come una parola che rivendica di nuovo il suo diritto a nominare. Ma il primo ad assumere questo atteggiamento non è Platone, bensf Adamo, il padre degli uomini·in quanto padre della filosofia. Il nominare adamitico è cosi lontano dall'essere gioco ed arbitrio che proprio in esso si conferma anzi lo stato paradisiaco in quanto tale, non ancora impegnato a lottare col significato informativo delle parole. Come le idee si danno, senza intenzione, nel nominare, cosi esse devono rinnovarsi nella contemplazione filosofica. In questo rinnovamento si ripristina la percezione originaria del linguaggio. Cosi la filosofia, che è stata cosi spesso un oggetto di scherno, è a ragione, nel corso della storia, una lotta per la rappresentazione di alcune parole, sempre le stesse: le idee. Perciò l'introduzione di nuove terminologie, se non si mantiene rigorosamente nell'ambito concettuale e mira invece agli oggetti ultimi del contemplare, è in.ambito filosofico estremamente discutibile. Tali terminologie- un denominare non riuscito, a cui partecipa piu l'intenzione che il linguaggio- restano estranee a quella oggettività che la storia ha attribuito ai prodotti piu alti del contemplare filosofico. Questi ultimi stanno, come le mere parole non possono stare, in un compiuto isolamento. E cosi le idee riconoscono la legge che dice: tutte le essenze esistono in una compiuta autonomia e intangibilità, non solo rispetto ai fenomeni, ma anche l'una rispetto all'altra. Come l'armonia delle sfere si fonda sulla rotazione dei corpi celesti, che non si toccano mai, cosi il consistere del mundus intelligibilis si fonda sulla ineliminabile distanza tra le pure essenze. Ogni idea è un sole, e il suo rapporto con le altre idee è come un rapporto fra altrettanti soli. Il rapporto armonioso fra
Premessa gnoseologica 13
queste essenze è la verità. La loro molteplicità denominata è numerabile. Poiché il regime delle essenze è la discontinuità: quelle «essenze ... che conducono una vita toto coelo diversa dagli oggetti e dalle loro proprietà, e la cui esistenza non si lascia dedurre dialetticamente estraendo da un oggetto qualsiasi ... un certo insieme e aggiungendogli la qualifica "in sé", xa-fr'a{rtò; perché il loro numero è finito e ciascuna di esse va cercata faticosamente nel luogo che nel suo mondo le spetta, fino a quando ci si imbatte in essa, come in un rocher de bronce, oppure fino a quando la speranza nella sua esistenza si rivela ingannevole»
4• Non di rado il mancato riconoscimento di
questa loro finitezza discontinua ha vanificato robusti tentativi di rinnovare la dottrina delle idee: in ultimo, quelli compiuti dal primo Romanticismo. Nelle sue speculazioni la verità assumeva, in luogo del suo carattere linguistico, quello di una coscienza riflettente.
Il dramma barocco, considerato dal punto di vista del trattato di filosofia dell'arte, è un'idea. La sua principale differenza dal trattato storico-letterario è che il primo presuppone un'unità proprio là dove il secondo ha il compito di dimostrare il molteplice. Le differenze e gli estremi, che l'analisi storico-letteraria tende a sfumare e a relativizzare, assumono nell'elaborazione concettuale il rango di energie complementari, e la storia si riduce alla frangia colorata di una simultaneità cristallina. Per la filosofia dell'arte sono gli estremi ad apparire necessari, mentre il corso storico è contingente. E viceversa l'estremo di una forma o di un genere è l'idea, che non entra come tale nella storia letteraria. Il dramma barocco, in quanto concetto, entrerebbe senza difficoltà nelle classificazioni concettuali dell'estetica. Altro è il rapporto dell'idea con l'ambito classificatorio. Essa non definisce una classe e non contiene quella universalità su cui poggiano, nei sistemi classificatori, i vari gradi del concetto: l'universalità della media. La precarietà dell'induzione nelle ricerche teoriche sull'arte doveva, prima o poi, venire alla luce. Gli studiosi piu giovani sono disorientati. Nel suo studio Zum Phiinomen des Tragischen [Sul fenomeno del tragico] Scheler dice: «Come ... occorre ... procedere? Dobbiamo cercare di mettere insieme svariati esempi di tragico, cioè svariati eventi e accadimenti nei confronti dei quali gli uomini hanno l'impressione del tragico, e poi domandarci, per via induttiva, che co-
• JBAN HERING, Bemerkungen uber das Wesen, die Wesenheit und die Idee, in «]ahrbuch fiir Philosophie und phlinomenologische Forschung», IV (r9zr), p. 522.
12 n dramma barocco tedesco
qualcosa di linguistico, piu precisamente: qualcosa che, nell'essenza della parola, coincide con quel momento per cui la parola è simbolo. Nella percezione empirica, in cui le parole si sono decomposte, alle parole inerisce, accanto alloro piu o meno n~costo significato simbolico, un esplicito significato profano. E compito del filosofo restituire il suo primato, mediante la rappresentazione, al carattere simbolico della parola: quel carattere nel quale l'idea giunge all'auto trasparenza, che è il contrario di una comunicazione rivolta verso l'esterno. Poiché la filosofia non può pretendere di parlare in tono rivelativo, ciò può avvenire solo attraverso un rammemorare che risalga anzitutto a una percezione originaria. Forse l'anamnesi platonica non è lontana da questo rammemorare. Soltanto che qui non si tratta di richiamare delle immagini all'intuizione; piuttosto, nella contemplazione filosofica l'idea si libera come parola dal nucleo piu intimo della realtà, e come una parola che rivendica di nuovo il suo diritto a nominare. Ma il primo ad assumere questo atteggiamento non è Platone, bensf Adamo, il padre degli uomini·in quanto padre della filosofia. Il nominare adamitico è cosi lontano dall'essere gioco ed arbitrio che proprio in esso si conferma anzi lo stato paradisiaco in quanto tale, non ancora impegnato a lottare col significato informativo delle parole. Come le idee si danno, senza intenzione, nel nominare, cosi esse devono rinnovarsi nella contemplazione filosofica. In questo rinnovamento si ripristina la percezione originaria del linguaggio. Cosi la filosofia, che è stata cosi spesso un oggetto di scherno, è a ragione, nel corso della storia, una lotta per la rappresentazione di alcune parole, sempre le stesse: le idee. Perciò l'introduzione di nuove terminologie, se non si mantiene rigorosamente nell'ambito concettuale e mira invece agli oggetti ultimi del contemplare, è in.ambito filosofico estremamente discutibile. Tali terminologie- un denominare non riuscito, a cui partecipa piu l'intenzione che il linguaggio- restano estranee a quella oggettività che la storia ha attribuito ai prodotti piu alti del contemplare filosofico. Questi ultimi stanno, come le mere parole non possono stare, in un compiuto isolamento. E cosi le idee riconoscono la legge che dice: tutte le essenze esistono in una compiuta autonomia e intangibilità, non solo rispetto ai fenomeni, ma anche l'una rispetto all'altra. Come l'armonia delle sfere si fonda sulla rotazione dei corpi celesti, che non si toccano mai, cosi il consistere del mundus intelligibilis si fonda sulla ineliminabile distanza tra le pure essenze. Ogni idea è un sole, e il suo rapporto con le altre idee è come un rapporto fra altrettanti soli. Il rapporto armonioso fra
Premessa gnoseologica 13
queste essenze è la verità. La loro molteplicità denominata è numerabile. Poiché il regime delle essenze è la discontinuità: quelle «essenze ... che conducono una vita toto coelo diversa dagli oggetti e dalle loro proprietà, e la cui esistenza non si lascia dedurre dialetticamente estraendo da un oggetto qualsiasi ... un certo insieme e aggiungendogli la qualifica "in sé", xa-fr'a{rtò; perché il loro numero è finito e ciascuna di esse va cercata faticosamente nel luogo che nel suo mondo le spetta, fino a quando ci si imbatte in essa, come in un rocher de bronce, oppure fino a quando la speranza nella sua esistenza si rivela ingannevole»
4• Non di rado il mancato riconoscimento di
questa loro finitezza discontinua ha vanificato robusti tentativi di rinnovare la dottrina delle idee: in ultimo, quelli compiuti dal primo Romanticismo. Nelle sue speculazioni la verità assumeva, in luogo del suo carattere linguistico, quello di una coscienza riflettente.
Il dramma barocco, considerato dal punto di vista del trattato di filosofia dell'arte, è un'idea. La sua principale differenza dal trattato storico-letterario è che il primo presuppone un'unità proprio là dove il secondo ha il compito di dimostrare il molteplice. Le differenze e gli estremi, che l'analisi storico-letteraria tende a sfumare e a relativizzare, assumono nell'elaborazione concettuale il rango di energie complementari, e la storia si riduce alla frangia colorata di una simultaneità cristallina. Per la filosofia dell'arte sono gli estremi ad apparire necessari, mentre il corso storico è contingente. E viceversa l'estremo di una forma o di un genere è l'idea, che non entra come tale nella storia letteraria. Il dramma barocco, in quanto concetto, entrerebbe senza difficoltà nelle classificazioni concettuali dell'estetica. Altro è il rapporto dell'idea con l'ambito classificatorio. Essa non definisce una classe e non contiene quella universalità su cui poggiano, nei sistemi classificatori, i vari gradi del concetto: l'universalità della media. La precarietà dell'induzione nelle ricerche teoriche sull'arte doveva, prima o poi, venire alla luce. Gli studiosi piu giovani sono disorientati. Nel suo studio Zum Phiinomen des Tragischen [Sul fenomeno del tragico] Scheler dice: «Come ... occorre ... procedere? Dobbiamo cercare di mettere insieme svariati esempi di tragico, cioè svariati eventi e accadimenti nei confronti dei quali gli uomini hanno l'impressione del tragico, e poi domandarci, per via induttiva, che co-
• JBAN HERING, Bemerkungen uber das Wesen, die Wesenheit und die Idee, in «]ahrbuch fiir Philosophie und phlinomenologische Forschung», IV (r9zr), p. 522.
I4 Il dramma barocco tedesco
sa hanno "in comune"? Si tratterebbe di una sorta di metodo induttivo, che potrebbe trovare anche sostegni sperimentali. Senonché ciò ci porterebbe ancora meno lontano di quanto possa fare l'osservazione del nostro io, quando il tragico agisce su di noi. Perché con quale diritto dovremmo accordare fiducia alle affermazioni della gente, e credere che ciò che essi chiamano tragico lo sia per davvero? »5
• N o n può condurre da nessuna parte il voler determinare le idee induttivamente - a partire dalla loro «estensione»- sulla base del linguaggio comune, per poi procedere alla fondazione essenziale di ciò che è stato definito in extenso. L'uso linguistico ha infatti per il filosofo un valore incalcolabile quando nella interpretazione viene assunto come rimando alle idee, ma è invece ingannevole quando viene assunto come base formale del concetto, partendo magari da un discorso e da un pensiero approssimativo. Questo stato di cose permette di affermare che il filosofo deve accostarsi con estrema cautela a quel modo di procedere corrente che trasforma le parole in concetti per consolidarne il significato. E proprio la filosofia dell'arte è non di rado vittima di questa suggestione. Quando ad esempioper citare un caso emblematico fra molti - la Asthetik des Tragischen [Estetica del tragico] di Volkelt considera i lavori di Holz o di Halbe alla stessa stregua dei drammi di Eschilo o di Euripide, senza neppure domandarsi se il tragico sia una forma che può trovare contenuti attuali oppure una forma storicamente condizionata, ciò che ne risulta dal punto di vista del tragico in materie cosi diverse non è tensione ma una morta eterogeneità. Accumulando materiali cosi disparati - dove i piu originari ed acerbi sono presto sepolti sotto la farragine dei «moderni» - l'indagine, che si era sottoposta a un tale tour de /orc;e per individuare l' «elemento comune», resterà con le mani vuote: non fosse per qualche dato psicologico che nella soggettività dello studioso, o meglio del cittadino medio, riesce a far coincidere elementi cosi diversi fra loro attraverso l'uguaglianza di una reazione miserabile. I concetti della psicologia potranno.forse riprodurre una varietà morfologica di impressioni - provengano o meno da un'opera d' arte- ma non potranno determinare l'essenza propria di un ambi~ to artistico. Ciò avviene piuttosto attraverso una circostanziata esposizione del suo concetto formale, il cui contenuto metafisica
'MAX SCHELER, Vom Umsturz der Werte. Abhandlungen und Aufsiitze, a cura di Maria Scheler, Bern 1955, p. 152.
Premessa gnoseologica I5
non dovrà tanto trovarsi al suo interno, quanto mostrarsi attivo e irrorarlo come fa il sangue col corpo.
L'aderenza alla molteplicità delle forme da un lato, l'indifferenza nei confronti del pensiero rigoroso dali' altro, sono sempre state i tratti distintivi di una induzione acritica. E si tratta sem- · pre di un certo timore verso le idee costitutive - gli universalia in re- per usare l'espressione particolarmente acuta di Burdach. «Ho promesso di parlare dell'origine dell'Umanesimo come se esso fosse un essere vivente, venuto al mondo in qualche momento e in qualche luogo come un tutto organico, e poi come tale cresciuto ... Noi procediamo qui come i cosiddetti scolastici realisti del Medioevo, che attribuivano realtà ai concetti generali, agli "universali". Anche noi costruiamo ipostasi come le mitologie d'antichi tempi e poniamo un essere dotato di un'unica sostanza e di piena realtà, e lo chiamiamo, come se fosse un individuo vivente Umanesimo. Ma in questo come in altri innumerevoli casi affini' ... noi dovremmo acquistare chiara consapevolezza del fatto che tali concetti astratti ausiliari vengono costruiti soltanto per poter abbracciare d'un solo sguardo infinite serie di molteplici fenomeni spirituali e di differentissime personalità. Noi possiamo ottenere questo, secondo una legge fondamentale della percezione e della conoscenza umana, soltanto col dare maggiore rilievo e piu forte accentuazione, secondo il bisogno sistematico che ci è innato, a certe peculiarità che in queste serie di oggetti vari ci appaiono simili o concordanti, invece che alle differenze ... Le etichette di "Umanesimo", o "Rinascimento", sono arbitrarie, anzi erronee, dal momento che conferiscono a questa vita dalle molte origini, dai vari aspetti, dai molti spiriti, la falsa apparenza di una unità essenziale. E anche "l'uomo del Rinascimento", prediletto dopo il Burckhardt e il Nietzsche, è un personaggio altrettanto arbitrario
• 6 ' anz1 erroneo ... ». Una nota dell'autore a questo passaggio suona: «<l brutto parallelo dell'inestirpabile "uomo del Rinascimento" è l"'uomo gotico", che oggi provoca grave confusione con la parte che rappresenta, e vive la sua vita di fantasma.anche nel mondo di ricercatori storici importanti e degni di rispetto (E. Troeltsch!). E per soprammercato c'è anche l'"uomo barocco", nome col qua~
• KONRAD BURD4CH, Reformation, Renaissance, Humanismus. Zwei Abhandlungen uber die Grundlage modemer Bildung und Sprachkunst, Berlin 1918, pp. reo sgg.; trad it. Ri/orma-Rinascimento-Umanesimo. Due disseruuioni sui fondamenti della cultura e dell'arte della parola moderne, a cura di D. Cantimori, Firenze 1935, pp. 78 sgg.
I4 Il dramma barocco tedesco
sa hanno "in comune"? Si tratterebbe di una sorta di metodo induttivo, che potrebbe trovare anche sostegni sperimentali. Senonché ciò ci porterebbe ancora meno lontano di quanto possa fare l'osservazione del nostro io, quando il tragico agisce su di noi. Perché con quale diritto dovremmo accordare fiducia alle affermazioni della gente, e credere che ciò che essi chiamano tragico lo sia per davvero? »5
• N o n può condurre da nessuna parte il voler determinare le idee induttivamente - a partire dalla loro «estensione»- sulla base del linguaggio comune, per poi procedere alla fondazione essenziale di ciò che è stato definito in extenso. L'uso linguistico ha infatti per il filosofo un valore incalcolabile quando nella interpretazione viene assunto come rimando alle idee, ma è invece ingannevole quando viene assunto come base formale del concetto, partendo magari da un discorso e da un pensiero approssimativo. Questo stato di cose permette di affermare che il filosofo deve accostarsi con estrema cautela a quel modo di procedere corrente che trasforma le parole in concetti per consolidarne il significato. E proprio la filosofia dell'arte è non di rado vittima di questa suggestione. Quando ad esempioper citare un caso emblematico fra molti - la Asthetik des Tragischen [Estetica del tragico] di Volkelt considera i lavori di Holz o di Halbe alla stessa stregua dei drammi di Eschilo o di Euripide, senza neppure domandarsi se il tragico sia una forma che può trovare contenuti attuali oppure una forma storicamente condizionata, ciò che ne risulta dal punto di vista del tragico in materie cosi diverse non è tensione ma una morta eterogeneità. Accumulando materiali cosi disparati - dove i piu originari ed acerbi sono presto sepolti sotto la farragine dei «moderni» - l'indagine, che si era sottoposta a un tale tour de /orc;e per individuare l' «elemento comune», resterà con le mani vuote: non fosse per qualche dato psicologico che nella soggettività dello studioso, o meglio del cittadino medio, riesce a far coincidere elementi cosi diversi fra loro attraverso l'uguaglianza di una reazione miserabile. I concetti della psicologia potranno.forse riprodurre una varietà morfologica di impressioni - provengano o meno da un'opera d' arte- ma non potranno determinare l'essenza propria di un ambi~ to artistico. Ciò avviene piuttosto attraverso una circostanziata esposizione del suo concetto formale, il cui contenuto metafisica
'MAX SCHELER, Vom Umsturz der Werte. Abhandlungen und Aufsiitze, a cura di Maria Scheler, Bern 1955, p. 152.
Premessa gnoseologica I5
non dovrà tanto trovarsi al suo interno, quanto mostrarsi attivo e irrorarlo come fa il sangue col corpo.
L'aderenza alla molteplicità delle forme da un lato, l'indifferenza nei confronti del pensiero rigoroso dali' altro, sono sempre state i tratti distintivi di una induzione acritica. E si tratta sem- · pre di un certo timore verso le idee costitutive - gli universalia in re- per usare l'espressione particolarmente acuta di Burdach. «Ho promesso di parlare dell'origine dell'Umanesimo come se esso fosse un essere vivente, venuto al mondo in qualche momento e in qualche luogo come un tutto organico, e poi come tale cresciuto ... Noi procediamo qui come i cosiddetti scolastici realisti del Medioevo, che attribuivano realtà ai concetti generali, agli "universali". Anche noi costruiamo ipostasi come le mitologie d'antichi tempi e poniamo un essere dotato di un'unica sostanza e di piena realtà, e lo chiamiamo, come se fosse un individuo vivente Umanesimo. Ma in questo come in altri innumerevoli casi affini' ... noi dovremmo acquistare chiara consapevolezza del fatto che tali concetti astratti ausiliari vengono costruiti soltanto per poter abbracciare d'un solo sguardo infinite serie di molteplici fenomeni spirituali e di differentissime personalità. Noi possiamo ottenere questo, secondo una legge fondamentale della percezione e della conoscenza umana, soltanto col dare maggiore rilievo e piu forte accentuazione, secondo il bisogno sistematico che ci è innato, a certe peculiarità che in queste serie di oggetti vari ci appaiono simili o concordanti, invece che alle differenze ... Le etichette di "Umanesimo", o "Rinascimento", sono arbitrarie, anzi erronee, dal momento che conferiscono a questa vita dalle molte origini, dai vari aspetti, dai molti spiriti, la falsa apparenza di una unità essenziale. E anche "l'uomo del Rinascimento", prediletto dopo il Burckhardt e il Nietzsche, è un personaggio altrettanto arbitrario
• 6 ' anz1 erroneo ... ». Una nota dell'autore a questo passaggio suona: «<l brutto parallelo dell'inestirpabile "uomo del Rinascimento" è l"'uomo gotico", che oggi provoca grave confusione con la parte che rappresenta, e vive la sua vita di fantasma.anche nel mondo di ricercatori storici importanti e degni di rispetto (E. Troeltsch!). E per soprammercato c'è anche l'"uomo barocco", nome col qua~
• KONRAD BURD4CH, Reformation, Renaissance, Humanismus. Zwei Abhandlungen uber die Grundlage modemer Bildung und Sprachkunst, Berlin 1918, pp. reo sgg.; trad it. Ri/orma-Rinascimento-Umanesimo. Due disseruuioni sui fondamenti della cultura e dell'arte della parola moderne, a cura di D. Cantimori, Firenze 1935, pp. 78 sgg.
Il dramma barocco tedesco
le ci vien presentato per esempio lo Shakespeare»7
• Questa pres·a di posizione è evidentemente giustificata nella misura in cui si rivolge contro l'ipostatizzazione di concetti generali- ma non sempré gli universali rientrano in questa categoria. Essa però ha senz' altro torto di fronte alle questioni di una teoria della scienza platonicamente orientata alla rappresentazione delle essenze, della quale essa misconosce la necessità. Questa teoria, ed essa soltanto, è in grado di preservare la forma linguistica delle esposizioni scientifiche che si muovono al di fuori dell'ambito matematico, da quella scepsi illimitata che trascina nel suo vortice ogni metodo induttivo per quanto raffinato, una scepsi in cui le argomentazioni di Burdach non potevano imbattersi. Perché le sue argomentazioni sono una reservatio mentalis privata, non una fondazione metodica. Per quanto riguarda, in particolare, i tipi e le epoche storiche, non si potrà mai presupporre, è vero, che idee come quella di Rinascimento o di Barocco siano in grado di dominare concettualmente la materia, e l'opinione secondo cui una moderna visione dei diversi periodi storici potrebbe venir convalidata da uno scontro aperto - dove le varie epoche si affronterebbero «a visiera alzata» - tradirebbe il contenuto delle fonti, che non dipende
. in genere da idee storiografiche ma da interessi attuali. Ma ciò che questi nomi non possono ottenere come concetti, lo ottengono in quanto idee, nelle quali non giunge a coincidenza l'omogeneo, ma gli estremi pervengono alla sintesi. Fermo restando il fatto che anche l'analisi concettuale non sempre s'imbatte in fenomeni del tutto discrepanti e che talora anche in essa si delinea il profilo di una sintesi, sia pure non legittimabile. Cosi, proprio del Barocco letterario, nell'ambito del quale è sorto il dramma tedesco, Strich ha osservato con ragione «che i principi formativi sono rimasti gli stessi lungo tutto il secolo»
8•
La riflessione critica di Burdach procede non tanto dal progetto di una rivoluzione positiva del metodo quanto da una preoccupazione per gli errori concreti di dettaglio. Ma in ultima istanza il metodo non può essere in nessun caso guidato da mere preoccupazioni fattuali, non può presentarsi negativamente, come un semplice canone prudenziale. Esso deve procedere piuttosto da considerazioni di un ordine piu elevato di quelle offerte da un veri-
7 Ibid., p. 213, nota; trad. it. cit., p. 79, nota. ' FRITZ STRICH, Der lyrische Stil des siebzehnten Jahrhunderts, in Abhandlungen zur deut
schen Literaturgeschichte. Franz Muncker zum 6o. Geburtstage dargebrachtvon Eduard Berend, Miinchen 1916, p. 52.
Premessa gnoseologica
smo scientifico. Quest'ultimo non potrà fare a meno di imbattersi, di fronte al singolo problema, in quelle questioni di metodo che il suo credo scientifico ignora. Di regola, la loro soluzione passerà attraverso una revisione della problematica formulabile in questi termini: perché la scienza non possa rispondere alla domanda su «Come sono andate davvero le cose», ma debba limitarsi a parla. Que.sta riflessione, che abbiamo fin qui abbozzato e che dovremo portare a compimen~o, è la sola a poter decidere se l'idea sia un'abbreviazione inopportuna o se la sua espressione linguistica non fon- . di invece il vero contenuto scientifico. Una scienza che si diffonde in proteste contro il linguaggio delle sue stesse indagini è una mostruosità. Le parole sono, accanto ai segni della matematica, l'unico medium rappresentativo della scienza, e,.dal canto loro non sono segni. Il concetto infatti, che è ciò a cui corrisponde. ll segno, è un depotenziamento di quella stessa parola che trova nell'idea la sua realtà essenziale. Il verismo, al servizio del quale si pone il metodo induttivo della teoria dell'arte, non è nobilitato dal fatto che le problematiche discorsive e induttive convergerebbero alla fine in una «visione intuitiva»: una visione intuitiva che risulterebbe - secondo le pretese illusorie di R. M. Meyer e di tanti altri - da una fusione sincretistica di vari metodt Come tutte le impostazioni ingenuamente realistiche del problema del metodo, anche questa ci lascia al punto di partenza. Perché è precisamente l'intuizione che va interpretata. E il quadro dell'estetica a base induttiva mostra anche qui la consueta tinta fumosa: tale intuizione non ha infatti per oggetto la tosa stessa quale si dischiude nell'idea, ma gli stati soggettivi del fruitore proiettati sùll'opera. Tale è il senso dell'empatia, che R. M. Meyer ha concepito come la chiave di volta del suo metodo. Questo metodo, che è l'esatto opposto di quello che andrà applicato nel corso di questa ricerca «vede nella forma artistica del dramma e anche della tragedia ~ della commedia, e poi della commedia di carattere o di intreccio grandezze con cui fare i conti. Dal confronto tra gli esempi di spie: co dei vari generi esso intende ricavare regole e leggi a cui il singolo prodotto andrà commisurato. E cosi poi dal confronto tra i vari generi cerca di estrarre leggi artistiche generali, valide per ogni opera»
10• La deduzione estetica del «genere» poggerebbe allora su
un procedimento induttivo e astrattivo, e la serie dei generi e del-
.. 'RICHAR? M. MEYER, Uberdas Verstiindnisvon Kunstwerken, in.«Die neuenJahrbiicher fur das klassische Altertum, Geschichte und deutsche Litteratur», IV (1901), p. 378.
IO Ibid., p. 372-
Il dramma barocco tedesco
le ci vien presentato per esempio lo Shakespeare»7
• Questa pres·a di posizione è evidentemente giustificata nella misura in cui si rivolge contro l'ipostatizzazione di concetti generali- ma non sempré gli universali rientrano in questa categoria. Essa però ha senz' altro torto di fronte alle questioni di una teoria della scienza platonicamente orientata alla rappresentazione delle essenze, della quale essa misconosce la necessità. Questa teoria, ed essa soltanto, è in grado di preservare la forma linguistica delle esposizioni scientifiche che si muovono al di fuori dell'ambito matematico, da quella scepsi illimitata che trascina nel suo vortice ogni metodo induttivo per quanto raffinato, una scepsi in cui le argomentazioni di Burdach non potevano imbattersi. Perché le sue argomentazioni sono una reservatio mentalis privata, non una fondazione metodica. Per quanto riguarda, in particolare, i tipi e le epoche storiche, non si potrà mai presupporre, è vero, che idee come quella di Rinascimento o di Barocco siano in grado di dominare concettualmente la materia, e l'opinione secondo cui una moderna visione dei diversi periodi storici potrebbe venir convalidata da uno scontro aperto - dove le varie epoche si affronterebbero «a visiera alzata» - tradirebbe il contenuto delle fonti, che non dipende
. in genere da idee storiografiche ma da interessi attuali. Ma ciò che questi nomi non possono ottenere come concetti, lo ottengono in quanto idee, nelle quali non giunge a coincidenza l'omogeneo, ma gli estremi pervengono alla sintesi. Fermo restando il fatto che anche l'analisi concettuale non sempre s'imbatte in fenomeni del tutto discrepanti e che talora anche in essa si delinea il profilo di una sintesi, sia pure non legittimabile. Cosi, proprio del Barocco letterario, nell'ambito del quale è sorto il dramma tedesco, Strich ha osservato con ragione «che i principi formativi sono rimasti gli stessi lungo tutto il secolo»
8•
La riflessione critica di Burdach procede non tanto dal progetto di una rivoluzione positiva del metodo quanto da una preoccupazione per gli errori concreti di dettaglio. Ma in ultima istanza il metodo non può essere in nessun caso guidato da mere preoccupazioni fattuali, non può presentarsi negativamente, come un semplice canone prudenziale. Esso deve procedere piuttosto da considerazioni di un ordine piu elevato di quelle offerte da un veri-
7 Ibid., p. 213, nota; trad. it. cit., p. 79, nota. ' FRITZ STRICH, Der lyrische Stil des siebzehnten Jahrhunderts, in Abhandlungen zur deut
schen Literaturgeschichte. Franz Muncker zum 6o. Geburtstage dargebrachtvon Eduard Berend, Miinchen 1916, p. 52.
Premessa gnoseologica
smo scientifico. Quest'ultimo non potrà fare a meno di imbattersi, di fronte al singolo problema, in quelle questioni di metodo che il suo credo scientifico ignora. Di regola, la loro soluzione passerà attraverso una revisione della problematica formulabile in questi termini: perché la scienza non possa rispondere alla domanda su «Come sono andate davvero le cose», ma debba limitarsi a parla. Que.sta riflessione, che abbiamo fin qui abbozzato e che dovremo portare a compimen~o, è la sola a poter decidere se l'idea sia un'abbreviazione inopportuna o se la sua espressione linguistica non fon- . di invece il vero contenuto scientifico. Una scienza che si diffonde in proteste contro il linguaggio delle sue stesse indagini è una mostruosità. Le parole sono, accanto ai segni della matematica, l'unico medium rappresentativo della scienza, e,.dal canto loro non sono segni. Il concetto infatti, che è ciò a cui corrisponde. ll segno, è un depotenziamento di quella stessa parola che trova nell'idea la sua realtà essenziale. Il verismo, al servizio del quale si pone il metodo induttivo della teoria dell'arte, non è nobilitato dal fatto che le problematiche discorsive e induttive convergerebbero alla fine in una «visione intuitiva»: una visione intuitiva che risulterebbe - secondo le pretese illusorie di R. M. Meyer e di tanti altri - da una fusione sincretistica di vari metodt Come tutte le impostazioni ingenuamente realistiche del problema del metodo, anche questa ci lascia al punto di partenza. Perché è precisamente l'intuizione che va interpretata. E il quadro dell'estetica a base induttiva mostra anche qui la consueta tinta fumosa: tale intuizione non ha infatti per oggetto la tosa stessa quale si dischiude nell'idea, ma gli stati soggettivi del fruitore proiettati sùll'opera. Tale è il senso dell'empatia, che R. M. Meyer ha concepito come la chiave di volta del suo metodo. Questo metodo, che è l'esatto opposto di quello che andrà applicato nel corso di questa ricerca «vede nella forma artistica del dramma e anche della tragedia ~ della commedia, e poi della commedia di carattere o di intreccio grandezze con cui fare i conti. Dal confronto tra gli esempi di spie: co dei vari generi esso intende ricavare regole e leggi a cui il singolo prodotto andrà commisurato. E cosi poi dal confronto tra i vari generi cerca di estrarre leggi artistiche generali, valide per ogni opera»
10• La deduzione estetica del «genere» poggerebbe allora su
un procedimento induttivo e astrattivo, e la serie dei generi e del-
.. 'RICHAR? M. MEYER, Uberdas Verstiindnisvon Kunstwerken, in.«Die neuenJahrbiicher fur das klassische Altertum, Geschichte und deutsche Litteratur», IV (1901), p. 378.
IO Ibid., p. 372-
r 8 Il dramma barocco tedesco
le specie non verrebbe tanto dedotta quanto presentata nello schema della deduzione.
Mentre l'induzione degrada le idee a concetti rinunciando alla loro articolazione e coordinazione, la deduzione ottiene lo stesso risultato proiettandoli in un continuum pseudologico. Il regno del pensiero filosofico non si dipana lungo una linea ininterrotta di deduzioni concettuali, bensf attraverso la descrizione del mondo delle idee. Tale attuazione ricomincia da capo con ogni idea in quanto ogni idea è originaria. Poiché le idee costituiscono una molteplicità non riducibile. Esse si offrono alla considerazione filosofica come una molteplicità finita, o, piu propriamente, denominata. Di qui la critica violenta di Benedetto Croce al concetto deduttivo di genere in filosofia dell'arte. A ragione egli vede nella classificazione in quanto intelaiatura delle deduzioni speculative il fondamento di una critica superficialmente schematizzante. E mentre il nominalismo di Burdach riguardo al concetto di epoca storica, la sua riluttanza a scostarsi anche di pochissimo dai puri fatti, nasce dal timore di allontanarsi dalla verità, un nominalismo del tutto analogo riguardo al concetto estetico di genere porta in Croce a un'analoga aderenza al particolare, alla preoccupazione che, allontanandosi da questo, ci si possa privare dell'essenziale. Proprio questo ci mette nelle condizioni migliori per chiarire il vero significato dei nomi dei generi estetici. Il Breviario di estetica biasima «il pregiudizio della possibilità di distinguere parecchie o molte/orme particolari di arte, ciascuna determinabile nel suo particolare concetto e nei suoi limiti, e fornita di proprie leggi ... Molti esteti compongono ancora trattati sull'estetica del tragico o del comico o della lirica o dell'umorismo, o estetiche della pittura o della musica o della poesia ... e, quel ch'è peggio ... i critici, nel giudicare le opere d'arte, non hanno smesso del tutto l'abito di commisurarle al genere o all'arte particolare in cui, secondo essi, rientrerebbero ... »11
• « ... vale a dire, è infondata qualsiasi teoria della divisione delle arti. Il genere o la classe è, in questo caso, uno solo, l'arte stessa o l'intuizione, laddove le singole opere d'arte sono poi infinite: tutte originali, ciascuna intraducibile nell'altra ... Tra l'universale e il particolare non s'interpone nessun elemento intermedio, nessuna serie di generi o di specie, di generalia)>
12• Que-
11 BENEDETIO CROCE, Breviario di estetica, Bari 1969, p. 52.
"Ibid., p. 55·
Premessa gnoseologica r 9
st~ consi~erazi':>~e è pie?amente giustificata riguardo ai concetti det genen estet1c1. Ma s1 ferma a metà strada. Infatti, per quanto un'enumerazione di opere d'arte che miri a coglierne l'elemento comune sia un'impresa oziosa, ove non si tratti di una collazione storica o stilistica di esempi bensf del loro nucleo essenziale è alt~~tt~to impen~abile che la filosofia dell'arte si privi delle su~ idee p1u ncche, quali quella del tragico e del comico. Perché esse non sono distillati di regole, no: sono figure il cui spessore e la cui realtà è almeno pari a quelli del singolo dramma, e non commensurabili ad esso. Cosi, esse non avanzano affatto la pretesa di comprendere un certo numero di opere sulla base di determinati elementi comu~ fra loro. Perché se anche la tragedia allo stato puro, la commedia allo stato puro, non esistessero come tali, le idee continuer~bbero ad avere una loro consistenza. In tal senso, occorrerà una nce~ca che .non si leghi fin daJI'inizio a quanto può esser designato di volta m volta come tragico o come comico, ma che persegua l'esemplare, se anche dovesse attribuire quel carattere a un semplice frammento isolato. Essa non produrrà «criteri» per il recensore. La critica, cosi come i criteri di una terminologia, il banco di prova della dottrina filosofica delle idee dell'arte non si formano in base al criterio esteriore del confronto, bensl in modo immanente, .attraverso uno svilupp':> del linguaggio formale dell'opera, ~no ~vilup~o c~e n~ estragga il co~tenuto magari a spese dell'efficacia .. A ctò s~ aggtunge che proprio le opere significative, a meno che m esse il genere non appaia di colpo come ideale si situano al di fuori dei limiti del genere. Un'opera significativ~ o fonda il genere oppure lo liquida; nelle opere perfette le due cose si fondono.
L'impossibilità di uno sviluppo deduttivo delle forme artistiche, la conseguente svalutazione della regola come istanza critica -. c~me istanza didatti.c~ la regola rimarrà sempre - gettano le basi dt un fecondo scetticiSmo. Esso è paragonabile al profondo ripr~nder fiato del pensiero, che può poi abbandonarsi con tutto ag1o, e senza la minima traccia di affanno, all'esame minuzioso del dettaglio. Ogni volta che la riflessione si china sull'opera e sulla f<:>rma dell'arte per valutarne il contenuto, sarà sempre questione ~ det~a~. La fret~a, che si esercita sull'opera d'arte col gesto furtivo dt chi fa sparue una cosa altrui, è propria dei routiniers e in nulla è migliore della bonomia del filisteo. Per la vera contemplazione invece l'abbandono del procedimento deduttivo si connet-
r 8 Il dramma barocco tedesco
le specie non verrebbe tanto dedotta quanto presentata nello schema della deduzione.
Mentre l'induzione degrada le idee a concetti rinunciando alla loro articolazione e coordinazione, la deduzione ottiene lo stesso risultato proiettandoli in un continuum pseudologico. Il regno del pensiero filosofico non si dipana lungo una linea ininterrotta di deduzioni concettuali, bensf attraverso la descrizione del mondo delle idee. Tale attuazione ricomincia da capo con ogni idea in quanto ogni idea è originaria. Poiché le idee costituiscono una molteplicità non riducibile. Esse si offrono alla considerazione filosofica come una molteplicità finita, o, piu propriamente, denominata. Di qui la critica violenta di Benedetto Croce al concetto deduttivo di genere in filosofia dell'arte. A ragione egli vede nella classificazione in quanto intelaiatura delle deduzioni speculative il fondamento di una critica superficialmente schematizzante. E mentre il nominalismo di Burdach riguardo al concetto di epoca storica, la sua riluttanza a scostarsi anche di pochissimo dai puri fatti, nasce dal timore di allontanarsi dalla verità, un nominalismo del tutto analogo riguardo al concetto estetico di genere porta in Croce a un'analoga aderenza al particolare, alla preoccupazione che, allontanandosi da questo, ci si possa privare dell'essenziale. Proprio questo ci mette nelle condizioni migliori per chiarire il vero significato dei nomi dei generi estetici. Il Breviario di estetica biasima «il pregiudizio della possibilità di distinguere parecchie o molte/orme particolari di arte, ciascuna determinabile nel suo particolare concetto e nei suoi limiti, e fornita di proprie leggi ... Molti esteti compongono ancora trattati sull'estetica del tragico o del comico o della lirica o dell'umorismo, o estetiche della pittura o della musica o della poesia ... e, quel ch'è peggio ... i critici, nel giudicare le opere d'arte, non hanno smesso del tutto l'abito di commisurarle al genere o all'arte particolare in cui, secondo essi, rientrerebbero ... »11
• « ... vale a dire, è infondata qualsiasi teoria della divisione delle arti. Il genere o la classe è, in questo caso, uno solo, l'arte stessa o l'intuizione, laddove le singole opere d'arte sono poi infinite: tutte originali, ciascuna intraducibile nell'altra ... Tra l'universale e il particolare non s'interpone nessun elemento intermedio, nessuna serie di generi o di specie, di generalia)>
12• Que-
11 BENEDETIO CROCE, Breviario di estetica, Bari 1969, p. 52.
"Ibid., p. 55·
Premessa gnoseologica r 9
st~ consi~erazi':>~e è pie?amente giustificata riguardo ai concetti det genen estet1c1. Ma s1 ferma a metà strada. Infatti, per quanto un'enumerazione di opere d'arte che miri a coglierne l'elemento comune sia un'impresa oziosa, ove non si tratti di una collazione storica o stilistica di esempi bensf del loro nucleo essenziale è alt~~tt~to impen~abile che la filosofia dell'arte si privi delle su~ idee p1u ncche, quali quella del tragico e del comico. Perché esse non sono distillati di regole, no: sono figure il cui spessore e la cui realtà è almeno pari a quelli del singolo dramma, e non commensurabili ad esso. Cosi, esse non avanzano affatto la pretesa di comprendere un certo numero di opere sulla base di determinati elementi comu~ fra loro. Perché se anche la tragedia allo stato puro, la commedia allo stato puro, non esistessero come tali, le idee continuer~bbero ad avere una loro consistenza. In tal senso, occorrerà una nce~ca che .non si leghi fin daJI'inizio a quanto può esser designato di volta m volta come tragico o come comico, ma che persegua l'esemplare, se anche dovesse attribuire quel carattere a un semplice frammento isolato. Essa non produrrà «criteri» per il recensore. La critica, cosi come i criteri di una terminologia, il banco di prova della dottrina filosofica delle idee dell'arte non si formano in base al criterio esteriore del confronto, bensl in modo immanente, .attraverso uno svilupp':> del linguaggio formale dell'opera, ~no ~vilup~o c~e n~ estragga il co~tenuto magari a spese dell'efficacia .. A ctò s~ aggtunge che proprio le opere significative, a meno che m esse il genere non appaia di colpo come ideale si situano al di fuori dei limiti del genere. Un'opera significativ~ o fonda il genere oppure lo liquida; nelle opere perfette le due cose si fondono.
L'impossibilità di uno sviluppo deduttivo delle forme artistiche, la conseguente svalutazione della regola come istanza critica -. c~me istanza didatti.c~ la regola rimarrà sempre - gettano le basi dt un fecondo scetticiSmo. Esso è paragonabile al profondo ripr~nder fiato del pensiero, che può poi abbandonarsi con tutto ag1o, e senza la minima traccia di affanno, all'esame minuzioso del dettaglio. Ogni volta che la riflessione si china sull'opera e sulla f<:>rma dell'arte per valutarne il contenuto, sarà sempre questione ~ det~a~. La fret~a, che si esercita sull'opera d'arte col gesto furtivo dt chi fa sparue una cosa altrui, è propria dei routiniers e in nulla è migliore della bonomia del filisteo. Per la vera contemplazione invece l'abbandono del procedimento deduttivo si connet-
20 Il dramma barocco tedesco
te con un recupero sempre piu ampio, sempre piu fervido, dei fenomeni, i quali non correranno mai il rischio di rimanere oggetti di un confuso stupore finché la loro rappresentazione sarà insieme quella delle idee, e solo in esse sarà salva la loro propria singolarità. Naturalmente, il radicalismo che priverebbe la terminologia estetica di alcune tra le sue formule migliori, e che costringerebbe la filosofia dell'arte al silenzio, non è nemmeno per Croce l'ultima parola. Egli dice anzi: « ... negando valore teorico alle astratte classificazioni, non si è inteso negarlo a quella genetica e concreta classificazione, che non è poi "classificazione" e che si chiama la storia» n. Con quest'oscura proposizione l'autore sfiora, benché purtroppo con eccessiva frett!l, il nucleo della dottrina delle idee. Uno psicologismo, che dissolve la sua definizione dell' arte come «espressione» in quella dell'arte come «intuizione», gli impedisce di afferrarlo. Gli rimane oscuro come quella considerazione che egli definisce «classificazione genetica» possa convergere con una dottrina dei generi come idee proprio sul problema dell'origine. L'origine, pur essendo una categoria pienamente storica, non ha nulla in comune con la genesi [Entstehung]. Per «origine» non si intende il divenire di ciò che scaturisce, bensi al contrario ciò che scaturisce dal divenire e dal trapassare. L'origine sta nel flusso del divenire come un vortice, e trascina dentro il suo ritmo il materiale della propria nascita. Nella nuda e palese compagine del fattuale, l'originario non si dà mai a conoscere, e il suo ritmo si dischiude soltanto a una duplice visione. Essa vuol essere intesa come restaurazione, come ripristino da un lato, e dall'altro, e proprio per questo, come qualcosa di imperfetto e di inconcluso. In ogni fenomeno originario si determina la forma sotto la quale un'idea continua a confrontarsi col mondo storico, finché essa non sta li, compiuta, nella totalità della sua storia. L'origine dunque non emerge dai dati di fatto, bensi riguarda la loro preistoria e la storia successiva. Le linee guida della considerazione filosofica sono indicate nella dialettica che è intrinseca all'origine. Da essa risulta come in ogni processo essenziale l'unicità e laripetizione si condizionino l'un l'altra. Sicché la categoria dell'origine non è, cotpe ritiene Cohen14
, una categoria puramente logica, bensi storica. E noto l'hegeliano «tanto peggio per i fatti». In fondo esso vuol dire: è compito del filosofo la comprensione dei nes-
"CROCE, Breviario di estetica cit., p. 57· •• HERMANN COHEN, Logik der reinen Erkenntnis, Berlin 1914, pp. 35 sgg.
Premessa gnoseologica 2I
si essenziali, e i nessi essenziali rimangono quelli che sono anche se nel mondo dei fatti essi non si manifestano nella loro purezza. Questo atteggiamento schiettamente idealistico ottiene a caro prezzo la propria sicurezza sacrificando il nucleo centrale dell'idea di origine. Perché ogni prova relativa all'origine deve essere in grado di provare l'autenticità di ciò che dimostra. Se non può accreditarsi come autentica, vuoi dire che si fregia ingiustamente del proprio titolo. Questa riflessione sembra eliminare, per gli oggetti supremi della filosofia, la distinzione fra quaestio juris e quaestio facti. Ciò è inconfutabile e inevitabile. La conseguenza tuttavia non è che il vecchio «fatto» diventa di colpo un momento costitutivo dell'essenza. Il compito dello studioso comincia anzi proprio qui, nell'accettare il fatto come genuino solo ove la sua struttura piu intima appaia cosi essenziale da farne un fatto originario. L'autentico- il marchio d'origine nei fenomeni- è oggetto di scoperta, di una scoperta che, in modo singolare, coincide con l'atto del riconoscere. Nei fenomeni piu singolari e intricati, nelle prove piu incerte e piu ingenue come nelle forme piu mature di una civiltà al tramonto la scoperta è in grado di portare alla luce l' autentico. Non è per costruire un'unità, e tanto meno per estrarne un elemento comune, che l'idea riassume la serie delle forme storiche. Il rapporto fra il singolo e l'idea non ha nulla a che fare col rapporto fra il singolo e il concetto: nel secondo caso esso cade sotto il concetto e rimane quello che era- singolarità; nel primo esso sta nell'idea e diventa ciò che non era - totalità. E questa è la sua «salvazione» platonica.
La storia filosofica in quanto scienza dell'origine è la forma che, dagli estremi piu remoti, dagli apparenti eccessi dello sviluppo, fa emergere la configurazione dell'idea in quanto totalità contrassegnata da una possibile coesistenza di quegli opposti. La rappresentazione di un'idea non può in nessun caso considerarsi riuscita finché non si è passato virtualmente in rassegna il cerchio degli estremi in essa possibili. La rassegna rimane virtuale. Poiché ciò che si raccoglie nell'idea dell'origine ha una storia solo come contenuto, e non come un accadere che lo riguarderebbe~ Esso conosce la storia solo dall'interno, e non piu nel senso di un divenire senza fine, ma in un senso riferito all'essenziale, che permette di connotarla come la preistoria e la storia futura di quell'essere particolare. La preistoria e la storia di questi esseri è, a conferma della loro salvazione o del loro raccogliersi nell'ordito del mondo del-
20 Il dramma barocco tedesco
te con un recupero sempre piu ampio, sempre piu fervido, dei fenomeni, i quali non correranno mai il rischio di rimanere oggetti di un confuso stupore finché la loro rappresentazione sarà insieme quella delle idee, e solo in esse sarà salva la loro propria singolarità. Naturalmente, il radicalismo che priverebbe la terminologia estetica di alcune tra le sue formule migliori, e che costringerebbe la filosofia dell'arte al silenzio, non è nemmeno per Croce l'ultima parola. Egli dice anzi: « ... negando valore teorico alle astratte classificazioni, non si è inteso negarlo a quella genetica e concreta classificazione, che non è poi "classificazione" e che si chiama la storia» n. Con quest'oscura proposizione l'autore sfiora, benché purtroppo con eccessiva frett!l, il nucleo della dottrina delle idee. Uno psicologismo, che dissolve la sua definizione dell' arte come «espressione» in quella dell'arte come «intuizione», gli impedisce di afferrarlo. Gli rimane oscuro come quella considerazione che egli definisce «classificazione genetica» possa convergere con una dottrina dei generi come idee proprio sul problema dell'origine. L'origine, pur essendo una categoria pienamente storica, non ha nulla in comune con la genesi [Entstehung]. Per «origine» non si intende il divenire di ciò che scaturisce, bensi al contrario ciò che scaturisce dal divenire e dal trapassare. L'origine sta nel flusso del divenire come un vortice, e trascina dentro il suo ritmo il materiale della propria nascita. Nella nuda e palese compagine del fattuale, l'originario non si dà mai a conoscere, e il suo ritmo si dischiude soltanto a una duplice visione. Essa vuol essere intesa come restaurazione, come ripristino da un lato, e dall'altro, e proprio per questo, come qualcosa di imperfetto e di inconcluso. In ogni fenomeno originario si determina la forma sotto la quale un'idea continua a confrontarsi col mondo storico, finché essa non sta li, compiuta, nella totalità della sua storia. L'origine dunque non emerge dai dati di fatto, bensi riguarda la loro preistoria e la storia successiva. Le linee guida della considerazione filosofica sono indicate nella dialettica che è intrinseca all'origine. Da essa risulta come in ogni processo essenziale l'unicità e laripetizione si condizionino l'un l'altra. Sicché la categoria dell'origine non è, cotpe ritiene Cohen14
, una categoria puramente logica, bensi storica. E noto l'hegeliano «tanto peggio per i fatti». In fondo esso vuol dire: è compito del filosofo la comprensione dei nes-
"CROCE, Breviario di estetica cit., p. 57· •• HERMANN COHEN, Logik der reinen Erkenntnis, Berlin 1914, pp. 35 sgg.
Premessa gnoseologica 2I
si essenziali, e i nessi essenziali rimangono quelli che sono anche se nel mondo dei fatti essi non si manifestano nella loro purezza. Questo atteggiamento schiettamente idealistico ottiene a caro prezzo la propria sicurezza sacrificando il nucleo centrale dell'idea di origine. Perché ogni prova relativa all'origine deve essere in grado di provare l'autenticità di ciò che dimostra. Se non può accreditarsi come autentica, vuoi dire che si fregia ingiustamente del proprio titolo. Questa riflessione sembra eliminare, per gli oggetti supremi della filosofia, la distinzione fra quaestio juris e quaestio facti. Ciò è inconfutabile e inevitabile. La conseguenza tuttavia non è che il vecchio «fatto» diventa di colpo un momento costitutivo dell'essenza. Il compito dello studioso comincia anzi proprio qui, nell'accettare il fatto come genuino solo ove la sua struttura piu intima appaia cosi essenziale da farne un fatto originario. L'autentico- il marchio d'origine nei fenomeni- è oggetto di scoperta, di una scoperta che, in modo singolare, coincide con l'atto del riconoscere. Nei fenomeni piu singolari e intricati, nelle prove piu incerte e piu ingenue come nelle forme piu mature di una civiltà al tramonto la scoperta è in grado di portare alla luce l' autentico. Non è per costruire un'unità, e tanto meno per estrarne un elemento comune, che l'idea riassume la serie delle forme storiche. Il rapporto fra il singolo e l'idea non ha nulla a che fare col rapporto fra il singolo e il concetto: nel secondo caso esso cade sotto il concetto e rimane quello che era- singolarità; nel primo esso sta nell'idea e diventa ciò che non era - totalità. E questa è la sua «salvazione» platonica.
La storia filosofica in quanto scienza dell'origine è la forma che, dagli estremi piu remoti, dagli apparenti eccessi dello sviluppo, fa emergere la configurazione dell'idea in quanto totalità contrassegnata da una possibile coesistenza di quegli opposti. La rappresentazione di un'idea non può in nessun caso considerarsi riuscita finché non si è passato virtualmente in rassegna il cerchio degli estremi in essa possibili. La rassegna rimane virtuale. Poiché ciò che si raccoglie nell'idea dell'origine ha una storia solo come contenuto, e non come un accadere che lo riguarderebbe~ Esso conosce la storia solo dall'interno, e non piu nel senso di un divenire senza fine, ma in un senso riferito all'essenziale, che permette di connotarla come la preistoria e la storia futura di quell'essere particolare. La preistoria e la storia di questi esseri è, a conferma della loro salvazione o del loro raccogliersi nell'ordito del mondo del-
22 Il dramma barocco tedesco
le idee, non una storia pura bensf una storia naturale. La vita delle opere e delle forme, che sotto questa protezione si svolge chiara e non disturbata dall'elemento umano, è una vita naturale
15• Se
l'essere salvato si stabilisce nell'idea, il darsi fenomenico della sua preistoria e della sua storia futura - intese in senso inautentico, ovvero storico-naturale -è virtuale. Essa non è piu pragmaticamente reale ma può essere letta come storia naturale nello stato perfetto e pervenuto alla quiete, nell'essenzialità. Si riconferma cosf nel vecchio senso la tendenza di ogni concettualità filosofica: la tendenza a cogliere il divenire dei fenomeni nel loro essere. Perché l' «essere» della scienza filosofica non si soddisfa nel fenomeno, ma vuole consumarne la storia. L'approfondimento della prospettiva storica in simili ricerche non conosce per principio confini, né rispetto al passato né rispetto al futuro. Esso attribuisce il totale all'idea. La cui struttura, quale è plasmata dalla totalità in contrasto col suo insanabile isolamento, è monadologica. L'idea è mortade. L'essere, che qui ne entra a far parte con la sua preistoria e la sua storia a venire, mostra, nascosta nella propria, la figura abbreviata e scorciata del rimanente mondo delle idee, cosf come, nelle monadi del Discorso di metafisica del r686, in ciascuna sono presenti confusamente tutte le altre. L'idea è monade: la rappresentazione dei fenomeni riposa in essa, prestabilita, come nella loro oggettiva interpretazione. Quanto piu elevato è il rango dell'idea, tanto piu perfetta è la rappresentazione che in essa si pone. E cosf il mondo reale potrebbe essere un compito in questo senso: si tratterebbe di penetrare cosi profondamente in tutto ciò che è reale da far sf che si dischiudesse una interpretazione oggettiva del mondo. Dal punto di vista di un simile approfondimento non è enigmatico che il pensatore della monadologia sia stato anche il fondatore del calcolo infinitesimale. Dire che l'idea è monade significa in breve: ogni idea contiene l'immagine del mondo. Alla sua rappresentazione spetta il compito, niente meno, di disegnare in scorcio questa immagine del mondo.
La storia degli studi sul barocco letterario tedesco conferisce all'analisi di una delle sue forme principali - un'analisi che non mi· ri a stabilire regole e tendenze, ma che abbia per oggetto la metafisica piena e concreta di quella forma - un aspetto paradossale.
"W ALTER BENJAMIN, Die Aufgabe des Obersetzers; trad. it. Il compito del traduttore, in Angelus Novus, a cura di R. Salmi, Torino 1962, pp. 37 sgg.
Premessa gnoseologica 23
Tra i molteplici impedimenti che ostacolano la comprensione della poesia di quell'epoca è infatti innegabile che uno dei piu rilevanti stia nella forma, senza dubbio significativa ma impacciata, propria in particolare del suo dramma. Proprio la forma drammatica fa appello, piu decisamente di ogni altra, a una risonanza storica. Questa risonanza è stata negata al dramma barocco. Il rinnovamento del patrimonio letterario della Germania, che comin\iò col Romanticismo, non ha a tutt'oggi sfiorato la poesia barocca. E stato soprattutto il teatro shakespeariano, con la sua ricchezza e la sua libertà, ad eclissare di fronte agli scrittori romantici gli esempi tedeschi coevi, tanto piu che la loro indole seriosa era estranea alle scene. Da parte sua, la nascente filologia germanica nutriva sospetto per gli esperimenti, senz'altro poco «popolari», di un ceto di funzionari colti. E in effetti, per quanto grandi siano stati i loro meriti verso la lingua e verso il popolo, per quanto consapevole il loro contributo alla formazione di una letteratura nazionale, la massima assolutistica «tutto per il popolo, nulla attraverso il popolo» lasciò nei loro lavori un marchio troppo esplicito per farsi apprezzare dai filologi della scuola di Grimm e di Lachmann. Quello spirito che, nel cantiere del dramma tedesco, impedf loro di attingere ai materiali della tradizione popolare, ha del resto non poca parte nella torturante violenza del loro stile. Né la saga né la storia tedesca hanno infatti una qualche parte nel dramma barocco. Ma anche l'ampliarsi, e l'appiattirsi storicizzante, degli studi germanistici nell'ultimo terzo del secolo, non favorilo studio del dramma barocco. La forma, astrusa, rimase inaccessibile a una scienza per la quale la critica stilistica e l'analisi formale erano discipline ausiliarie di infimo rango, e le oscure fisionomie di quegli autori, occhieggianti da opere non comprese, poco invitavano a tracciare schizzi storico-biografici. Ad ogni modo, non si può certo parlare, in questi drammi, di una libera o addirittura giocosa espansione dell'ingegno poetico. Piuttosto, i drammaturghi dell'epoca si sentivano fortemente legati al compito di elaborare una forma per il dramma profano. E per quanto si siano impegnati in questo senso, non di rado in forme assai schematiche da Gryphius a Hallmann, il dramma tedesco della Controriforma non trovò quella forma duttile, quel virtuosismo che Calder6n conferf al dramma spagnolo. Il dramma tedesco si formò- e proprio perché nasceva necessariamente dal suo tempo - attraverso uno sforzo violento, e già questo fatto basterebbe a dimostrare che nessun genio sovrano ha lasciato la sua impronta su questa forma. Eppu-
22 Il dramma barocco tedesco
le idee, non una storia pura bensf una storia naturale. La vita delle opere e delle forme, che sotto questa protezione si svolge chiara e non disturbata dall'elemento umano, è una vita naturale
15• Se
l'essere salvato si stabilisce nell'idea, il darsi fenomenico della sua preistoria e della sua storia futura - intese in senso inautentico, ovvero storico-naturale -è virtuale. Essa non è piu pragmaticamente reale ma può essere letta come storia naturale nello stato perfetto e pervenuto alla quiete, nell'essenzialità. Si riconferma cosf nel vecchio senso la tendenza di ogni concettualità filosofica: la tendenza a cogliere il divenire dei fenomeni nel loro essere. Perché l' «essere» della scienza filosofica non si soddisfa nel fenomeno, ma vuole consumarne la storia. L'approfondimento della prospettiva storica in simili ricerche non conosce per principio confini, né rispetto al passato né rispetto al futuro. Esso attribuisce il totale all'idea. La cui struttura, quale è plasmata dalla totalità in contrasto col suo insanabile isolamento, è monadologica. L'idea è mortade. L'essere, che qui ne entra a far parte con la sua preistoria e la sua storia a venire, mostra, nascosta nella propria, la figura abbreviata e scorciata del rimanente mondo delle idee, cosf come, nelle monadi del Discorso di metafisica del r686, in ciascuna sono presenti confusamente tutte le altre. L'idea è monade: la rappresentazione dei fenomeni riposa in essa, prestabilita, come nella loro oggettiva interpretazione. Quanto piu elevato è il rango dell'idea, tanto piu perfetta è la rappresentazione che in essa si pone. E cosf il mondo reale potrebbe essere un compito in questo senso: si tratterebbe di penetrare cosi profondamente in tutto ciò che è reale da far sf che si dischiudesse una interpretazione oggettiva del mondo. Dal punto di vista di un simile approfondimento non è enigmatico che il pensatore della monadologia sia stato anche il fondatore del calcolo infinitesimale. Dire che l'idea è monade significa in breve: ogni idea contiene l'immagine del mondo. Alla sua rappresentazione spetta il compito, niente meno, di disegnare in scorcio questa immagine del mondo.
La storia degli studi sul barocco letterario tedesco conferisce all'analisi di una delle sue forme principali - un'analisi che non mi· ri a stabilire regole e tendenze, ma che abbia per oggetto la metafisica piena e concreta di quella forma - un aspetto paradossale.
"W ALTER BENJAMIN, Die Aufgabe des Obersetzers; trad. it. Il compito del traduttore, in Angelus Novus, a cura di R. Salmi, Torino 1962, pp. 37 sgg.
Premessa gnoseologica 23
Tra i molteplici impedimenti che ostacolano la comprensione della poesia di quell'epoca è infatti innegabile che uno dei piu rilevanti stia nella forma, senza dubbio significativa ma impacciata, propria in particolare del suo dramma. Proprio la forma drammatica fa appello, piu decisamente di ogni altra, a una risonanza storica. Questa risonanza è stata negata al dramma barocco. Il rinnovamento del patrimonio letterario della Germania, che comin\iò col Romanticismo, non ha a tutt'oggi sfiorato la poesia barocca. E stato soprattutto il teatro shakespeariano, con la sua ricchezza e la sua libertà, ad eclissare di fronte agli scrittori romantici gli esempi tedeschi coevi, tanto piu che la loro indole seriosa era estranea alle scene. Da parte sua, la nascente filologia germanica nutriva sospetto per gli esperimenti, senz'altro poco «popolari», di un ceto di funzionari colti. E in effetti, per quanto grandi siano stati i loro meriti verso la lingua e verso il popolo, per quanto consapevole il loro contributo alla formazione di una letteratura nazionale, la massima assolutistica «tutto per il popolo, nulla attraverso il popolo» lasciò nei loro lavori un marchio troppo esplicito per farsi apprezzare dai filologi della scuola di Grimm e di Lachmann. Quello spirito che, nel cantiere del dramma tedesco, impedf loro di attingere ai materiali della tradizione popolare, ha del resto non poca parte nella torturante violenza del loro stile. Né la saga né la storia tedesca hanno infatti una qualche parte nel dramma barocco. Ma anche l'ampliarsi, e l'appiattirsi storicizzante, degli studi germanistici nell'ultimo terzo del secolo, non favorilo studio del dramma barocco. La forma, astrusa, rimase inaccessibile a una scienza per la quale la critica stilistica e l'analisi formale erano discipline ausiliarie di infimo rango, e le oscure fisionomie di quegli autori, occhieggianti da opere non comprese, poco invitavano a tracciare schizzi storico-biografici. Ad ogni modo, non si può certo parlare, in questi drammi, di una libera o addirittura giocosa espansione dell'ingegno poetico. Piuttosto, i drammaturghi dell'epoca si sentivano fortemente legati al compito di elaborare una forma per il dramma profano. E per quanto si siano impegnati in questo senso, non di rado in forme assai schematiche da Gryphius a Hallmann, il dramma tedesco della Controriforma non trovò quella forma duttile, quel virtuosismo che Calder6n conferf al dramma spagnolo. Il dramma tedesco si formò- e proprio perché nasceva necessariamente dal suo tempo - attraverso uno sforzo violento, e già questo fatto basterebbe a dimostrare che nessun genio sovrano ha lasciato la sua impronta su questa forma. Eppu-
Il dramma barocco tedesco
re il baricentro di tutti i drammi· barocchi sta proprio in questa forma. Quel che il singolo scrittore riusciva a prendere da tale forma porta il suo marchio inconfondibile, e i suoi limiti personali non ne danneggiano la profondità. Questa scoperta è la condizione preliminare del nostro studio. E anche indispensabile, d'altronde un modo di procedere che sappia innalzarsi all'intuizione dell~ forma, tanto da cogliere in essa ben altro che un'astrazione a partire dal corpo della poesia. L'idea di una forma - se ci è lecito ripetere quel che è stato già detto - non è meno vivente di una qualsiasi composizione concreta. Se anzi confrontiamo la forma del dramma barocco con alcune singole prove del Barocco, la prima è decisamente piu ricca. E come ogni forma linguistica, anche la piu inconsueta, la piu peregrina, non può essere presa solo come un segno di chi l'ha plasmata, ma anche come documento della vita della lingua e delle sue possibilità, cosi ogni forma d'arte- e in modo assai piu autentico della singola opera d'arte -contiene l'indizio di una morfologia estetica oggettiva e necessaria. Questo modo di procedere doveva rimanere inaccessibile aila vecchia scuola, anche solo per il fatto che l'analisi formale e la storia delle forme non cadevano sotto la sua attenzione. Ma non per questa ragione soltanto. Molto ha contribuito un'insistenza assai acritica sulla teoria· del dramma barocco. Si tratta piuttosto della teoria di Aristotele adattata alle tendenze dell' epoca. Nella maggior parte dei casi questa assimilazione comportava un impoverimento. Ora, senza andare a cercare le ragioni profonde di questa devianza dal modello, si era subito pronti a parlare di incomprensioni e deformazioni, e di qui era facile concludere che i drammaturghi dell'epoca si erano limitati ad applicare, senza capirli, i venerandi precetti di Aristotele. Il dramma barocco tedesco appariva cosi come una caricatura dell'antica tragedia. In questo schema rientrava poi senza difficoltà quello che un gusto educato percepiva in quelle opere come estraneo o magari barbarico. La trama politico-militare di quei drammi riprendeva, deformandolo, l'antico dramma regale, la ridondanza deformava il nobile pathos greco, e il sanguinoso scioglimento finale quello della catastrofe tragica. Cosf il dramma barocco si present,ava come il goffo Rinascimento della tragedia. Si imponeva allora un ultimo giudizio, che doveva vanificare del tutto ogni tentativo di comprenderne la forma: i tratti salienti del dramma barocco, considerato come dramma rinascimentale, appaiono come altrettanti obbrobri stilistici. Questa inventariazione rimase a lungo immo-
Premessa gnoseologica
dificata a causa dell'autorità di cui godevano i compendi storicostilistici, e ad essa si deve se l'opera di Stachel, Seneca und das deutsche Renaissancedrama [Seneca e il dramma tedesco del Rinascimento], per quanto meritoria e fondamentale per la letteratura di quel periodo, resta ben lontana da unà comprensione essenziale del fenomeno, comprensione che non era peraltro il suo obiettivo primario. Nel suo lavoro sullo stile lirico del xvn secolo, Strich ha rilevato questo equivoco che da tempo paralizzava la ricerca. «Si usà definire Rinascimento lo stile poetico tedesco del xvn secolo. Ma se con questo termine s'intende qualcosa di piu che una pallida imitazione dell'antico apparato, esso è fuorviante e testimonia solo la mancanza di un orientamento storicostilistico nella scienza della letteratura, perché codesto secolo non aveva nulla dello spirito classico del Rinascimento. Lo stile della sua poesia è, piuttosto, barocco, e non solo pensando alla ridondanza e al sovraccarico, ma anche ai principi profondi della composizione>)16. Un altro errore che si è conservato con stupefacente tenacia nella storiografia relativa a questo periodo letterario è legato al pregiudizio della critica stilistica. Intendiamo alludere alla presunta irrappresentabilità di questa drammaturgia. Non è però la prima volta che la perplessità suscitata da una scena singolare induce a sospettare che quella scena non ci sia mai stata, che simili opere non abbiano mai avuto una vera vita teatrale, che il palcoscenico le abbia sempre respinte. Nell'interpretazione di Seneca, ad esempio, ritroviamo controversie che assomigliano alle nostre discussioni sul dramma barocco. Comunque sia, la leggenda secolare tramandata da A. W. Schlegel17 fino a K. Lampreche8 secondo cui il teatro barocco era destinato alla sola lettura, è stata ormai confutata. La concitazione degli eventi scenici, che stimola la .curiosità dello spettatore, testimonia al contrario una spiccata teatralità. Persino la teoria sottolinea occasionaimente gli effetti scenici. Nella poetica di Buchner, il motto oraziano Et prodesse volunt et delectare poetae si trasforma nel quesito: come possa il delectare riferirsi al dramma. E la risposta è: non
"STRICH, Der lyrische Stil des siebzehnten ]ahrhunderts cit., p. 21. "Cfr. AUGUST WILHELM scHLEGEL, Sammtliche Werke, a cura di E. Bocking, Leipzig
1846, vol. VI: Vorlesungen uberdramatische Kunst und Litteratur, parte II, p. 403. Vedi anche ID. Vorlesungen uber schOneLitteratur und Kunst, a cura diJ. Minor, Heilbronn z884, parte III (r8o3-804): Geschichte der romantischen Litteratur, p. 72.
"Cfr. KARL LAMPRECHT, Deutsche Geschichte, Berlin 1912, sezione 2, Neuere Zeit.Zeitalterdes individuellen See/enlebens, vol. III, parte I, p. 267.
Il dramma barocco tedesco
re il baricentro di tutti i drammi· barocchi sta proprio in questa forma. Quel che il singolo scrittore riusciva a prendere da tale forma porta il suo marchio inconfondibile, e i suoi limiti personali non ne danneggiano la profondità. Questa scoperta è la condizione preliminare del nostro studio. E anche indispensabile, d'altronde un modo di procedere che sappia innalzarsi all'intuizione dell~ forma, tanto da cogliere in essa ben altro che un'astrazione a partire dal corpo della poesia. L'idea di una forma - se ci è lecito ripetere quel che è stato già detto - non è meno vivente di una qualsiasi composizione concreta. Se anzi confrontiamo la forma del dramma barocco con alcune singole prove del Barocco, la prima è decisamente piu ricca. E come ogni forma linguistica, anche la piu inconsueta, la piu peregrina, non può essere presa solo come un segno di chi l'ha plasmata, ma anche come documento della vita della lingua e delle sue possibilità, cosi ogni forma d'arte- e in modo assai piu autentico della singola opera d'arte -contiene l'indizio di una morfologia estetica oggettiva e necessaria. Questo modo di procedere doveva rimanere inaccessibile aila vecchia scuola, anche solo per il fatto che l'analisi formale e la storia delle forme non cadevano sotto la sua attenzione. Ma non per questa ragione soltanto. Molto ha contribuito un'insistenza assai acritica sulla teoria· del dramma barocco. Si tratta piuttosto della teoria di Aristotele adattata alle tendenze dell' epoca. Nella maggior parte dei casi questa assimilazione comportava un impoverimento. Ora, senza andare a cercare le ragioni profonde di questa devianza dal modello, si era subito pronti a parlare di incomprensioni e deformazioni, e di qui era facile concludere che i drammaturghi dell'epoca si erano limitati ad applicare, senza capirli, i venerandi precetti di Aristotele. Il dramma barocco tedesco appariva cosi come una caricatura dell'antica tragedia. In questo schema rientrava poi senza difficoltà quello che un gusto educato percepiva in quelle opere come estraneo o magari barbarico. La trama politico-militare di quei drammi riprendeva, deformandolo, l'antico dramma regale, la ridondanza deformava il nobile pathos greco, e il sanguinoso scioglimento finale quello della catastrofe tragica. Cosf il dramma barocco si present,ava come il goffo Rinascimento della tragedia. Si imponeva allora un ultimo giudizio, che doveva vanificare del tutto ogni tentativo di comprenderne la forma: i tratti salienti del dramma barocco, considerato come dramma rinascimentale, appaiono come altrettanti obbrobri stilistici. Questa inventariazione rimase a lungo immo-
Premessa gnoseologica
dificata a causa dell'autorità di cui godevano i compendi storicostilistici, e ad essa si deve se l'opera di Stachel, Seneca und das deutsche Renaissancedrama [Seneca e il dramma tedesco del Rinascimento], per quanto meritoria e fondamentale per la letteratura di quel periodo, resta ben lontana da unà comprensione essenziale del fenomeno, comprensione che non era peraltro il suo obiettivo primario. Nel suo lavoro sullo stile lirico del xvn secolo, Strich ha rilevato questo equivoco che da tempo paralizzava la ricerca. «Si usà definire Rinascimento lo stile poetico tedesco del xvn secolo. Ma se con questo termine s'intende qualcosa di piu che una pallida imitazione dell'antico apparato, esso è fuorviante e testimonia solo la mancanza di un orientamento storicostilistico nella scienza della letteratura, perché codesto secolo non aveva nulla dello spirito classico del Rinascimento. Lo stile della sua poesia è, piuttosto, barocco, e non solo pensando alla ridondanza e al sovraccarico, ma anche ai principi profondi della composizione>)16. Un altro errore che si è conservato con stupefacente tenacia nella storiografia relativa a questo periodo letterario è legato al pregiudizio della critica stilistica. Intendiamo alludere alla presunta irrappresentabilità di questa drammaturgia. Non è però la prima volta che la perplessità suscitata da una scena singolare induce a sospettare che quella scena non ci sia mai stata, che simili opere non abbiano mai avuto una vera vita teatrale, che il palcoscenico le abbia sempre respinte. Nell'interpretazione di Seneca, ad esempio, ritroviamo controversie che assomigliano alle nostre discussioni sul dramma barocco. Comunque sia, la leggenda secolare tramandata da A. W. Schlegel17 fino a K. Lampreche8 secondo cui il teatro barocco era destinato alla sola lettura, è stata ormai confutata. La concitazione degli eventi scenici, che stimola la .curiosità dello spettatore, testimonia al contrario una spiccata teatralità. Persino la teoria sottolinea occasionaimente gli effetti scenici. Nella poetica di Buchner, il motto oraziano Et prodesse volunt et delectare poetae si trasforma nel quesito: come possa il delectare riferirsi al dramma. E la risposta è: non
"STRICH, Der lyrische Stil des siebzehnten ]ahrhunderts cit., p. 21. "Cfr. AUGUST WILHELM scHLEGEL, Sammtliche Werke, a cura di E. Bocking, Leipzig
1846, vol. VI: Vorlesungen uberdramatische Kunst und Litteratur, parte II, p. 403. Vedi anche ID. Vorlesungen uber schOneLitteratur und Kunst, a cura diJ. Minor, Heilbronn z884, parte III (r8o3-804): Geschichte der romantischen Litteratur, p. 72.
"Cfr. KARL LAMPRECHT, Deutsche Geschichte, Berlin 1912, sezione 2, Neuere Zeit.Zeitalterdes individuellen See/enlebens, vol. III, parte I, p. 267.
Il dramma barocco tedesco
in virru del suo contenuto, ma certo grazie alla sua rappresenta-• • !9 '
z10ne m teatro .
Ostacolati da tanti impacci, gli studi sul Barocco hanno tentato bensf una valutazione piu oggettiva, che volente o nolente doveva restare perlopiu ~stranea ali~ cosa stessa, e accres~ere l~ con: fusione: quella confusiOne con cw deve tornare a fare 1 cont~ ogru riflessione sullo stato effettivo delle cose. Che qualcuno abbta potuto partire dagli effetti psicologici del dramma barocco per dimostrarne la convergenza col «timore» e la «compassione» teorizzati da Aristotele, e concluderne che dunque il dramma barocco è vera tragedia - quasi che Aristotele avesse mai affermato che solo la tragedia può suscitare timore e compassione - tutto questo dov:r:ebbe sembrare impossibile. Molto banalmente osserva un autore del passato: « Lohenstein fini per sprofondarsi a tal punto nel passato da dimenticare il proprio mondo, e a tal punto che sarebbe stato piu comprensibile - per linguaggio, pensiero e sentimento- a un pubblico antico che non a quello del suo tempo»
20• An
ziché perder tempo a confutare simili stravaganze, converrà rilevare che una forma d'arte non può essere definita a partire dai suoi effetti psicologici. «Che l'opera d'arte sia compiuta in se st~ssa, ecco il requisito supremo! E Aristotele, che aveva la perfeziOne davanti agli occhi, si sarebbe preoccupato dell'effetto! quale sciagura! »21
• Cosi Goethe. Ora, che Aristotele debba essere affrancato o meno da quel sospetto che Goethe respinge con sdegno da lui, la necessità di separare gli effetti psicologici dal dibattito sul dramma resta comunque un caposaldo del suo metodo. In questo senso Wilamowitz-Moellendorff dichiara: «Occorrerebbe comprendere che la xci{ta.QcrLç non è un requisito specifico del dramma, e se anche volessimo considerare gli affetti suscitati dal dramma come una sua specificità, la coppia infelice di "timore" e "compassione" resterebbe senz'altro inadeguata»
22• Ancora piu infelice e mol
to piu frequente del tentativo di salvare il dramma barocco con l' aiu-
" Cfr. HANS HEINRICH BORCHERDT, Augustus Buchner und seine Bedeutung fur di e deutsche Literaturdes sieb:r.ehnten Jahrhunderts, Miinchen 1919, p. 58.
20 CONRAD MULLER, Beitriige zum Leben und Dichten Daniel Caspers von Lohenstein, Breslau r882, pp. 72 sgg.
11 JOHANN woLFGANG GOETHE, Werke, sezione 4, Brie/e, vol. XLII, gennaio-aprile x 827, Weimar 1907, p. 104.
22 ULRICH voN WILAMOWITZ-MOELLENDORFF, Einleitung indie griechische Tragodie, Berlin 1907, p. 109.
Premessa gnoseologica
todi Aristotele è quel tipo di «rivalutazione» che pretende di dimostrare con aperçus a buon mercato la «necessità» di questa forma drammatica, una necessità di cui poi non è chiaro se sia un valore positivo o non sia invece il punto debole di ogni valutazione critica. In ambito storico, la questione relativa alla necessità dei suoi fenomeni è evidentemente e in ogni caso una questione a priori. Il termine «necessità», con cui si è voluto spesso abbellire il dramma barocco, è un ornamento falso e non privo di ambiguità. Esso allude non solo alla necessità storica, in futile contrasto col mero caso, ma anche alla necessità soggettiva di una bona fides contrapposta al virtuosismo. E tuttavia, che l'opera scaturisca «necessariamente» da una disposizione soggettiva dell'autore, non significa evidentemente ancora nulla. Non diverso è il caso di quella «necessità» che comprende le opere, le forme, in quanto gradi preliminari dello sviluppo seguente, in un nesso problematico. «Per quanto il suo concetto di natura e la sua concezione estetica possano essere andate per sempre in rovina, quel che resta vivo - intramontabile, inattaccabile, irrinunciabile - sono innanzitutto le scoperte contenutistiche e piu ancora le invenzioni tecniche del XVII secolo»
23• Cosf, anche gli studi piu recenti salvano la poesia di
quest'epoca in quanto mero mezzo. Quella «necessità» si muove in una sfera equivoca24
, e trae la sua verosimiglianza da quello che è l'unico concetto esteticamente rilevante di necessità. E quello a cui pensa Novalis là dove parla del carattere a priori delle opere d'arte come di una necessità esistenziale che esse porterebbero con sé. Che questa necessità possa rivelarsi solo a un'analisi capace di coglierne il contenuto metafisica, è palese. Una «rivalutazione» moderata non arriva a tanto. E di questa impostazione rimane in fondo prigioniero anche il recente saggio di Cysarz. Se i suoi saggi precedenti traevano i loro motivi ispiratori da sfere teoriche affatto diverse, qui si nota con sorpresa che le idee piu preziose, le osservazioni piu pertinenti, sono private dei loro frutti migliori per via del sistema poetico del Classicismo, al quale consapevolmente si richiamano. L'ultima parola non spetta qui tanto alla preoccupazione classica di «salvare» le opere, quanto a quella, non normativa, di giustificarle. Nei lavori meno recenti viene chiama-
"HERBERT CYSARZ, Deutsche Barockdichtung. Renaissance, Barock, Rokoko, Leipzig 1924, p. 299·
"Cfr. JUUUS PETERSEN, Der Aufbau der Literaturgeschichte, in «Germanisch-romanische Monatsschrift», VI (I9I4), pp. r-x6, 129-52; in paiticolaie pp. 149 e 151.
Il dramma barocco tedesco
in virru del suo contenuto, ma certo grazie alla sua rappresenta-• • !9 '
z10ne m teatro .
Ostacolati da tanti impacci, gli studi sul Barocco hanno tentato bensf una valutazione piu oggettiva, che volente o nolente doveva restare perlopiu ~stranea ali~ cosa stessa, e accres~ere l~ con: fusione: quella confusiOne con cw deve tornare a fare 1 cont~ ogru riflessione sullo stato effettivo delle cose. Che qualcuno abbta potuto partire dagli effetti psicologici del dramma barocco per dimostrarne la convergenza col «timore» e la «compassione» teorizzati da Aristotele, e concluderne che dunque il dramma barocco è vera tragedia - quasi che Aristotele avesse mai affermato che solo la tragedia può suscitare timore e compassione - tutto questo dov:r:ebbe sembrare impossibile. Molto banalmente osserva un autore del passato: « Lohenstein fini per sprofondarsi a tal punto nel passato da dimenticare il proprio mondo, e a tal punto che sarebbe stato piu comprensibile - per linguaggio, pensiero e sentimento- a un pubblico antico che non a quello del suo tempo»
20• An
ziché perder tempo a confutare simili stravaganze, converrà rilevare che una forma d'arte non può essere definita a partire dai suoi effetti psicologici. «Che l'opera d'arte sia compiuta in se st~ssa, ecco il requisito supremo! E Aristotele, che aveva la perfeziOne davanti agli occhi, si sarebbe preoccupato dell'effetto! quale sciagura! »21
• Cosi Goethe. Ora, che Aristotele debba essere affrancato o meno da quel sospetto che Goethe respinge con sdegno da lui, la necessità di separare gli effetti psicologici dal dibattito sul dramma resta comunque un caposaldo del suo metodo. In questo senso Wilamowitz-Moellendorff dichiara: «Occorrerebbe comprendere che la xci{ta.QcrLç non è un requisito specifico del dramma, e se anche volessimo considerare gli affetti suscitati dal dramma come una sua specificità, la coppia infelice di "timore" e "compassione" resterebbe senz'altro inadeguata»
22• Ancora piu infelice e mol
to piu frequente del tentativo di salvare il dramma barocco con l' aiu-
" Cfr. HANS HEINRICH BORCHERDT, Augustus Buchner und seine Bedeutung fur di e deutsche Literaturdes sieb:r.ehnten Jahrhunderts, Miinchen 1919, p. 58.
20 CONRAD MULLER, Beitriige zum Leben und Dichten Daniel Caspers von Lohenstein, Breslau r882, pp. 72 sgg.
11 JOHANN woLFGANG GOETHE, Werke, sezione 4, Brie/e, vol. XLII, gennaio-aprile x 827, Weimar 1907, p. 104.
22 ULRICH voN WILAMOWITZ-MOELLENDORFF, Einleitung indie griechische Tragodie, Berlin 1907, p. 109.
Premessa gnoseologica
todi Aristotele è quel tipo di «rivalutazione» che pretende di dimostrare con aperçus a buon mercato la «necessità» di questa forma drammatica, una necessità di cui poi non è chiaro se sia un valore positivo o non sia invece il punto debole di ogni valutazione critica. In ambito storico, la questione relativa alla necessità dei suoi fenomeni è evidentemente e in ogni caso una questione a priori. Il termine «necessità», con cui si è voluto spesso abbellire il dramma barocco, è un ornamento falso e non privo di ambiguità. Esso allude non solo alla necessità storica, in futile contrasto col mero caso, ma anche alla necessità soggettiva di una bona fides contrapposta al virtuosismo. E tuttavia, che l'opera scaturisca «necessariamente» da una disposizione soggettiva dell'autore, non significa evidentemente ancora nulla. Non diverso è il caso di quella «necessità» che comprende le opere, le forme, in quanto gradi preliminari dello sviluppo seguente, in un nesso problematico. «Per quanto il suo concetto di natura e la sua concezione estetica possano essere andate per sempre in rovina, quel che resta vivo - intramontabile, inattaccabile, irrinunciabile - sono innanzitutto le scoperte contenutistiche e piu ancora le invenzioni tecniche del XVII secolo»
23• Cosf, anche gli studi piu recenti salvano la poesia di
quest'epoca in quanto mero mezzo. Quella «necessità» si muove in una sfera equivoca24
, e trae la sua verosimiglianza da quello che è l'unico concetto esteticamente rilevante di necessità. E quello a cui pensa Novalis là dove parla del carattere a priori delle opere d'arte come di una necessità esistenziale che esse porterebbero con sé. Che questa necessità possa rivelarsi solo a un'analisi capace di coglierne il contenuto metafisica, è palese. Una «rivalutazione» moderata non arriva a tanto. E di questa impostazione rimane in fondo prigioniero anche il recente saggio di Cysarz. Se i suoi saggi precedenti traevano i loro motivi ispiratori da sfere teoriche affatto diverse, qui si nota con sorpresa che le idee piu preziose, le osservazioni piu pertinenti, sono private dei loro frutti migliori per via del sistema poetico del Classicismo, al quale consapevolmente si richiamano. L'ultima parola non spetta qui tanto alla preoccupazione classica di «salvare» le opere, quanto a quella, non normativa, di giustificarle. Nei lavori meno recenti viene chiama-
"HERBERT CYSARZ, Deutsche Barockdichtung. Renaissance, Barock, Rokoko, Leipzig 1924, p. 299·
"Cfr. JUUUS PETERSEN, Der Aufbau der Literaturgeschichte, in «Germanisch-romanische Monatsschrift», VI (I9I4), pp. r-x6, 129-52; in paiticolaie pp. 149 e 151.
28 Il dramma barocco tedesco
t a in causa, a questo punto, la Guerra dei Trent'anni. È lei l'unica responsabile degli sbandamenti formali che venivano rimproverati al dramma barocco. «Ce sont, a-t-on dit bien cles fois, cles pièces écrites par cles bourreaux et pour cles bourreaux. Mais c'est ce qu'il fallait aux gens de ce temps là. Vivant dans une atmosphère de guerres, de luttes sanglantes, ils trouvaient ces scènes naturelles; c'était le tableau de leurs mreurs qu'on leur offrait. Aussi goutèrent-ils nai"vement, brutalement le plaisir qui leur était offert»25.
In questo modo, gli studi di fine secolo si erano irrimediabilmente allontanati da un'esplorazione critica della forma del dramma barocco. Il sincretismo- storico-culturale, storico-letterario e biografico - con cui tali studi si sforzavano di sostituire una riflessione propriamente estetica, trova nei lavori piu recenti un pendant piu robusto. Come un malato sconvolto dalla febbre rielabora tutte le parole che riesce a percepire nelle immagini ossessive del delirio, cosi lo spirito del tempo raccoglie le testimonianze dei mondi passati e lontani per trascinarle a sé e racchiuderle senza amore nel suo ruminante fantasticare. Non c'è stile, non c'è tradizione popolare cosi nuova ed esotica che non possa parlare con immediatezza al sentimento contemporaneo. A questa fatale e patologica suggestionabilità, in virtU della quale lo storico cerca di scivolare, per «sostituzione»
26, al posto dell'artista (come se que
st'ultimo, per aver creato l'opera, ne fosse anche l'interprete), è stato dato il nome di «empatia», dove la mera curiosità si azzarda a farsi avanti indossando i panni del metodo. In questa campagna di conquista, il basso profilo della generazione presente ha finito in genere per soccombere alla straripante vitalità con cui il barocco le veniva incontro. Solo in pochissimi casi si è giunti a una comprensione autentica del fenomeno27, una comprensione capace di aprire nuovi nessi non fra il critico moderno e il suo oggetto ma all'interno della cosa stessa. Lo si deve, in quei pochi casi, al rivolgimento profondo introdotto dall'apparire dell'espressionismo, sia pure non immune dagli influssi della poetica della scuola gheor-
"LOUIS G. WYSOCKI, Andreas Gryphius et la tragédie allemande au xvif siècle, dissertazione, Paris 1892, p. 14. Per la prima frase della citazione si rimanda a CHARLES JORET, Herder et la renaissance littéraire en Allemagne, Paris 1875, p. 82.
26 PETERSEN, Der Aufbau der Literaturgeschichte cìt., p. x 3 . Z1 Cfr. CHRISTIAN HOFMANN VON HOFMANNSWALDAU, Auser/esene Gedichte, a cura e con
un'introduzione di F. P. Greve, Leipzig 1907, p. 8.
Premessa gnoseologica 29
ghiana28
• Ma i vecchi pregiudizi sono ormai alla fine. Le analogie sorprendenti con lo stato attuale della letteratura tedesca hanno dato luogo a un sempre maggiore approfondimento, benché perlopiu di natura sentimentale, dell'età barocca. Già nel 1904 uno storico della letteratura barocca dichiarava: «Ho ... l'impressione che in nessun periodo, da due secoli in qua, il sentimento artistico sia· stato tanto vicino alla letteratura barocca del xvn secolo, tutta intenta alla ricerca di un suo stile, quanto il sentimento artistico dei nostri giorni. Interiormente vuoti o sconvolti nel piu profondo, esteriormente assorbiti da problemi tecnici e formali che sulle prime sembravano concernere ben poco le questioni esistenziali dell'epoca- 'tali erano quasi tutti i poeti barocchi, e simili sono, per quel tanto che se ne può vedere, perlomeno i poeti del nostro tem;><!, quelli che danno l'impronta alla sua produzione letteraria>/ . Nel frattempo il significato di queste frasi, timide e appena abbozzàte, ha finito per assumere un rilievo assai piu ampio. Nel 1915, esordio del dramma espressionista, comparvero le Troiane di Werfel. Non a caso lo stesso soggetto si ritrova in Opitz proprio all'inizio del dramma barocco. In entrambe le opere il poeta cerca il linguaggio e l'enfasi del lamento. E a questo scopo accorrevano, in entrambi i casi, non ampi e artificiosi sviluppi, bensi un'arte metrica esercitata sul recitativo drammatico. Tanto piu che sul piano linguistico le analogie tra gli sforzi di allora e quelli del nostro passato prossimo o dell'oggi sono palesi. Una certa forzatura è peculiare ad entrambi. I prodotti di queste epoche letterarie non crescono tanto da un terreno comunitario: essi cercano piuttosto di mascherare la caduta del livello letterario con la violenza manieristica del gesto. Perché, come l'espressionismo, il barocco non è tanto un'epoca d'arte in senso proprio, quanto un'epoca dalla volontà artistica [Kunstwollen] ostinata. E cosi è sempre nelle cosiddette epoche di «decadenza». Se il culmine dell'arte è l'opera isolata, conclusa, ci sono epoche in cui l'opera finita è prerogativa degli epigoni. Sono le epoche della «decadenza» delle arti, del «volere» artistico. Ecco perché Riegl scopri questo termine proprio nell'arte del tardo impero romano. Accessibile al «volere artistico» è la forma tout court, non la singola opera
21 Cfr. tuttavia ARTHUR HVBSCHER, Barock als Gestaltung antithetischen Lebensgefuhls. Grundlegung einer Phaseologie der Geistesgeschichte, in «Euphorion», XXVIV (1922), pp. 517-62 e pp. 759-805.
"VICTOR MANHEIMER, Die Lyrik des Andreas Gryphius. Studien und Materialien, Ber !in 1904,p. xm.
28 Il dramma barocco tedesco
t a in causa, a questo punto, la Guerra dei Trent'anni. È lei l'unica responsabile degli sbandamenti formali che venivano rimproverati al dramma barocco. «Ce sont, a-t-on dit bien cles fois, cles pièces écrites par cles bourreaux et pour cles bourreaux. Mais c'est ce qu'il fallait aux gens de ce temps là. Vivant dans une atmosphère de guerres, de luttes sanglantes, ils trouvaient ces scènes naturelles; c'était le tableau de leurs mreurs qu'on leur offrait. Aussi goutèrent-ils nai"vement, brutalement le plaisir qui leur était offert»25.
In questo modo, gli studi di fine secolo si erano irrimediabilmente allontanati da un'esplorazione critica della forma del dramma barocco. Il sincretismo- storico-culturale, storico-letterario e biografico - con cui tali studi si sforzavano di sostituire una riflessione propriamente estetica, trova nei lavori piu recenti un pendant piu robusto. Come un malato sconvolto dalla febbre rielabora tutte le parole che riesce a percepire nelle immagini ossessive del delirio, cosi lo spirito del tempo raccoglie le testimonianze dei mondi passati e lontani per trascinarle a sé e racchiuderle senza amore nel suo ruminante fantasticare. Non c'è stile, non c'è tradizione popolare cosi nuova ed esotica che non possa parlare con immediatezza al sentimento contemporaneo. A questa fatale e patologica suggestionabilità, in virtU della quale lo storico cerca di scivolare, per «sostituzione»
26, al posto dell'artista (come se que
st'ultimo, per aver creato l'opera, ne fosse anche l'interprete), è stato dato il nome di «empatia», dove la mera curiosità si azzarda a farsi avanti indossando i panni del metodo. In questa campagna di conquista, il basso profilo della generazione presente ha finito in genere per soccombere alla straripante vitalità con cui il barocco le veniva incontro. Solo in pochissimi casi si è giunti a una comprensione autentica del fenomeno27, una comprensione capace di aprire nuovi nessi non fra il critico moderno e il suo oggetto ma all'interno della cosa stessa. Lo si deve, in quei pochi casi, al rivolgimento profondo introdotto dall'apparire dell'espressionismo, sia pure non immune dagli influssi della poetica della scuola gheor-
"LOUIS G. WYSOCKI, Andreas Gryphius et la tragédie allemande au xvif siècle, dissertazione, Paris 1892, p. 14. Per la prima frase della citazione si rimanda a CHARLES JORET, Herder et la renaissance littéraire en Allemagne, Paris 1875, p. 82.
26 PETERSEN, Der Aufbau der Literaturgeschichte cìt., p. x 3 . Z1 Cfr. CHRISTIAN HOFMANN VON HOFMANNSWALDAU, Auser/esene Gedichte, a cura e con
un'introduzione di F. P. Greve, Leipzig 1907, p. 8.
Premessa gnoseologica 29
ghiana28
• Ma i vecchi pregiudizi sono ormai alla fine. Le analogie sorprendenti con lo stato attuale della letteratura tedesca hanno dato luogo a un sempre maggiore approfondimento, benché perlopiu di natura sentimentale, dell'età barocca. Già nel 1904 uno storico della letteratura barocca dichiarava: «Ho ... l'impressione che in nessun periodo, da due secoli in qua, il sentimento artistico sia· stato tanto vicino alla letteratura barocca del xvn secolo, tutta intenta alla ricerca di un suo stile, quanto il sentimento artistico dei nostri giorni. Interiormente vuoti o sconvolti nel piu profondo, esteriormente assorbiti da problemi tecnici e formali che sulle prime sembravano concernere ben poco le questioni esistenziali dell'epoca- 'tali erano quasi tutti i poeti barocchi, e simili sono, per quel tanto che se ne può vedere, perlomeno i poeti del nostro tem;><!, quelli che danno l'impronta alla sua produzione letteraria>/ . Nel frattempo il significato di queste frasi, timide e appena abbozzàte, ha finito per assumere un rilievo assai piu ampio. Nel 1915, esordio del dramma espressionista, comparvero le Troiane di Werfel. Non a caso lo stesso soggetto si ritrova in Opitz proprio all'inizio del dramma barocco. In entrambe le opere il poeta cerca il linguaggio e l'enfasi del lamento. E a questo scopo accorrevano, in entrambi i casi, non ampi e artificiosi sviluppi, bensi un'arte metrica esercitata sul recitativo drammatico. Tanto piu che sul piano linguistico le analogie tra gli sforzi di allora e quelli del nostro passato prossimo o dell'oggi sono palesi. Una certa forzatura è peculiare ad entrambi. I prodotti di queste epoche letterarie non crescono tanto da un terreno comunitario: essi cercano piuttosto di mascherare la caduta del livello letterario con la violenza manieristica del gesto. Perché, come l'espressionismo, il barocco non è tanto un'epoca d'arte in senso proprio, quanto un'epoca dalla volontà artistica [Kunstwollen] ostinata. E cosi è sempre nelle cosiddette epoche di «decadenza». Se il culmine dell'arte è l'opera isolata, conclusa, ci sono epoche in cui l'opera finita è prerogativa degli epigoni. Sono le epoche della «decadenza» delle arti, del «volere» artistico. Ecco perché Riegl scopri questo termine proprio nell'arte del tardo impero romano. Accessibile al «volere artistico» è la forma tout court, non la singola opera
21 Cfr. tuttavia ARTHUR HVBSCHER, Barock als Gestaltung antithetischen Lebensgefuhls. Grundlegung einer Phaseologie der Geistesgeschichte, in «Euphorion», XXVIV (1922), pp. 517-62 e pp. 759-805.
"VICTOR MANHEIMER, Die Lyrik des Andreas Gryphius. Studien und Materialien, Ber !in 1904,p. xm.
30 Il dramma barocco tedesco
d'arte conclusa e ben tornita. In questa volontà si fonda l'attualità del barocco dopo il crollo della cultura classicistica tedesca. A ciò si aggiunge la ricerca di un linguaggio elaborato, che lo facesse apparire all'altezza della foga degli eventi. L'abitudine di legare al soggetto in un blocco unico agge.ttivi che non conoscono alcun uso avverbiale non è di oggi. Grosstanz, Grossgedicht (nel senso di «epos»), sono vocaboli barocchi. E dappertutto si trovano neologismi. Oggi come allora, attraverso molti di essi si esprime la ricerca di un nuovo pathos. Gli scrittori cercavano di impadronirsi in modo personale della forza piu intima dell'immagine, quella da cui procede la precisa eppure delicata metaforicità del linguaggio. Non era tanto il discorso figurato, quanto la singola metafora verbale a fare la gloria del poeta, come se l'elaborazione linguistica comportasse di per sé il momento dell'invenzione poetica della parola. I traduttori barocchi amavano le formule ardite, quelle che negli scrittori odierni si chiamerebbero «arcaismi», e in cui si pensa di attingere alle fonti stesse della vita della lingua. Questa violenza del linguaggio è sempre il contrassegno di una produzione in cui è difficile estrarre dal conflitto delle forze in gioco una forma compiuta che abbia un contenuto di verità. In questa lacerazione la letteratura odierna rispecchia certi aspetti dello spirito barocco fin nei dettagli piu minuti. Al romanzo politico, a cui allora come oggi si dedicavano autori di rango, si contrappongono oggi le dichiaraziqni dei letterati pacifisti sulla vita semplice, sulla bontà naturale dell'uomo, allo stesso modo in cui il romanzo politico trovava allora il suo pendant nel dramma pastorale. Illetterato, la cui esistenza oggi come allora si svolge in una sfera remota dalla vita attiva, è consumato da un'ambizione che i poeti di allora potevano comunque soddisfare meglio di quelli odierni. Perché Opitz, Gryphius, Lohenstein hanno potuto di quando in quando prestare servizio nello stato, e non senza generosi compensi. E qui il parallelismo finisce. Illetterato barocco si sentiva legato all'idea di uno stato assoluto, che poteva contare sull'appoggio di entrambe le Chiese .. L'atteggiamento dei suoi eredi attuali, quando non è ostile allo stato e rivoluzionario, è caratterizzato dalla mancanza di una qualsiasi idea dello stato. E in definitiva non va dimenticata, nonostante le svariate analogie, la grande differenza: nella Germania del Seicento la letteratura, per quanto la nazione non la tenesse in gran conto, traeva la sua importanza dal fatto stesso della sua rinascita. I vent'anni di letteratura tedesca che dovrebbero dimostrare la rinnovata partecipazione ai problemi dell'epo-
Premessa gnoseologica 3I
ca rappresentano invece una decadenza, per quanto propedeutica e feconda essa possa essere. Tanto piu forte l'impressione che nasce proprio ora dall'elaborazione di forme affini al barocco tedesco, con l'ausilio di procedimenti artistici di maniera. Di fronte a una letteratura che, con l'esibizione della sua tecnica, l'uniforme maturità dei suoi prodotti e l'intensità dei suoi valori, cercava in certo modo di far tacere il mondo e la posterità, va sottolineata la necessità di un atteggiamento distaccato e sovrano come lo impone la rappresentazione dell'idea di una forma. Il pericolo di lasciarsi trascinare dalle altezze della conoscenza negli spaventosi abissi dell'anima barocca rimane comunque non trascurabile. Nei tentativi improvvisati di riportare alla luce il senso di quell'epoca ritroviamo, immancabilmente, quella vertigine, suscitata dalla vista della sua spiritualità tortuosa e contraddittoria. «Anche le espressioni piu intime del barocco, anche i suoi dettagli - e forse proprio questi - sono antitetici>/0
• Solo una contemplazione che venga da lontano, e che sappia sottrarsi in un primo tempo alla vista della totalità, solo una disciplina in certo senso ascetica dello spirito può raggiungere quella fortezza che gli Rermetterà di contemplare tale panorama restando padrone di sé. E la natura di questa disciplina che qui si trattava di descrivere.
lO WlLHELM HAUSENSTI!IN, Vom Geist des Barock, Miinchen 1921, p. 28.
30 Il dramma barocco tedesco
d'arte conclusa e ben tornita. In questa volontà si fonda l'attualità del barocco dopo il crollo della cultura classicistica tedesca. A ciò si aggiunge la ricerca di un linguaggio elaborato, che lo facesse apparire all'altezza della foga degli eventi. L'abitudine di legare al soggetto in un blocco unico agge.ttivi che non conoscono alcun uso avverbiale non è di oggi. Grosstanz, Grossgedicht (nel senso di «epos»), sono vocaboli barocchi. E dappertutto si trovano neologismi. Oggi come allora, attraverso molti di essi si esprime la ricerca di un nuovo pathos. Gli scrittori cercavano di impadronirsi in modo personale della forza piu intima dell'immagine, quella da cui procede la precisa eppure delicata metaforicità del linguaggio. Non era tanto il discorso figurato, quanto la singola metafora verbale a fare la gloria del poeta, come se l'elaborazione linguistica comportasse di per sé il momento dell'invenzione poetica della parola. I traduttori barocchi amavano le formule ardite, quelle che negli scrittori odierni si chiamerebbero «arcaismi», e in cui si pensa di attingere alle fonti stesse della vita della lingua. Questa violenza del linguaggio è sempre il contrassegno di una produzione in cui è difficile estrarre dal conflitto delle forze in gioco una forma compiuta che abbia un contenuto di verità. In questa lacerazione la letteratura odierna rispecchia certi aspetti dello spirito barocco fin nei dettagli piu minuti. Al romanzo politico, a cui allora come oggi si dedicavano autori di rango, si contrappongono oggi le dichiaraziqni dei letterati pacifisti sulla vita semplice, sulla bontà naturale dell'uomo, allo stesso modo in cui il romanzo politico trovava allora il suo pendant nel dramma pastorale. Illetterato, la cui esistenza oggi come allora si svolge in una sfera remota dalla vita attiva, è consumato da un'ambizione che i poeti di allora potevano comunque soddisfare meglio di quelli odierni. Perché Opitz, Gryphius, Lohenstein hanno potuto di quando in quando prestare servizio nello stato, e non senza generosi compensi. E qui il parallelismo finisce. Illetterato barocco si sentiva legato all'idea di uno stato assoluto, che poteva contare sull'appoggio di entrambe le Chiese .. L'atteggiamento dei suoi eredi attuali, quando non è ostile allo stato e rivoluzionario, è caratterizzato dalla mancanza di una qualsiasi idea dello stato. E in definitiva non va dimenticata, nonostante le svariate analogie, la grande differenza: nella Germania del Seicento la letteratura, per quanto la nazione non la tenesse in gran conto, traeva la sua importanza dal fatto stesso della sua rinascita. I vent'anni di letteratura tedesca che dovrebbero dimostrare la rinnovata partecipazione ai problemi dell'epo-
Premessa gnoseologica 3I
ca rappresentano invece una decadenza, per quanto propedeutica e feconda essa possa essere. Tanto piu forte l'impressione che nasce proprio ora dall'elaborazione di forme affini al barocco tedesco, con l'ausilio di procedimenti artistici di maniera. Di fronte a una letteratura che, con l'esibizione della sua tecnica, l'uniforme maturità dei suoi prodotti e l'intensità dei suoi valori, cercava in certo modo di far tacere il mondo e la posterità, va sottolineata la necessità di un atteggiamento distaccato e sovrano come lo impone la rappresentazione dell'idea di una forma. Il pericolo di lasciarsi trascinare dalle altezze della conoscenza negli spaventosi abissi dell'anima barocca rimane comunque non trascurabile. Nei tentativi improvvisati di riportare alla luce il senso di quell'epoca ritroviamo, immancabilmente, quella vertigine, suscitata dalla vista della sua spiritualità tortuosa e contraddittoria. «Anche le espressioni piu intime del barocco, anche i suoi dettagli - e forse proprio questi - sono antitetici>/0
• Solo una contemplazione che venga da lontano, e che sappia sottrarsi in un primo tempo alla vista della totalità, solo una disciplina in certo senso ascetica dello spirito può raggiungere quella fortezza che gli Rermetterà di contemplare tale panorama restando padrone di sé. E la natura di questa disciplina che qui si trattava di descrivere.
lO WlLHELM HAUSENSTI!IN, Vom Geist des Barock, Miinchen 1921, p. 28.
Dramma e tragedia (I)
Der ersten Handlung. Erster Eintritt. Heinrich. !sabelle. Der Schauplatz ist der Konigl. Saal.
HEINRICH Ich bin Konig. rSABELLE Ich .bin Konigin. HEINRICH Ich kan und will. ISABEu.E Ihr kont nicht und must nicht wollen. HEINRICH W er will Inirs wehren? ISABEu.E Mein Verboth. HEINRICH Ich bin Konig. ISABELLE Ihr seyd mein Sohn. HEINRICH Ehre ich euch schon als Mutter so
miisset ihr doch wissen das ihr nur Stiefmutter seyd. Ich will sie haben.
tSABEu.E Ihr sollt sie nicht haben. HEINRICH Ich sage: Ich will sie haben die
Ernelinde.
FILIDOR, Eme linde Oder Die Viermahl Brauf.
La necessaria tensione verso gli estremi, che nelle indagini filosofiche costituisce la norma della formazione dei concetti, in una trattazione sull'origine del dramma deve significare due cose. Innanzitutto essa suggerisce alla ricerca di abbracciare senza esitazioni tutta l'ampiezza del tema. Al cospetto di una produzione drammatica neppure troppo estesa, il suo compito non deve consistere nell'indagare, come farebbe a ragione la storia letteraria, le varie scuole poetiche, la cronologia e gli strati genetici delle singole opere. Essa si lascerà guidare piuttosto da un'ipotesi: che quanto appare diffuso ed eterogeneo può offrire, alla luce dei concetti adeguati, gli elementi per una sintesi. In questo senso, essa apprezzerà le testimonianze degli autori minori, nelle cui opere le stravaganze non mancano, non meno di quelle dei grandi. Un conto è incarnare una forma, un altro plasmarla. Se la prima cosa è affare del poeta eletto, la seconda avviene spesso, e in modo senz' altro piu significativo, nelle faticose prove degli autori piu deboli.
1 FILIDOR [CASPAR STIELER] Trauer- Lust- und Misch-Spìele, parte l, Jena r665, p. 1 [Ermelinda o La quattro volte sposa, I, I. Heinrich. Isabelle. La scena è la sala del trono. - Heinrich: Sono re. l Isabelle: Sono regina. l Heinrich: Posso e voglio. l Isabelle: Non potete e non dovete volere. l Heinrich: Chi me lo impedirà ? l Isabelle: Il Inio divieto. l Heinrich: Sono re. l Isabelle: Siete Inio figlio. l Heinrich: Se già vi onoro come madre l dovete sapere l che siete soltanto Inia matrigna. Voglio averla. l Isabelle: Non l'avrete. l Heinrich: Dico: voglio averla l Ermelinda].
Dramma e tragedia (I) .33
La forma stessa, la cui vita si identifica con quella delle opere che essa determina, e la cui visibilità è anzi a volte inversamente proporzionale alla perfezione dell'opera letteraria, risulta spesso piu evidente nel gracile corpo dell'opera mediocre, còme fosse il suo scheletro. In secondo luogo, lo studio degli estremi esige che si tenga conto della teoria barocca del dramma. La schiettezza dei teorici barocchi nella formulazione dei loro precetti è un tratto particolarmente attraente di questa letteratura, e le sue regole sono estreme già per il fatto di proporsi come piu o meno vincolanti. Cosf, le stravaganze del dramma dipendono in gran parte dalle poe· tiche, e poiché persino i pochi schemi del suo intreccio pretendono di essere dedotti da teoremi, i manuali dei poeti appaiono come fonti indispensabili per l'analisi. Se esse fossero analisi critiche nel senso moderno, il loro valore di testimonianza sarebbe irrilevante. Il loro recupero è invece non soltanto impo.sto dall'oggetto ma anche giustificato concretamente dalla situazione della ricerca. Questa è stata inibita fino in epoca recente dai pregiudizi della classificazione stilistica e della valutazione estetica. La scoperta del barocco letterario ha avuto luogo cosf tardi e s~tto stelle cosi ambigue perché una periodizzazione di comodo ama attingere le proprie etichette e le proprie date ai trattati delle epoche precedenti. Poiché in Germania non vi è mai stato un «manifesto» del barocco letterario- perfino nelle arti figurative il termine compare soltanto nel xvm secolo - e poiché le proclamazioni chiare, esplicite, bellicose, non sono affare dei letterati, il cui tono cortigiano valeva da paradigma, anche piu tardi non si volle assegnare un titolo particolare a questa pagina della storia letteraria tedesca. «L'assenza di tono polemico è una caratteristica cpe segna profondamente l'intero barocco. Ognuno cerca il piu possibile, anche quando ubbidisce alla propria ispirazione, di comportarsi come chi segue le orme degli amati maestri e delle autorità costituite»2. E non tragga in inganno l'accresciuto interesse per le controversie poetiche che si manifestò in parallelo alle dispute delle accademie romane di pittura3
• La poetica barocca è una serie di variazioni sopra i Poetices libri septem di Giulio Cesare Scaligero, usciti nel 1561. Gli schemi classicistici regnano incontrastati: «Gryphius è l'indiscusso maestro, il Sofocle tedesco, alle sue spal-
2 CYSARZ, Deutsche Barockdichtung cit., p. 72. 'Cfr. ALOIS RIEGL, Die Entstehung der Barockkunst in Rom, pagine postume a cura di
A. Burda e M. Dvofak, Wien 1923, p. I47·
Dramma e tragedia (I)
Der ersten Handlung. Erster Eintritt. Heinrich. !sabelle. Der Schauplatz ist der Konigl. Saal.
HEINRICH Ich bin Konig. rSABELLE Ich .bin Konigin. HEINRICH Ich kan und will. ISABEu.E Ihr kont nicht und must nicht wollen. HEINRICH W er will Inirs wehren? ISABEu.E Mein Verboth. HEINRICH Ich bin Konig. ISABELLE Ihr seyd mein Sohn. HEINRICH Ehre ich euch schon als Mutter so
miisset ihr doch wissen das ihr nur Stiefmutter seyd. Ich will sie haben.
tSABEu.E Ihr sollt sie nicht haben. HEINRICH Ich sage: Ich will sie haben die
Ernelinde.
FILIDOR, Eme linde Oder Die Viermahl Brauf.
La necessaria tensione verso gli estremi, che nelle indagini filosofiche costituisce la norma della formazione dei concetti, in una trattazione sull'origine del dramma deve significare due cose. Innanzitutto essa suggerisce alla ricerca di abbracciare senza esitazioni tutta l'ampiezza del tema. Al cospetto di una produzione drammatica neppure troppo estesa, il suo compito non deve consistere nell'indagare, come farebbe a ragione la storia letteraria, le varie scuole poetiche, la cronologia e gli strati genetici delle singole opere. Essa si lascerà guidare piuttosto da un'ipotesi: che quanto appare diffuso ed eterogeneo può offrire, alla luce dei concetti adeguati, gli elementi per una sintesi. In questo senso, essa apprezzerà le testimonianze degli autori minori, nelle cui opere le stravaganze non mancano, non meno di quelle dei grandi. Un conto è incarnare una forma, un altro plasmarla. Se la prima cosa è affare del poeta eletto, la seconda avviene spesso, e in modo senz' altro piu significativo, nelle faticose prove degli autori piu deboli.
1 FILIDOR [CASPAR STIELER] Trauer- Lust- und Misch-Spìele, parte l, Jena r665, p. 1 [Ermelinda o La quattro volte sposa, I, I. Heinrich. Isabelle. La scena è la sala del trono. - Heinrich: Sono re. l Isabelle: Sono regina. l Heinrich: Posso e voglio. l Isabelle: Non potete e non dovete volere. l Heinrich: Chi me lo impedirà ? l Isabelle: Il Inio divieto. l Heinrich: Sono re. l Isabelle: Siete Inio figlio. l Heinrich: Se già vi onoro come madre l dovete sapere l che siete soltanto Inia matrigna. Voglio averla. l Isabelle: Non l'avrete. l Heinrich: Dico: voglio averla l Ermelinda].
Dramma e tragedia (I) .33
La forma stessa, la cui vita si identifica con quella delle opere che essa determina, e la cui visibilità è anzi a volte inversamente proporzionale alla perfezione dell'opera letteraria, risulta spesso piu evidente nel gracile corpo dell'opera mediocre, còme fosse il suo scheletro. In secondo luogo, lo studio degli estremi esige che si tenga conto della teoria barocca del dramma. La schiettezza dei teorici barocchi nella formulazione dei loro precetti è un tratto particolarmente attraente di questa letteratura, e le sue regole sono estreme già per il fatto di proporsi come piu o meno vincolanti. Cosf, le stravaganze del dramma dipendono in gran parte dalle poe· tiche, e poiché persino i pochi schemi del suo intreccio pretendono di essere dedotti da teoremi, i manuali dei poeti appaiono come fonti indispensabili per l'analisi. Se esse fossero analisi critiche nel senso moderno, il loro valore di testimonianza sarebbe irrilevante. Il loro recupero è invece non soltanto impo.sto dall'oggetto ma anche giustificato concretamente dalla situazione della ricerca. Questa è stata inibita fino in epoca recente dai pregiudizi della classificazione stilistica e della valutazione estetica. La scoperta del barocco letterario ha avuto luogo cosf tardi e s~tto stelle cosi ambigue perché una periodizzazione di comodo ama attingere le proprie etichette e le proprie date ai trattati delle epoche precedenti. Poiché in Germania non vi è mai stato un «manifesto» del barocco letterario- perfino nelle arti figurative il termine compare soltanto nel xvm secolo - e poiché le proclamazioni chiare, esplicite, bellicose, non sono affare dei letterati, il cui tono cortigiano valeva da paradigma, anche piu tardi non si volle assegnare un titolo particolare a questa pagina della storia letteraria tedesca. «L'assenza di tono polemico è una caratteristica cpe segna profondamente l'intero barocco. Ognuno cerca il piu possibile, anche quando ubbidisce alla propria ispirazione, di comportarsi come chi segue le orme degli amati maestri e delle autorità costituite»2. E non tragga in inganno l'accresciuto interesse per le controversie poetiche che si manifestò in parallelo alle dispute delle accademie romane di pittura3
• La poetica barocca è una serie di variazioni sopra i Poetices libri septem di Giulio Cesare Scaligero, usciti nel 1561. Gli schemi classicistici regnano incontrastati: «Gryphius è l'indiscusso maestro, il Sofocle tedesco, alle sue spal-
2 CYSARZ, Deutsche Barockdichtung cit., p. 72. 'Cfr. ALOIS RIEGL, Die Entstehung der Barockkunst in Rom, pagine postume a cura di
A. Burda e M. Dvofak, Wien 1923, p. I47·
34 n dramma barocco tedesco
le Lohenstein occupa il secondo posto, come un Seneca tedesco, e, sia pure con qualche riserva, viene loro affiancato Hallmann, l'Eschilo tedesco»4
• E nei drammi c'è indubbiamente qualcosa che corrisponde alla facciata rinascimentale delle poetiche. La loro originalità stilistica - ci sia lecito osservare, anticipando - è incomparabilmente maggiore nei particolari che nell'insieme. Per quanto riguarda quest'ultimo, esso è gravato, come già osserva Lamprechf, da una certa pesantezza, e, nonostante tutto, da una semplicità drammaturgica che ricorda da lontano il teatro borghese del Rinascimento tedesco. Ma alla luce di una seria critica stilistica, a cui non è concesso di considerare il tutto se non nella sua determinatezza attraverso il particolare, i tratti non-rinascimentali, per non dire barocchi, saltano fuori ovunque: dalla lingua e dal portamento d_ei personaggi alla disposizione scenica e alla scelta dei soggetti. E chiaro d'altronde, e cercheremo di mostrar lo, come i testi di poetica assumano accenti che rendono possibile l'interpretazione barocca, anzi come la fedeltà a quei testi serva le intenzioni barocche meglio della rivolta. La volontà di classicità è, si può dire, l'unico tratto genuinamente rinascimentale- eppure quanto lontano dal Rinascimento per la sua ruvidezza, la sua mancanza di riguardi - di una poesia che si vide posta, di colpo, di fronte a compiti formali che nessun magistero la metteva in condizione di affrontare. Ogni tentativo di avvicinarsi alla forma classica doveva predisporre la materia a un tipo di elaborazione violentemente barocca, e questo senza considerare i risultati che poi di fatto venivano raggiunti. La rinuncia, da parte della scienza letteraria, a indagare questi tentativi con gli strumenti dell'analisi stilistica, si spiega col suo verdetto di condanna contro l'epoca della ridondanza, della decadenza linguistica e della poesia erudita. Il fatto poi che essa abbia cercato di mitigare quel verdetto considerando che il magistero aristotelico era stato una necessaria fase di transizione per la poesia rinascimentale in Germania, somma pregiudizio a pregiudizio. E i due pregiudizi sono collegati, perché la tesi della forma rinascimentale del dramma seicentesco si appoggia all'aristotelismo degli autori teorici. Abbiamo già osservato fino a che punto le definizioni aristoteliche abbiano ostacolato lariflessione critica su quei drammi. Occorre sottolineare a questo
'PAUL STACHEL, Seneca und das deutsche Renaissancedrama. Studien zur Literatur- und Stilgeschichtedes 16. und 17.Jahrhunderts, Berlin 1907, p. 326.
'Cfr. LAMPRECHT, Deutsche Geschichte cit., p. 265.
Dramma e tragedia (I) 35
punto che l'influsso della dottrina aristotelica sul dramma in termini di «dramma rinascimentale» viene senz'altro sopravvalutato.
. ~a st~ria del dram~a tede.sco t;noderno non conosce periodi in cm l tetnl della tragedia classica siano stati meno influenti. E già questo fatto basterebbe a smentire la presunta egemonia di Aristotele. Per la sua comprensione mancavano tutti i requisiti necess:n-~· e n~n in ultimo la ':'olontà di capirlo. Perché una seria precett~stlca di carattere tecruco e contenutistico, come quella che a partire da Gryphius si attingeva ai classici olandesi o al teatro dei
. gesuiti, nel filosofo greco non la cercava nessuno. L'essenziale era affermare, attraverso il riconoscimento dell'autorità di Aristotele, .un c;rto contatto. c<?n ~a poe:ica rinascimentale dello Scaligero, e nbadire cosf la legittllDltà de1 propri esperimenti. Inoltre, verso la me~à del. xvn secolo !a poetica aristotelica non era ancora quel semplice e Imponente sistema di dogmi con cui dovrà fare i conti Lessing. Il Trissino, primo commentatore della Poetica cita anzitutto, in aggiunta all'unità di tempo, l'unità di azione; l'unità di tempo ha valore estetico soltanto se comporta l'unità di azione. A tali unità si sono attenuti Gryphius e Lohenstein, anche se, per il Papinian [Papiniano], l'unità di azione potrebbe essere contestata. L'elenco dei tratti aristotelici finisce però con questo fatto isolato. Il principio dell'unità di tempo non sembra rivestire un significato preciso. La teoria di Harsdorffer, per il resto fedele alla tradizione, dichiara accettabile anche un'azione della durata di · quattro o cinque giorni. L'unità di luogo, che entra nella discussione solo a partire da Castelvetro, nel dramma barocco non è con~id:rat~; e neP.pU:e il teatro dei g~s~ti la riconosce. Ma ancora piu mdicat1va è l mdifferenza con CUli manuali trattano la teoria aristotelica d.ell' effetto tragic~. N<?n vogliamo dire che questa parte della Poetz~a, che porta scritto m fronte con ancor piu chiarezza dell: altre il carattere cultuale del teatro greco, dovesse risultare particolarmente accessibile alla mentalità del Seicento. E tuttavia quan~o piu risultava impossibile penetrare il senso profondo dell~ dottr~a, legata alla prassi catartica dei Misteri, tanto piu l'interpretaziOne avrebbe dovuto muoversi con libertà. La troviamo inyece t~nt~ gra~ile nei. suoi contenuti quanto decisa nel piegare le mtenz10ru antiche. Timore e compassione non sono intesi come una partecipazione all'azione nel suo insieme, ma al destino dei personaggi piu rilevanti. Il timore è suscitato dalla fine del mal-
34 n dramma barocco tedesco
le Lohenstein occupa il secondo posto, come un Seneca tedesco, e, sia pure con qualche riserva, viene loro affiancato Hallmann, l'Eschilo tedesco»4
• E nei drammi c'è indubbiamente qualcosa che corrisponde alla facciata rinascimentale delle poetiche. La loro originalità stilistica - ci sia lecito osservare, anticipando - è incomparabilmente maggiore nei particolari che nell'insieme. Per quanto riguarda quest'ultimo, esso è gravato, come già osserva Lamprechf, da una certa pesantezza, e, nonostante tutto, da una semplicità drammaturgica che ricorda da lontano il teatro borghese del Rinascimento tedesco. Ma alla luce di una seria critica stilistica, a cui non è concesso di considerare il tutto se non nella sua determinatezza attraverso il particolare, i tratti non-rinascimentali, per non dire barocchi, saltano fuori ovunque: dalla lingua e dal portamento d_ei personaggi alla disposizione scenica e alla scelta dei soggetti. E chiaro d'altronde, e cercheremo di mostrar lo, come i testi di poetica assumano accenti che rendono possibile l'interpretazione barocca, anzi come la fedeltà a quei testi serva le intenzioni barocche meglio della rivolta. La volontà di classicità è, si può dire, l'unico tratto genuinamente rinascimentale- eppure quanto lontano dal Rinascimento per la sua ruvidezza, la sua mancanza di riguardi - di una poesia che si vide posta, di colpo, di fronte a compiti formali che nessun magistero la metteva in condizione di affrontare. Ogni tentativo di avvicinarsi alla forma classica doveva predisporre la materia a un tipo di elaborazione violentemente barocca, e questo senza considerare i risultati che poi di fatto venivano raggiunti. La rinuncia, da parte della scienza letteraria, a indagare questi tentativi con gli strumenti dell'analisi stilistica, si spiega col suo verdetto di condanna contro l'epoca della ridondanza, della decadenza linguistica e della poesia erudita. Il fatto poi che essa abbia cercato di mitigare quel verdetto considerando che il magistero aristotelico era stato una necessaria fase di transizione per la poesia rinascimentale in Germania, somma pregiudizio a pregiudizio. E i due pregiudizi sono collegati, perché la tesi della forma rinascimentale del dramma seicentesco si appoggia all'aristotelismo degli autori teorici. Abbiamo già osservato fino a che punto le definizioni aristoteliche abbiano ostacolato lariflessione critica su quei drammi. Occorre sottolineare a questo
'PAUL STACHEL, Seneca und das deutsche Renaissancedrama. Studien zur Literatur- und Stilgeschichtedes 16. und 17.Jahrhunderts, Berlin 1907, p. 326.
'Cfr. LAMPRECHT, Deutsche Geschichte cit., p. 265.
Dramma e tragedia (I) 35
punto che l'influsso della dottrina aristotelica sul dramma in termini di «dramma rinascimentale» viene senz'altro sopravvalutato.
. ~a st~ria del dram~a tede.sco t;noderno non conosce periodi in cm l tetnl della tragedia classica siano stati meno influenti. E già questo fatto basterebbe a smentire la presunta egemonia di Aristotele. Per la sua comprensione mancavano tutti i requisiti necess:n-~· e n~n in ultimo la ':'olontà di capirlo. Perché una seria precett~stlca di carattere tecruco e contenutistico, come quella che a partire da Gryphius si attingeva ai classici olandesi o al teatro dei
. gesuiti, nel filosofo greco non la cercava nessuno. L'essenziale era affermare, attraverso il riconoscimento dell'autorità di Aristotele, .un c;rto contatto. c<?n ~a poe:ica rinascimentale dello Scaligero, e nbadire cosf la legittllDltà de1 propri esperimenti. Inoltre, verso la me~à del. xvn secolo !a poetica aristotelica non era ancora quel semplice e Imponente sistema di dogmi con cui dovrà fare i conti Lessing. Il Trissino, primo commentatore della Poetica cita anzitutto, in aggiunta all'unità di tempo, l'unità di azione; l'unità di tempo ha valore estetico soltanto se comporta l'unità di azione. A tali unità si sono attenuti Gryphius e Lohenstein, anche se, per il Papinian [Papiniano], l'unità di azione potrebbe essere contestata. L'elenco dei tratti aristotelici finisce però con questo fatto isolato. Il principio dell'unità di tempo non sembra rivestire un significato preciso. La teoria di Harsdorffer, per il resto fedele alla tradizione, dichiara accettabile anche un'azione della durata di · quattro o cinque giorni. L'unità di luogo, che entra nella discussione solo a partire da Castelvetro, nel dramma barocco non è con~id:rat~; e neP.pU:e il teatro dei g~s~ti la riconosce. Ma ancora piu mdicat1va è l mdifferenza con CUli manuali trattano la teoria aristotelica d.ell' effetto tragic~. N<?n vogliamo dire che questa parte della Poetz~a, che porta scritto m fronte con ancor piu chiarezza dell: altre il carattere cultuale del teatro greco, dovesse risultare particolarmente accessibile alla mentalità del Seicento. E tuttavia quan~o piu risultava impossibile penetrare il senso profondo dell~ dottr~a, legata alla prassi catartica dei Misteri, tanto piu l'interpretaziOne avrebbe dovuto muoversi con libertà. La troviamo inyece t~nt~ gra~ile nei. suoi contenuti quanto decisa nel piegare le mtenz10ru antiche. Timore e compassione non sono intesi come una partecipazione all'azione nel suo insieme, ma al destino dei personaggi piu rilevanti. Il timore è suscitato dalla fine del mal-
3 6 Il dramma barocco tedesco
vagio, la compassione da quella dell'eroe buono. A Birken anche questa definizione sembra troppo classica, e al posto del timore e della compassione egli pone, come fine del dramma, l'amore di Dio e l'edificazione dei cittadini. «Noi cristiani dobbiamo, in tutte le nostre azioni, e dunque anche nello scrivere drammi e nel metterli in scena, nutrire un unico proposito: che Dio sia onorato, e che il prossimo possa essere istruito al bene»6
• Il dramma è chiamato a rinvigorire le virro dei suoi spettatori. E se ce n'era una che era obbligatoria per l'eroe ed edificante per il pubblico, questa era l'antica à3tat}fw. La saldatura fra l'etica stoica e la teoria della tragedia moderna si era compiuta in Olanda, e Lipsius aveva osservato che l'aristotelico éì..eoç andava inteso soltanto come uno stimolo ad alleviare le sofferenze e le pene altrui, ma non come un crollo patologico alla vista di un destino terribtle, non come pusillanimitas, bensf soltanto come misericordia7
• E indubbio che simili osservazioni sono essenzialmente estranee alla descrizione aristotelica del modo in cui si era soliti assistere alle tragedie. Ciò che indusse la critica a collegare il nuovo dramma con la tragedia greca fu dunque la semplice figura dell'eroe regale. E per illustrarne in modo adeguato il carattere peculiare non si potrà far di meglio che citare la famosa definizione di Opitz, formulata del resto nello stile stesso del dramma.
«La tragedia è per maestà conforme al poema eroico, tal che di rado sopporta che si introducano personaggi di infimo ceto e cose brutte: perché essa tratta soltanto di regali voleri, colpi mortali, disperazioni, figli e parricidi, incendi, oltraggi del sangue, di guerra e di rivolta, di lamenti, di singhiozzi, di sospiri e simili»8
• Può darsi che il moderno studioso di estetica non sia portato sulle pri-
6 SIGMUND VON BIRKEN, Teutsche Rede-bind- und Dicht-Kunrt [Retorica e poetica tedesche] Niirnberg r679, p. 336. [Wir Christen sollen gleichwie in allen unsren Verrichrungen also-auch im Schauspid-schreiben und Schauspielen das einige Absehen haben daB Gott damit geeh:ret und der Neben-Mensch zum Guten moge bdehrt werden].
7 Cfr. WILHELM DILTHEY, Weltanschauung und Analyse des Menschen seit Renaissance und Reformation. Abhandlungen zur Geschichte der Philosophie und Religion, Leipzig-Berlin r92 3, p. 445; trad. it. L'analisi dell'uomo e l'intuizione della natura dal Rinascimento al secolo XVIII, a cura di C. Sanna, Venezia r927, vol. Il, pp. 245 sgg.
• MARTIN OPITZ, Prosodia Germanica, Oder Buch von der Deudschen Poeterey [Prosodia germanica, ovvero il libro della poesia tedesca] Franckfurt am Miiyn, s. d. [r65o circa], pp. 30 sgg. (Die TragOdie ist an der majestet dem Heroischen gedichte gem~e ohne das sie selten leidet das man geringen standes personen und schlechte sachen einfiihre: weil sie nur von koniglichem willen todschlagen verzweifflungen kinder und viitermorden brande blutschanden kriege und auffruhr klagen heulen seuffzten und dergleichen handelt].
Dramma e tragedia (I) 3 7
me ad apprezzare molto questa definizione, che sembra offrire una semplice delimitazione della materia tragica. E infatti essa non è mai stata considerata significativa. Senonché, questa apparenza è ingannevole. Opitz non dice espressamente - e non lo dice perché per la sua epoca era cosa ovvia - che gli eventi citati sono in realtà non tanto la materia, bensf il vero nucleo estetico del dramma. Il contenuto del dramma stesso, il suo oggetto proprio è invece la vita storica cosi come la sua epoca se la rappresenta~a. E in questo si distingue dalla tragedia, il cui oggetto non è la storia bensf il mito, e in cui le dramatis personae derivano il loro rango tragico non dal ceto - la regalità assoluta - ma dalla preistoria della loro stirpe, dal loro passato eroico. Agli occhi di Opitz, non è la lotta con Dio o col destino, o l'attualizzazione di un passato antichissimo quale cifra profonda della comunità popolare, a fare del monarca il vero protagonista del dramma, bensf la conservazione delle virtu principesche e la messa in scena dei principeschi vizi, la gestione degli intrighi diplomatici e le manovre dell'alta politica. Il sovrano in quanto primo esponente della storia è il piu autorev?le candidato ad incarnarla. In modo rudimentale, la partecipaziOne al corso attuale della storia del mondo affiora di continuo anche negli scritti di poetica. «Chi vuoi scrivere tragedie- si legge nella Alleredelste Beschii/tigung [La piu nobile di tutte le occupazioni] di Rist- dev'essere mirabilmente competente di storia e di libri di storia, dei vecchi come dei nuovi, deve sapere a fondo delle cose del mondo e dello stato, che son quelle che costituiscono la politica vera e propria ... sapere quale sia lo stato d'animo di un re o di un principe, sia nei tempi di guerra sia nei tempi di pace, come si governino i paesi e le genti presso i quali si conserva la sovranità, quali dannosi consigli vadano respinti, a quali espedienti occorra far ricorso quando si esercita la sovranità, quali altri vadano respinti o addirittura spazzati via; insomma, egli deve conoscere l'arte di governo a menadito come la sua lingua madre»9• Si credeva che il dramma fosse già lf, tangibile e concreto, nel corso
'JOHANN RIST, Die Aller Edelste Belustigung Kunst- und Tugendliebender Gemuther, Frankfurt r666, pp. 241 sgg. [Wer Tragodien schreiben wil muB in Historien oder Geschicht-Biichem, so wol der Alten als Neuen trefflich seyn beschlagen er muB die Wdtund Staats-Handel als worinn die eigentliche Politica bestehet griindlich wissen .... wissen wie einem Konige oder Fiirsten zu muthe sey so wol zu Krieges- als Friedens-Zeiten wie man Land und Leute regieren bey dem Regiment sich erhalten allen schiidlichen Ratschlagen steuren was man fiir Griffe miisse gebrauchen wann man sich ins Regiment dringen andere verjagen ja wol gar auB dem Wege riiumen wolle. In Summa die Regier-Kunst muB er so fertig als seine Muttersprache verstehen].
3 6 Il dramma barocco tedesco
vagio, la compassione da quella dell'eroe buono. A Birken anche questa definizione sembra troppo classica, e al posto del timore e della compassione egli pone, come fine del dramma, l'amore di Dio e l'edificazione dei cittadini. «Noi cristiani dobbiamo, in tutte le nostre azioni, e dunque anche nello scrivere drammi e nel metterli in scena, nutrire un unico proposito: che Dio sia onorato, e che il prossimo possa essere istruito al bene»6
• Il dramma è chiamato a rinvigorire le virro dei suoi spettatori. E se ce n'era una che era obbligatoria per l'eroe ed edificante per il pubblico, questa era l'antica à3tat}fw. La saldatura fra l'etica stoica e la teoria della tragedia moderna si era compiuta in Olanda, e Lipsius aveva osservato che l'aristotelico éì..eoç andava inteso soltanto come uno stimolo ad alleviare le sofferenze e le pene altrui, ma non come un crollo patologico alla vista di un destino terribtle, non come pusillanimitas, bensf soltanto come misericordia7
• E indubbio che simili osservazioni sono essenzialmente estranee alla descrizione aristotelica del modo in cui si era soliti assistere alle tragedie. Ciò che indusse la critica a collegare il nuovo dramma con la tragedia greca fu dunque la semplice figura dell'eroe regale. E per illustrarne in modo adeguato il carattere peculiare non si potrà far di meglio che citare la famosa definizione di Opitz, formulata del resto nello stile stesso del dramma.
«La tragedia è per maestà conforme al poema eroico, tal che di rado sopporta che si introducano personaggi di infimo ceto e cose brutte: perché essa tratta soltanto di regali voleri, colpi mortali, disperazioni, figli e parricidi, incendi, oltraggi del sangue, di guerra e di rivolta, di lamenti, di singhiozzi, di sospiri e simili»8
• Può darsi che il moderno studioso di estetica non sia portato sulle pri-
6 SIGMUND VON BIRKEN, Teutsche Rede-bind- und Dicht-Kunrt [Retorica e poetica tedesche] Niirnberg r679, p. 336. [Wir Christen sollen gleichwie in allen unsren Verrichrungen also-auch im Schauspid-schreiben und Schauspielen das einige Absehen haben daB Gott damit geeh:ret und der Neben-Mensch zum Guten moge bdehrt werden].
7 Cfr. WILHELM DILTHEY, Weltanschauung und Analyse des Menschen seit Renaissance und Reformation. Abhandlungen zur Geschichte der Philosophie und Religion, Leipzig-Berlin r92 3, p. 445; trad. it. L'analisi dell'uomo e l'intuizione della natura dal Rinascimento al secolo XVIII, a cura di C. Sanna, Venezia r927, vol. Il, pp. 245 sgg.
• MARTIN OPITZ, Prosodia Germanica, Oder Buch von der Deudschen Poeterey [Prosodia germanica, ovvero il libro della poesia tedesca] Franckfurt am Miiyn, s. d. [r65o circa], pp. 30 sgg. (Die TragOdie ist an der majestet dem Heroischen gedichte gem~e ohne das sie selten leidet das man geringen standes personen und schlechte sachen einfiihre: weil sie nur von koniglichem willen todschlagen verzweifflungen kinder und viitermorden brande blutschanden kriege und auffruhr klagen heulen seuffzten und dergleichen handelt].
Dramma e tragedia (I) 3 7
me ad apprezzare molto questa definizione, che sembra offrire una semplice delimitazione della materia tragica. E infatti essa non è mai stata considerata significativa. Senonché, questa apparenza è ingannevole. Opitz non dice espressamente - e non lo dice perché per la sua epoca era cosa ovvia - che gli eventi citati sono in realtà non tanto la materia, bensf il vero nucleo estetico del dramma. Il contenuto del dramma stesso, il suo oggetto proprio è invece la vita storica cosi come la sua epoca se la rappresenta~a. E in questo si distingue dalla tragedia, il cui oggetto non è la storia bensf il mito, e in cui le dramatis personae derivano il loro rango tragico non dal ceto - la regalità assoluta - ma dalla preistoria della loro stirpe, dal loro passato eroico. Agli occhi di Opitz, non è la lotta con Dio o col destino, o l'attualizzazione di un passato antichissimo quale cifra profonda della comunità popolare, a fare del monarca il vero protagonista del dramma, bensf la conservazione delle virtu principesche e la messa in scena dei principeschi vizi, la gestione degli intrighi diplomatici e le manovre dell'alta politica. Il sovrano in quanto primo esponente della storia è il piu autorev?le candidato ad incarnarla. In modo rudimentale, la partecipaziOne al corso attuale della storia del mondo affiora di continuo anche negli scritti di poetica. «Chi vuoi scrivere tragedie- si legge nella Alleredelste Beschii/tigung [La piu nobile di tutte le occupazioni] di Rist- dev'essere mirabilmente competente di storia e di libri di storia, dei vecchi come dei nuovi, deve sapere a fondo delle cose del mondo e dello stato, che son quelle che costituiscono la politica vera e propria ... sapere quale sia lo stato d'animo di un re o di un principe, sia nei tempi di guerra sia nei tempi di pace, come si governino i paesi e le genti presso i quali si conserva la sovranità, quali dannosi consigli vadano respinti, a quali espedienti occorra far ricorso quando si esercita la sovranità, quali altri vadano respinti o addirittura spazzati via; insomma, egli deve conoscere l'arte di governo a menadito come la sua lingua madre»9• Si credeva che il dramma fosse già lf, tangibile e concreto, nel corso
'JOHANN RIST, Die Aller Edelste Belustigung Kunst- und Tugendliebender Gemuther, Frankfurt r666, pp. 241 sgg. [Wer Tragodien schreiben wil muB in Historien oder Geschicht-Biichem, so wol der Alten als Neuen trefflich seyn beschlagen er muB die Wdtund Staats-Handel als worinn die eigentliche Politica bestehet griindlich wissen .... wissen wie einem Konige oder Fiirsten zu muthe sey so wol zu Krieges- als Friedens-Zeiten wie man Land und Leute regieren bey dem Regiment sich erhalten allen schiidlichen Ratschlagen steuren was man fiir Griffe miisse gebrauchen wann man sich ins Regiment dringen andere verjagen ja wol gar auB dem Wege riiumen wolle. In Summa die Regier-Kunst muB er so fertig als seine Muttersprache verstehen].
Il dramma barocco tedesco
stesso della storia: bastava semplicemente trovare le parole. Ma anche cosf non ci si decideva a sentirsi liberi. Anche se Haugwitz era il meno dotato tra i drammaturghi barocchi, anzi l'unico a non essere dotato affatto, attribuire le note della sua Maria Stuarda a pura imperizia significherebbe ~sconoscere la te~nica. ~el dramma in generale. Egli si lamenta di aver avuto a dispos1z~one, n:l redigere l'opera, un'unica fonte- lo Hoher Trauers~l di Franclscus Erasmus- tanto da essere stato costretto «a segmre troppo da vicino le parole del traduttore»10
• Il medesimo atteggiamento. porta in Lohenstein, a un corpus di note che compete per amp1ezza c;n il testo dei drammi, e, nelle note finali del Papinian di Gryphius - che gli è anche qui superiore nello spirito e nella forma - alle parole: «Tanto per questa volta. Ma perché tanto? Quel che ho scritto è inutile per i dotti, per gli ignoranti è ancora troppo poc0»1 ~. Come oggi la parola «tragico», cosi, e a maggior ragione nel Selcento il termine Trauerspiel si riferiva ugualmente all'opera teatrale~ alla realtà storica. Persino lo stile testimonia quanto le due cose fossero vicine nella coscienza dei contemporanei. Quello che si è soliti bollare come« ampolloso» nelle pièces teatrali, si potrebbe descrivere in molti casi con le stesse parole con cui Erdmannsdorffer caratterizza il tono delle fonti storiche in quei decenni: «In tutti i documenti che parlano di guerra e dei disastri della guerra si avverte una ridondanza di toni lamentosi, quasi piagnucolosi, che tende a diventare maniera; un continuo, per cosf dire, torcersi le mani, è diventato ovunque il modo di esprimersi abituale. Mentre la miseria, per quanto grande, aveva tuttavia mutevoli gradi, per descriverla gli scritti del tempo quasi non conosco~o le sfumature»12. L'adeguarsi della scena teatrale a quella stor1ca comportava una conseguenza radicale: che all'esercizio della poesia avrebbe dovuto essere chiamato in primo luogo lo stesso mandatario dei destini storici. Ecco allora come esordisce il prologo di Opitz alle Troiane: «Comporre drammi è stato in passato o~cupazione di imperatori, principi, grandi eroi e persone esperte di mon-
10 AUGUST ADOLPH voN HAUGWITZ, Prodromus Poeticus, Oder: Poetischer Vortrab [Prodromus Poeticus, ovvero: L'Avanguardia poetica], Dresden .. x684, p. 78. [Colpev?l~ innocenza. Ovvero Maria Stuarda, Regina eli Scozia]. [ ... an defi Ubersetzers cles FranClSCI W or· te allzusehr habe binden miissen]. .
11 ANDREAS GRYPHIUS, Trauerspiele, a cura eli H. Palm, Tiibingen x.88z, p. 635 (Amiqus Pau/us Papinianus, note). [Und so viel vor diesesmal. Warum aber so vtel? Gelehreten w~rd clieses umsonst geschrieben, ungelehrten ist es noch.zu wenig]. .. . . .
12 BERNHARD ERDMANNSOORFFER, Deutsche Geschzchte vom West/alischen Fneden b1s zum Regierungsantritt Friedrich's des Groften, r684-I740, Berlin x892, vol. l, p. xo2.
Dramma e tragedia (r) .39
do. In questa schiera, Giulio Cesare nella sua giovenru affrontò il tema di Edipo, Augusto quello di Achille ed Ajace, Mecenate quello di Prometeo, Cassio Severo Parmense, Pomponio Secondo, Nerone e altri ancora temi dello stesso genere»13
• Klai segue Opitz e sostiene che «non è difficile dimostrare coine anche il comporre drammi sia stato proprio degli imperatori, dei principi, dei grandi eroi e delle persone esperte del mondo, ma non di gente volgare»14 •
Senza spingersi fino a queste esagerazioni, anche Harsdorffer, amico e maestro di Klai, prospetta una serie di corrispondenze, un po' nebulose, tra i vari ceti e le varie forme teatrali: corrispondenze che riguardano la materia scenica come anche i lettori, gli attori e gli autori stessi. Tra i vari ceti, a quello contadino corrisponde allora il dramma pastorale, a quello borghese la commedia, a quello principesco non solo il romanzo ma anche il dramma. Ma queste teorie finivano per avere un loro «rovescio» buffonesco. Gli intrighi di stato sconfinavano sull'arena letteraria, Hunold e Wernicke si accusano a vicenda presso il re di Spagna e d'Inghilterra.
Il sovrano rappresenta la storia. Tiene in mano l'accadere storico come uno scettro. Questa concezione è tutt'altro che una prerogativa della gente di teatro. Alla sua base sta infatti una teoria giuridica dello stato. Attraverso un ultimo confronto con le teorie giuridiche del Medioevo, il XVII secolo vide formarsi un nuovo concetto di sovranità. Al centro della disputa vi era il vecchio caso scolastico del tirannicidio. Tra i generi di tirannia che la vecchia dottrina dello stato distingueva, quello dell'usurpatore era sempre stato trattato in maniera estremamente controversa. La Chiesa lo aveva abbandonato al suo destino, ma si continuava a discutere se il segnale dell'eliminazione dell'usurpatore dovesse venire dal popolo, dall'anti-re, oppure unicamente dalla curia. La presa di posizione della Chiesa non aveva perso d'attualità; proprio in un secolo di guer.re di religione il clero si atteneva a una dottrina che gli metteva nelle mani armi efficaci contro i principi
u MARTIN OPITZ, L.Annaei Senecae Tro;anerinnen, Wittenberg x625, p. x. [Trawerspiele tichten ist vorzeiten Keyser Fiirsten grosser Helden wnd Weltweiser Leute thun gewesen. Aus clieser zahl haben Julius Cesar in seiner jugend den Oedipus Augustus den Achilles wnd Ajax Mecenas den Prometheus Cassius Severus Parmensis, Pomponius Secundus Nero wnd andere sonsten was dergleichen vor sich genommen].
"JOHANN KLAI, cit. in KARL WEISS, Die Wiener Haupt- und Staatsactionen. Ein Beitrag zur Geschichte des deutschen Theaters, Wien 1854, p. 14. [ ... es sei unschwer zu erweisen, wie selbst das Trauerspielclichten nur der Kaiser, Fiirsten, groBer Helden und Weltweisen, nicht aber schlechter Leute Thun gewesen].
Il dramma barocco tedesco
stesso della storia: bastava semplicemente trovare le parole. Ma anche cosf non ci si decideva a sentirsi liberi. Anche se Haugwitz era il meno dotato tra i drammaturghi barocchi, anzi l'unico a non essere dotato affatto, attribuire le note della sua Maria Stuarda a pura imperizia significherebbe ~sconoscere la te~nica. ~el dramma in generale. Egli si lamenta di aver avuto a dispos1z~one, n:l redigere l'opera, un'unica fonte- lo Hoher Trauers~l di Franclscus Erasmus- tanto da essere stato costretto «a segmre troppo da vicino le parole del traduttore»10
• Il medesimo atteggiamento. porta in Lohenstein, a un corpus di note che compete per amp1ezza c;n il testo dei drammi, e, nelle note finali del Papinian di Gryphius - che gli è anche qui superiore nello spirito e nella forma - alle parole: «Tanto per questa volta. Ma perché tanto? Quel che ho scritto è inutile per i dotti, per gli ignoranti è ancora troppo poc0»1 ~. Come oggi la parola «tragico», cosi, e a maggior ragione nel Selcento il termine Trauerspiel si riferiva ugualmente all'opera teatrale~ alla realtà storica. Persino lo stile testimonia quanto le due cose fossero vicine nella coscienza dei contemporanei. Quello che si è soliti bollare come« ampolloso» nelle pièces teatrali, si potrebbe descrivere in molti casi con le stesse parole con cui Erdmannsdorffer caratterizza il tono delle fonti storiche in quei decenni: «In tutti i documenti che parlano di guerra e dei disastri della guerra si avverte una ridondanza di toni lamentosi, quasi piagnucolosi, che tende a diventare maniera; un continuo, per cosf dire, torcersi le mani, è diventato ovunque il modo di esprimersi abituale. Mentre la miseria, per quanto grande, aveva tuttavia mutevoli gradi, per descriverla gli scritti del tempo quasi non conosco~o le sfumature»12. L'adeguarsi della scena teatrale a quella stor1ca comportava una conseguenza radicale: che all'esercizio della poesia avrebbe dovuto essere chiamato in primo luogo lo stesso mandatario dei destini storici. Ecco allora come esordisce il prologo di Opitz alle Troiane: «Comporre drammi è stato in passato o~cupazione di imperatori, principi, grandi eroi e persone esperte di mon-
10 AUGUST ADOLPH voN HAUGWITZ, Prodromus Poeticus, Oder: Poetischer Vortrab [Prodromus Poeticus, ovvero: L'Avanguardia poetica], Dresden .. x684, p. 78. [Colpev?l~ innocenza. Ovvero Maria Stuarda, Regina eli Scozia]. [ ... an defi Ubersetzers cles FranClSCI W or· te allzusehr habe binden miissen]. .
11 ANDREAS GRYPHIUS, Trauerspiele, a cura eli H. Palm, Tiibingen x.88z, p. 635 (Amiqus Pau/us Papinianus, note). [Und so viel vor diesesmal. Warum aber so vtel? Gelehreten w~rd clieses umsonst geschrieben, ungelehrten ist es noch.zu wenig]. .. . . .
12 BERNHARD ERDMANNSOORFFER, Deutsche Geschzchte vom West/alischen Fneden b1s zum Regierungsantritt Friedrich's des Groften, r684-I740, Berlin x892, vol. l, p. xo2.
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do. In questa schiera, Giulio Cesare nella sua giovenru affrontò il tema di Edipo, Augusto quello di Achille ed Ajace, Mecenate quello di Prometeo, Cassio Severo Parmense, Pomponio Secondo, Nerone e altri ancora temi dello stesso genere»13
• Klai segue Opitz e sostiene che «non è difficile dimostrare coine anche il comporre drammi sia stato proprio degli imperatori, dei principi, dei grandi eroi e delle persone esperte del mondo, ma non di gente volgare»14 •
Senza spingersi fino a queste esagerazioni, anche Harsdorffer, amico e maestro di Klai, prospetta una serie di corrispondenze, un po' nebulose, tra i vari ceti e le varie forme teatrali: corrispondenze che riguardano la materia scenica come anche i lettori, gli attori e gli autori stessi. Tra i vari ceti, a quello contadino corrisponde allora il dramma pastorale, a quello borghese la commedia, a quello principesco non solo il romanzo ma anche il dramma. Ma queste teorie finivano per avere un loro «rovescio» buffonesco. Gli intrighi di stato sconfinavano sull'arena letteraria, Hunold e Wernicke si accusano a vicenda presso il re di Spagna e d'Inghilterra.
Il sovrano rappresenta la storia. Tiene in mano l'accadere storico come uno scettro. Questa concezione è tutt'altro che una prerogativa della gente di teatro. Alla sua base sta infatti una teoria giuridica dello stato. Attraverso un ultimo confronto con le teorie giuridiche del Medioevo, il XVII secolo vide formarsi un nuovo concetto di sovranità. Al centro della disputa vi era il vecchio caso scolastico del tirannicidio. Tra i generi di tirannia che la vecchia dottrina dello stato distingueva, quello dell'usurpatore era sempre stato trattato in maniera estremamente controversa. La Chiesa lo aveva abbandonato al suo destino, ma si continuava a discutere se il segnale dell'eliminazione dell'usurpatore dovesse venire dal popolo, dall'anti-re, oppure unicamente dalla curia. La presa di posizione della Chiesa non aveva perso d'attualità; proprio in un secolo di guer.re di religione il clero si atteneva a una dottrina che gli metteva nelle mani armi efficaci contro i principi
u MARTIN OPITZ, L.Annaei Senecae Tro;anerinnen, Wittenberg x625, p. x. [Trawerspiele tichten ist vorzeiten Keyser Fiirsten grosser Helden wnd Weltweiser Leute thun gewesen. Aus clieser zahl haben Julius Cesar in seiner jugend den Oedipus Augustus den Achilles wnd Ajax Mecenas den Prometheus Cassius Severus Parmensis, Pomponius Secundus Nero wnd andere sonsten was dergleichen vor sich genommen].
"JOHANN KLAI, cit. in KARL WEISS, Die Wiener Haupt- und Staatsactionen. Ein Beitrag zur Geschichte des deutschen Theaters, Wien 1854, p. 14. [ ... es sei unschwer zu erweisen, wie selbst das Trauerspielclichten nur der Kaiser, Fiirsten, groBer Helden und Weltweisen, nicht aber schlechter Leute Thun gewesen].
40 Il dramma barocco tedesco
ostili. Le pretese teocrati~e ~ ~uella. dott:ina era~o resp~nte d~ protestantesimo, che con l ucclSlone di Enr1co ~V~ Francra ~a~se definitivamente alla berlina. E con la pubblicazione degli articoli gallicani del r682 cad?e anche _I'ultin:o. ~~uardo della dottrina teocratica dello stato: l assoluta mtang1bilita del sovrano che la curia aveva difeso con tanto accanimento. Questa dottrina estremista del potere sovrano era, nelle sue origini controriformiste, piu acuta e profonda della sua riformulazione moderna. Se~ moderno concetto di sovranità porta al supremo potere esecutivo d.a parte del principe, qu:llo b~occo si sv~uppa a p~e .da 1;ma discussione sullo stato d1 ecceziOne, e attnbwsce al prmcrpe il compito supremo di ev~tarlo15 • Chi e~ercita il do~o è .destinato fin dall'inizio a essere il detentore di un potere dittatoriale nello stato d'eccezione, ove questo sia determinato dalla guerra? dali~ r~volta o da altre catastrofi. Questa concezione è contronformlstlca. Dal ricco sentimento vitale proprio del Rinascimento si emancipa il suo elemento dispotico-mondano, per sviluppare fino alle estreme conseguenze l'idea di una stabilità assoluta, di una piena restaurazione insieme ecclesiastica e statale. Una di queste conseguenze è l'esigenza di-un principato il cui status giuridico-politico garantisca la continuità di quella vita associata che fiorisce attraverso le armi e le scienze, le arti e il clero. La mentalità giuridicoteologica che contraddistingue l'intero secolo16 esprime quella tensione irrisolta verso la trascendenza che sta alla base del Barocco e dei suoi accenti provocatoriamente mondani. Perché all'ideale storico della Restaurazione si contrappone frontalmente, nel Barocco, l'idea di catastrofe. E proprio su questa antitesi viene coniata la teoria dello stato d'eccezione. Cosi, se si vuole spiegare come mai «la viva coscienza del significato del caso eccezionale, che domina il giusnaturalismo del XVII secolo»17
, vada in seguito perduta, non sarà sufficiente ~amar~ in c~usa la maggior: st~~ilità politica del secolo successivo. Se infatti «per Kant ... il dmtto d'eccezione non è piu affatto un diritto»18
, ciò dipende dal suo razionalismo teologico. L'uomo religioso del Barocco si aggrappa tantò al mondo perché si sente trascinato insieme còn esso verso
" Cfr. CARL scHMITT, Politische Theologie. Vier K.apite/ zur Lehre von der Souveriinitiit, Miinchen-Leipzig 1922, pp. II sgg.
16 Cfr. AUGUST KOBERSTEIN Geschichte der deutschen Nationailiteratur vom An/ang des siebzehnten bis zum zweiten Vierlel des achtzehnten ]ahrhunderts, Leipzig 1872, p. 15.
17 scHMITT, Politische Theologie cit., p. 14. "Ibid.
Dramma e tragedia (I) 41
una cataratta. Non esiste alcuna escatologia barocca, ma un meccanismo che accumula ed esalta i frutti della terra prima di consegnarli alla morte. L'aldilà è svuotato di tutto ciò in cui spii-a il benché minimo alito di mondo, e ad esso il Barocco strappa una quantità di cose che prima si sottraevano a ogni raffigurazione [Gestaltung] per portarle alla luce, al suo culmine, con drastica violenza: resta cosi sgombro un ultimo cielo, un puro vuoto che potrà annientare dentro di sé, con catastrofica violenza, la terra. Alla stessa situazione allude, in altri termini, la tesi secondo cui il naturalismo barocco sarebbe «l'arte delle minime distanze ... In ogni caso il mezzo naturalistico serve ad abbreviare le distanze ... Proprio per poter riguadagnare di slancio le sublimità della forma e i vestiboli del metafisica, esso cerca di far leva sul terreno degli oggetti e dell'attualità piu vivente»19
• Le forme esaltate del bizantinismo barocco non rinnegano dunque la tensione tra mondo e trascendenza. Hanno un suono inquieto e la sazietà di un compiuto emanatismo è loro estranea. La prefazione agli Heldenbriefe [Lettere degli eroi] dice: «Nutro la consolante fiducia che non sia considerato troppo ostilmente il mio ardire, di aver io rinnovellato quei moti amorosi da lungo tempo svaniti di alcune illustri casate che io devotamente onoro, e sono anzi pronto a venerare, se non è contrario a Iddio»20
• Insuperabile è Birken: quanto piu in alto stanno i personaggi, tanto piu agevole è tesserne la lode: «che spetta eminentemente a Dio e ai pii dèi terreni»21 • Non sarà per caso un equivalente piccolo borghese dei cortei regali dipinti da Rubens? «<n essi il principe appare non solo come l'eroe di un antico trionfo, ma è anche posto in rapporto diretto con es- . seri divini, èhe lo servono e lo festeggiano: ed è cosi divinizzato egli stesso. Personaggi terrestri e celesti si mescolano nel suo seguito, subordinandosi alla stessa idea di glorificazione»22 • Ma quest'ultima rimane pagana. Nel dramma barocco il monarca e i martiri non si sottraggono all'immanenza. All'iperbole teologica si aggiunge
"HAUSENSTEIN, Vom Geist des Barock cit., p. 42. 20
CHRISTIAN HOFMANN VON HOFMANNSWALDAU, He/den-Briefe, Leipzig-Bre.Blau 168o, pp. 8 sgg. [Wie ich denn der trostlichen Zuversicht lebe es werde meine Kiihnheit daB ich etlicher erlauchten Hiiuser die ich unterthiinigst ehre auch dafern es nicht wieder Gott were anzubeten bereit bin, liingstverrauchte Liebes Regungen zuerfrischen mich unterstanden nicht allzufeindseelig angesehen werden].
21 BIRKEN, Deutsche Redebind- und Dichtkunst cit., p. 242. [ ... als welches fiirnemlich
Gott und frommen ErdGOttern gebiihret]. 22 [Fonte ignota. L'indicazione fornita da Benjamin (WBRNBR WBISBACH, Der Barock
als Kunst der Gegenreformation, Berlin 192 x) è erronea perché il passo non si trova in questo libro].
40 Il dramma barocco tedesco
ostili. Le pretese teocrati~e ~ ~uella. dott:ina era~o resp~nte d~ protestantesimo, che con l ucclSlone di Enr1co ~V~ Francra ~a~se definitivamente alla berlina. E con la pubblicazione degli articoli gallicani del r682 cad?e anche _I'ultin:o. ~~uardo della dottrina teocratica dello stato: l assoluta mtang1bilita del sovrano che la curia aveva difeso con tanto accanimento. Questa dottrina estremista del potere sovrano era, nelle sue origini controriformiste, piu acuta e profonda della sua riformulazione moderna. Se~ moderno concetto di sovranità porta al supremo potere esecutivo d.a parte del principe, qu:llo b~occo si sv~uppa a p~e .da 1;ma discussione sullo stato d1 ecceziOne, e attnbwsce al prmcrpe il compito supremo di ev~tarlo15 • Chi e~ercita il do~o è .destinato fin dall'inizio a essere il detentore di un potere dittatoriale nello stato d'eccezione, ove questo sia determinato dalla guerra? dali~ r~volta o da altre catastrofi. Questa concezione è contronformlstlca. Dal ricco sentimento vitale proprio del Rinascimento si emancipa il suo elemento dispotico-mondano, per sviluppare fino alle estreme conseguenze l'idea di una stabilità assoluta, di una piena restaurazione insieme ecclesiastica e statale. Una di queste conseguenze è l'esigenza di-un principato il cui status giuridico-politico garantisca la continuità di quella vita associata che fiorisce attraverso le armi e le scienze, le arti e il clero. La mentalità giuridicoteologica che contraddistingue l'intero secolo16 esprime quella tensione irrisolta verso la trascendenza che sta alla base del Barocco e dei suoi accenti provocatoriamente mondani. Perché all'ideale storico della Restaurazione si contrappone frontalmente, nel Barocco, l'idea di catastrofe. E proprio su questa antitesi viene coniata la teoria dello stato d'eccezione. Cosi, se si vuole spiegare come mai «la viva coscienza del significato del caso eccezionale, che domina il giusnaturalismo del XVII secolo»17
, vada in seguito perduta, non sarà sufficiente ~amar~ in c~usa la maggior: st~~ilità politica del secolo successivo. Se infatti «per Kant ... il dmtto d'eccezione non è piu affatto un diritto»18
, ciò dipende dal suo razionalismo teologico. L'uomo religioso del Barocco si aggrappa tantò al mondo perché si sente trascinato insieme còn esso verso
" Cfr. CARL scHMITT, Politische Theologie. Vier K.apite/ zur Lehre von der Souveriinitiit, Miinchen-Leipzig 1922, pp. II sgg.
16 Cfr. AUGUST KOBERSTEIN Geschichte der deutschen Nationailiteratur vom An/ang des siebzehnten bis zum zweiten Vierlel des achtzehnten ]ahrhunderts, Leipzig 1872, p. 15.
17 scHMITT, Politische Theologie cit., p. 14. "Ibid.
Dramma e tragedia (I) 41
una cataratta. Non esiste alcuna escatologia barocca, ma un meccanismo che accumula ed esalta i frutti della terra prima di consegnarli alla morte. L'aldilà è svuotato di tutto ciò in cui spii-a il benché minimo alito di mondo, e ad esso il Barocco strappa una quantità di cose che prima si sottraevano a ogni raffigurazione [Gestaltung] per portarle alla luce, al suo culmine, con drastica violenza: resta cosi sgombro un ultimo cielo, un puro vuoto che potrà annientare dentro di sé, con catastrofica violenza, la terra. Alla stessa situazione allude, in altri termini, la tesi secondo cui il naturalismo barocco sarebbe «l'arte delle minime distanze ... In ogni caso il mezzo naturalistico serve ad abbreviare le distanze ... Proprio per poter riguadagnare di slancio le sublimità della forma e i vestiboli del metafisica, esso cerca di far leva sul terreno degli oggetti e dell'attualità piu vivente»19
• Le forme esaltate del bizantinismo barocco non rinnegano dunque la tensione tra mondo e trascendenza. Hanno un suono inquieto e la sazietà di un compiuto emanatismo è loro estranea. La prefazione agli Heldenbriefe [Lettere degli eroi] dice: «Nutro la consolante fiducia che non sia considerato troppo ostilmente il mio ardire, di aver io rinnovellato quei moti amorosi da lungo tempo svaniti di alcune illustri casate che io devotamente onoro, e sono anzi pronto a venerare, se non è contrario a Iddio»20
• Insuperabile è Birken: quanto piu in alto stanno i personaggi, tanto piu agevole è tesserne la lode: «che spetta eminentemente a Dio e ai pii dèi terreni»21 • Non sarà per caso un equivalente piccolo borghese dei cortei regali dipinti da Rubens? «<n essi il principe appare non solo come l'eroe di un antico trionfo, ma è anche posto in rapporto diretto con es- . seri divini, èhe lo servono e lo festeggiano: ed è cosi divinizzato egli stesso. Personaggi terrestri e celesti si mescolano nel suo seguito, subordinandosi alla stessa idea di glorificazione»22 • Ma quest'ultima rimane pagana. Nel dramma barocco il monarca e i martiri non si sottraggono all'immanenza. All'iperbole teologica si aggiunge
"HAUSENSTEIN, Vom Geist des Barock cit., p. 42. 20
CHRISTIAN HOFMANN VON HOFMANNSWALDAU, He/den-Briefe, Leipzig-Bre.Blau 168o, pp. 8 sgg. [Wie ich denn der trostlichen Zuversicht lebe es werde meine Kiihnheit daB ich etlicher erlauchten Hiiuser die ich unterthiinigst ehre auch dafern es nicht wieder Gott were anzubeten bereit bin, liingstverrauchte Liebes Regungen zuerfrischen mich unterstanden nicht allzufeindseelig angesehen werden].
21 BIRKEN, Deutsche Redebind- und Dichtkunst cit., p. 242. [ ... als welches fiirnemlich
Gott und frommen ErdGOttern gebiihret]. 22 [Fonte ignota. L'indicazione fornita da Benjamin (WBRNBR WBISBACH, Der Barock
als Kunst der Gegenreformation, Berlin 192 x) è erronea perché il passo non si trova in questo libro].
n dramma barocco tedesco
un'argomentazione cosmologica assai diffusa: il paragone tra il principe e il sole ricorre innumerevoli volte attraverso la letteratura dell'epoca. E con questo s'intende sottolineare l'unicità di questa istanza suprema:
Wer iemand auf den thron An seine seiten setzt, ist wiirdig, daB man cron Und purpur ihm entzieh. Ein fiirst und eine sonnen Sind vor die welt und reich2
'.
Der Rimmel kan nur eine Sonne leiden Zwey konnen nicht im Thron' und Eh-Bett weiden24
•
Cosi dice l'Ambizione [Ehnucht] nella Mariamne di Hallmann. Con quanta facilità questa metafora potesse poi estendersi dalla definizione giuridica del singolo potere sovrano a un ideale grandioso di sovranità cosmica - un ideale tanto congeniale alla passione teocratica barocca, quanto incompatibile con la sua ragion di stato - lo si apprende da una notevole osservazione dell'Idea de un principe politico cristiano representada en cien empresas di Saavedra Fajardo. A proposito di un'incisione allegorica raffigurante un'eclisse solare con la dicitura Praesentia nocet (se. lunae) si spiega come i principi debbano evitare la vicinanza reciproca'. «I principi mantengono vicendevolmente una buona amicizia per mezzo dei loro subalterni e mediante lettere; ma là dove, a proposito di qualche cosa, vogliono tra loro discutere, ben presto, dalla presenza deriva sospetto e ripugnanza, poiché l'uno non trova nell'altro ciò che aveva immaginato ci fosse, e nessuno di loro giudica se stesso, poiché comunemente non c'è uno di loro che piu di quanto per diritto gli spetta essere non voglia. L'incontro e la presenza dei principi è una guerra permanente, nella quale si lotta soltanto per la propria pompa e ciascuno vuoi avere il sopravvento e lotta contro l'altro per ottenere la vittoria»25.
"GRYPHIUS, Trrmerspiele cit., p. 6x (Leo Armenius, II, pp. 433 sgg.). [Chi metta qualcuno su un trono l Al fianco suo, è degno che gli si tolga l Porpora e corona. Un solo principe e un solo sole l Vi sono per il mondo e per i regni].
24 JOHANN CHRISTIAN HAU.MANN, Trauer- Freuden- und Schàffer-Spiele [Drammi, commedie e drammi pastorali] Breillau, s. d. [I684], p. I7 [Die beleidigte Liebe oder die groftmutige Mariamne]. [Il cielo può tollerare un solo sole, l Due non possono pascolare in trono e nel letto nuziale].
" DIEGO SAA VEDRA FAJARDO, Abris Eines Christlich-Politischen Printzens, Coloniae I 67 4, p. 897. [Die Fiirsten die erhalten vntereinander gute freundtschafft vermittelst deroselbigen bedienten vnd brieffen; wo sie sich aber wollen wegen einiger sachen selbsten vnter einander bereden alsobaldt entstehen nur auB dem angesicht allerhand verdacht vnd wie-
Dramma e tragedia (r) 43
Di qui.la predilezione per la storia orientale, dove la monarchia ~ssoluta s~ presentava c_on uno sf~o ignoto all'Occidente. Cosi, m Catharzna von Georgzen, Gryphius ricorre allo scià di Persia e Lohenstein, nel primo e nell'ultimo dei suoi drammi, al sultana~o. Ma la parte principale è riservata all'impero bizantino che aveva ~asi teocratiche. Cominciò a quell'epoca «la scoperta'e lo studio s1~tem~ti~o .della _le~teratura bizantina ... con le gr aridi edizioni degli storici btzantml ... ad ope.ra di eruditi francesi come Du Cange, Combefis, Maltrait e altri»26. Questi storici, specialmente Cedreno e Zo.n~a •. erano molto letti, e forse non solo per le sanguinose descr1z1om che costellavano le loro cronache sul destino d~~'imp~ro ro~ano d'Or~ente, ma anche per il gusto delle immagini esotiche. L Influsso d1 queste fonti continuò a crescere nel corso del xvn e ~nc?e del xvm secolo. Poiché quanto piu, sul finire del barocco, il tiranno del Trauerspiel andava trasformandosi in comprima?o! per tr~:>vare quindi una fine non ingloriosa nelle farse v1ennes1 di Stramtzky, tanto piu adatte si dimostravano le cronache, grondanti efferatezze, della seconda Roma. La parola d'ordine è ~llora: « S.i imp~cc~, si bruci, si arroti, grondi di sangue e anneghi nello Stlge chi c1 offende (fa di tutto un mucchio e se ne va adirato) »17
• Oppure: «Fiorisca la giustizia domini la crudeltà trionfin? il delitto .e la tirannia, affinché Ven~eslao possa salire s~ cadaveri grondanti come fossero gradini verso il suo trono vittorioso»28. A quello che era l'epilogo delle Haupt- und Staatsaktionen29 nell'opera nordica corrisponde questo finale vi ennese nel se-
d~rwillen dan .es findet einer in dem anderen das jenige nit was er ihm eingebildet auch ~emandt a~ ihnen ermist sich selbsten weil gemeiniglich keiner auB ihnen nit ist welcher rut mehr al~ ihm von rechts wegen zukombt seyn will. Die Fiirstliche zusammenkunfft vnd g~ge~w:u-t tst ein immerwehrender krieg in welchem man nur vmb die gepreng streitet vnd wil em Jeder den vorzug haben vnd streitet mit dem anderen vmb den Sieg].
26 KARL KR~ACHER, Die griechische Literatur des Mittelalters, in Die Kultur der Ge
g~art. Ihre En~zcklun~ und ihre Zie/e, a cura di P. Hinneberg, parte I, sezione 8: Die griechtSc~e und latezmsch~ Ltteratu_r und Sprache, Leipzig-Berlin I9I 2, p. 367.
. [ANoNIMo], Dze. G(orrezche Marter ]oannes von Nepomuck [Il glorioso martire Giov~nru Nepomuceno] ~~t. m WEiss! Die Wiener Haupt- und Staatsactionen cit., p. 1 54. [Man h~e brenne;! man. radere, es trleffe in bluth und ersauffe im Styx wer Uns beleidiget. (Wirfft alles uber em hauffen und geht zornig ab)].
28 Ibid., p. I 20. [Es bl~e die gerechtigkeit, es hersche die grausambkeit, es triumphi· re Mo;d un~ tyranney, darrut W_enceslaus auf bluthschaumenden leichen statt der _stuffen auf setnen Steghafften thron stetgen konne].
:• [Haupt- ~n4Staats~~tion. (l~tt.: azione principale e di stato). Il termine- coniato con funztone spre~pattva. d~ illum~rusta G~ttsche~ - designa i drammi in voga intorno al x 700
ne~a Germarua mendionale e m.A?st:ta (specte a Vienna), prodotti epigonali e popolareschi del teatro barocco. Haupt· st rifertsce al fatto che esst costituivano lo spettacolo prin-
n dramma barocco tedesco
un'argomentazione cosmologica assai diffusa: il paragone tra il principe e il sole ricorre innumerevoli volte attraverso la letteratura dell'epoca. E con questo s'intende sottolineare l'unicità di questa istanza suprema:
Wer iemand auf den thron An seine seiten setzt, ist wiirdig, daB man cron Und purpur ihm entzieh. Ein fiirst und eine sonnen Sind vor die welt und reich2
'.
Der Rimmel kan nur eine Sonne leiden Zwey konnen nicht im Thron' und Eh-Bett weiden24
•
Cosi dice l'Ambizione [Ehnucht] nella Mariamne di Hallmann. Con quanta facilità questa metafora potesse poi estendersi dalla definizione giuridica del singolo potere sovrano a un ideale grandioso di sovranità cosmica - un ideale tanto congeniale alla passione teocratica barocca, quanto incompatibile con la sua ragion di stato - lo si apprende da una notevole osservazione dell'Idea de un principe politico cristiano representada en cien empresas di Saavedra Fajardo. A proposito di un'incisione allegorica raffigurante un'eclisse solare con la dicitura Praesentia nocet (se. lunae) si spiega come i principi debbano evitare la vicinanza reciproca'. «I principi mantengono vicendevolmente una buona amicizia per mezzo dei loro subalterni e mediante lettere; ma là dove, a proposito di qualche cosa, vogliono tra loro discutere, ben presto, dalla presenza deriva sospetto e ripugnanza, poiché l'uno non trova nell'altro ciò che aveva immaginato ci fosse, e nessuno di loro giudica se stesso, poiché comunemente non c'è uno di loro che piu di quanto per diritto gli spetta essere non voglia. L'incontro e la presenza dei principi è una guerra permanente, nella quale si lotta soltanto per la propria pompa e ciascuno vuoi avere il sopravvento e lotta contro l'altro per ottenere la vittoria»25.
"GRYPHIUS, Trrmerspiele cit., p. 6x (Leo Armenius, II, pp. 433 sgg.). [Chi metta qualcuno su un trono l Al fianco suo, è degno che gli si tolga l Porpora e corona. Un solo principe e un solo sole l Vi sono per il mondo e per i regni].
24 JOHANN CHRISTIAN HAU.MANN, Trauer- Freuden- und Schàffer-Spiele [Drammi, commedie e drammi pastorali] Breillau, s. d. [I684], p. I7 [Die beleidigte Liebe oder die groftmutige Mariamne]. [Il cielo può tollerare un solo sole, l Due non possono pascolare in trono e nel letto nuziale].
" DIEGO SAA VEDRA FAJARDO, Abris Eines Christlich-Politischen Printzens, Coloniae I 67 4, p. 897. [Die Fiirsten die erhalten vntereinander gute freundtschafft vermittelst deroselbigen bedienten vnd brieffen; wo sie sich aber wollen wegen einiger sachen selbsten vnter einander bereden alsobaldt entstehen nur auB dem angesicht allerhand verdacht vnd wie-
Dramma e tragedia (r) 43
Di qui.la predilezione per la storia orientale, dove la monarchia ~ssoluta s~ presentava c_on uno sf~o ignoto all'Occidente. Cosi, m Catharzna von Georgzen, Gryphius ricorre allo scià di Persia e Lohenstein, nel primo e nell'ultimo dei suoi drammi, al sultana~o. Ma la parte principale è riservata all'impero bizantino che aveva ~asi teocratiche. Cominciò a quell'epoca «la scoperta'e lo studio s1~tem~ti~o .della _le~teratura bizantina ... con le gr aridi edizioni degli storici btzantml ... ad ope.ra di eruditi francesi come Du Cange, Combefis, Maltrait e altri»26. Questi storici, specialmente Cedreno e Zo.n~a •. erano molto letti, e forse non solo per le sanguinose descr1z1om che costellavano le loro cronache sul destino d~~'imp~ro ro~ano d'Or~ente, ma anche per il gusto delle immagini esotiche. L Influsso d1 queste fonti continuò a crescere nel corso del xvn e ~nc?e del xvm secolo. Poiché quanto piu, sul finire del barocco, il tiranno del Trauerspiel andava trasformandosi in comprima?o! per tr~:>vare quindi una fine non ingloriosa nelle farse v1ennes1 di Stramtzky, tanto piu adatte si dimostravano le cronache, grondanti efferatezze, della seconda Roma. La parola d'ordine è ~llora: « S.i imp~cc~, si bruci, si arroti, grondi di sangue e anneghi nello Stlge chi c1 offende (fa di tutto un mucchio e se ne va adirato) »17
• Oppure: «Fiorisca la giustizia domini la crudeltà trionfin? il delitto .e la tirannia, affinché Ven~eslao possa salire s~ cadaveri grondanti come fossero gradini verso il suo trono vittorioso»28. A quello che era l'epilogo delle Haupt- und Staatsaktionen29 nell'opera nordica corrisponde questo finale vi ennese nel se-
d~rwillen dan .es findet einer in dem anderen das jenige nit was er ihm eingebildet auch ~emandt a~ ihnen ermist sich selbsten weil gemeiniglich keiner auB ihnen nit ist welcher rut mehr al~ ihm von rechts wegen zukombt seyn will. Die Fiirstliche zusammenkunfft vnd g~ge~w:u-t tst ein immerwehrender krieg in welchem man nur vmb die gepreng streitet vnd wil em Jeder den vorzug haben vnd streitet mit dem anderen vmb den Sieg].
26 KARL KR~ACHER, Die griechische Literatur des Mittelalters, in Die Kultur der Ge
g~art. Ihre En~zcklun~ und ihre Zie/e, a cura di P. Hinneberg, parte I, sezione 8: Die griechtSc~e und latezmsch~ Ltteratu_r und Sprache, Leipzig-Berlin I9I 2, p. 367.
. [ANoNIMo], Dze. G(orrezche Marter ]oannes von Nepomuck [Il glorioso martire Giov~nru Nepomuceno] ~~t. m WEiss! Die Wiener Haupt- und Staatsactionen cit., p. 1 54. [Man h~e brenne;! man. radere, es trleffe in bluth und ersauffe im Styx wer Uns beleidiget. (Wirfft alles uber em hauffen und geht zornig ab)].
28 Ibid., p. I 20. [Es bl~e die gerechtigkeit, es hersche die grausambkeit, es triumphi· re Mo;d un~ tyranney, darrut W_enceslaus auf bluthschaumenden leichen statt der _stuffen auf setnen Steghafften thron stetgen konne].
:• [Haupt- ~n4Staats~~tion. (l~tt.: azione principale e di stato). Il termine- coniato con funztone spre~pattva. d~ illum~rusta G~ttsche~ - designa i drammi in voga intorno al x 700
ne~a Germarua mendionale e m.A?st:ta (specte a Vienna), prodotti epigonali e popolareschi del teatro barocco. Haupt· st rifertsce al fatto che esst costituivano lo spettacolo prin-
44 Il dramma barocco tedesco
gno della parodia. Bine neue Tragodie, Betitult: Bernardon Die Getreue Prinzeftin Pumphia, Und Hanns- Wunt Der tyrannische TartarKulikan, Bine Parodie in liicherlichen Vmen [Una nuova tragedia, intitolata: Bernardone La Fedele Principessa Pumfia, E il Pagliaccio n tirannico Culicano dei Tartari, Una parodia in Versi per ridere)3°, col personaggio del tiranno col piede di lepre e della castità che si rifugia nel matrimonio, porta all'assurdo i motivi del grande dramma barocco. Ma anche la farsa viennese potrebbe portare come motto un passo di Gradan, da cui risulta come il ruolo del principe debba adattarsi forzatamente ad un modello e alle tinte estreme:«< re non si giudicano secondo la media. Li si annovera tra gli ottimi o tra i pessimi»H.
Ai <<pessimi» si rivolge il dramma imperniato sulla figura del tiranno, e il suo effetto è la paura; agli «ottimi» il dramma martirologico, il cui effetto è la compassione. Queste due forme rimangono curiosamente giustapposte solo finché non si considera l'aspetto giuridico della monarchia barocca. Se seguiamo invece le indicazioni dell'ideologia, esse appariranno strettamente complementari. Il tiranno e il martire sono, nel Barocco, i due volti di Giano della testa coronata. Sono le due modalità estreme, e necessarie, dell'essenza regale. Per quanto riguarda il tiranno, ciò è facilmente comprensibile. La teoria della sovranità, per la quale è esemplare lo stato d'eccezione con le prerogative dittatoriali che ne conseguono, impone senz' altro di intendere la figura del sovrano nel senso del tiranno. n dramma si preoccupa di attribuire al sovrano il gesto dell'autocrate, e di conferirgli le parole e le movenze del tiranno anche là dove la situazione non lo esige; cosf come solo in via eccezionale la pompa, la corona e lo scettro non accompagnavano l'entrata in scena del sovrano'2• Questo codice della regalità - ed è questo l'elemento barocco del quadro - viene mantenuto anche se la figura del sovrano precipita nell'abiezione. I discorsi solenni, con le loro infinite variazioni della massima «la porpora li copre»'\ risultano provocatori, ma si continua a prova-
cipale (cui seguiva uno piu breve, generalmente una farsa), Staats- alla tematica storico-po· lirica].
"'JOSEPH FELIX KURZ, Prinzessin Pumphia, Wien x883, p. x. ,. Lorentz Gratians Staats·kluger Catholischer Ferdinand, aus dem Spanischen iibersetzet
von Danid Caspern von Lohenstein, Brlilllau x676, p. 123. [Konige miBt man nach keinem MittelmaBe. Man rechnet sie entweder unter die gar guten oder unter die gar bOsen].
»Cfr. wn.u PLEMMING, Andreas Gryphius und die Biihne, Halle 1921, p. 386. "GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p, 212 (Catharina von Georgien, III, 438).
Dramma e tragedia (1) 45
re per loro un senso di ammirazione anche là dove il loro compito è di coprire il fratricidio, come nel Papinian di Gryphius, o l'incesto, come nella Agrippina di Lohenstein, o l'infedeltà, come nella Sophonisbe dello stesso, o l'uxoricidio come nella Mariamne di Hallmann. Proprio il personaggio di Erode, che compare continuamente sulle scene teatrali europee dell'epoca'\ è caratteristico per la concezione barocca del tiranno. La sua storia conferiva tratti estremamente avvincenti alla rappresentazione dell'eccesso regale. L'età barocca non è la prima, del resto, ad avvertire intorno alla figura del re un mistero terribile. Prima ancora di diventare, come autocrate delirante, un emblema della creazione decaduta, il cristianesimo primitivo lo conosceva già nei tratti, ancora piu spaventosi, dell'Anticristo. Tertulliano - e non è l'unico - parla di una setta, gli «Erodiani», che venerava Erode come un messia. Ma la sua vita non è stata solo oggetto di drammi. L'opera latina giovanile di Gryphius - il ciclo di Erode - mostra nel modo piu chiaro che cosa affascinava, nella figura di Erode, gli uomini del suo tempo: l'immagine del sovrano seicentesco, il vertice della creazione, nell'atto di esplodere nella sua furia come un vulcano, e di annientare se stesso insieme alla corte che lo circonda. La pittura si compiaceva di raffigurarlo mentre, tenendo tra le mani due neonati con l'intenzione di sfracellarli, veniva travolto dalla pazzia. Lo spirito del dramma regale si manifesta chiaramente in questo: che nella fine tipica del re dei Giudei sono intessuti anche i tratti della tragedia martirologica. Se infatti nel tiranno al culmine della sua frenesia si rivela la storia e insieme l'istanza che pone un limite ai suoi casi mutevoli, a favore del Cesare smarrito nell'ebbrezza del potere depone una sola cosa: vittima della dignità gerarchica illimitata di cui Dio lo ha investito, egli ricade.nella miseria della propria condizione umana.
L'antitesi tra l'assolutezza del potere sovrano e la sua effettiva capacità di governare crea nel dramma una caratteristica peculiare, che solo in apparenza è di maniera, e che è possibile mettere in chiaro solo a partire dalla teoria della sovranità. Si tratta dell'incapacità decisionale del tiranno. Il principe, che ha la facoltà di decidere sullo stato d'eccezione, mostra alla prima occasione che decidere gli è quasi impossibile. Come la pittura dei manieri-
,. Cfr. MARCUS LANDAU, Die Dramen von Herodes und Mariamne, in «Zeitschrift fiir vergleichende Litteratuxgeschichte», n.s., VIII (x895), pp. IJ5·2I2 e 279·.317; n.s., IX (1896), pp. 185·22_3.
44 Il dramma barocco tedesco
gno della parodia. Bine neue Tragodie, Betitult: Bernardon Die Getreue Prinzeftin Pumphia, Und Hanns- Wunt Der tyrannische TartarKulikan, Bine Parodie in liicherlichen Vmen [Una nuova tragedia, intitolata: Bernardone La Fedele Principessa Pumfia, E il Pagliaccio n tirannico Culicano dei Tartari, Una parodia in Versi per ridere)3°, col personaggio del tiranno col piede di lepre e della castità che si rifugia nel matrimonio, porta all'assurdo i motivi del grande dramma barocco. Ma anche la farsa viennese potrebbe portare come motto un passo di Gradan, da cui risulta come il ruolo del principe debba adattarsi forzatamente ad un modello e alle tinte estreme:«< re non si giudicano secondo la media. Li si annovera tra gli ottimi o tra i pessimi»H.
Ai <<pessimi» si rivolge il dramma imperniato sulla figura del tiranno, e il suo effetto è la paura; agli «ottimi» il dramma martirologico, il cui effetto è la compassione. Queste due forme rimangono curiosamente giustapposte solo finché non si considera l'aspetto giuridico della monarchia barocca. Se seguiamo invece le indicazioni dell'ideologia, esse appariranno strettamente complementari. Il tiranno e il martire sono, nel Barocco, i due volti di Giano della testa coronata. Sono le due modalità estreme, e necessarie, dell'essenza regale. Per quanto riguarda il tiranno, ciò è facilmente comprensibile. La teoria della sovranità, per la quale è esemplare lo stato d'eccezione con le prerogative dittatoriali che ne conseguono, impone senz' altro di intendere la figura del sovrano nel senso del tiranno. n dramma si preoccupa di attribuire al sovrano il gesto dell'autocrate, e di conferirgli le parole e le movenze del tiranno anche là dove la situazione non lo esige; cosf come solo in via eccezionale la pompa, la corona e lo scettro non accompagnavano l'entrata in scena del sovrano'2• Questo codice della regalità - ed è questo l'elemento barocco del quadro - viene mantenuto anche se la figura del sovrano precipita nell'abiezione. I discorsi solenni, con le loro infinite variazioni della massima «la porpora li copre»'\ risultano provocatori, ma si continua a prova-
cipale (cui seguiva uno piu breve, generalmente una farsa), Staats- alla tematica storico-po· lirica].
"'JOSEPH FELIX KURZ, Prinzessin Pumphia, Wien x883, p. x. ,. Lorentz Gratians Staats·kluger Catholischer Ferdinand, aus dem Spanischen iibersetzet
von Danid Caspern von Lohenstein, Brlilllau x676, p. 123. [Konige miBt man nach keinem MittelmaBe. Man rechnet sie entweder unter die gar guten oder unter die gar bOsen].
»Cfr. wn.u PLEMMING, Andreas Gryphius und die Biihne, Halle 1921, p. 386. "GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p, 212 (Catharina von Georgien, III, 438).
Dramma e tragedia (1) 45
re per loro un senso di ammirazione anche là dove il loro compito è di coprire il fratricidio, come nel Papinian di Gryphius, o l'incesto, come nella Agrippina di Lohenstein, o l'infedeltà, come nella Sophonisbe dello stesso, o l'uxoricidio come nella Mariamne di Hallmann. Proprio il personaggio di Erode, che compare continuamente sulle scene teatrali europee dell'epoca'\ è caratteristico per la concezione barocca del tiranno. La sua storia conferiva tratti estremamente avvincenti alla rappresentazione dell'eccesso regale. L'età barocca non è la prima, del resto, ad avvertire intorno alla figura del re un mistero terribile. Prima ancora di diventare, come autocrate delirante, un emblema della creazione decaduta, il cristianesimo primitivo lo conosceva già nei tratti, ancora piu spaventosi, dell'Anticristo. Tertulliano - e non è l'unico - parla di una setta, gli «Erodiani», che venerava Erode come un messia. Ma la sua vita non è stata solo oggetto di drammi. L'opera latina giovanile di Gryphius - il ciclo di Erode - mostra nel modo piu chiaro che cosa affascinava, nella figura di Erode, gli uomini del suo tempo: l'immagine del sovrano seicentesco, il vertice della creazione, nell'atto di esplodere nella sua furia come un vulcano, e di annientare se stesso insieme alla corte che lo circonda. La pittura si compiaceva di raffigurarlo mentre, tenendo tra le mani due neonati con l'intenzione di sfracellarli, veniva travolto dalla pazzia. Lo spirito del dramma regale si manifesta chiaramente in questo: che nella fine tipica del re dei Giudei sono intessuti anche i tratti della tragedia martirologica. Se infatti nel tiranno al culmine della sua frenesia si rivela la storia e insieme l'istanza che pone un limite ai suoi casi mutevoli, a favore del Cesare smarrito nell'ebbrezza del potere depone una sola cosa: vittima della dignità gerarchica illimitata di cui Dio lo ha investito, egli ricade.nella miseria della propria condizione umana.
L'antitesi tra l'assolutezza del potere sovrano e la sua effettiva capacità di governare crea nel dramma una caratteristica peculiare, che solo in apparenza è di maniera, e che è possibile mettere in chiaro solo a partire dalla teoria della sovranità. Si tratta dell'incapacità decisionale del tiranno. Il principe, che ha la facoltà di decidere sullo stato d'eccezione, mostra alla prima occasione che decidere gli è quasi impossibile. Come la pittura dei manieri-
,. Cfr. MARCUS LANDAU, Die Dramen von Herodes und Mariamne, in «Zeitschrift fiir vergleichende Litteratuxgeschichte», n.s., VIII (x895), pp. IJ5·2I2 e 279·.317; n.s., IX (1896), pp. 185·22_3.
Il dramma barocco tedesco
sti non conosce composizioni dalla luce pacata, cosf i personaggi teatrali dell'epoca compaiono sempre nella luce cruda della loro torturante indecisione. Ciò che in essi appare piu evidente non è la sovranità, declamata dallo stoicismo dei modi di dire, ma la capricciosa mutevolezza delle loro tempeste emotive, in cui i personaggi- soprattutto quelli di Lohenstein- si agitano come lacere sventolanti bandiere. I personaggi del Greco, con la piccolezza delle loro teste - se è lecito intendere quest'espressione in senso figurato -non sono diversi da loro35
• Perché a guidarli non sono pensieri, ma impulsi fisici oscillanti. Si adatta a tale genere l'affermazione secondo cui «la letteratura del tempo; anche l'epica piu disinvolta, coglie felicemente anche i gesti minimi, mentre è del tutto disarmata di fronte al volto umano»36
• Tramite un messaggero, Disalce, Massinissa invia a Sofonisba il veleno destinato a sottrarla alla prigionia romana:
Disalces, geh und wirff mir mehr kein Wort ein. Jedoch halt! lch vergeh ich zitter ich erstarre! Geh immer! es ist nicht mehr Zeit zu zweiffeln. Harre! Verzieh! Ach! schaue wie mir Aug' und Hertze bricht! Fort! immer fort! der SchluB ist mehr zu lindern nicht".
Nel passo corrispondente della Catharina, Chach Abas spedisce l'imano Kuli con l'ordine di esecuzione di Caterina e con-clude: ·
Lass dich nicht eher schauen Als nach volbrachtem werck! Ach was bekliimmt vor grauen Die abgekrlinckte brust! Verzeuch! geh hin! ach nein! Halt inn! komm her! ja geh! es muss doch endlich seyn}8
•
E anche la farsa viennese ripropone l'altra faccia della tirannia sanguinaria, l'indecisione: «Pelifonte: Eh! e che viva, che viva,ma no, - si, sf, che viva ... No, no, muoia, trapassi, privata sia
"Cfr. HAUSENSTEIN, Vom Geistdes Barock cit., p. 94· ,. CYSARZ, Deutsche Barockdichtung cit., p. 31. "DANIEL CASPER VON LOHENSTEIN, Afrikanische Trauerspiele. Cleopatra. Sophonisbe, a
cura di K. G. Just, Stuttgart 1957, p. 327 (Sophonisbe, IV, 505 sgg.). [Disalce, va', e non oppormi piu parola alcuna. l Eppure, fermati! Mi sento mancare, tremo, sono impietrito! l E vai! Non è piu tempo di dubitare. Fermati! l Indugia! Oh! guarda, mi si spezza l'occhio, e il cuore! l Avanti, avanti! La decisione è irrevocabile].
"GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 213 (Catharina von Georgien, III, 457 sgg.). Cfr. HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schiiferspiele cit. (Mariamne, p. 86 [V, 351]), p.86. [Non farti piu vedere l Se non comfiuta l'opera! Ah, cosa mai paralizza d'orrore l il petto ferito! Dimora! vacci! oh, no! Fermati! Vieni qui! No va'! Bisogna ormai che cosi sia].
Dramma e tragedia (I) 47
dell'anima ... E vai, bisogna che viva»39• Cosf, con brevi interru
zioni, il tiranno.
Quel che affascina è il modo in cui l'impotenza e l'abiezione del tiranno in rovina riescano a convivere, nella coscienza dell' epoca, con la convinzione della violenza sacrosanta del suo ruolo. Nell'epoca barocca non era dunque consentito ricavare dalla fine del tiranno una piatta soddisfazione moralistica nello stile dei ·drammi di Hans Sachs. Se egli infatti non fallisce come individuo singolo, ma in quanto sovrano e in nome del suo ruolo storico, allora la sua rovina assume l'aspetto di un processo la cui sentenza travolgerà anche i sudditi. Quel che nel caso· del dramma di Erode risulta solo a un esame attento, in opere come Leo Armenius, Carolus Stuardus, Papinian, che confinano col dramma martirologico o addirittura vi rientrano, è immediatamente evidente. E non è certo un'esagerazione dire che in tutte le definizioni del dramma barocco fornite dai manuali si riconoscano i tratti del dramma martirologico. Essi hanno di mira non tanto le imprese dell'eroe qùanto il suo patire, anzi, piu spesso, non tanto i tormenti dell'anima quanto le torture fisiche che gli vengono inflitte. Eppure il dramma di martirio non viene mai chiamato in causa espressamente, se non in una frase di Harsdorffer: «L'eroe ... dev'essere un esempio di tutte le piu perfette virru, e dev'essere colpito dall'iniquità dei suoi amici e nemici; e tuttavia in modo tale da mostrarsi magnanimo in ogni occorrenza, e da superare con fortezza il dolore che si fa strada fra i sospiri, le esclamazioni e i lamenti di ogni genere»40
• Mflitto «dall'iniquità dei suoi amici e nemici»: lo stesso si potrebbe dire della figura di Cristo nella Passione. Come Cristo soffre, in quanto re, in nome dell'umanità, cosf secondo la visione degli scrittori barocchi ha da soffrire la maestà tout court. «Tollat qui te non noverit» suona l'epigrafe del LXXI foglio dell' Em-
"JOSEPH ANTON STRANITZKY, Wiener Haupt- und Staatsaktionen, a cura di R. P. von Thurn, Wien I9o8, vol. I, p. 30I (Die Gestiirzte Tyrannay in der Person deft Messinischen Wuttrichs Peli/onte, II, 8). [Pelifonte: Nu! so lebe sie dann, sie lebe,- doch nein,- ia, ia, sie lebe ... Nein, nein, sie sterbe, sie vergehe, man entseele sie ... Gehe dann, sie soli leben].
40 GEORG PHILIPP HARSDORFFER, Poetischen Trichters zweyter Theil [Seconda parte dell'Imbuto poetico], Niirnberg I648, p. 84. [Der Held ... sol ein Exempd seyn aller vollkomenen Tugenden und von der Untreue seiner Freunde und Feinde betriibet werden; jedoch dergestalt daB er sich in allen Begebenheiten gro.6miitig erweise und den Schmertzen wdcher mit Seufftzen Erhebung der Stimm und viden Klagworten hervorbricht mit Tapferkeit iiberwinde].
Il dramma barocco tedesco
sti non conosce composizioni dalla luce pacata, cosf i personaggi teatrali dell'epoca compaiono sempre nella luce cruda della loro torturante indecisione. Ciò che in essi appare piu evidente non è la sovranità, declamata dallo stoicismo dei modi di dire, ma la capricciosa mutevolezza delle loro tempeste emotive, in cui i personaggi- soprattutto quelli di Lohenstein- si agitano come lacere sventolanti bandiere. I personaggi del Greco, con la piccolezza delle loro teste - se è lecito intendere quest'espressione in senso figurato -non sono diversi da loro35
• Perché a guidarli non sono pensieri, ma impulsi fisici oscillanti. Si adatta a tale genere l'affermazione secondo cui «la letteratura del tempo; anche l'epica piu disinvolta, coglie felicemente anche i gesti minimi, mentre è del tutto disarmata di fronte al volto umano»36
• Tramite un messaggero, Disalce, Massinissa invia a Sofonisba il veleno destinato a sottrarla alla prigionia romana:
Disalces, geh und wirff mir mehr kein Wort ein. Jedoch halt! lch vergeh ich zitter ich erstarre! Geh immer! es ist nicht mehr Zeit zu zweiffeln. Harre! Verzieh! Ach! schaue wie mir Aug' und Hertze bricht! Fort! immer fort! der SchluB ist mehr zu lindern nicht".
Nel passo corrispondente della Catharina, Chach Abas spedisce l'imano Kuli con l'ordine di esecuzione di Caterina e con-clude: ·
Lass dich nicht eher schauen Als nach volbrachtem werck! Ach was bekliimmt vor grauen Die abgekrlinckte brust! Verzeuch! geh hin! ach nein! Halt inn! komm her! ja geh! es muss doch endlich seyn}8
•
E anche la farsa viennese ripropone l'altra faccia della tirannia sanguinaria, l'indecisione: «Pelifonte: Eh! e che viva, che viva,ma no, - si, sf, che viva ... No, no, muoia, trapassi, privata sia
"Cfr. HAUSENSTEIN, Vom Geistdes Barock cit., p. 94· ,. CYSARZ, Deutsche Barockdichtung cit., p. 31. "DANIEL CASPER VON LOHENSTEIN, Afrikanische Trauerspiele. Cleopatra. Sophonisbe, a
cura di K. G. Just, Stuttgart 1957, p. 327 (Sophonisbe, IV, 505 sgg.). [Disalce, va', e non oppormi piu parola alcuna. l Eppure, fermati! Mi sento mancare, tremo, sono impietrito! l E vai! Non è piu tempo di dubitare. Fermati! l Indugia! Oh! guarda, mi si spezza l'occhio, e il cuore! l Avanti, avanti! La decisione è irrevocabile].
"GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 213 (Catharina von Georgien, III, 457 sgg.). Cfr. HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schiiferspiele cit. (Mariamne, p. 86 [V, 351]), p.86. [Non farti piu vedere l Se non comfiuta l'opera! Ah, cosa mai paralizza d'orrore l il petto ferito! Dimora! vacci! oh, no! Fermati! Vieni qui! No va'! Bisogna ormai che cosi sia].
Dramma e tragedia (I) 47
dell'anima ... E vai, bisogna che viva»39• Cosf, con brevi interru
zioni, il tiranno.
Quel che affascina è il modo in cui l'impotenza e l'abiezione del tiranno in rovina riescano a convivere, nella coscienza dell' epoca, con la convinzione della violenza sacrosanta del suo ruolo. Nell'epoca barocca non era dunque consentito ricavare dalla fine del tiranno una piatta soddisfazione moralistica nello stile dei ·drammi di Hans Sachs. Se egli infatti non fallisce come individuo singolo, ma in quanto sovrano e in nome del suo ruolo storico, allora la sua rovina assume l'aspetto di un processo la cui sentenza travolgerà anche i sudditi. Quel che nel caso· del dramma di Erode risulta solo a un esame attento, in opere come Leo Armenius, Carolus Stuardus, Papinian, che confinano col dramma martirologico o addirittura vi rientrano, è immediatamente evidente. E non è certo un'esagerazione dire che in tutte le definizioni del dramma barocco fornite dai manuali si riconoscano i tratti del dramma martirologico. Essi hanno di mira non tanto le imprese dell'eroe qùanto il suo patire, anzi, piu spesso, non tanto i tormenti dell'anima quanto le torture fisiche che gli vengono inflitte. Eppure il dramma di martirio non viene mai chiamato in causa espressamente, se non in una frase di Harsdorffer: «L'eroe ... dev'essere un esempio di tutte le piu perfette virru, e dev'essere colpito dall'iniquità dei suoi amici e nemici; e tuttavia in modo tale da mostrarsi magnanimo in ogni occorrenza, e da superare con fortezza il dolore che si fa strada fra i sospiri, le esclamazioni e i lamenti di ogni genere»40
• Mflitto «dall'iniquità dei suoi amici e nemici»: lo stesso si potrebbe dire della figura di Cristo nella Passione. Come Cristo soffre, in quanto re, in nome dell'umanità, cosf secondo la visione degli scrittori barocchi ha da soffrire la maestà tout court. «Tollat qui te non noverit» suona l'epigrafe del LXXI foglio dell' Em-
"JOSEPH ANTON STRANITZKY, Wiener Haupt- und Staatsaktionen, a cura di R. P. von Thurn, Wien I9o8, vol. I, p. 30I (Die Gestiirzte Tyrannay in der Person deft Messinischen Wuttrichs Peli/onte, II, 8). [Pelifonte: Nu! so lebe sie dann, sie lebe,- doch nein,- ia, ia, sie lebe ... Nein, nein, sie sterbe, sie vergehe, man entseele sie ... Gehe dann, sie soli leben].
40 GEORG PHILIPP HARSDORFFER, Poetischen Trichters zweyter Theil [Seconda parte dell'Imbuto poetico], Niirnberg I648, p. 84. [Der Held ... sol ein Exempd seyn aller vollkomenen Tugenden und von der Untreue seiner Freunde und Feinde betriibet werden; jedoch dergestalt daB er sich in allen Begebenheiten gro.6miitig erweise und den Schmertzen wdcher mit Seufftzen Erhebung der Stimm und viden Klagworten hervorbricht mit Tapferkeit iiberwinde].
48 Il dramma barocco tedesco
blematum ethico-politicorum centuria di Zincgref. In primo piano, sullo sfondo di un paesaggio, mostra una poderosa corona. Sotto i versi:
Ce fardeau paroist autre à celuy qui le porte, Qu'à ceux qu'il esblouyt de son lustre trompeur, Ceuxcy n'en ont jamais conneu la pesanteur, Mais l' autre sçait expert quel tourment il apporte41
•
Cosf, non si esitava talora a gratificare espressamente i principi del _titolo di martire. Carolus der Miirtyrer, «Carolus Martyr», sta scntto sotto il frontespizio in rame della Koniglichen V erthiitigungfur Cari I. [Apologia regale di Carlo I] 42
• In modo insuperabile, anche se sconcertante, queste antitesi si intrecciano nel primo dramma di Gryp~us. La posizione sublime dell'imperatore, da un
·Iato, e la penosa Impotenza del suo agire dall'altro, lasciano in sospeso la questione se sia il dramma di un tiranno oppure di un martire. Gryphius si sarebbe certamente riconosciuto nella prima definizione; Stachel sembra ritenere ovvia la seconda43
• In questi drammi è la struttura a mettere fuori gioco quegli schemi contenutistici. In nessun caso comunque piu che nel Leo Armenius, a scapito di una figura etica dai contorni assai perspicui. Non occorre perciò un'analisi piu approfondita per rendersi conto come in ogni dramma della tirannia si nasconda un elemento del dramma martirologico. Assai meno facile è scorgere in quest'ultimo il momento del dramma regale. A tale scopo occorre tenere presente quella che era, almeno nel barocco letterario, l'immagine tradizionale del martire. Essa non ha nulla in comune con le concezioni religiose: il martire perfetto non si sottrae all'immanenza, come non vi si sottrae l'immagine ideale dei monarca. Nel dramma barocco egli è uno stoico radicale che dà prova di sé in occasione di ~ conflitto per la corona o di una disputa religiosa, alla fine dei quali lo aspetta la tortura e la morte. C'è poi la particolarità che in alcuni di questi drammi - come la Catharina von Georgien di Gryphius, la Sophia e la Mariamne di Hallmann e la Maria Stuarda di Haugwitz -è la donna a comparire come vittima dell'azione sa-
41 JUUUS WILHELM ZINCGREF, Embkmatum Ethico-Politicorum Centuria, Editio, secunda, Franckfort r6z4, Embl. 71. [Questo fardello appare altro a colui che lo porta, l Che a coloro che abbaglia col suo lustro ingannevole, l Costoro mai ne conobbero il peso l Ma l'altro sa, esperto, quale tormento comporta]. '
"CLAUDIO SALMASIO, Konigliche Verthatigungfur Cari den I, geschrieben an den durchliiuchtigsten Kiinig von Groflbritannien Cari den Andem, Rotterdam 1650.
"Cfr. STACHEL, Seneca und das deutsche Renaissancedrama cit., p. 29.
Dramma e tragedia (I) 49
crificale. Ciò è çleterminante per una retta valutazione della tragedia martirologica. Compito del tiranno è la restaurazione dell'ordine nello st.ato d'eccezione: una dittatura, la cui utopia sarà sempre quella di porre, al posto dell'instabile divenire storico, la ferre~ costituzione d~lle leg~i di natura. Ma a uno scopo non diverso mtra anche la tecruca stoica: controllare col dominio delle passioni quello che è per l'ru;ima uno stato d'eccezione. Anch'essa persegue una nuova creaZione che ripercorra a ritroso il cammino della storia. Nel caso della donna sarà l'affermazione della castità non_ meno lo~t~a dall'~nocenza dello stato originario di quant~ lo sta _la _cos:1tuz10ne ~ttatoriale del tiranno. Se qui il tratto caratteristico e la devoztone borghese, nel primo caso sarà invece l'ascesi fisica. Perciò nel dramma martirologico la casta regina oc-cupa il primo posto. ·
Ment:e la. f?rm~a. «dramma_ della tirannia» non ha mai provocato <!ibatt~tt teonct, anche dt fronte alle sue forme piu estreme, la disc~sstone sul dramma martirologico appartiene com'è noto al «nocctolo duro» della drammaturgia tedesca. Ma tutte le riserve formulate contro i drammi barocchi in nome di Aristotele o_ d~a mo~n;uosità d~gli intrecci, o ancora per motivi di linguag: gto, tmpalltdtscono di fronte alla sufficienza con cui, da un secolo e mezzo a questa parte, i critici sono soliti liquidarli con l'etichetta del «dramma martirologico». Le ragioni di questo accordo unanime vanno cercate non già nella cosa stessa, bensf nell'autorità di Lessing44
• Se si considera l'ostinazione con cui le storie letterarie continuano a far dipendere i loro giudizi critici da controversie ormai superate, questa autorevolezza di Lessing non deve meravigliare. E un punto di vista psicologico orientato non alla cosa ma al suo eff~t~o sul pubblico medio - un pubblico il cui rapporto con la scena s1 nduce a una grossolana e generica richiesta di «azione» - ~on pot~va ce;to migliorare la s!tuazion7. P<7 quest~ tipo di pubblico l uruca evtdenza teatrale - il suo uruco rtmasuglio emotivo -è la tensione scenica, e sotto questo profilo la messinscena del martirio non _er~ in gra?o di soddisfarlo. La sua delusione ha quindi adottato il linguaggio della protesta colta, e ha creduto di fissare per sempre il valore di questi drammi denunciandovi la mancanza di conflitti interiori, l'assenza del motivo tragico della colpa. A ciò
. " Cfr. GOTTHOLD EPHRAIM LESSING, Sammtliche Schriften, a cura di K. Lachmann, Berlin 1893, vol. VII: Hamburgische Dramaturgie, pp. 7 sgg.; trad. it. Drammaturgia di Amburgo, a cura di P. Chiarini, Bari 1956, pp. 9 sgg.).
48 Il dramma barocco tedesco
blematum ethico-politicorum centuria di Zincgref. In primo piano, sullo sfondo di un paesaggio, mostra una poderosa corona. Sotto i versi:
Ce fardeau paroist autre à celuy qui le porte, Qu'à ceux qu'il esblouyt de son lustre trompeur, Ceuxcy n'en ont jamais conneu la pesanteur, Mais l' autre sçait expert quel tourment il apporte41
•
Cosf, non si esitava talora a gratificare espressamente i principi del _titolo di martire. Carolus der Miirtyrer, «Carolus Martyr», sta scntto sotto il frontespizio in rame della Koniglichen V erthiitigungfur Cari I. [Apologia regale di Carlo I] 42
• In modo insuperabile, anche se sconcertante, queste antitesi si intrecciano nel primo dramma di Gryp~us. La posizione sublime dell'imperatore, da un
·Iato, e la penosa Impotenza del suo agire dall'altro, lasciano in sospeso la questione se sia il dramma di un tiranno oppure di un martire. Gryphius si sarebbe certamente riconosciuto nella prima definizione; Stachel sembra ritenere ovvia la seconda43
• In questi drammi è la struttura a mettere fuori gioco quegli schemi contenutistici. In nessun caso comunque piu che nel Leo Armenius, a scapito di una figura etica dai contorni assai perspicui. Non occorre perciò un'analisi piu approfondita per rendersi conto come in ogni dramma della tirannia si nasconda un elemento del dramma martirologico. Assai meno facile è scorgere in quest'ultimo il momento del dramma regale. A tale scopo occorre tenere presente quella che era, almeno nel barocco letterario, l'immagine tradizionale del martire. Essa non ha nulla in comune con le concezioni religiose: il martire perfetto non si sottrae all'immanenza, come non vi si sottrae l'immagine ideale dei monarca. Nel dramma barocco egli è uno stoico radicale che dà prova di sé in occasione di ~ conflitto per la corona o di una disputa religiosa, alla fine dei quali lo aspetta la tortura e la morte. C'è poi la particolarità che in alcuni di questi drammi - come la Catharina von Georgien di Gryphius, la Sophia e la Mariamne di Hallmann e la Maria Stuarda di Haugwitz -è la donna a comparire come vittima dell'azione sa-
41 JUUUS WILHELM ZINCGREF, Embkmatum Ethico-Politicorum Centuria, Editio, secunda, Franckfort r6z4, Embl. 71. [Questo fardello appare altro a colui che lo porta, l Che a coloro che abbaglia col suo lustro ingannevole, l Costoro mai ne conobbero il peso l Ma l'altro sa, esperto, quale tormento comporta]. '
"CLAUDIO SALMASIO, Konigliche Verthatigungfur Cari den I, geschrieben an den durchliiuchtigsten Kiinig von Groflbritannien Cari den Andem, Rotterdam 1650.
"Cfr. STACHEL, Seneca und das deutsche Renaissancedrama cit., p. 29.
Dramma e tragedia (I) 49
crificale. Ciò è çleterminante per una retta valutazione della tragedia martirologica. Compito del tiranno è la restaurazione dell'ordine nello st.ato d'eccezione: una dittatura, la cui utopia sarà sempre quella di porre, al posto dell'instabile divenire storico, la ferre~ costituzione d~lle leg~i di natura. Ma a uno scopo non diverso mtra anche la tecruca stoica: controllare col dominio delle passioni quello che è per l'ru;ima uno stato d'eccezione. Anch'essa persegue una nuova creaZione che ripercorra a ritroso il cammino della storia. Nel caso della donna sarà l'affermazione della castità non_ meno lo~t~a dall'~nocenza dello stato originario di quant~ lo sta _la _cos:1tuz10ne ~ttatoriale del tiranno. Se qui il tratto caratteristico e la devoztone borghese, nel primo caso sarà invece l'ascesi fisica. Perciò nel dramma martirologico la casta regina oc-cupa il primo posto. ·
Ment:e la. f?rm~a. «dramma_ della tirannia» non ha mai provocato <!ibatt~tt teonct, anche dt fronte alle sue forme piu estreme, la disc~sstone sul dramma martirologico appartiene com'è noto al «nocctolo duro» della drammaturgia tedesca. Ma tutte le riserve formulate contro i drammi barocchi in nome di Aristotele o_ d~a mo~n;uosità d~gli intrecci, o ancora per motivi di linguag: gto, tmpalltdtscono di fronte alla sufficienza con cui, da un secolo e mezzo a questa parte, i critici sono soliti liquidarli con l'etichetta del «dramma martirologico». Le ragioni di questo accordo unanime vanno cercate non già nella cosa stessa, bensf nell'autorità di Lessing44
• Se si considera l'ostinazione con cui le storie letterarie continuano a far dipendere i loro giudizi critici da controversie ormai superate, questa autorevolezza di Lessing non deve meravigliare. E un punto di vista psicologico orientato non alla cosa ma al suo eff~t~o sul pubblico medio - un pubblico il cui rapporto con la scena s1 nduce a una grossolana e generica richiesta di «azione» - ~on pot~va ce;to migliorare la s!tuazion7. P<7 quest~ tipo di pubblico l uruca evtdenza teatrale - il suo uruco rtmasuglio emotivo -è la tensione scenica, e sotto questo profilo la messinscena del martirio non _er~ in gra?o di soddisfarlo. La sua delusione ha quindi adottato il linguaggio della protesta colta, e ha creduto di fissare per sempre il valore di questi drammi denunciandovi la mancanza di conflitti interiori, l'assenza del motivo tragico della colpa. A ciò
. " Cfr. GOTTHOLD EPHRAIM LESSING, Sammtliche Schriften, a cura di K. Lachmann, Berlin 1893, vol. VII: Hamburgische Dramaturgie, pp. 7 sgg.; trad. it. Drammaturgia di Amburgo, a cura di P. Chiarini, Bari 1956, pp. 9 sgg.).
Il dramma barocco tedesco
si aggiunge la valutazione degli intrecci. Dalla cosiddetta «antistrofe» della tragedia classica la distingue l'isolamento dei motivi, delle scene, dei tipi. Come nelteatro della Passione i tiranni, i diavoli e gli ebrei si presentavano sulla scena in tutta la loro abissale crudeltà e malvagità, senza spiegazioni di sorta e senza alcuno sviluppo, limitandosi a dichiarare i loro piani abietti, anche il dramma barocco ama presentare gli antagonisti nella luce cruda di scene staccate, dove l'illustrazione dei moventi conta poco o nulla. L'intreccio del dramma barocco si sviluppa, per cosf dire, come un cambio di scena a sipario alzato, tanto poco esso si dà cura dell'illusione scenica, e tanta invece è l'insistenza sull'economia di questa azione contraria. Nulla è piu istruttivo della disinvoltura. con cui i moventi decisivi dell'azione vengono relegati nelle note. Nella Mariamne di Hallmann Erode osserva:
W ahr ists: Wir hatten ihm die Ffirstin zu endeiben Im Fall uns ja Anton m&ht' unverseh'ns auffreiben Hochstheimlich anbefohl'n4
'.
E nella nota si dice: «E questo per eccesso di amore verso di lei, affinché non toccasse, dopo la sua morte, a nessun altro»46
• Sarebbe da citare - come esempio di disinvoltura compositiva se non di intreccio scombinato- anche il Leo Armenius. L'imperatrice Teodosia in persona spinge il principe a rimandare l'esecuzione di Balbo, il ribelle, e questo rinvio porta alla morte dell'imperatore Leo. Nel suo lungo lamento per la morte del marito essa non evoca mai, neppure con una parola, il proprio intervento. Un motivo essenziale dell'azione rimane cosf fuori scena. L' «Unità» dell' azione storica imponeva al dramma un decorso univoco, e ciò rappresentava una minaccia. Se infatti un tale decorso va posto alla base di ogni rappresentazione pragmatica della storia, è altrettanto chiaro che il dramma richiede per natura una sua compiutezza, per poter attingere quella totalità che è negata a ogni sviluppo temporale esterno. Ed è l'azione secondaria - sia essa parallela a quella principale o in contrasto con essa - a garantirle tale compiutezza. Ma l'unico a farvi ricorso è Lohenstein: in tutti gli altri casi l'azione secondaria viene eliminata, nella convinzione di mettere in scena, in questo modo, la storia nuda e cruda. La scuola di No-
, "HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schiiferspiele cit. (Mariamne, p. 27 [Il, 263 sgg.]). [E vero: gli avevamo comandato in gran segreto di uccidere la principessa, l nel caso che Antonio volesse l improvvisamente distruggerci}.
48 lbid. (Mariamne, p. II2, nota). [Nehmlich aus allzugrosser Liebe gegen sie l damit sie keinem nach seinem T ode zu theil wiirde].
Dramma e tragedia (I)
rimberga spiega, ingenuamente, che queste composizioni erano state chiamate Trauerspiele «perché un tempo, fra i gentili, erano perlopiu i tiranni a governare, e andavano perciò incontro, di solito, a un'orrenda fine»47
• Cosf, il giudizio di Gervinus sulla costruzione drammatica di Gryphius, secondo cui «le scene si susseguono soltanto per illustrare e portare avanti l'azione, e non sono mai destinate a un effetto drammatico»48
, è nel complesso azzeccato, anche se nel caso di Cardenio und Ce linde si potrebbe esprimere qualche riserva.
Ma soprattutto è importante rilevare che simili constatazioni, magari ben fondate ma isolate, non offrono una base critica sufficiente. La forma drammatica di Gryphius e dei suoi contemporanei non è inferiore a quella degli autori piu tardi solo per il fatto di non averli influenzati. Il loro valore si determina in un contesto di autonoma pregnanza.
È in questo ambito che va pensata la parentela tra il dramma barocco e quello liturgico-medievale, quale risulta dal tema della Passione. Il rimando al dramma medievale deve però affrancarsi dal sospetto di istituire analogie oziose, fatte piu per oscurare che per promuovere l'analisi stilistica, e tanto piu in presenza di una letteratura dominata dalla teoria dell' Einfuhlung. In questo senso bisognerebbe osservare che l'individuazione di elementi medievali nel dramma baroc.co e nella sua teoria va letta qui come un semplice prolegomenon a un piu ampio confronto tra le due culture, che si potrà istituire in altra sede. Che le teorie meclievali rivivano nell'epoca delle guerre di religione 49
, che il Medioevo continui a regnare incontrastato nello «stato e nell'economia, nell'arte e nella scienza»'0, che il suo superamento (e quindi la sua stessa nascita come categoria storiografica) avvenga solo nel corso del XVII
secolo'1, tutto ciò è stato detto da tempo. Se si rivolge lo sguardo a certi particolari, si è sorpresi dall'abbondanza delle controprove. Già un lavoro puramente statistico e compilativo sulla poetica
41 BIRKEN, Deutsche Redebind- und Dichtkunstcit., p. 323. 48 GEORG GOTI'FRIED GERVlNUS, Geschichte der Deutschen Dichtung, a cura di K. Bartsch,
Leipzig 1872, vol. III, p. 553· •• Cfr. ALFRED voN MARTIN, Coluccia Salutati's Traktat«Vom Tyrannen», Berlin-Leìp
zig 1913, p. 48. ,. FLEMMING, Andreas Gryphius und die Buhne cit., p. 79· "Cfr. BURDACH, Re/ormation, Renaissance, Humanismus cit., pp. 135 sgg., e 215,
nota.
Il dramma barocco tedesco
si aggiunge la valutazione degli intrecci. Dalla cosiddetta «antistrofe» della tragedia classica la distingue l'isolamento dei motivi, delle scene, dei tipi. Come nelteatro della Passione i tiranni, i diavoli e gli ebrei si presentavano sulla scena in tutta la loro abissale crudeltà e malvagità, senza spiegazioni di sorta e senza alcuno sviluppo, limitandosi a dichiarare i loro piani abietti, anche il dramma barocco ama presentare gli antagonisti nella luce cruda di scene staccate, dove l'illustrazione dei moventi conta poco o nulla. L'intreccio del dramma barocco si sviluppa, per cosf dire, come un cambio di scena a sipario alzato, tanto poco esso si dà cura dell'illusione scenica, e tanta invece è l'insistenza sull'economia di questa azione contraria. Nulla è piu istruttivo della disinvoltura. con cui i moventi decisivi dell'azione vengono relegati nelle note. Nella Mariamne di Hallmann Erode osserva:
W ahr ists: Wir hatten ihm die Ffirstin zu endeiben Im Fall uns ja Anton m&ht' unverseh'ns auffreiben Hochstheimlich anbefohl'n4
'.
E nella nota si dice: «E questo per eccesso di amore verso di lei, affinché non toccasse, dopo la sua morte, a nessun altro»46
• Sarebbe da citare - come esempio di disinvoltura compositiva se non di intreccio scombinato- anche il Leo Armenius. L'imperatrice Teodosia in persona spinge il principe a rimandare l'esecuzione di Balbo, il ribelle, e questo rinvio porta alla morte dell'imperatore Leo. Nel suo lungo lamento per la morte del marito essa non evoca mai, neppure con una parola, il proprio intervento. Un motivo essenziale dell'azione rimane cosf fuori scena. L' «Unità» dell' azione storica imponeva al dramma un decorso univoco, e ciò rappresentava una minaccia. Se infatti un tale decorso va posto alla base di ogni rappresentazione pragmatica della storia, è altrettanto chiaro che il dramma richiede per natura una sua compiutezza, per poter attingere quella totalità che è negata a ogni sviluppo temporale esterno. Ed è l'azione secondaria - sia essa parallela a quella principale o in contrasto con essa - a garantirle tale compiutezza. Ma l'unico a farvi ricorso è Lohenstein: in tutti gli altri casi l'azione secondaria viene eliminata, nella convinzione di mettere in scena, in questo modo, la storia nuda e cruda. La scuola di No-
, "HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schiiferspiele cit. (Mariamne, p. 27 [Il, 263 sgg.]). [E vero: gli avevamo comandato in gran segreto di uccidere la principessa, l nel caso che Antonio volesse l improvvisamente distruggerci}.
48 lbid. (Mariamne, p. II2, nota). [Nehmlich aus allzugrosser Liebe gegen sie l damit sie keinem nach seinem T ode zu theil wiirde].
Dramma e tragedia (I)
rimberga spiega, ingenuamente, che queste composizioni erano state chiamate Trauerspiele «perché un tempo, fra i gentili, erano perlopiu i tiranni a governare, e andavano perciò incontro, di solito, a un'orrenda fine»47
• Cosf, il giudizio di Gervinus sulla costruzione drammatica di Gryphius, secondo cui «le scene si susseguono soltanto per illustrare e portare avanti l'azione, e non sono mai destinate a un effetto drammatico»48
, è nel complesso azzeccato, anche se nel caso di Cardenio und Ce linde si potrebbe esprimere qualche riserva.
Ma soprattutto è importante rilevare che simili constatazioni, magari ben fondate ma isolate, non offrono una base critica sufficiente. La forma drammatica di Gryphius e dei suoi contemporanei non è inferiore a quella degli autori piu tardi solo per il fatto di non averli influenzati. Il loro valore si determina in un contesto di autonoma pregnanza.
È in questo ambito che va pensata la parentela tra il dramma barocco e quello liturgico-medievale, quale risulta dal tema della Passione. Il rimando al dramma medievale deve però affrancarsi dal sospetto di istituire analogie oziose, fatte piu per oscurare che per promuovere l'analisi stilistica, e tanto piu in presenza di una letteratura dominata dalla teoria dell' Einfuhlung. In questo senso bisognerebbe osservare che l'individuazione di elementi medievali nel dramma baroc.co e nella sua teoria va letta qui come un semplice prolegomenon a un piu ampio confronto tra le due culture, che si potrà istituire in altra sede. Che le teorie meclievali rivivano nell'epoca delle guerre di religione 49
, che il Medioevo continui a regnare incontrastato nello «stato e nell'economia, nell'arte e nella scienza»'0, che il suo superamento (e quindi la sua stessa nascita come categoria storiografica) avvenga solo nel corso del XVII
secolo'1, tutto ciò è stato detto da tempo. Se si rivolge lo sguardo a certi particolari, si è sorpresi dall'abbondanza delle controprove. Già un lavoro puramente statistico e compilativo sulla poetica
41 BIRKEN, Deutsche Redebind- und Dichtkunstcit., p. 323. 48 GEORG GOTI'FRIED GERVlNUS, Geschichte der Deutschen Dichtung, a cura di K. Bartsch,
Leipzig 1872, vol. III, p. 553· •• Cfr. ALFRED voN MARTIN, Coluccia Salutati's Traktat«Vom Tyrannen», Berlin-Leìp
zig 1913, p. 48. ,. FLEMMING, Andreas Gryphius und die Buhne cit., p. 79· "Cfr. BURDACH, Re/ormation, Renaissance, Humanismus cit., pp. 135 sgg., e 215,
nota.
Il dramma barocco tedesco
baròcca è in grado di concludere che le definizioni barocche della tragedia sono nel loro nucleo «identiche a quelle che troviamo nelle grammatiche e nei lessici del Medioevo»'2 • E contro la clamorosa parentela tra la definizione di Opitz e quelle, usuali nel Medioevo, di un Boezio o di un Placido, non è certo un valido argomento il fatto che lo Scaligero (quasi sempre in sintonia con i due autori citati), porti degli esempi contro la loro distinzione tra poesia tragica e poesia comica, una distihzione che trascende com'è noto l'ambito drammatico". Nel testo di Vincenzo di Beauvais la distinzione è cosi formulata: «Est autem Comoedia poesis, exordium triste laeto fine commutans. Tragoedia vero poesis, a laeto principio in tristem finem desinens»'4• Che l'evento luttuoso si presenti attraverso le battute di un discorso oppure nel flusso della prosa è considerata una differenza quasi irrilevante. Cosi Franz Joseph Mone ha potuto dimostrare in modo convincente i legami che uniscono il teatro e la cronaca medievale. Leggiamo che «la storia universale era considerata dai cronisti come un grande dramma», e che «le cronache universali sono strettamente connesse col teatro tedesco antico. Se infatti quelle cronache si concludono col giorno del Giudizio, in quanto fine del dramma universale, la storiografia cristiana non potrà non essere affine col teatro cristiano, e si tratterà di considerare le asserzioni dei cronisti che mettono in luce tale affinità. Ottone di Frisinga dice (praef. ad Frid. imp.): «cognoscas, nos hanc historiam ex amaritudine animi scripsisse, ac ob hoc non tam rerum gestarum seriem quam earundem miseriam in modum tragoediae texuisse». E ribadisce il concetto nella praef. ad Singrimum: «in quibus [libris] non tam historias quam aerumnosas mortalium calamitatum tragoedias prudens lector invenire poterit». La storia universale era dunque per Ottone una tragedia, non nella forma ma nel contenutd'. Cinquecento anni dopo si trova in Salmasio lo stesso punto di vista: «Ce qui restoit de la Tragedie iusques à la conclusion a esté le personnage des Independans, mais on a veu les Presbyteriens iusques au quatriesme acte et au delà, occuper avec pompe tout le theatre. Le seui cin-
n GEORG POPP, O ber den Begri/f des Dramas in den deutschen Poetiken des I 7. Jahrhun· derts, dissertazione, Leipzig 189.5, p. 8o.
"Cfr. GIUUO CESARE SCALIGERO, Poetices libri septem, Editio quinta, [Ginevra] 1617, pp. 333 sgg. (III, 96).
"'VINCENZO DI BEAUVAIS, Bibliotheca mundi seu speculi maioris, Duaci 1624, col. 287. "FRANZ JOSEPH MONE (a cura di), Schauspiele des Mittelalters, Karlsruhe 1846, vol. I,
p. )36.
Dramma e tragedia (I) 53
quiesme et dernier acte est demeure pour le partage des Independans; qui ont paru en cette scene, apres auoir sifflé et chassé les premiers acteurs. Peut estre que ceux-là n'auroient pas fermé la scene par ne si tragique et sanglante catastrophe»'6• Qui, a gran distanza dal chiuso recinto della drammaturgia amburghese, per non parlare di quella post-classica, in quella «tragedia» che il Medioevo interpretava come un'eredità del mondo classico piu di quanto la vedesse realizzata nei suoi Misteri, si dischiude il mondo formale del dramma barocco.
Eppure: mentre il Mistero cristiano - come la cronaca cristiana - esibisce la totalità del decorso storico, il flusso della storia universale in quanto storia della salvezza, la Haupt- und Staatsaktion ha a che fare solo con una parte degli accadimenti. La «cristianità o l'Europa» è suddivisa ora in una serie di principati cristiani i cui eventi storici non hanno piu la pretesa di confluire nell'unica storia della salvezza. La parentela fra il dramma barocco e il Mistero medievale è messa in questione da quella disperazione senza via d'uscita che sembra essere l'ultima parola del dramma cristiano secolarizzato. Perché nessuno vorrà considerare la moralità stoica in cui sfocia il martirio dell'eroe, o la giustizia astratta che punisce con la follia gli eccessi del tiranno, come elementi sufficienti a sostenere un arco drammatico autonomo. Uno strato massiccio di stucchi ornamentali - squisitamente barocchi - dissimula la sua chiave di volta, e solo uno studio accu{ato della sua spinta dinamica potrà permettere di calcolarla. E la tensione propria di un'interrogazione riguardante la storia della salvezza portata all'estremo dalla secolarizzazione del Mistero medievale, e. non solo fra i protestanti della scuola slesiana e della scuola di Norimberga, ma anche tra i gesuiti e in Calder6n. Se infatti la secolarizzazione della Controriforma si impose in entrambe le aree confessionali, non per questo le questioni rèligiose persero di peso: semplicemente, il secolo negò loro una soluzione religiosa per ricavarne o imporre in sua vece una soluzione mondana. Le generazioni dell'età barocca vissero i loro conflitti sotto il giogo di questa tensione, sotto il pungolo di questa esigenza. Tra tutte le epoche profondamente dilacerate e contraddittorie della storia europea, l'epoca barocca è l'uni-
,. CLAUDIO SALMAsro, Apologie royale pour Charles I, roy d' Angleterre, Paris 16.5o, pp. 642 sgg.
Il dramma barocco tedesco
baròcca è in grado di concludere che le definizioni barocche della tragedia sono nel loro nucleo «identiche a quelle che troviamo nelle grammatiche e nei lessici del Medioevo»'2 • E contro la clamorosa parentela tra la definizione di Opitz e quelle, usuali nel Medioevo, di un Boezio o di un Placido, non è certo un valido argomento il fatto che lo Scaligero (quasi sempre in sintonia con i due autori citati), porti degli esempi contro la loro distinzione tra poesia tragica e poesia comica, una distihzione che trascende com'è noto l'ambito drammatico". Nel testo di Vincenzo di Beauvais la distinzione è cosi formulata: «Est autem Comoedia poesis, exordium triste laeto fine commutans. Tragoedia vero poesis, a laeto principio in tristem finem desinens»'4• Che l'evento luttuoso si presenti attraverso le battute di un discorso oppure nel flusso della prosa è considerata una differenza quasi irrilevante. Cosi Franz Joseph Mone ha potuto dimostrare in modo convincente i legami che uniscono il teatro e la cronaca medievale. Leggiamo che «la storia universale era considerata dai cronisti come un grande dramma», e che «le cronache universali sono strettamente connesse col teatro tedesco antico. Se infatti quelle cronache si concludono col giorno del Giudizio, in quanto fine del dramma universale, la storiografia cristiana non potrà non essere affine col teatro cristiano, e si tratterà di considerare le asserzioni dei cronisti che mettono in luce tale affinità. Ottone di Frisinga dice (praef. ad Frid. imp.): «cognoscas, nos hanc historiam ex amaritudine animi scripsisse, ac ob hoc non tam rerum gestarum seriem quam earundem miseriam in modum tragoediae texuisse». E ribadisce il concetto nella praef. ad Singrimum: «in quibus [libris] non tam historias quam aerumnosas mortalium calamitatum tragoedias prudens lector invenire poterit». La storia universale era dunque per Ottone una tragedia, non nella forma ma nel contenutd'. Cinquecento anni dopo si trova in Salmasio lo stesso punto di vista: «Ce qui restoit de la Tragedie iusques à la conclusion a esté le personnage des Independans, mais on a veu les Presbyteriens iusques au quatriesme acte et au delà, occuper avec pompe tout le theatre. Le seui cin-
n GEORG POPP, O ber den Begri/f des Dramas in den deutschen Poetiken des I 7. Jahrhun· derts, dissertazione, Leipzig 189.5, p. 8o.
"Cfr. GIUUO CESARE SCALIGERO, Poetices libri septem, Editio quinta, [Ginevra] 1617, pp. 333 sgg. (III, 96).
"'VINCENZO DI BEAUVAIS, Bibliotheca mundi seu speculi maioris, Duaci 1624, col. 287. "FRANZ JOSEPH MONE (a cura di), Schauspiele des Mittelalters, Karlsruhe 1846, vol. I,
p. )36.
Dramma e tragedia (I) 53
quiesme et dernier acte est demeure pour le partage des Independans; qui ont paru en cette scene, apres auoir sifflé et chassé les premiers acteurs. Peut estre que ceux-là n'auroient pas fermé la scene par ne si tragique et sanglante catastrophe»'6• Qui, a gran distanza dal chiuso recinto della drammaturgia amburghese, per non parlare di quella post-classica, in quella «tragedia» che il Medioevo interpretava come un'eredità del mondo classico piu di quanto la vedesse realizzata nei suoi Misteri, si dischiude il mondo formale del dramma barocco.
Eppure: mentre il Mistero cristiano - come la cronaca cristiana - esibisce la totalità del decorso storico, il flusso della storia universale in quanto storia della salvezza, la Haupt- und Staatsaktion ha a che fare solo con una parte degli accadimenti. La «cristianità o l'Europa» è suddivisa ora in una serie di principati cristiani i cui eventi storici non hanno piu la pretesa di confluire nell'unica storia della salvezza. La parentela fra il dramma barocco e il Mistero medievale è messa in questione da quella disperazione senza via d'uscita che sembra essere l'ultima parola del dramma cristiano secolarizzato. Perché nessuno vorrà considerare la moralità stoica in cui sfocia il martirio dell'eroe, o la giustizia astratta che punisce con la follia gli eccessi del tiranno, come elementi sufficienti a sostenere un arco drammatico autonomo. Uno strato massiccio di stucchi ornamentali - squisitamente barocchi - dissimula la sua chiave di volta, e solo uno studio accu{ato della sua spinta dinamica potrà permettere di calcolarla. E la tensione propria di un'interrogazione riguardante la storia della salvezza portata all'estremo dalla secolarizzazione del Mistero medievale, e. non solo fra i protestanti della scuola slesiana e della scuola di Norimberga, ma anche tra i gesuiti e in Calder6n. Se infatti la secolarizzazione della Controriforma si impose in entrambe le aree confessionali, non per questo le questioni rèligiose persero di peso: semplicemente, il secolo negò loro una soluzione religiosa per ricavarne o imporre in sua vece una soluzione mondana. Le generazioni dell'età barocca vissero i loro conflitti sotto il giogo di questa tensione, sotto il pungolo di questa esigenza. Tra tutte le epoche profondamente dilacerate e contraddittorie della storia europea, l'epoca barocca è l'uni-
,. CLAUDIO SALMAsro, Apologie royale pour Charles I, roy d' Angleterre, Paris 16.5o, pp. 642 sgg.
54 Il dramma barocco tedesco
ca a coincidere con un periodo di incontrastato dominio cristi~no. La via medievale della ribellione, l'eresia, le era preclus~, m parte appunto perché il cristianesimo riaffermava con tenacia la sua autorità, ma soprattutto perché le sfumat~e eterod?sse della dottrina e della morale non erano affatto m g_rad,o dt da~ voce al fervore di una nuova volontà mondana. Po~che né ~a rtbellione né la sottomissione potevano trovare spazio sul P.tano religioso, l'energia dell'epoca si indirizzò ~erso un rov:sctamento totale dei contenuti vitali nel quadro dt una fedelta o~todo~s~ alle forme ecclesiastiche. Ciò significava precludere agh uommt la possibilità di un'espressi.one ~utenti~a e im~ediata. Tal; espressione avrebbe portato mfatti a marufestare m modo esplicito la volontà epocale, e avrebbe provocat.~ quel.confronto co? la vita cristiana che avrebbe avuto luogo pm tardt nel Romanticismo. Ma un confronto del genere venne el';lso sia .i~ senso positivo che in senso negativo. Regnava un cl!ma ,spmt?ale che, pur sapendo rappresentare in forma eccentrica .1 espe:tenza del rapimento, vedeva in essa n~n tanto una trasftgurazwne della realtà mondana quanto un ctelo nuvoloso posato sulla s~a ~uperficie. Se i pittori d~l Rinascim~nt~ sanno tenere alto il. cielo, nei quadri barocchtla nuvolaglia s1 ~u~ve, s_cura o radiosa, verso la terra. In confronto al Barocco, il Rmasctmento ~on appare come un'epoca pagana e irreligiosa, ~a come un. perwdo m cui la vita della fede conosce una sorta dt profana libert~: con la Controriforma tornerà a farsi valere l'impronta gerarchica del Medioevo ma in un mondo a cui non era piu dato un accesso diretto all'' aldilà. La recente ridefinizione del ~nasc~m~n!o ~ della Riforma proposta da Burdach contro 1 pregmdtzt _dt Burckhardt, pone per la prima volt_a in giusta luc~, e. ~ontrarto, questi tratti decisivi della Contronfort:?a. Nulla e pm lontano da essa di quel clima di attesa escatologica, o anche solo epocale che fu secondo l'interpretazione di Burdach, la molla segreta' del Ri~ascimento. Dal punto di vista della filosofia della. storia l'ideale della Controriforma è l'acme: un'età dell'oro dt pace ~ di fioritura artistica, lontana da ogni tratt? apoc.~littico, creata e garantita in aeternum dalla spada della Chtesa. L ~nflu.ss~ di questo stato d'a~~o si lasci~.rintr~c~iare anche negli ~;1m1 esempi del teatro rehgtoso. Cos11 gesUiti «n~n ~rendono pm come spunto il dramma della salvezza nel s~o u~steme, ~ anc~e la Passione sempre piu di rado, per fare spazto a~ s?gget!I dell A~tico Testamento e per esprimere il loro zelo mtsswnano nelle VI-
Dramma e tragedia (I) 55
te dei santi»'7• Ma la filosofia della storia propria della Restaurazione doveva colpire in modo ancora piu evidente il dramma profano. Esso si poneva di fronte a una materia storica- era possente l'iniziativa dei poeti che come Gryphius attingevano all'attualità, come Lohenstei.n e Hallmann alla storia politica dell'Oriente. Ma questi soggetti rimanevano confinati fin dall'inizio in una rigida immanenza senza alcuna prospettiva sull'aldilà del Mistero medievale: il loro pur ricco apparato scenico si limita in questo senso alle apparizioni di spiriti e all'apoteosi del tiranno. In questo clima opprimente crebbe il dramma barocco tedesco. Non c'è allora da stupirsi che esso abbia assunto forme contorte, e appunto per questo tanto piu efficaci. Del dramma tedesco del Rinascimento non sopravvive in esso quasi nulla; già le Troiane di Opitz aveva rinunciato alla temperata allegrezza e alla moralistica sobrietà di quelle opere. Gryphius e Lohenstein avrebbero richiesto ai loro drammi un valore artistico e un peso metafisica ancora maggiori se il virtuosismo non fosse stato escluso in partenza, con l'eccezione delle dediche e delle composizioni encomiastiche.
L'evoluzione formale del dramma barocco può essere vista senz' altro come lo sviluppo di necessità contemplative presenti nella situazione teologica dell'epoca. Una di queste, che deriva dal venir meno di ogni escatologia, è il tentativo di trovar consolazione non già in un irraggiungibile stato di grazia, ma nel ritorno a un mero stato creaturale. Qui, come in altre zone del mondo barocco, è decisiva la trasposizione dei dati temporali in una simultaneità spaziale impropria. Essa introduce nella struttura intima di questa forma drammatica. Mentre il Medioevo esibisce la precarietà degli eventi mondani e la transitorietà della creatura come stazioni lungo la via della salvezza, il dramma barocco tedesco si seppellisce per intero nella disperata desolazione della realtà terrena. Se esso conosce una via di salvezza, questa sarà nel cuore stesso dell'angoscia piu che nel compiersi di un piano provvidenziale. Il rifiuto dell'escatologia nel dramma religioso caratterizza la nuova produzione teatrale in tutta Europa: cionondimeno, la fuga indiscriminata nella natura senza grazia è specificamente tedesca. Il dramma spagnolo - che è la forma piu alta del teatro ba-
"mu FLEMMING, Geschichte des ]esuitentheaters in den Landen deutscher Zunge, Berlin 1923, pp. 3 sgg.
54 Il dramma barocco tedesco
ca a coincidere con un periodo di incontrastato dominio cristi~no. La via medievale della ribellione, l'eresia, le era preclus~, m parte appunto perché il cristianesimo riaffermava con tenacia la sua autorità, ma soprattutto perché le sfumat~e eterod?sse della dottrina e della morale non erano affatto m g_rad,o dt da~ voce al fervore di una nuova volontà mondana. Po~che né ~a rtbellione né la sottomissione potevano trovare spazio sul P.tano religioso, l'energia dell'epoca si indirizzò ~erso un rov:sctamento totale dei contenuti vitali nel quadro dt una fedelta o~todo~s~ alle forme ecclesiastiche. Ciò significava precludere agh uommt la possibilità di un'espressi.one ~utenti~a e im~ediata. Tal; espressione avrebbe portato mfatti a marufestare m modo esplicito la volontà epocale, e avrebbe provocat.~ quel.confronto co? la vita cristiana che avrebbe avuto luogo pm tardt nel Romanticismo. Ma un confronto del genere venne el';lso sia .i~ senso positivo che in senso negativo. Regnava un cl!ma ,spmt?ale che, pur sapendo rappresentare in forma eccentrica .1 espe:tenza del rapimento, vedeva in essa n~n tanto una trasftgurazwne della realtà mondana quanto un ctelo nuvoloso posato sulla s~a ~uperficie. Se i pittori d~l Rinascim~nt~ sanno tenere alto il. cielo, nei quadri barocchtla nuvolaglia s1 ~u~ve, s_cura o radiosa, verso la terra. In confronto al Barocco, il Rmasctmento ~on appare come un'epoca pagana e irreligiosa, ~a come un. perwdo m cui la vita della fede conosce una sorta dt profana libert~: con la Controriforma tornerà a farsi valere l'impronta gerarchica del Medioevo ma in un mondo a cui non era piu dato un accesso diretto all'' aldilà. La recente ridefinizione del ~nasc~m~n!o ~ della Riforma proposta da Burdach contro 1 pregmdtzt _dt Burckhardt, pone per la prima volt_a in giusta luc~, e. ~ontrarto, questi tratti decisivi della Contronfort:?a. Nulla e pm lontano da essa di quel clima di attesa escatologica, o anche solo epocale che fu secondo l'interpretazione di Burdach, la molla segreta' del Ri~ascimento. Dal punto di vista della filosofia della. storia l'ideale della Controriforma è l'acme: un'età dell'oro dt pace ~ di fioritura artistica, lontana da ogni tratt? apoc.~littico, creata e garantita in aeternum dalla spada della Chtesa. L ~nflu.ss~ di questo stato d'a~~o si lasci~.rintr~c~iare anche negli ~;1m1 esempi del teatro rehgtoso. Cos11 gesUiti «n~n ~rendono pm come spunto il dramma della salvezza nel s~o u~steme, ~ anc~e la Passione sempre piu di rado, per fare spazto a~ s?gget!I dell A~tico Testamento e per esprimere il loro zelo mtsswnano nelle VI-
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te dei santi»'7• Ma la filosofia della storia propria della Restaurazione doveva colpire in modo ancora piu evidente il dramma profano. Esso si poneva di fronte a una materia storica- era possente l'iniziativa dei poeti che come Gryphius attingevano all'attualità, come Lohenstei.n e Hallmann alla storia politica dell'Oriente. Ma questi soggetti rimanevano confinati fin dall'inizio in una rigida immanenza senza alcuna prospettiva sull'aldilà del Mistero medievale: il loro pur ricco apparato scenico si limita in questo senso alle apparizioni di spiriti e all'apoteosi del tiranno. In questo clima opprimente crebbe il dramma barocco tedesco. Non c'è allora da stupirsi che esso abbia assunto forme contorte, e appunto per questo tanto piu efficaci. Del dramma tedesco del Rinascimento non sopravvive in esso quasi nulla; già le Troiane di Opitz aveva rinunciato alla temperata allegrezza e alla moralistica sobrietà di quelle opere. Gryphius e Lohenstein avrebbero richiesto ai loro drammi un valore artistico e un peso metafisica ancora maggiori se il virtuosismo non fosse stato escluso in partenza, con l'eccezione delle dediche e delle composizioni encomiastiche.
L'evoluzione formale del dramma barocco può essere vista senz' altro come lo sviluppo di necessità contemplative presenti nella situazione teologica dell'epoca. Una di queste, che deriva dal venir meno di ogni escatologia, è il tentativo di trovar consolazione non già in un irraggiungibile stato di grazia, ma nel ritorno a un mero stato creaturale. Qui, come in altre zone del mondo barocco, è decisiva la trasposizione dei dati temporali in una simultaneità spaziale impropria. Essa introduce nella struttura intima di questa forma drammatica. Mentre il Medioevo esibisce la precarietà degli eventi mondani e la transitorietà della creatura come stazioni lungo la via della salvezza, il dramma barocco tedesco si seppellisce per intero nella disperata desolazione della realtà terrena. Se esso conosce una via di salvezza, questa sarà nel cuore stesso dell'angoscia piu che nel compiersi di un piano provvidenziale. Il rifiuto dell'escatologia nel dramma religioso caratterizza la nuova produzione teatrale in tutta Europa: cionondimeno, la fuga indiscriminata nella natura senza grazia è specificamente tedesca. Il dramma spagnolo - che è la forma piu alta del teatro ba-
"mu FLEMMING, Geschichte des ]esuitentheaters in den Landen deutscher Zunge, Berlin 1923, pp. 3 sgg.
Il dramma barocco tedesco
rocco europeo, quella in cui l'elemento barocco, innestandosi sulla cultura cattolica, si sviluppa nel modo piu brillante, piu deciso, piu felice - risolve i conflitti di uno stato creaturale privo di grazia trasponendoli nella cornice rimpicciolita e per cosi dire Iudica di una corte, che è come una Provvidenza secolarizzata. La «stretta» del terzo atto, con l'intervento indiretto della trascendenzatra surreale, cristallino e burattinesco- garantisce al dramma di Calder6n un esito superiore a quello dei drammi tedeschi. L'ambizione di toccare il cuore stesso dell'esistenza è qui del tutto esplicita. Se tuttavia il dramma mondano è costretto a fermarsi sulle soglie della trascendenza, esso cerca nondimeno di accertarsene in forma giocosa, per vie traverse. In nessun altro testo ciò è piu evidente che in La vita è sogno: una totalità conchiusa in fondo paragonabile al Mistero medievale, dove il sogno ricopre la vita desta come la volta del cielo. In esso, è alla moralità che spetta l'ultima parola:
Mas, sea verdad o sueflo, obrar bien es lo que importa; si fuera verdad, por serio; si no, por ganar amigos para cuando despertemos'".
In nessun autore come in Calder6n si potrebbe studiare la forma artistica compiuta del dramma barocco. La sua efficacia -l'efficacia della parola e dell'oggetto- consiste non in ultimo nella precisione con cui il «lutto» e il «gioco» sono accordati l'uno ·sull'altro. La storia del concetto di «gioco» nell'estetica tedesca conosce tre periodi: il Barocco, il Classicismo, il Romanticismo. Se il primo pensa prevalentemente al prodotto, il secondo pensa alla produzione e il terzo ad entrambi. La concezione della vita stessa come gioco, e quindi a fortiori dell'opera d'arte come gioco, è estranea al Classicismo. La teoria schilleriana del gioco aveva di mira l'origine e gli effetti dell'opera d'arte, ma non la sua struttura. L'opera d'arte potrà essere «serena», mentra la vita è «grave», ma la struttura stessa dell'opera potrà essere giocosa soltanto là dove la vita, messa a cop.fronto con una intensità senza limiti, avrà perso la sua gravità. E quanto accade, sia pure in modo diverso, nel barocco e nel romanticismo. E in entrambi questa
"PEDRO CALDER6N DE LA BARCA, La vida es sueiio, III. [Ma che sia realtà o sogno, l il giusto conta; l se è realtà, per esser tale, l e se no per conquistare l nuovi amici, aprendo gli occhi (trad. it. di L. Orioli, Milano 1967, p. 159)).
Dramma e tragedia (r) 57
intensità deve trovare espressione nelle forme e nei soggetti della prassi artistica mondana. Il momento del gioco trova cosi la sua massima enfasi nel dramma, mentre la trascendenza interviene a dire l'ultima parola sotto un travestimento mondano, ossia come «spettacolo nello spettacolo». Non sempre la tecnica è esplicita, nel senso di presentare una scena dentro la scena o di attrarre gli spettatori all'interno dello spazio scenico. Eppure l'istanza salvifica e liberatrice del nuovo teatro profano e appunto perciò «romantico», sta nel paradossale riflettersi di gioco e apparenza. Quella intenzionalità di cui Goethe ha detto che la sua apparenza inerisce ad ogni opera d'arte, dissolve nel dramma idealmente romantico di Calder6n l'elemento del lutto. La nuova scena ha infatti il suo dio nella macchinazione. Per i drammi barocchi tedeschi è caratteristico il fatto che il «gioco» non si svolge in essi con la sontuosità dei drammi spagnoli e neppure con la scaltrezza del futuro teatro romantico. Il motivo strutturale che ha lasciato nelle liriche di Andreas Gryphius la sua impronta piu marcata è però ben presente anche nel teatro barocco. Ne troviamo una variazione a posteriori nella dedica della Sophonisbe di Lohenstein:
Wie nun der Sterblichen ihr gantzer Lebens-Lauf Sich in der Kindheit pflegt mit Spielen anzufangen So hort das Leben auch mit eitel Spielen auf. Wie Rom denselben Tag mit Spielen hat begangen An dem August gebohrn; so wird mit Spiel und Pracht Auch der Entleibten Leib in sein Begriibniis bracht / ... Der blinde Simson bringt sich spielend in das Grab; Und unsre kurtze Zeit ist nichts als ein Getichte. Ein Spiel in dem bald der tritt auf bald jener ab; Mit Thriinen fiingt es an mit Weinen wirds zu nichte. Ja nach dem T ode pflegt mit uns die Zeit zu spieln Wenn Faule Mad' und Wurm in unsern Leichen wiihln'9•
L'intreccio mostruoso della Sophonisbe prefigura quello che sarà il destino dell'elemento Iudica nel teatro di marionette: dove l'aspetto giocoso piegherà da un lato verso il grottesco, e dall'al-
"LOHENSTEIN, Afrikanische Trauerspielecit., p. 251 (Sophonisbe, dedica, 229 sgg. e 241 sgg.). [Come il corso della vita dei mortali l Suoi cominciare coi giuochi dell'infanzia, l Cosi la vita si conclude in puri giuochi. l Come Roma ha celebrato il giorno, l In cui è nato Augusto; cosf, con giuochi e pompa l Anche il corpo dell'ucciso è portato a sepoltura ... l Il cieco Sansone precipita giocando verso la tomba; l E il nostro tempo breve non è che una poesia. l Un giuoco, in cui ora questi entra in scena, ora quegli ne esce; l Con lacrime comincia, nel pianto si annienta. l Persino dopo la morte il tempo con noi gioca, l Quando la putrescenza e i vermi brulicano nei nostri cadaveri].
Il dramma barocco tedesco
rocco europeo, quella in cui l'elemento barocco, innestandosi sulla cultura cattolica, si sviluppa nel modo piu brillante, piu deciso, piu felice - risolve i conflitti di uno stato creaturale privo di grazia trasponendoli nella cornice rimpicciolita e per cosi dire Iudica di una corte, che è come una Provvidenza secolarizzata. La «stretta» del terzo atto, con l'intervento indiretto della trascendenzatra surreale, cristallino e burattinesco- garantisce al dramma di Calder6n un esito superiore a quello dei drammi tedeschi. L'ambizione di toccare il cuore stesso dell'esistenza è qui del tutto esplicita. Se tuttavia il dramma mondano è costretto a fermarsi sulle soglie della trascendenza, esso cerca nondimeno di accertarsene in forma giocosa, per vie traverse. In nessun altro testo ciò è piu evidente che in La vita è sogno: una totalità conchiusa in fondo paragonabile al Mistero medievale, dove il sogno ricopre la vita desta come la volta del cielo. In esso, è alla moralità che spetta l'ultima parola:
Mas, sea verdad o sueflo, obrar bien es lo que importa; si fuera verdad, por serio; si no, por ganar amigos para cuando despertemos'".
In nessun autore come in Calder6n si potrebbe studiare la forma artistica compiuta del dramma barocco. La sua efficacia -l'efficacia della parola e dell'oggetto- consiste non in ultimo nella precisione con cui il «lutto» e il «gioco» sono accordati l'uno ·sull'altro. La storia del concetto di «gioco» nell'estetica tedesca conosce tre periodi: il Barocco, il Classicismo, il Romanticismo. Se il primo pensa prevalentemente al prodotto, il secondo pensa alla produzione e il terzo ad entrambi. La concezione della vita stessa come gioco, e quindi a fortiori dell'opera d'arte come gioco, è estranea al Classicismo. La teoria schilleriana del gioco aveva di mira l'origine e gli effetti dell'opera d'arte, ma non la sua struttura. L'opera d'arte potrà essere «serena», mentra la vita è «grave», ma la struttura stessa dell'opera potrà essere giocosa soltanto là dove la vita, messa a cop.fronto con una intensità senza limiti, avrà perso la sua gravità. E quanto accade, sia pure in modo diverso, nel barocco e nel romanticismo. E in entrambi questa
"PEDRO CALDER6N DE LA BARCA, La vida es sueiio, III. [Ma che sia realtà o sogno, l il giusto conta; l se è realtà, per esser tale, l e se no per conquistare l nuovi amici, aprendo gli occhi (trad. it. di L. Orioli, Milano 1967, p. 159)).
Dramma e tragedia (r) 57
intensità deve trovare espressione nelle forme e nei soggetti della prassi artistica mondana. Il momento del gioco trova cosi la sua massima enfasi nel dramma, mentre la trascendenza interviene a dire l'ultima parola sotto un travestimento mondano, ossia come «spettacolo nello spettacolo». Non sempre la tecnica è esplicita, nel senso di presentare una scena dentro la scena o di attrarre gli spettatori all'interno dello spazio scenico. Eppure l'istanza salvifica e liberatrice del nuovo teatro profano e appunto perciò «romantico», sta nel paradossale riflettersi di gioco e apparenza. Quella intenzionalità di cui Goethe ha detto che la sua apparenza inerisce ad ogni opera d'arte, dissolve nel dramma idealmente romantico di Calder6n l'elemento del lutto. La nuova scena ha infatti il suo dio nella macchinazione. Per i drammi barocchi tedeschi è caratteristico il fatto che il «gioco» non si svolge in essi con la sontuosità dei drammi spagnoli e neppure con la scaltrezza del futuro teatro romantico. Il motivo strutturale che ha lasciato nelle liriche di Andreas Gryphius la sua impronta piu marcata è però ben presente anche nel teatro barocco. Ne troviamo una variazione a posteriori nella dedica della Sophonisbe di Lohenstein:
Wie nun der Sterblichen ihr gantzer Lebens-Lauf Sich in der Kindheit pflegt mit Spielen anzufangen So hort das Leben auch mit eitel Spielen auf. Wie Rom denselben Tag mit Spielen hat begangen An dem August gebohrn; so wird mit Spiel und Pracht Auch der Entleibten Leib in sein Begriibniis bracht / ... Der blinde Simson bringt sich spielend in das Grab; Und unsre kurtze Zeit ist nichts als ein Getichte. Ein Spiel in dem bald der tritt auf bald jener ab; Mit Thriinen fiingt es an mit Weinen wirds zu nichte. Ja nach dem T ode pflegt mit uns die Zeit zu spieln Wenn Faule Mad' und Wurm in unsern Leichen wiihln'9•
L'intreccio mostruoso della Sophonisbe prefigura quello che sarà il destino dell'elemento Iudica nel teatro di marionette: dove l'aspetto giocoso piegherà da un lato verso il grottesco, e dall'al-
"LOHENSTEIN, Afrikanische Trauerspielecit., p. 251 (Sophonisbe, dedica, 229 sgg. e 241 sgg.). [Come il corso della vita dei mortali l Suoi cominciare coi giuochi dell'infanzia, l Cosi la vita si conclude in puri giuochi. l Come Roma ha celebrato il giorno, l In cui è nato Augusto; cosf, con giuochi e pompa l Anche il corpo dell'ucciso è portato a sepoltura ... l Il cieco Sansone precipita giocando verso la tomba; l E il nostro tempo breve non è che una poesia. l Un giuoco, in cui ora questi entra in scena, ora quegli ne esce; l Con lacrime comincia, nel pianto si annienta. l Persino dopo la morte il tempo con noi gioca, l Quando la putrescenza e i vermi brulicano nei nostri cadaveri].
5s Il dramma barocco tedesco
tro verso l'arguzia. Il poeta è consapevole della tortuosità della sua trama:
Die fi.ir den Ehmann itzt aus Liebe sterben wil, Hat in zwey Stunden sein' und ~er Hold ve:gessen. Und Masinissens Brunst ist nur em Gaukelsptel, W enn er der die er friih fi.ir Liebe meint zu fressen, Den Abend tOdlich Gift als ein Geschencke schickt, Und der erst Buhler war, als Hencker sie erdriickt.
, . d hr . . d w l 601 So spielet die Begterd un E gettz m er e t ·
Un simile gioco non può essere governato dal caso, ma dovrà essere calcolato e conforme a un disegno, dovrà essere pens~t? ?a marionette i cui fili sono mossi dall'ambizione e dalla cuptdigia. Resta comunque incontestabile che il dramma tedesco del '~oo non è giunto a elaborare quell'artificio c~onico.c~e pern;ettera a! dramma romantico, da Calder6n fino a Tteck,. di c~coscrtver~ ~di ridurre i suoi oggetti: la rifless~o.n~. Qu~ll~ ;ifles~t~ne che st tmporrà non soltanto come un artiftcto tra 1 pm sottili ~ella commedia romantica, ma che si farà valere anche ne~a. costddetta «tra: gedia» romantica, ossia ne~ «dra~a del destrno». N;l te~tro di Calder6n essa rappresenta m defmttlva quello che nell architettura coeva è la voluta. Essa si ripete all'infi~t.o, rimpiccioJendo all'inverosimile il cerchio che essa stessa delimita. I due latl della riflessione sono entrambi essenziali: la riduzione giocosa del rea: le e l'introduzione nella chiusa finitezza del dramma ~rofano d~ una infinità riflessiva del pensiero. Poiché il mondo det.«dr~mmt del destino»- sia qui detto anticipa~do- è u~ mondo m se conchiuso. E tale era nel teatro di Calderon, nel cUI dramma El n:ay~r monstruo, dedicato alla figura di Erode, si è v~luto vedere il pnmo «dramma del destino» della letteratura umversale. La regola del destino doveva ~arsi valere in modo al.tempo ste~so .P;og~ammato e sorprendente, ad maiorem Dei glorzam e per l edif~cazwne degli spettatori, nello scenario di un mondo ~<sublunare» m senso stretto: quello della creatura soffere~te-o t!'t~nfa~te: Non a caso un uomo come Zacharias Werner, pnma dt rifugtarst nel gremb~ della Chiesa cattolica, si cimentò con lo Sckicksals~rama. La cUI mondanità, solo apparentemente pagana, è di fatto t1 pendant pro-
"'Ibid., p. 248 (Sophonisbe, dedica, p. 133 sgg.). [Colei che ~ra.per ~ore "'!oldor~ al sto del marito, l Dopo due ore ha dimenticato l~ sua e la di le~ grazlll. I,E l ar ore M!:inissa è solo un artificio, l Poiché a colc;i che pr1ma avre?he divorato d amor~, ~~t sera invia in dono veleno mortale, l E se prun,a era. ~no spasunante, ora quale bolli • strugge. l Cosf nel mondo giocano la_ brama e l ambiZlone].
Dramma e tragedia (I) 59
fano della sacra rappresentazione. Ma quel che tanto affascinava anche i romantici, orientati in senso teorico nel teatro di Calder6n -,al punto che lo si potrebbe definire, piu ancora di Shakespeaie, il loro drammaturgo xarè !;oxi)v- è l'incomparabile virtuosismo della riflessione a cui costantemente ricorrono i suoi eroi, quel rigirarsi fra le mani la sfera del destino per osservarlo ora da un lato ora dall'altro. Che cos'altro vagheggiavano i romantici se non il genio che riflette irresponsabile fra le catene dorate dell'autorità? Eppure, proprio l'incomparabile perfezione del teatro spagnolo che per quanto alta artisticamente, sembra, a volerla misurare, ancora un gradino piu in alto, lascia intravedere la pura forma del dramma barocco con minor chiarezza del teatro tedesco, dove il primato della sfera morale mette a nudo la situazione-limite assai piu di quanto non farebbe un prodotto artisticamente compiuto. Il moralismo luterlmo, sempre proteso, come dimostra ampiamente la sua etica del Beru/, a legare la trascendenza della vita di fede all'immanenza della vita quotidiana, non ha mai consentito un confronto deciso tra la miseria umana e terrena e i potentati principeschi e gerarchici, confronto su cui si basa lo scioglimento di tanti drammi di Calder6n. L'esito dei drammi tedeschi è allora meno compiuto riguardo alla forma e al tempo stesso meno dogmatico: esso è, moralmente se non artisticamente, piu responsabile che nei drammi spagnoli. Detto ciò, la ricerca non dovrebbe far altro che individuare alcuni nessi significativi per la forma, cosf ricca e insieme chiusa, del teatro calderoniano. E quanto meno ci sarà spazio per excursus e riscontri testuali, tanto piu sarà necessario mettere in chiaro il rapporto essenziale tra il dramma barocco e Calder6n, un drammaturgo di cui la Germania di quegli anni non può vantare l'eguale.
Il piano dello stato creaturale, il terreno su cui si sviluppa il dramma barocco, condiziona in modo inequivocabile anche la figura del sovrano. Per quanto alto egli troneggi sopra i sudditi e lo stato, il suo rango rientra nel mondo della creazione; egli è il signore delle creature, ma rimane creatura. Ed è proprio questo l'esempio che vorremmo portare rifacendoci a Calder6n, sebbene le parole del principe Don Fernando esprimano un punto di vista squisitamente spagnolo. Esse applicano all'intera creazione il motivo del nome regale:
5s Il dramma barocco tedesco
tro verso l'arguzia. Il poeta è consapevole della tortuosità della sua trama:
Die fi.ir den Ehmann itzt aus Liebe sterben wil, Hat in zwey Stunden sein' und ~er Hold ve:gessen. Und Masinissens Brunst ist nur em Gaukelsptel, W enn er der die er friih fi.ir Liebe meint zu fressen, Den Abend tOdlich Gift als ein Geschencke schickt, Und der erst Buhler war, als Hencker sie erdriickt.
, . d hr . . d w l 601 So spielet die Begterd un E gettz m er e t ·
Un simile gioco non può essere governato dal caso, ma dovrà essere calcolato e conforme a un disegno, dovrà essere pens~t? ?a marionette i cui fili sono mossi dall'ambizione e dalla cuptdigia. Resta comunque incontestabile che il dramma tedesco del '~oo non è giunto a elaborare quell'artificio c~onico.c~e pern;ettera a! dramma romantico, da Calder6n fino a Tteck,. di c~coscrtver~ ~di ridurre i suoi oggetti: la rifless~o.n~. Qu~ll~ ;ifles~t~ne che st tmporrà non soltanto come un artiftcto tra 1 pm sottili ~ella commedia romantica, ma che si farà valere anche ne~a. costddetta «tra: gedia» romantica, ossia ne~ «dra~a del destrno». N;l te~tro di Calder6n essa rappresenta m defmttlva quello che nell architettura coeva è la voluta. Essa si ripete all'infi~t.o, rimpiccioJendo all'inverosimile il cerchio che essa stessa delimita. I due latl della riflessione sono entrambi essenziali: la riduzione giocosa del rea: le e l'introduzione nella chiusa finitezza del dramma ~rofano d~ una infinità riflessiva del pensiero. Poiché il mondo det.«dr~mmt del destino»- sia qui detto anticipa~do- è u~ mondo m se conchiuso. E tale era nel teatro di Calderon, nel cUI dramma El n:ay~r monstruo, dedicato alla figura di Erode, si è v~luto vedere il pnmo «dramma del destino» della letteratura umversale. La regola del destino doveva ~arsi valere in modo al.tempo ste~so .P;og~ammato e sorprendente, ad maiorem Dei glorzam e per l edif~cazwne degli spettatori, nello scenario di un mondo ~<sublunare» m senso stretto: quello della creatura soffere~te-o t!'t~nfa~te: Non a caso un uomo come Zacharias Werner, pnma dt rifugtarst nel gremb~ della Chiesa cattolica, si cimentò con lo Sckicksals~rama. La cUI mondanità, solo apparentemente pagana, è di fatto t1 pendant pro-
"'Ibid., p. 248 (Sophonisbe, dedica, p. 133 sgg.). [Colei che ~ra.per ~ore "'!oldor~ al sto del marito, l Dopo due ore ha dimenticato l~ sua e la di le~ grazlll. I,E l ar ore M!:inissa è solo un artificio, l Poiché a colc;i che pr1ma avre?he divorato d amor~, ~~t sera invia in dono veleno mortale, l E se prun,a era. ~no spasunante, ora quale bolli • strugge. l Cosf nel mondo giocano la_ brama e l ambiZlone].
Dramma e tragedia (I) 59
fano della sacra rappresentazione. Ma quel che tanto affascinava anche i romantici, orientati in senso teorico nel teatro di Calder6n -,al punto che lo si potrebbe definire, piu ancora di Shakespeaie, il loro drammaturgo xarè !;oxi)v- è l'incomparabile virtuosismo della riflessione a cui costantemente ricorrono i suoi eroi, quel rigirarsi fra le mani la sfera del destino per osservarlo ora da un lato ora dall'altro. Che cos'altro vagheggiavano i romantici se non il genio che riflette irresponsabile fra le catene dorate dell'autorità? Eppure, proprio l'incomparabile perfezione del teatro spagnolo che per quanto alta artisticamente, sembra, a volerla misurare, ancora un gradino piu in alto, lascia intravedere la pura forma del dramma barocco con minor chiarezza del teatro tedesco, dove il primato della sfera morale mette a nudo la situazione-limite assai piu di quanto non farebbe un prodotto artisticamente compiuto. Il moralismo luterlmo, sempre proteso, come dimostra ampiamente la sua etica del Beru/, a legare la trascendenza della vita di fede all'immanenza della vita quotidiana, non ha mai consentito un confronto deciso tra la miseria umana e terrena e i potentati principeschi e gerarchici, confronto su cui si basa lo scioglimento di tanti drammi di Calder6n. L'esito dei drammi tedeschi è allora meno compiuto riguardo alla forma e al tempo stesso meno dogmatico: esso è, moralmente se non artisticamente, piu responsabile che nei drammi spagnoli. Detto ciò, la ricerca non dovrebbe far altro che individuare alcuni nessi significativi per la forma, cosf ricca e insieme chiusa, del teatro calderoniano. E quanto meno ci sarà spazio per excursus e riscontri testuali, tanto piu sarà necessario mettere in chiaro il rapporto essenziale tra il dramma barocco e Calder6n, un drammaturgo di cui la Germania di quegli anni non può vantare l'eguale.
Il piano dello stato creaturale, il terreno su cui si sviluppa il dramma barocco, condiziona in modo inequivocabile anche la figura del sovrano. Per quanto alto egli troneggi sopra i sudditi e lo stato, il suo rango rientra nel mondo della creazione; egli è il signore delle creature, ma rimane creatura. Ed è proprio questo l'esempio che vorremmo portare rifacendoci a Calder6n, sebbene le parole del principe Don Fernando esprimano un punto di vista squisitamente spagnolo. Esse applicano all'intera creazione il motivo del nome regale:
6o n dramma barocco tedesco
... que aun entre brutos y fieras este nombre es de tan suma autoridad, que la ley de naturaleza ajusta obeduencias; y asf leemos en republicas incultas, alle6n, rey de las fieras, que cuando la frente arruga de guedejas se corona, es piadoso, pues que nunca hizo presa en el rendido. En las saladas espumas del mar, el delHn, que es rey de los peces, le dibujan escamas de plata y oro sobre la espalda cerulea coronas, y ya se vio de una tormenta importuna sacar los hombres a tierra porque el mar no los consuma ... Pues si entre fieras y peces, plantas, piedras y aves, uso esta majestad del rey de piedad, no sera injusta entre los hombres, seno ... 61
•
Il tentativo di rintracciare l'origine della regalità nell'ordine naturale si ritrova anche nella teoria giuridica. Cosf gli avversari del tirannicidio proponevano di screditare i regicidi definendoli «parricidi». Claudio Salmasio, Robert Silmer e parecchi altri facevano derivare «il potere d_~l sovrano dal dominio universale concesso ad Adamo in quanto signore della creazione, un dominio che si era trasmesso attraverso alcuni capifamiglia per diventare infine ereditario, entro certo limiti, all'interno di una dinastia. Un regicidio è perciò equivalente a un parricidio»62
• La nobiltà poteva dunque apparire come un fenomeno naturale, al punto che Hallmann, ne~e sue Leichreden [Orazioni funebri] può rivolgersi alla
61 PEDRO CALDER6N DE LA BARCA, Obras Completas, I, Madrid 1966 (BI principe constante, III), pp. 273·74· [Persino tra i bruti e le fiexe questo nome è di sf alta autorità, che la stessa legge di natura li dispone ali' obbedienn. Cosi leggiamo che nei selvaggi regni delle belve, il leone loro sovrano, che quando corruga la fronte si corona di criniexe, è pietoso pexché non mai infiexf sul nemico vinto. Tra le salse spume del mare il delfino, re dei pesci, a cui sulla cerulea spalla squame d'oro e d'argento disegnano corone, fu già visto trar· re a riva, da infausta procella, gli uomini, perché non vengano inghiottiti dal mare ... Se dunque tra le fiere ed i pesci, le piante, le pietre e gli uccelli, la maestà regale è usa alla pietà, non sarà ingiusta anche tra gli uomini, signore ... (trad. it. Torino 1951, pp. 150 sgg.)].
" HANS GEORG sCHMIDT, Die Lehre vom Tyrannenmord. Bin Kapitel aus der Rechtsphilo. sophie; Tiibingen-Leipzig 1901, p. 92.
Dramma e tragedia (I)
morte con queste parole di lamento: «Ahimè, neppure di fronte ai privilegiati tu hai gli occhi aperti e le orecchie! »63
• Il semplice suddito, l'uomo, diventa allora, coerentemente, un animale: «l'animale divino», «l'animale sapiente»64
, un «animale indiscreto e permaloso»65. Tali le espressioni di Opitz, Tscherning e Buchner. E cosi Butschky: «Che cos'è mai ... un monarca virtuoso se non un animale celeste! »66
• E poi ancora i bei versi di Gryphius: lhr, die cles hOch.sten bild verlohren, Schaut auf das bild, das euch gebohren! Fragt nicht, warum es in dem stall einzieh! Er sucht uns, die mehr viehisch als ein vieh67 !
Quest'ultima affermazione trova la sua conferma nella figura dei despoti in preda alla follia. Quando l' Antioco di Hallmann, inorridito alla vista di un pesce che gli viene servito a tavola precipita nella follia65
, o quando Hunold mostra il suo Nabucodonosor in forma di animale - sulla scena vediamo «una pianura desolata. Nabucodonosor in catene, con piume d'aquila e munito di artigli, in mezzo a molti animali feroci ... Fa gesti strani ... Ringhia e si mostra rabbioso» - 69 tutto ciò poggia sulla convinzione che nel tiranno, la piu elevata fra le creature, possa innalzarsi, con inso-spettata violenza, l' animàle. ·
Su queste basi il teatro spagnolo ha sviluppato un suo motivo peculiare, che permette di riconoscere come nessun altro il carat-
"JOHANN CHRISTIAN HAU.MANN, Leich-Reden, Todten-Gedichte und Aus dem Italianischen iibexsetzte Grab-Schrifften [Orazioni funebri. Poemi pex i morti e scritti funebri tradotti dall'italiano], Franckfurt-Leipzig 1682, p. 88. [Ach daB du auch vor privilegirte Personen keine eroffnete Augen noch Ohren hast!] .
64 Cfr. HANS HEINRICH BORCHERDT, Andreas Tscheming. Bin Beitrag zur Literatur- und Kultur-Geschichteder I7.Jahrhunderts, Miinchen-Leipzig 1912, pp. 90 sgg.
60 AUGUST BUCHNER, Ppetik, Aus dessen nachgelassener Bibliothek hexaus gegeben von Othone Pratorio [La poetica di A. B. Pubblicata sulla base della sua biblioteca da O. P.] P. P. Wittenbexg 1665, p. 5· •
66 s~ VON BUTSCHKY, Wohl-Bebauter Rosen-Thal, Niirnbexg 1679, p. 761. [Was 1st ... em Tugendhalfer Monarch anders als ein Himmliches Thier].
61 GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 109 (LeoArmenius, IV, .387 sgg.). [Voi che avete pexduto l'immagine dell'Altissimo, l Guardate all'immagine ch'è nata per voi! l Non domandate perché entrò in una stalla! l Egli cerca noi, piu bestiali delle bestie].
" Cfr. HAU.MANN, Trauer-, Freuden- und Schaferspiele cit., Die gijtttiche Rache oder der verfiihrte Theodoricus Veronensis [La vendetta divina ovvexo il sedotto Teodorico da Verona], p. 104 (V, .364 sgg.).
69 CHRISTIAN PRIEDRICH HUNOLD, Theatralische Galante Und Geisttiche Gedichte [Poemi teatrali, galanti e spirituali], Hamburg 1706, p. 181 (Nebucadnezar, III, 3· didascalia). [ ... eine wiiste Eini:ide. Nebucadnezar an Ketten mit Adlexs Federn und KÌauen bewachsen unter vielen wilden Thieren ... Er geberdet sich seltsam ... Er brummet und stellt sich iibel] .
6o n dramma barocco tedesco
... que aun entre brutos y fieras este nombre es de tan suma autoridad, que la ley de naturaleza ajusta obeduencias; y asf leemos en republicas incultas, alle6n, rey de las fieras, que cuando la frente arruga de guedejas se corona, es piadoso, pues que nunca hizo presa en el rendido. En las saladas espumas del mar, el delHn, que es rey de los peces, le dibujan escamas de plata y oro sobre la espalda cerulea coronas, y ya se vio de una tormenta importuna sacar los hombres a tierra porque el mar no los consuma ... Pues si entre fieras y peces, plantas, piedras y aves, uso esta majestad del rey de piedad, no sera injusta entre los hombres, seno ... 61
•
Il tentativo di rintracciare l'origine della regalità nell'ordine naturale si ritrova anche nella teoria giuridica. Cosf gli avversari del tirannicidio proponevano di screditare i regicidi definendoli «parricidi». Claudio Salmasio, Robert Silmer e parecchi altri facevano derivare «il potere d_~l sovrano dal dominio universale concesso ad Adamo in quanto signore della creazione, un dominio che si era trasmesso attraverso alcuni capifamiglia per diventare infine ereditario, entro certo limiti, all'interno di una dinastia. Un regicidio è perciò equivalente a un parricidio»62
• La nobiltà poteva dunque apparire come un fenomeno naturale, al punto che Hallmann, ne~e sue Leichreden [Orazioni funebri] può rivolgersi alla
61 PEDRO CALDER6N DE LA BARCA, Obras Completas, I, Madrid 1966 (BI principe constante, III), pp. 273·74· [Persino tra i bruti e le fiexe questo nome è di sf alta autorità, che la stessa legge di natura li dispone ali' obbedienn. Cosi leggiamo che nei selvaggi regni delle belve, il leone loro sovrano, che quando corruga la fronte si corona di criniexe, è pietoso pexché non mai infiexf sul nemico vinto. Tra le salse spume del mare il delfino, re dei pesci, a cui sulla cerulea spalla squame d'oro e d'argento disegnano corone, fu già visto trar· re a riva, da infausta procella, gli uomini, perché non vengano inghiottiti dal mare ... Se dunque tra le fiere ed i pesci, le piante, le pietre e gli uccelli, la maestà regale è usa alla pietà, non sarà ingiusta anche tra gli uomini, signore ... (trad. it. Torino 1951, pp. 150 sgg.)].
" HANS GEORG sCHMIDT, Die Lehre vom Tyrannenmord. Bin Kapitel aus der Rechtsphilo. sophie; Tiibingen-Leipzig 1901, p. 92.
Dramma e tragedia (I)
morte con queste parole di lamento: «Ahimè, neppure di fronte ai privilegiati tu hai gli occhi aperti e le orecchie! »63
• Il semplice suddito, l'uomo, diventa allora, coerentemente, un animale: «l'animale divino», «l'animale sapiente»64
, un «animale indiscreto e permaloso»65. Tali le espressioni di Opitz, Tscherning e Buchner. E cosi Butschky: «Che cos'è mai ... un monarca virtuoso se non un animale celeste! »66
• E poi ancora i bei versi di Gryphius: lhr, die cles hOch.sten bild verlohren, Schaut auf das bild, das euch gebohren! Fragt nicht, warum es in dem stall einzieh! Er sucht uns, die mehr viehisch als ein vieh67 !
Quest'ultima affermazione trova la sua conferma nella figura dei despoti in preda alla follia. Quando l' Antioco di Hallmann, inorridito alla vista di un pesce che gli viene servito a tavola precipita nella follia65
, o quando Hunold mostra il suo Nabucodonosor in forma di animale - sulla scena vediamo «una pianura desolata. Nabucodonosor in catene, con piume d'aquila e munito di artigli, in mezzo a molti animali feroci ... Fa gesti strani ... Ringhia e si mostra rabbioso» - 69 tutto ciò poggia sulla convinzione che nel tiranno, la piu elevata fra le creature, possa innalzarsi, con inso-spettata violenza, l' animàle. ·
Su queste basi il teatro spagnolo ha sviluppato un suo motivo peculiare, che permette di riconoscere come nessun altro il carat-
"JOHANN CHRISTIAN HAU.MANN, Leich-Reden, Todten-Gedichte und Aus dem Italianischen iibexsetzte Grab-Schrifften [Orazioni funebri. Poemi pex i morti e scritti funebri tradotti dall'italiano], Franckfurt-Leipzig 1682, p. 88. [Ach daB du auch vor privilegirte Personen keine eroffnete Augen noch Ohren hast!] .
64 Cfr. HANS HEINRICH BORCHERDT, Andreas Tscheming. Bin Beitrag zur Literatur- und Kultur-Geschichteder I7.Jahrhunderts, Miinchen-Leipzig 1912, pp. 90 sgg.
60 AUGUST BUCHNER, Ppetik, Aus dessen nachgelassener Bibliothek hexaus gegeben von Othone Pratorio [La poetica di A. B. Pubblicata sulla base della sua biblioteca da O. P.] P. P. Wittenbexg 1665, p. 5· •
66 s~ VON BUTSCHKY, Wohl-Bebauter Rosen-Thal, Niirnbexg 1679, p. 761. [Was 1st ... em Tugendhalfer Monarch anders als ein Himmliches Thier].
61 GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 109 (LeoArmenius, IV, .387 sgg.). [Voi che avete pexduto l'immagine dell'Altissimo, l Guardate all'immagine ch'è nata per voi! l Non domandate perché entrò in una stalla! l Egli cerca noi, piu bestiali delle bestie].
" Cfr. HAU.MANN, Trauer-, Freuden- und Schaferspiele cit., Die gijtttiche Rache oder der verfiihrte Theodoricus Veronensis [La vendetta divina ovvexo il sedotto Teodorico da Verona], p. 104 (V, .364 sgg.).
69 CHRISTIAN PRIEDRICH HUNOLD, Theatralische Galante Und Geisttiche Gedichte [Poemi teatrali, galanti e spirituali], Hamburg 1706, p. 181 (Nebucadnezar, III, 3· didascalia). [ ... eine wiiste Eini:ide. Nebucadnezar an Ketten mit Adlexs Federn und KÌauen bewachsen unter vielen wilden Thieren ... Er geberdet sich seltsam ... Er brummet und stellt sich iibel] .
Il dramma barocco tedesco
tere nazionale della seriosità circoscritta, propria del dramma tedesco. Negli intrecci della «comedia de capa y espada», come anche del dramma tedesco, l'onore svolge un ruolo predominante. Ora, veder scaturire ciò dallo stato creaturale del personaggio drammatico può essere un motivo di sorpresa; eppure è precisamente cosL L'onore è, secondo la definizione di Hegel, «l'assolutamente violabife.,./0
• «L'autonomia personale, per cui lotta l'onore, non si mostra come il valore volto a favore di una comunità e ad acquistare fama di rettitudine in essa o di onestà nell'ambito. della vita privata; esso combatte invece solo per il riconoscimento e l'inviolabilità astratta del soggetto singolo»71
• Questa inviolabilità astratta è però soltanto la piu rigorosa inviolabilità della persona fisica, nella quale, come intangibilità della carne e del sangue, hanno il loro fondamento originario anche le piu minute prescrizioni del codice d'onore. Ed è per questo che l'onore può essere violato dall'offesa arrecata a un parente non meno che da un'offesa subita in proprio. Mentre il nome - che vorrebbe attestare l'inviolabilità astratta della persona- non è nulla in sé e per sé: nel quadro della vita creaturale, e a differenza della sfera religiosa, esso non è nient'altro che lo scudo destinato a coprire la physys vulnerabile dell'uomo. L'uomo disonorato è perfettamente libero: nel momento stesso in cui invita a punire il colpevole, l'onta scopre la propria origine in un danno fisico. Nel teatro spagnolo, con la sua incomparabile dialettica dell'onore, la nudità creaturale si è dimostrata capace, come mai altrove, di una rappresentazione superiore, conciliante. Il supplizio cruento che nel.dramma martirologico segna la fine della creatura, ha il suo pendant nel calvario dell'onore, il quale, per quanto oltraggiato, alla fine dei drammi di Calder6n viene sempre riparato da un intervento del sovrano o da un sofisma. Nella realtà dell'onore il dramma spagnolo assegna al corpo la sua spiritualità propriamente creaturale, rivelando cosf un mondo profano che ai poeti tedeschi dell'età barocca, e anche ai teorici successivi, doveva restare precluso. Non è però sfuggita ad essi l'affinità concettuale dei motivi. Scrive ad esempio Schopenhauer: «La differenza, di cui cosf spesso si parla ai nostri giorni, tra poesia classica e romantica mi pare che derivi in fondo da questo: che la prima non conosce motivi se non puramente umani, reali e naturali; questa invece fa valere come efficaci anche mo-
70 GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL, Werke, vol. Il: Vor/esungen uber die Asthetik, a cura di H. G. Hotho, Berlin 1837, p. 176; trad. it., Estetica, Milano 1963, p. 739·
11 Ibid., p. 167; trad. it. cit., p. 730.
Dramma e tragedia (I)
tivi artificiali, convenzionali ed immaginari: a questi appartengono i motivi derivati dal mito cristiano, nonché quelli dell'esagerato e fantastico principio d'onore cavalleresco ... A quale sconvolta caricatura dei rapporti umani e della natura umana questi motivi conducano, si può vedere perfino nei migliori poeti del genere romantico, per esempio in Calder6n. Per non parlare degli autos, io mi richiamo solo a drammi come No siempre el peor es cierto [Non sempre il peggioè certo] e El postrero duelo de Espana [L'ultimo duello di Spagna] e simili commedie en capa y espada; a quegli elementi si associa anche qui la prevalente sottigliezza scolastica nella conversazione, che allora apparteneva all'educazione delle classi superiori»72
• Schopenha1,1er non penetra nello spirito del dramma spagnolo,· benché, in un altro passo, mostri di voler innalzare il dramma cristiano al di sopra della tragedia. Ed è forte la tentazione di far derivare la sua ostilità dall' amoralismo, cosf poco germanico, proprio della concezione spagnola. Quell'amoralismo in cui tragedia e commedia trovano il loro terreno comune.
Problemi sofistici - e soluzioni sofistiche - come quelli che troviamo nel teatro spagnolo, non compaiono nel greve ragionare dei drammaturghi protestanti tedeschi. Ma la concezione della storia propria dell'epoca aveva posto confini molto rigidi alloro moralismo luterano. Lo spettacolo sempre rinnovato dell'ascesa e della caduta del principe, o di una virtu spinta all'estremo, non si offriva agli occhi dei poeti come un esempio di moralità, quanto piuttosto come il lato naturale, e necessario nella sua costanza, del divenire storico. Se la fusione dei concetti storici e di quelli morali era estranea all'Occidente pre-razionalistico non meno che all'antichità, essa si conferma altrettanto estranea al Barocco, col suo sguardo cronachistico sulla storia universale. Sprofondato nel dettaglio, quello sguardo microscopico si limita a perseguire faticosamente gli intrighi del calcolo politico. Il dramma barocco non conosce il lavorio della storia se non come un abietto affaccendarsi di intriganti. Nei numerosi ribelli che si oppongono al monarca, irrigidito nella posa del martire cristiano, non spira mai il minimo soffio rivoluzionario: il loro unico movente è l'insoddisfazione. L'unico riflesso di dignità morale è quello che si posa sul sovrano,
72 ARTHURSCHOPENHAUER,Sammtliche Werke, a cura di E. Grisebach, vol. II: Die Welt als Wille und Vorstellung, Leipzig [r89r], pp. 505-6; trad. it. Il mondo come volontà e rappresentazione, a cura di P. Savi-Lopez e G. De Lorenzo, Bari z8z8-3o, vol. Il, pp. 526 sgg.
Il dramma barocco tedesco
tere nazionale della seriosità circoscritta, propria del dramma tedesco. Negli intrecci della «comedia de capa y espada», come anche del dramma tedesco, l'onore svolge un ruolo predominante. Ora, veder scaturire ciò dallo stato creaturale del personaggio drammatico può essere un motivo di sorpresa; eppure è precisamente cosL L'onore è, secondo la definizione di Hegel, «l'assolutamente violabife.,./0
• «L'autonomia personale, per cui lotta l'onore, non si mostra come il valore volto a favore di una comunità e ad acquistare fama di rettitudine in essa o di onestà nell'ambito. della vita privata; esso combatte invece solo per il riconoscimento e l'inviolabilità astratta del soggetto singolo»71
• Questa inviolabilità astratta è però soltanto la piu rigorosa inviolabilità della persona fisica, nella quale, come intangibilità della carne e del sangue, hanno il loro fondamento originario anche le piu minute prescrizioni del codice d'onore. Ed è per questo che l'onore può essere violato dall'offesa arrecata a un parente non meno che da un'offesa subita in proprio. Mentre il nome - che vorrebbe attestare l'inviolabilità astratta della persona- non è nulla in sé e per sé: nel quadro della vita creaturale, e a differenza della sfera religiosa, esso non è nient'altro che lo scudo destinato a coprire la physys vulnerabile dell'uomo. L'uomo disonorato è perfettamente libero: nel momento stesso in cui invita a punire il colpevole, l'onta scopre la propria origine in un danno fisico. Nel teatro spagnolo, con la sua incomparabile dialettica dell'onore, la nudità creaturale si è dimostrata capace, come mai altrove, di una rappresentazione superiore, conciliante. Il supplizio cruento che nel.dramma martirologico segna la fine della creatura, ha il suo pendant nel calvario dell'onore, il quale, per quanto oltraggiato, alla fine dei drammi di Calder6n viene sempre riparato da un intervento del sovrano o da un sofisma. Nella realtà dell'onore il dramma spagnolo assegna al corpo la sua spiritualità propriamente creaturale, rivelando cosf un mondo profano che ai poeti tedeschi dell'età barocca, e anche ai teorici successivi, doveva restare precluso. Non è però sfuggita ad essi l'affinità concettuale dei motivi. Scrive ad esempio Schopenhauer: «La differenza, di cui cosf spesso si parla ai nostri giorni, tra poesia classica e romantica mi pare che derivi in fondo da questo: che la prima non conosce motivi se non puramente umani, reali e naturali; questa invece fa valere come efficaci anche mo-
70 GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL, Werke, vol. Il: Vor/esungen uber die Asthetik, a cura di H. G. Hotho, Berlin 1837, p. 176; trad. it., Estetica, Milano 1963, p. 739·
11 Ibid., p. 167; trad. it. cit., p. 730.
Dramma e tragedia (I)
tivi artificiali, convenzionali ed immaginari: a questi appartengono i motivi derivati dal mito cristiano, nonché quelli dell'esagerato e fantastico principio d'onore cavalleresco ... A quale sconvolta caricatura dei rapporti umani e della natura umana questi motivi conducano, si può vedere perfino nei migliori poeti del genere romantico, per esempio in Calder6n. Per non parlare degli autos, io mi richiamo solo a drammi come No siempre el peor es cierto [Non sempre il peggioè certo] e El postrero duelo de Espana [L'ultimo duello di Spagna] e simili commedie en capa y espada; a quegli elementi si associa anche qui la prevalente sottigliezza scolastica nella conversazione, che allora apparteneva all'educazione delle classi superiori»72
• Schopenha1,1er non penetra nello spirito del dramma spagnolo,· benché, in un altro passo, mostri di voler innalzare il dramma cristiano al di sopra della tragedia. Ed è forte la tentazione di far derivare la sua ostilità dall' amoralismo, cosf poco germanico, proprio della concezione spagnola. Quell'amoralismo in cui tragedia e commedia trovano il loro terreno comune.
Problemi sofistici - e soluzioni sofistiche - come quelli che troviamo nel teatro spagnolo, non compaiono nel greve ragionare dei drammaturghi protestanti tedeschi. Ma la concezione della storia propria dell'epoca aveva posto confini molto rigidi alloro moralismo luterano. Lo spettacolo sempre rinnovato dell'ascesa e della caduta del principe, o di una virtu spinta all'estremo, non si offriva agli occhi dei poeti come un esempio di moralità, quanto piuttosto come il lato naturale, e necessario nella sua costanza, del divenire storico. Se la fusione dei concetti storici e di quelli morali era estranea all'Occidente pre-razionalistico non meno che all'antichità, essa si conferma altrettanto estranea al Barocco, col suo sguardo cronachistico sulla storia universale. Sprofondato nel dettaglio, quello sguardo microscopico si limita a perseguire faticosamente gli intrighi del calcolo politico. Il dramma barocco non conosce il lavorio della storia se non come un abietto affaccendarsi di intriganti. Nei numerosi ribelli che si oppongono al monarca, irrigidito nella posa del martire cristiano, non spira mai il minimo soffio rivoluzionario: il loro unico movente è l'insoddisfazione. L'unico riflesso di dignità morale è quello che si posa sul sovrano,
72 ARTHURSCHOPENHAUER,Sammtliche Werke, a cura di E. Grisebach, vol. II: Die Welt als Wille und Vorstellung, Leipzig [r89r], pp. 505-6; trad. it. Il mondo come volontà e rappresentazione, a cura di P. Savi-Lopez e G. De Lorenzo, Bari z8z8-3o, vol. Il, pp. 526 sgg.
Il dramma barocco tedesco
ed è poi il riflessq di una dignità del tutto estranea alla storia come quella stoica. E questo infatti, e non l'attesa della salvezza propria dell'eroe cristiano, l'atteggiamento che si ritrova ovunque nei protagonisti del dramma barocco. Fra le obiezioni che sono state mosse alle storie martirologiche, la piu fondata è quella che nega ad esse ogni effettiva portata storica. Sennonché, tale obiezione colpisce una falsa teoria del dramma barocco, e non il dramma stesso. Nel passo seguente di Wackernagel alla debolezza della tesi si aggiunge poi la fragilità dell'argomentazione. «La tragedia -leggiamo - non deve solo dimostrare che la realtà umana è precaria di fronte al divino, ma che cosf deve essere; essa non può tacere i crimini che sono la ragione necessaria della catastrofe. Se mettesse in scena una pena senza colpa ... contraddirebbe la storia, che non conosce nulla di simile, e dalla quale anzi la tragedia ricava la propria idea fondamentale»73
• A prescindere dal dubbio ottimismo di questa concezione della storia, nel dramma martirologico non è la trasgressione morale, ma la ~tessa condizione creaturale dell'uomo a provocare la catastrofe. E questo tipo di catastrofe - cosf diversa da quella eccezionale dell'eroe tragico- che i poeti barocchi avevano in mente col termine Trauerspiel: un termine che la letteratura drammatica ha usato piu coerentemente dei suoi critici. Cosi ad esempio- e l'autorevolezza dell'esempio farà dimenticare la sua distanza dall'oggetto- non è un caso che La figlia naturale, lontana com'è dall'esser mossa dalla violenza degli eventi rivoluzionari che la sfiorano, sia definita un Trauerspiel. Nella misura in cui gli avvenimenti politici parlano, a Goethe, il linguaggio terribile di una volontà annientatrice, simile alla periodica violenza dei fenomeni naturali, in questa misura egli si rapporta al suo oggetto come un poeta del xvn secolo. Il tono arcaicizzante sospinge la vicenda in una preistoria che ha quasi i tratti della storia naturale, . e il poeta lo accentua fino a parlo, rispetto all'azione, in un rapporto incomparabile sul piano lirico ma inibitorio sul piano drammatico. L'ethos del dramma storico è non meno estraneo a quest'opera di Goethe che alle Staatsaktionen barocche, con la sola differenza che l'eroismo storico non viene sacrificato in. questo caso a quello stoico. La patria, la libertà e la fede sono per il dramma barocco semplici spunti, interscambiabili a piacere, per dimostrare la virtu privata. Colui che si spinge piu lontano su questa via è
73 WILHELM WACKERNAGEL, O ber die dramatische Poesie, Academische Gelegenheitsschrift, Base! r8J8, pp. 34 sgg.
Dramma e tragedia (I)
Lohenstein. Nessuno come lui ha utilizzato l'artificio di soffocare la riflessione etica sul nascere, ricorrendo a metafore che assimilano le vicende storiche a eventi naturali. Se si escludono le pose stoicheggianti, qualunque atteggiamento eticamente motivato e qualunque discussione a sfondo etico sono banditi con un rigore estremo: un rigore che piu ancora delle atrocità dell'azione conferisce ai drammi di Lohenstein quel loro contenuto vistosamente in urto con le preziosità del dettato. Quando JohannJacob Breitinger, nella Critische Abhandlung von der Natur, den Absichten und dem Gebrauche der Gleichnisse [Trattazione critica intorno alla natura, le intenzioni e l'uso delle similitudini] del 1740, fece i conti col famoso drammaturgo, ne sottolineò la peculiare maniera di illustrare i principi morali con esempi naturalistici che in realtà ne distruggevano il senso74
• Questo uso della similitudine ha il suo riscontro piu calzante là dove una trasgressione etica viene giustificata con un semplice richiamo a un gesto naturale: «Si evitano gli alberi che sono sul punto di cadere»", dice Sosia accomiatandosi da Agrippina, ormai prossima alla fine. E queste parole non vanno intese come una caratterizzazione del personaggio che sta parlando, bensf come la massima di un comportamento naturale adeguato all'alta politica. Per ricondurre i conflitti storico-morali al terreno della storia naturale, gli autori barocchi potevano disporre di un ricco patrimonio di immagini. Osserva Breitinger: «Questa ostentazione di cultura naturalistica viene cosi spontanea al nostro Lohenstein, che egli andrà a scovare di sicuro qualche mistero naturale se vuoi dirvi che qualcosa è raro o impossibile,. che potrà accadere piu o meno facilmente oppure mai ... Quando ... il padre di Arsinoe vuoi dimostrare come sia sconveniente che sua figlia vada sposa a un giovane di rango inferiore, egli conclude in questo modo: "Mi aspetto da Arsinoe che, se devo considerarla mia figlia, non sia del genere dell'edera, effigie della plebe, ehe abbraccia sia un arbusto di nocciuolo, sia un albero di datteri. Poiché le piante nobili rivolgono la testa verso il cielo; le rose si schiudono solo alla presenza del sole; le palme non vanno d'accordo con arbusti di basso rango: perfino la morta calamita segue la nobile stella polare. E la casa di Polemone [ecco la conclusione] dovrebbe chinarsi verso i discendenti del servile Ma~
74 C&. JOHANN JACOB BREITINGER, Critische Abhandlung von der Natur, den Absichten und dèm Gebrauche der Gleichnisse, Ziirich 1740, p. 489.
"DANIEL CASPER voN LOHENSTEIN, Ri5mische Trauerspiele. Agrippina, Epicharis, a cura di K. G. Just, Stuttgart 1955. p. 90 (Agrippina, V, r r8).
Il dramma barocco tedesco
ed è poi il riflessq di una dignità del tutto estranea alla storia come quella stoica. E questo infatti, e non l'attesa della salvezza propria dell'eroe cristiano, l'atteggiamento che si ritrova ovunque nei protagonisti del dramma barocco. Fra le obiezioni che sono state mosse alle storie martirologiche, la piu fondata è quella che nega ad esse ogni effettiva portata storica. Sennonché, tale obiezione colpisce una falsa teoria del dramma barocco, e non il dramma stesso. Nel passo seguente di Wackernagel alla debolezza della tesi si aggiunge poi la fragilità dell'argomentazione. «La tragedia -leggiamo - non deve solo dimostrare che la realtà umana è precaria di fronte al divino, ma che cosf deve essere; essa non può tacere i crimini che sono la ragione necessaria della catastrofe. Se mettesse in scena una pena senza colpa ... contraddirebbe la storia, che non conosce nulla di simile, e dalla quale anzi la tragedia ricava la propria idea fondamentale»73
• A prescindere dal dubbio ottimismo di questa concezione della storia, nel dramma martirologico non è la trasgressione morale, ma la ~tessa condizione creaturale dell'uomo a provocare la catastrofe. E questo tipo di catastrofe - cosf diversa da quella eccezionale dell'eroe tragico- che i poeti barocchi avevano in mente col termine Trauerspiel: un termine che la letteratura drammatica ha usato piu coerentemente dei suoi critici. Cosi ad esempio- e l'autorevolezza dell'esempio farà dimenticare la sua distanza dall'oggetto- non è un caso che La figlia naturale, lontana com'è dall'esser mossa dalla violenza degli eventi rivoluzionari che la sfiorano, sia definita un Trauerspiel. Nella misura in cui gli avvenimenti politici parlano, a Goethe, il linguaggio terribile di una volontà annientatrice, simile alla periodica violenza dei fenomeni naturali, in questa misura egli si rapporta al suo oggetto come un poeta del xvn secolo. Il tono arcaicizzante sospinge la vicenda in una preistoria che ha quasi i tratti della storia naturale, . e il poeta lo accentua fino a parlo, rispetto all'azione, in un rapporto incomparabile sul piano lirico ma inibitorio sul piano drammatico. L'ethos del dramma storico è non meno estraneo a quest'opera di Goethe che alle Staatsaktionen barocche, con la sola differenza che l'eroismo storico non viene sacrificato in. questo caso a quello stoico. La patria, la libertà e la fede sono per il dramma barocco semplici spunti, interscambiabili a piacere, per dimostrare la virtu privata. Colui che si spinge piu lontano su questa via è
73 WILHELM WACKERNAGEL, O ber die dramatische Poesie, Academische Gelegenheitsschrift, Base! r8J8, pp. 34 sgg.
Dramma e tragedia (I)
Lohenstein. Nessuno come lui ha utilizzato l'artificio di soffocare la riflessione etica sul nascere, ricorrendo a metafore che assimilano le vicende storiche a eventi naturali. Se si escludono le pose stoicheggianti, qualunque atteggiamento eticamente motivato e qualunque discussione a sfondo etico sono banditi con un rigore estremo: un rigore che piu ancora delle atrocità dell'azione conferisce ai drammi di Lohenstein quel loro contenuto vistosamente in urto con le preziosità del dettato. Quando JohannJacob Breitinger, nella Critische Abhandlung von der Natur, den Absichten und dem Gebrauche der Gleichnisse [Trattazione critica intorno alla natura, le intenzioni e l'uso delle similitudini] del 1740, fece i conti col famoso drammaturgo, ne sottolineò la peculiare maniera di illustrare i principi morali con esempi naturalistici che in realtà ne distruggevano il senso74
• Questo uso della similitudine ha il suo riscontro piu calzante là dove una trasgressione etica viene giustificata con un semplice richiamo a un gesto naturale: «Si evitano gli alberi che sono sul punto di cadere»", dice Sosia accomiatandosi da Agrippina, ormai prossima alla fine. E queste parole non vanno intese come una caratterizzazione del personaggio che sta parlando, bensf come la massima di un comportamento naturale adeguato all'alta politica. Per ricondurre i conflitti storico-morali al terreno della storia naturale, gli autori barocchi potevano disporre di un ricco patrimonio di immagini. Osserva Breitinger: «Questa ostentazione di cultura naturalistica viene cosi spontanea al nostro Lohenstein, che egli andrà a scovare di sicuro qualche mistero naturale se vuoi dirvi che qualcosa è raro o impossibile,. che potrà accadere piu o meno facilmente oppure mai ... Quando ... il padre di Arsinoe vuoi dimostrare come sia sconveniente che sua figlia vada sposa a un giovane di rango inferiore, egli conclude in questo modo: "Mi aspetto da Arsinoe che, se devo considerarla mia figlia, non sia del genere dell'edera, effigie della plebe, ehe abbraccia sia un arbusto di nocciuolo, sia un albero di datteri. Poiché le piante nobili rivolgono la testa verso il cielo; le rose si schiudono solo alla presenza del sole; le palme non vanno d'accordo con arbusti di basso rango: perfino la morta calamita segue la nobile stella polare. E la casa di Polemone [ecco la conclusione] dovrebbe chinarsi verso i discendenti del servile Ma~
74 C&. JOHANN JACOB BREITINGER, Critische Abhandlung von der Natur, den Absichten und dèm Gebrauche der Gleichnisse, Ziirich 1740, p. 489.
"DANIEL CASPER voN LOHENSTEIN, Ri5mische Trauerspiele. Agrippina, Epicharis, a cura di K. G. Just, Stuttgart 1955. p. 90 (Agrippina, V, r r8).
66 Il dramma barocco tedesco
chor ?" »76. Di fronte a passi come questo, che negli scritti retorici, negli epitalami e nelle orazioni funebri assumono talvolta dimensioni inusitate, il lettore riterrà probabile, con Erich Schmidt, che i repertori enciclopedici fossero per quei poeti un normale strumento di lavoro77
• T ali repertori contenevano non soltanto nozioni, ma anche, nel genere dei Gradus ad Parnassum medievali, florilegi poetici. O perlomeno è quanto si può inferire dalle Leichreden di Hallmann, che per tutta una serie di termini peregrini -come «Genofeva», «Quliker>>78, ecc. -utilizza altrettante formule stereotipe. La prassi delle similitudini naturalistiche metteva a dura prova l'erudizione degli autori, non meno di quanto accadesse per l'uso meticoloso delle fonti storiche. I poeti condividono cosi quell'ideale enciclopedico che Lohenstein vedeva realizzato in Gryphius.
Herr Gryphens ... Hielt fiir gelehrt-seyn nicht in einem etwas missen In vielen etwas nur in einem alles wissen79
•
La creatura è lo specchio nella cui unica cornice il mondo morale si propone agli occhi del Barocco. Uno specchio concavo, che può riflettere solo deformando. Poiché, secondo la mentalità dell'epoca, tutto ciò che era vita storica si sottraeva alla morale, essa diventa irrilevante anche per la vita interiore delle dramatis personae. Mai la morale è apparsa cosi poco interessante come negli eroi di questi drammi, in cui solo il dolore fisico del martirio risponde alla chiamata della storia. E come la vita interiore della creatura, sia pure in mezzo a pene atroci, deve soddisfarsi misticamente, cosf gli autori cercano di placare anche il divenire storico. Le azioni drammatiche si susseguono come i giorni della crea-
76 BREITINGER, Critische Abhandlung von der Natur cit., pp. 467 e 470. [!eh versehe mich zu Arsinoen, wenn ich sie anders fiir meine T ochter halten soll, sie werde nicht von der Art, des den Pobel abbildenden Epheus seyn, welcher so bald eine Haselstaude, als einen Dattelbaum umarmet. Dann, edle Pflantzen kehren ihr Haupt gegen dem (!) Himmel; die Rosen schliessen ihr Haupt nur der anwesenden Sonne auf; die Palmen vertragen sich mit keinem geringen Gewiichse: J a der todte Magnetstein folget keinem geringern, als dem so hochgeschiizten Angel-Steme. Und Polemons Haus (ist der SchluB) solite sich zu den Nachkommen des knechtischen Machors abneigen].
"Cfr. ERICH SCHMIDT, recensione a FEUX BOBERTAG, Geschichte des Romans und der ihm verwandten Dichtungsgattungen in Deutschland, Breslau 1S79, sezione I, vol. II, parte I, in «Archiv fiir die Utteraturgeschichte», IX (ISSo), p. 41 I.
.,. Cfr. HALLMANN, Leichreden cit., pp. 115 e 299, 64 e 2I2. "'DANIEL CASPER VON LOHENSTEIN, B/umen (Hyacinthen), BreBlau 170S, p. 27. (Il signor
Gryphius ... l Non riteneva che l'essere erudito fosse in una cosa non saper qualcosa, l In molte solo un po', e in una cosa tutto].
Dra.tiuna e tragedia (r)
zione, in cui non c'è storia. La natura della creazione, che riassorbe in sé l'accadere storico, è del tutto diversa dalla natura rousseauiana. Si tocca allora la questione, ma non alla radice, quando si afferma: «La tendenza deriva ancora una volta dalla contraddizione. Come va inteso il tentativo, poderoso e violento, del Barocco, di operare una sintesi fra gli elementi piu eterogenei sul piano della galanteria pastorale? Anche qui, certamente, la nostalgia della natura perduta si contrappone a un armonioso legame con la natura stessa. Ma l'esperienza opposta è un'altra, e cioè l' esperienza del tempo che uccide, della irrimediabile caducità, del precipitare. Lontano dalle altezze, l'esistenza del beatus il/e deve sot· trarsi a ogni mutamento. Cosfla natura è per il Barocco un'uscita dal tempo, la problematica delle epoche posteriori gli rimane estra· neà»80
• Anzi: proprio nel dramma pastorale risulta evidente la pe· culiarità delle reveries barocche sull'ambiente agreste. Perché nella fuga dal mondo propria del Barocco non è l'antitesi fra storia e natura ad avere l'ultima parola, ma la secolarizzazione senza residui dell'elemento storico nello stato creaturale. Al desolato corso della storia universale non si contrappone l'eternità ma la restaurazione di una atemporalità paradisiaca. La storia emigra sulla scena. E proprio i drammi pastorali spargono la storia come semi in un terreno materno. «Là dove si racconta sia accaduto un fatto memorabile, il pastore. incide dei versi commemorativi nella roccia, su una pietra o sulla corteccia di un albero. Le colonne commemorative degli eroi, che possiamo ammirare nei templi della gloria postuma eretti ovunque da questi pastori, grondano di panegirici»81. «Panoramica»82
, è stata definita con felice espressione la concezione della storia del xvn secolo. «L'intera concezione della storia di quest'epoca pittoresca si presenta nel suo insieme come un assemblaggio di cose memorabili»8). Se la storia si secolarizza sulla scena, si esprime in ciò la stessa tendenzà metafisica che nelle scienze esatte portò, contemporaneamente, al calcolo infinite· simale. In entrambi i casi il movimento nel tempo viene catturato e analizzato in un'immagine spaziale. L'immagine dello spazio scenico - o piu esattamente, della corte - diventa la chiave del com-
80 HiiBSCHER, Barock als Gestaltung antithetischen Lebensgefohls cit., p. 542. "JULWS TITTMANN, Die Niimberger Dichterschuk. Harsdiirffer, Klaf, Birken, Beitrag zur
deutschen Literatur- und Kulturgeschichte des siebzehnten Jahrhunderts (Kleine Schriften zur deutschen Uteratur- und Kulturgeschichte, l), Gottingen I847, p. I4S.
82 CYSARZ, Deutsche Barockdichtung cit., p. 2 7, nota. ., Ibid., p. 10S, nota; cfr. anche pp. 197 sgg.
66 Il dramma barocco tedesco
chor ?" »76. Di fronte a passi come questo, che negli scritti retorici, negli epitalami e nelle orazioni funebri assumono talvolta dimensioni inusitate, il lettore riterrà probabile, con Erich Schmidt, che i repertori enciclopedici fossero per quei poeti un normale strumento di lavoro77
• T ali repertori contenevano non soltanto nozioni, ma anche, nel genere dei Gradus ad Parnassum medievali, florilegi poetici. O perlomeno è quanto si può inferire dalle Leichreden di Hallmann, che per tutta una serie di termini peregrini -come «Genofeva», «Quliker>>78, ecc. -utilizza altrettante formule stereotipe. La prassi delle similitudini naturalistiche metteva a dura prova l'erudizione degli autori, non meno di quanto accadesse per l'uso meticoloso delle fonti storiche. I poeti condividono cosi quell'ideale enciclopedico che Lohenstein vedeva realizzato in Gryphius.
Herr Gryphens ... Hielt fiir gelehrt-seyn nicht in einem etwas missen In vielen etwas nur in einem alles wissen79
•
La creatura è lo specchio nella cui unica cornice il mondo morale si propone agli occhi del Barocco. Uno specchio concavo, che può riflettere solo deformando. Poiché, secondo la mentalità dell'epoca, tutto ciò che era vita storica si sottraeva alla morale, essa diventa irrilevante anche per la vita interiore delle dramatis personae. Mai la morale è apparsa cosi poco interessante come negli eroi di questi drammi, in cui solo il dolore fisico del martirio risponde alla chiamata della storia. E come la vita interiore della creatura, sia pure in mezzo a pene atroci, deve soddisfarsi misticamente, cosf gli autori cercano di placare anche il divenire storico. Le azioni drammatiche si susseguono come i giorni della crea-
76 BREITINGER, Critische Abhandlung von der Natur cit., pp. 467 e 470. [!eh versehe mich zu Arsinoen, wenn ich sie anders fiir meine T ochter halten soll, sie werde nicht von der Art, des den Pobel abbildenden Epheus seyn, welcher so bald eine Haselstaude, als einen Dattelbaum umarmet. Dann, edle Pflantzen kehren ihr Haupt gegen dem (!) Himmel; die Rosen schliessen ihr Haupt nur der anwesenden Sonne auf; die Palmen vertragen sich mit keinem geringen Gewiichse: J a der todte Magnetstein folget keinem geringern, als dem so hochgeschiizten Angel-Steme. Und Polemons Haus (ist der SchluB) solite sich zu den Nachkommen des knechtischen Machors abneigen].
"Cfr. ERICH SCHMIDT, recensione a FEUX BOBERTAG, Geschichte des Romans und der ihm verwandten Dichtungsgattungen in Deutschland, Breslau 1S79, sezione I, vol. II, parte I, in «Archiv fiir die Utteraturgeschichte», IX (ISSo), p. 41 I.
.,. Cfr. HALLMANN, Leichreden cit., pp. 115 e 299, 64 e 2I2. "'DANIEL CASPER VON LOHENSTEIN, B/umen (Hyacinthen), BreBlau 170S, p. 27. (Il signor
Gryphius ... l Non riteneva che l'essere erudito fosse in una cosa non saper qualcosa, l In molte solo un po', e in una cosa tutto].
Dra.tiuna e tragedia (r)
zione, in cui non c'è storia. La natura della creazione, che riassorbe in sé l'accadere storico, è del tutto diversa dalla natura rousseauiana. Si tocca allora la questione, ma non alla radice, quando si afferma: «La tendenza deriva ancora una volta dalla contraddizione. Come va inteso il tentativo, poderoso e violento, del Barocco, di operare una sintesi fra gli elementi piu eterogenei sul piano della galanteria pastorale? Anche qui, certamente, la nostalgia della natura perduta si contrappone a un armonioso legame con la natura stessa. Ma l'esperienza opposta è un'altra, e cioè l' esperienza del tempo che uccide, della irrimediabile caducità, del precipitare. Lontano dalle altezze, l'esistenza del beatus il/e deve sot· trarsi a ogni mutamento. Cosfla natura è per il Barocco un'uscita dal tempo, la problematica delle epoche posteriori gli rimane estra· neà»80
• Anzi: proprio nel dramma pastorale risulta evidente la pe· culiarità delle reveries barocche sull'ambiente agreste. Perché nella fuga dal mondo propria del Barocco non è l'antitesi fra storia e natura ad avere l'ultima parola, ma la secolarizzazione senza residui dell'elemento storico nello stato creaturale. Al desolato corso della storia universale non si contrappone l'eternità ma la restaurazione di una atemporalità paradisiaca. La storia emigra sulla scena. E proprio i drammi pastorali spargono la storia come semi in un terreno materno. «Là dove si racconta sia accaduto un fatto memorabile, il pastore. incide dei versi commemorativi nella roccia, su una pietra o sulla corteccia di un albero. Le colonne commemorative degli eroi, che possiamo ammirare nei templi della gloria postuma eretti ovunque da questi pastori, grondano di panegirici»81. «Panoramica»82
, è stata definita con felice espressione la concezione della storia del xvn secolo. «L'intera concezione della storia di quest'epoca pittoresca si presenta nel suo insieme come un assemblaggio di cose memorabili»8). Se la storia si secolarizza sulla scena, si esprime in ciò la stessa tendenzà metafisica che nelle scienze esatte portò, contemporaneamente, al calcolo infinite· simale. In entrambi i casi il movimento nel tempo viene catturato e analizzato in un'immagine spaziale. L'immagine dello spazio scenico - o piu esattamente, della corte - diventa la chiave del com-
80 HiiBSCHER, Barock als Gestaltung antithetischen Lebensgefohls cit., p. 542. "JULWS TITTMANN, Die Niimberger Dichterschuk. Harsdiirffer, Klaf, Birken, Beitrag zur
deutschen Literatur- und Kulturgeschichte des siebzehnten Jahrhunderts (Kleine Schriften zur deutschen Uteratur- und Kulturgeschichte, l), Gottingen I847, p. I4S.
82 CYSARZ, Deutsche Barockdichtung cit., p. 2 7, nota. ., Ibid., p. 10S, nota; cfr. anche pp. 197 sgg.
68 Il dramma barocco tedesco
prendere storico. Perché la corte è lo spazio scenico piu intimo. Nel Poetischen Trichter [Imbuto poetico] Harsdorffer ha raccolto una quantità enorme di spunti _per ~uia rappr~sent~ione :ill~~orica - e del resto critica - della vita d1 corte, nel suo1 aspetti pm degni di nota84
• Nella interessante prefazione alla Sophonisbe di Lohenstein si dice addirittura: ·
Kein Leben aber stellt mehr Spiel und Schauplatz dar, Als derer, die den Hof fiirs Element erkohren"'.
Il giudizio resta valido anche quando la grandezza eroica viene a cadere quando la corte si riduce a un sanguinante patibolo, «e tutto ciò' che si dice mortale entra sulla scena» 86
• N ella corte il dramma barocco vede lo scenario eterno, naturale, del decorso storico. Fin dal Rinascimento, e sulla base di Vitruvio, era stabilito che il dramma venisse ambientato tra «palazzi sontuosi e padiglioni di principeschi giardini»87
• Mentre il teatro tedesco si attiene ~erlopiu a queste prescrizioni .- nei drammi di Gryphius ~on troviamo alcuno scenario agreste - il teatro spagnolo ama accogliere sulla scena la natura intera in quanto sottomessa alla corona, sviluppando cosi una vera e propria dialettica scenica. E d'altra parte la gerarchia sociale e la sua rappresentazione, la corte, è in Calder6n un fenomeno naturale di grado superiore, la cui prima legge è l'onore del sovrano. Con la sicurezza che gli è propria, e che non finisce di sorprendere, August Wilhelm Schlegel coglie nel segno quando afferma di Calder6n: «La sua poesia, qualunque possa esserne l'oggetto apparente, è un instancabile inno di gloria per le magnificenz~ della creazione; perciò egli celebra con sempre ~innovato stupore_ I prodotti della natura e dell'arte umana come ~e li vedesse per la pnma volta nel loro splendore ancora intatto. E il primo risveglio di Adamo, a cui si associa un'eloquenza e una duttilità di espressione, una capacità di penetrare le piu intime relazioni della natura, quali soltanto una cultura superiore e u_n'estr~ma matur~t,à dello sguardo possono consentire. Quando egh associa le cose pm !onta-
"Cfr. GEORG PHILIPP HARSDORFPER, Poetischen Trichters Dritter Theil, Niirnberg r653, pp. 265·72. . .
"LOHENSTEIN, Afrikanische Trauerspiele cit., p. 249 (Sophonzsb~, dedica, r69 sgg.). [Ma nessuna vita mette in scena piu gioco e piu spettacolo l Di quella di coloro che eleggono la corte a proprio elemento].
16 GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 437 (Carolus Stuardus, IV, 47). " GEORG PHILIPP HARSDORFPER, Vom Theatrum oder Schawplan. [Del teatro o della scena],
Niirnberg r646; fiir die Gesellscbaft fiir Theatergeschichte aufs Newe in Truck gegeben, BerUn 1914, p. 6 [S,taatliche Paliiste l und Fiirstliche Garten-Gebiiude die Schaupliitze (sind)].
Dramma e tragedia (I)
ne, il piu grande.e il piu piccolo, le stelle e i fiori, il senso delle sue metafore è l'attrazione reciproca di tutte le cose create in virtu della loro comune origine»88
• n poeta ama invertire giocosamente l'ordine delle creature: in La vita è sogno, Sigismondo è detto un «cortigiano ... delle montagne»; e del mare si parla come di un «animale cristallino e variopinto». E anche nel Trauerspiel tedesco lp spettacolo della natura entra sempre piu sulla scena drammatica. E vero che Gryphius cede al nuovo stile solo nella traduzione dei Gebrceders [l fratelli] di Vondel, dove un coro di sacerdoti è ambientato tra le ninfe del fiume Giordano89
• Ma nel terzo atto dell' Epicharis Lohenstein presenta il Coro [Reyen] del Tevere e dei Sette Colli90
• Alla maniera delle «rappresentazioni silenziose» del teatro dei gesuiti, la natura si immischia, per cosi dire, sulla scena dell'Agrippina: l'imperatrice, fatta salire da Nerone su una nave che poi si squarcia in alto mare per via di un congegno nascosto, viene salvata nel Coro con l'aiuto delle silfidi91
• Un «coro di sirene» si incontra nella Maria Stuarda di Haugwitz92
, e anche in Hallmann troviamo diversi passi dello stesso tipo. Cosf nella Mariamne è lo stesso Monte Sion a giustificare la propria partecipazione agli eventi:
Hier Sterbliche wird euch der wahre Grund gewehrt Warumb auch Berg und Zungen-lose Klippen Eroffnen Mund und Lippen. Denn wenn der tolle Mensch sich selber nicht mehr kennt Und durch blinde Rasereyen auch dem H&hsten Krieg ansaget Werden Berge FIM' und Sternen zu der Rache auffgejaget So bald der Feuer-Zorn des grossen Gottes brennt. Ungliickliche Sion ! Vorhin des Himmels Seele Itzt eine Folter-Hole! Herodes! ach! ach! ach! Dein Wiitten Blut-Hund macht daB Berg' auch miissen schreyen Und dich vermaledeyen! Rach! Rach! Rach"l
"scHLEGEL, Siimmtliche Werke cit., vol. VI, .p. 397· 89 Cfr: GRYPHIUS, Trauerspiele cit., pp. 756 sgg. (Die sieben Briider, II, 343 sgg.). 90 Cfr. LOHENSTEIN, Romische Trauerspiele cit., pp. 223 sgg. (Epicharis, III, '721 sgg.). •• Cfr. ibid., pp. 70 sgg. (Agrippina, III, 497 sgg.). 92 Cfr. HAUGWITZ, Prodromus Poeticus cit. (Maria Stuarda, p. 50 [III, 237 sgg.]). "HALLMANN, Trauer-,Freuden- undSchiiferspielecit. (Mariamne, p. 2 [l, 40 sgg.]). [Qui,
mortali, vi viene proposta la vera ragione, l Per cui anche le montagne, le rocce senza lingua l Aprono la bocca e le labbra. l Poiché, quando l'uomo, pazzo, non conosce piu se stesso, l E in cieca forsennatezza dichiara guerra anche all'Altissimo, l I monti e i fiumi e le stelle vengon spinti a vendetta, l Non appena l'ira di fuoco del gran Dio s'accende. l Infelice Sion! Prima anima del cielo, l E ora un inferno di torture! l Erode! ahimè! ahimè! ahimè! l Il tuo imperversare, mastino, fa sf che anche le montagne devono gridare, l E maledirti! l Vendetta! Vendetta! Vendetta!]
68 Il dramma barocco tedesco
prendere storico. Perché la corte è lo spazio scenico piu intimo. Nel Poetischen Trichter [Imbuto poetico] Harsdorffer ha raccolto una quantità enorme di spunti _per ~uia rappr~sent~ione :ill~~orica - e del resto critica - della vita d1 corte, nel suo1 aspetti pm degni di nota84
• Nella interessante prefazione alla Sophonisbe di Lohenstein si dice addirittura: ·
Kein Leben aber stellt mehr Spiel und Schauplatz dar, Als derer, die den Hof fiirs Element erkohren"'.
Il giudizio resta valido anche quando la grandezza eroica viene a cadere quando la corte si riduce a un sanguinante patibolo, «e tutto ciò' che si dice mortale entra sulla scena» 86
• N ella corte il dramma barocco vede lo scenario eterno, naturale, del decorso storico. Fin dal Rinascimento, e sulla base di Vitruvio, era stabilito che il dramma venisse ambientato tra «palazzi sontuosi e padiglioni di principeschi giardini»87
• Mentre il teatro tedesco si attiene ~erlopiu a queste prescrizioni .- nei drammi di Gryphius ~on troviamo alcuno scenario agreste - il teatro spagnolo ama accogliere sulla scena la natura intera in quanto sottomessa alla corona, sviluppando cosi una vera e propria dialettica scenica. E d'altra parte la gerarchia sociale e la sua rappresentazione, la corte, è in Calder6n un fenomeno naturale di grado superiore, la cui prima legge è l'onore del sovrano. Con la sicurezza che gli è propria, e che non finisce di sorprendere, August Wilhelm Schlegel coglie nel segno quando afferma di Calder6n: «La sua poesia, qualunque possa esserne l'oggetto apparente, è un instancabile inno di gloria per le magnificenz~ della creazione; perciò egli celebra con sempre ~innovato stupore_ I prodotti della natura e dell'arte umana come ~e li vedesse per la pnma volta nel loro splendore ancora intatto. E il primo risveglio di Adamo, a cui si associa un'eloquenza e una duttilità di espressione, una capacità di penetrare le piu intime relazioni della natura, quali soltanto una cultura superiore e u_n'estr~ma matur~t,à dello sguardo possono consentire. Quando egh associa le cose pm !onta-
"Cfr. GEORG PHILIPP HARSDORFPER, Poetischen Trichters Dritter Theil, Niirnberg r653, pp. 265·72. . .
"LOHENSTEIN, Afrikanische Trauerspiele cit., p. 249 (Sophonzsb~, dedica, r69 sgg.). [Ma nessuna vita mette in scena piu gioco e piu spettacolo l Di quella di coloro che eleggono la corte a proprio elemento].
16 GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 437 (Carolus Stuardus, IV, 47). " GEORG PHILIPP HARSDORFPER, Vom Theatrum oder Schawplan. [Del teatro o della scena],
Niirnberg r646; fiir die Gesellscbaft fiir Theatergeschichte aufs Newe in Truck gegeben, BerUn 1914, p. 6 [S,taatliche Paliiste l und Fiirstliche Garten-Gebiiude die Schaupliitze (sind)].
Dramma e tragedia (I)
ne, il piu grande.e il piu piccolo, le stelle e i fiori, il senso delle sue metafore è l'attrazione reciproca di tutte le cose create in virtu della loro comune origine»88
• n poeta ama invertire giocosamente l'ordine delle creature: in La vita è sogno, Sigismondo è detto un «cortigiano ... delle montagne»; e del mare si parla come di un «animale cristallino e variopinto». E anche nel Trauerspiel tedesco lp spettacolo della natura entra sempre piu sulla scena drammatica. E vero che Gryphius cede al nuovo stile solo nella traduzione dei Gebrceders [l fratelli] di Vondel, dove un coro di sacerdoti è ambientato tra le ninfe del fiume Giordano89
• Ma nel terzo atto dell' Epicharis Lohenstein presenta il Coro [Reyen] del Tevere e dei Sette Colli90
• Alla maniera delle «rappresentazioni silenziose» del teatro dei gesuiti, la natura si immischia, per cosi dire, sulla scena dell'Agrippina: l'imperatrice, fatta salire da Nerone su una nave che poi si squarcia in alto mare per via di un congegno nascosto, viene salvata nel Coro con l'aiuto delle silfidi91
• Un «coro di sirene» si incontra nella Maria Stuarda di Haugwitz92
, e anche in Hallmann troviamo diversi passi dello stesso tipo. Cosf nella Mariamne è lo stesso Monte Sion a giustificare la propria partecipazione agli eventi:
Hier Sterbliche wird euch der wahre Grund gewehrt Warumb auch Berg und Zungen-lose Klippen Eroffnen Mund und Lippen. Denn wenn der tolle Mensch sich selber nicht mehr kennt Und durch blinde Rasereyen auch dem H&hsten Krieg ansaget Werden Berge FIM' und Sternen zu der Rache auffgejaget So bald der Feuer-Zorn des grossen Gottes brennt. Ungliickliche Sion ! Vorhin des Himmels Seele Itzt eine Folter-Hole! Herodes! ach! ach! ach! Dein Wiitten Blut-Hund macht daB Berg' auch miissen schreyen Und dich vermaledeyen! Rach! Rach! Rach"l
"scHLEGEL, Siimmtliche Werke cit., vol. VI, .p. 397· 89 Cfr: GRYPHIUS, Trauerspiele cit., pp. 756 sgg. (Die sieben Briider, II, 343 sgg.). 90 Cfr. LOHENSTEIN, Romische Trauerspiele cit., pp. 223 sgg. (Epicharis, III, '721 sgg.). •• Cfr. ibid., pp. 70 sgg. (Agrippina, III, 497 sgg.). 92 Cfr. HAUGWITZ, Prodromus Poeticus cit. (Maria Stuarda, p. 50 [III, 237 sgg.]). "HALLMANN, Trauer-,Freuden- undSchiiferspielecit. (Mariamne, p. 2 [l, 40 sgg.]). [Qui,
mortali, vi viene proposta la vera ragione, l Per cui anche le montagne, le rocce senza lingua l Aprono la bocca e le labbra. l Poiché, quando l'uomo, pazzo, non conosce piu se stesso, l E in cieca forsennatezza dichiara guerra anche all'Altissimo, l I monti e i fiumi e le stelle vengon spinti a vendetta, l Non appena l'ira di fuoco del gran Dio s'accende. l Infelice Sion! Prima anima del cielo, l E ora un inferno di torture! l Erode! ahimè! ahimè! ahimè! l Il tuo imperversare, mastino, fa sf che anche le montagne devono gridare, l E maledirti! l Vendetta! Vendetta! Vendetta!]
Il dramma barocco tedesco
Se il dramma e il poema pastorale, come tali passaggi dimostrano, presentano una concezione della nat~a co~f affine, non fa meraviglia che le due forme abbiano cercato di raggiungere un compromesso, lungo una linea di svilupP? c~e trova in H~~ann ~~~o punto di fermentazione. La loro ant1tes1 è solo superf1crale: pm m profondità cercano di confluire l'una nell'altra. Cosf Hallmann accoglie «motivi pastorali nel dJ:a~ serio, per esempi~ l' e~ogio st~reotipo della vita pastorale o il motlvo tass1ano del satlro m Sophta und Alexander e viceversa traspone nel dramma pastorale scene tipiche del tea;ro tragico, come scene eroiche d'addio, suicidi, punizioni divine e apparizioni di fantasmi»94
• Persino al di fuor~ dell'ambito drammatico, ossia nella lirica, il decorso temporale s1 trova proiettato nello spazio. I libri dei poeti della scuola di Norimberga mostrano, come la poesia erudita dell'età alessandrina, «torri ... fontane, pomi imperiali, organi, liuti, clessidre, piatti di bilancia, corone, cuori» quale contorno grafico delle loro poesie95
•
Il predominio di queste tendenze ha svolto un ruolo precis? nella dissoluzione del dramma barocco. A poco a poco -la poetica di Hunold lo testimonia con particolare chiarezza96
- il suo posto viene occupato dal balletto. «Confusione» è già nella scuola di Norimberga un termine tecnico della drammaturgia. Il dramma di Lope de Vega La corte confusa, che fu rappresentato anche~ Germania, ha un titolo tipico. E in Birken si legge: «Il vanto ~el drammi eroici è quando tutto è confuso e non narrato per ordine come nelle storie, quando l'innocenza è offesa e la malvagità ricompensata, ma poi alla fme tutto si dipana e viene ri~ondot~o al suo giusto corso»97 • Il termine «confusione» non va mteso m senso soltanto morale, ma anche in senso pragmatico. In contrasto col dinamismo temporale e discontinuo proprio della tragedia, il dramma barocco si svolge in un continuum spaziale, che si potrebbe definire coreografico. Il responsabile dell'intreccio, il precursore del coreografo è qui l'Intrigante, che appare come terzo «tipo» accanto al D~spota e al Martire98
• Le sue subdole macchinazio~ rien:piono d'interesse lo spettatore delle Haupt- und Staatsaktionen, il
"KURT KOLITZ, Jobann Christian Hallmanns Dramen. Ein Beitrag Zur Gescbicbte des deutscben Dramas in der Barockzeit, Berlin 19II, pp. 158 sgg.
" TrrrMANN Die Numberger Dicbterschu/e ci t., p. :n :z. ,. Cfr. HUNo'LD, Tbeatra/ische Galante und Geistliche Gedichte cit., passim. 97 BIRXEN, Deutsche Redebind- und Dichtkunst cit., pp. 3:z9 sgg. 98 Cfr. SCHMIDT, recensione a BOBERTAG cit., p. 41Z·
Dramma e tragedia (I) 7I
quale vi riconosce, oltre alla padronanza del meccanismo politico, un sapere di natura antropologica o addirittura fisiologica che lo appassionava. L'Intrigante di classe è tutto intelletto e volontà. In ciò egli corrisponde a un modello che Machiavelli aveva tratteggiato per primo e che nella letteratura poetica e teorica del xvn secolo viene sviluppato in grande stile, prima di ridursi a quella figura stereotipa che sarà l'intrigante delle parodie viennesi e del dramma borghese. «Machiavelli fondò il pensiero politico sui suoi principi antropologici. L'uniformità della natura umana, la potenza dell'animalità e degli affetti- soprattutto dell'amore e della paura - e i loro eccessi: ecco i principi di cui deve tener conto ogni pensiero ed ogni azione politica coerente, e su cui la stessa scienza politica deve fondarsi. La fantasia calcolatrice positiva dell'uomo di stato poggia su queste nozioni, che intendono l'uomo come una forza di natura e insegnano a correggere gli affetti contrapponendovi altri affetti»99
• Le passioni umane come molla prevedibile della creatura: nell'inventario delle nozioni destinate a tradurre in azione politica il dinamismo della storia universale, questo è l'articolo finale. Ed è insieme l'origine di una metaforica che si sforza di mantenere vivo questo sapere in forma poetica, cosf come Sarpi e Guicciardini facevano in campo storico. Questa metaforica non si limita alla politica. A una formula come: «Nell'orologio del dominio i consigli sono gli ingranaggi, ma il principe dovrà essere la lancetta e il peso»100
, si possono affiancare le parole della« Vita» che troviamo nel secondo Coro della Mariamne:
Mein giildnes Licht hat Gott selbst angeziindet A1s Adams Leib ein gangbar Uhrwerk ward101
•
E nello stesso dramma: Mein klopffend Hertz' entflanunt weil mir das treue Blut Ob angebohrner Brunst an alle Adern schlaget Und einem Uhrwerck gleich sich durch den Leib beweget102
•
"DILTHEY, Weltanschauung undAnalyse des Menscben seit Renaissance und Reformation cit., pp. 439 sgg.; trad. it. cit., II, p. :z4o.
100 JOHANN CHRISTOPH MENNLING [MANNUNG), Scbaubuhne des Todes Oder Leicb-Reden,
Wittenberg 1692, p. 367. 101
HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Scbiiferspiele cit. (Mariamne, p. 34 [II, 493 sg.)). [La mia aurea luce è stata accesa dallo stesso Dio, l Quando il corpo di Adamo diventò un orologio funzionante).
102 Ibid. (p. 44 [III, 194 sgg.)). [ll mio cuore che palpita s'infiamma, perché il mio sangue fedele l Per innato fervore pulsa in tutte le mie vene, l E simile a un congegno ad orologeria si muove traverso il corpo).
Il dramma barocco tedesco
Se il dramma e il poema pastorale, come tali passaggi dimostrano, presentano una concezione della nat~a co~f affine, non fa meraviglia che le due forme abbiano cercato di raggiungere un compromesso, lungo una linea di svilupP? c~e trova in H~~ann ~~~o punto di fermentazione. La loro ant1tes1 è solo superf1crale: pm m profondità cercano di confluire l'una nell'altra. Cosf Hallmann accoglie «motivi pastorali nel dJ:a~ serio, per esempi~ l' e~ogio st~reotipo della vita pastorale o il motlvo tass1ano del satlro m Sophta und Alexander e viceversa traspone nel dramma pastorale scene tipiche del tea;ro tragico, come scene eroiche d'addio, suicidi, punizioni divine e apparizioni di fantasmi»94
• Persino al di fuor~ dell'ambito drammatico, ossia nella lirica, il decorso temporale s1 trova proiettato nello spazio. I libri dei poeti della scuola di Norimberga mostrano, come la poesia erudita dell'età alessandrina, «torri ... fontane, pomi imperiali, organi, liuti, clessidre, piatti di bilancia, corone, cuori» quale contorno grafico delle loro poesie95
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Il predominio di queste tendenze ha svolto un ruolo precis? nella dissoluzione del dramma barocco. A poco a poco -la poetica di Hunold lo testimonia con particolare chiarezza96
- il suo posto viene occupato dal balletto. «Confusione» è già nella scuola di Norimberga un termine tecnico della drammaturgia. Il dramma di Lope de Vega La corte confusa, che fu rappresentato anche~ Germania, ha un titolo tipico. E in Birken si legge: «Il vanto ~el drammi eroici è quando tutto è confuso e non narrato per ordine come nelle storie, quando l'innocenza è offesa e la malvagità ricompensata, ma poi alla fme tutto si dipana e viene ri~ondot~o al suo giusto corso»97 • Il termine «confusione» non va mteso m senso soltanto morale, ma anche in senso pragmatico. In contrasto col dinamismo temporale e discontinuo proprio della tragedia, il dramma barocco si svolge in un continuum spaziale, che si potrebbe definire coreografico. Il responsabile dell'intreccio, il precursore del coreografo è qui l'Intrigante, che appare come terzo «tipo» accanto al D~spota e al Martire98
• Le sue subdole macchinazio~ rien:piono d'interesse lo spettatore delle Haupt- und Staatsaktionen, il
"KURT KOLITZ, Jobann Christian Hallmanns Dramen. Ein Beitrag Zur Gescbicbte des deutscben Dramas in der Barockzeit, Berlin 19II, pp. 158 sgg.
" TrrrMANN Die Numberger Dicbterschu/e ci t., p. :n :z. ,. Cfr. HUNo'LD, Tbeatra/ische Galante und Geistliche Gedichte cit., passim. 97 BIRXEN, Deutsche Redebind- und Dichtkunst cit., pp. 3:z9 sgg. 98 Cfr. SCHMIDT, recensione a BOBERTAG cit., p. 41Z·
Dramma e tragedia (I) 7I
quale vi riconosce, oltre alla padronanza del meccanismo politico, un sapere di natura antropologica o addirittura fisiologica che lo appassionava. L'Intrigante di classe è tutto intelletto e volontà. In ciò egli corrisponde a un modello che Machiavelli aveva tratteggiato per primo e che nella letteratura poetica e teorica del xvn secolo viene sviluppato in grande stile, prima di ridursi a quella figura stereotipa che sarà l'intrigante delle parodie viennesi e del dramma borghese. «Machiavelli fondò il pensiero politico sui suoi principi antropologici. L'uniformità della natura umana, la potenza dell'animalità e degli affetti- soprattutto dell'amore e della paura - e i loro eccessi: ecco i principi di cui deve tener conto ogni pensiero ed ogni azione politica coerente, e su cui la stessa scienza politica deve fondarsi. La fantasia calcolatrice positiva dell'uomo di stato poggia su queste nozioni, che intendono l'uomo come una forza di natura e insegnano a correggere gli affetti contrapponendovi altri affetti»99
• Le passioni umane come molla prevedibile della creatura: nell'inventario delle nozioni destinate a tradurre in azione politica il dinamismo della storia universale, questo è l'articolo finale. Ed è insieme l'origine di una metaforica che si sforza di mantenere vivo questo sapere in forma poetica, cosf come Sarpi e Guicciardini facevano in campo storico. Questa metaforica non si limita alla politica. A una formula come: «Nell'orologio del dominio i consigli sono gli ingranaggi, ma il principe dovrà essere la lancetta e il peso»100
, si possono affiancare le parole della« Vita» che troviamo nel secondo Coro della Mariamne:
Mein giildnes Licht hat Gott selbst angeziindet A1s Adams Leib ein gangbar Uhrwerk ward101
•
E nello stesso dramma: Mein klopffend Hertz' entflanunt weil mir das treue Blut Ob angebohrner Brunst an alle Adern schlaget Und einem Uhrwerck gleich sich durch den Leib beweget102
•
"DILTHEY, Weltanschauung undAnalyse des Menscben seit Renaissance und Reformation cit., pp. 439 sgg.; trad. it. cit., II, p. :z4o.
100 JOHANN CHRISTOPH MENNLING [MANNUNG), Scbaubuhne des Todes Oder Leicb-Reden,
Wittenberg 1692, p. 367. 101
HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Scbiiferspiele cit. (Mariamne, p. 34 [II, 493 sg.)). [La mia aurea luce è stata accesa dallo stesso Dio, l Quando il corpo di Adamo diventò un orologio funzionante).
102 Ibid. (p. 44 [III, 194 sgg.)). [ll mio cuore che palpita s'infiamma, perché il mio sangue fedele l Per innato fervore pulsa in tutte le mie vene, l E simile a un congegno ad orologeria si muove traverso il corpo).
Il dramma barocco tedesco
E di Agrippina è detto: Nun liegt das stoltze Thier, das aufgeblasne Weib Die in Gedancken stand: Ihr Uhrwerck cles Gehlrnes Sey miicbtig umbzudrehn den UmkreiB des Gestirnes103
•
Non è un caso che l'immagine dell'orologio appaia dominante. Nella celebre similitudine dell'orologio di GeUlincx, che schematizza il parallelismo psicofisico nella forma di due orologi perfetti e sincronizzati, la lancetta dei secondi dà per cosf dire il ritmo agli eventi in entrambi i mondi. Per lungo tempo - lo si avverte ancora nei testi delle Cantate bachiane -l'epoca sembra rimanere affascinata da questa idea. L'immagine del moto delle lancette è indispensabile - come ha mostrato Bergson - per la rappresentazione del tempo ripetibile e quantitativo proprio delle scienze naturali matematizzate104
• In essa hanno luogo non solo la vita organica dell'uomo ma anche le mene dei cortigiani e le azioni del principe, n quale, secondo la concezione occasionalistica del potere divino, interviene continuamente e direttamente nei meccanismi dello stato, per disporre la materia del corso storico secondo un ordine spazialmente misurabile, regolare ed armonico. «Le Prince développe toutes les virtualités de l'Etat par une sorte de création continue. Le prince est le Dieu cartésien transposé dans le monde politique»105. Nel corso dell'accadere politico l'intrigo scandisce il ritmo dei secondi, lo cattura e lo fissa. La cinica lucidità del cortigiano gli procura sofferenze penose allo stesso modo in cui risulta pericolosa agli altri, per l'uso che egli è in grado di farne. In questa luce la figura del cortigiano assume i suoi tratti piu foschi. Chi legge nella sua vita, comprenderà perché proprio la corte sia lo scenario incomparabile del dramma barocco. Nel Cortegiano di Antonio de Guevara leggiamo che «Caino fu il primo uomo di corte perché, a causa della maledizione divina, non aveva una casa propria»106. Secondo l'autore spagnolo, non è certo questo l'unico tratto di «cainita» del cortigiano: la maledizione che Dio fece ricade-
1"' LOHENSTEIN, Riimische Trauerspiele cit., p. 91 (Agrippina, V, x6o sgg.). [Ora dorme
il fiero animale,la donna superba, l Che si immaginava che il congegno a orologeria del suo cervello l Fosse capàce di rovesciare il corso delle stelle].
104 Cfr. HENRI BERGSON, Essai sur /es données immédiates de la conscience, Paris 1904, pp. 79 sgg.
105 PRÉDÉRIC ATGER, Essai sur l' histoire des doctrines du contrat socia/, dissertazione, Nlmes 1906, p. 136.
106 AGIDIUS ALBERTINUS, Lucifers Kiinigreichs und Seelengeiaidt [Il regno di Lucifero e la sua caccia alle anime], a cura di R. Freiherrn von Liliencron, Berlin-Stuttgart s.d. [x884], p. XI.
Dramma e tragedia (I) 73
re sul primo assassino incombe spesso anche su di lui. Mentre però ~el c:Jramma spagnolo lo splendore del potere rimane pur sempre il prtmo contrassegno della vita di corte, il dramma barocco tedesco è tutto accordato sulla tonalità fosca dell'intrigo.
W as ist der hof nunmehr als eine mordergruben, Als ein verriither-platz, ein wohnhau.B schlimmer buben107 ?
si lamenta Michele Balbo nel Leo Armenius. Nella dedica deil'Ibrahim Bassa, Lohenstein rappresenta l'intrigante in certo modo come il dominatore della scena, e lo definisce «un ipocrita di corte dimentico dell'onore e uno spione intento a tramare omicidi»108. In queste descrizioni, e in altre simili, la figura del funzionario di corte assume tratti quasi demoniaci quanto a potere sapere e volere, è il consigliere segreto che ha libero accesso al gabinetto del principe, luogo deputato dell'alta politica. A ciò allude Hallmann in un passaggio elegante delle Leichreden: «Ma a me in quanto politico, non si addice di penetrare nel gabinetto segr~to della celeste sapienza» 109
• Il teatro tedesco protestante sottolinea i tratti infernali del consigliere; nella Spagna cattolica invece esso compare ammantato della dignità del sosiego, «l'ethos cattolico si fonde con l'atarassia classica in un modello di cortigiano ecclesias:ico e mondano a un tei:npo»110
• Ed è proprio l'incomparabile ambtvalenza della sua superiorità intellettuale a fondare la dialettica barocca della sua posizione. L'ingegno- ecco la tesi del secolo-. si mostra nel potere; l'ingegno è la capacità di esercitare la dittatura. Questa facoltà richiedeva una severa disciplina interiore e un'azione esterna senza scrupoli. Il suo esercizio portava con sé un disincantamento, la cui freddezza, per intensità, è comparabile solo all'ardente frenesia della volontà di potenza. La calcolata perfezione del comportamento mondano suscita, nella creatura spogliata di ogni ingenuità residua, il sentimento del lutto. Ed è questo stato d'animo a consentire che si possa pretendere dal cor-
• 107
GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 20 (Leo Armenius, I, 23 sgg.). [Che cos'è la corte ormat se non un coacervo di assassini, l Se non un luogo di traditori una dimora di pessimi soggetti?] '
103 DANIEL CASPER VON LOHENSTEIN, Turkische Trauerspiele. Ibrahim Bassa Ibrahim Sul
fan, a cura di K. G. ]ust, Stuttgart 1953, p. Sx. Cfr. JOHANN EUA.s SCHLEGJd. Asthetische und dramaturgische Schriften, a cura di J. von Antoniewicz, Heilbronn x887, p. 8.
'"' HALLMANN, Leichreden ci t., p. I 2 2. [Allein mir als einem Politico, wil nicht anstehen das geheime Cabinet der Himmlischen Weillheit zu beschreiten].
11° CYSARZ, Deutsche Barockdichtung cit., p. 248. .
Il dramma barocco tedesco
E di Agrippina è detto: Nun liegt das stoltze Thier, das aufgeblasne Weib Die in Gedancken stand: Ihr Uhrwerck cles Gehlrnes Sey miicbtig umbzudrehn den UmkreiB des Gestirnes103
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Non è un caso che l'immagine dell'orologio appaia dominante. Nella celebre similitudine dell'orologio di GeUlincx, che schematizza il parallelismo psicofisico nella forma di due orologi perfetti e sincronizzati, la lancetta dei secondi dà per cosf dire il ritmo agli eventi in entrambi i mondi. Per lungo tempo - lo si avverte ancora nei testi delle Cantate bachiane -l'epoca sembra rimanere affascinata da questa idea. L'immagine del moto delle lancette è indispensabile - come ha mostrato Bergson - per la rappresentazione del tempo ripetibile e quantitativo proprio delle scienze naturali matematizzate104
• In essa hanno luogo non solo la vita organica dell'uomo ma anche le mene dei cortigiani e le azioni del principe, n quale, secondo la concezione occasionalistica del potere divino, interviene continuamente e direttamente nei meccanismi dello stato, per disporre la materia del corso storico secondo un ordine spazialmente misurabile, regolare ed armonico. «Le Prince développe toutes les virtualités de l'Etat par une sorte de création continue. Le prince est le Dieu cartésien transposé dans le monde politique»105. Nel corso dell'accadere politico l'intrigo scandisce il ritmo dei secondi, lo cattura e lo fissa. La cinica lucidità del cortigiano gli procura sofferenze penose allo stesso modo in cui risulta pericolosa agli altri, per l'uso che egli è in grado di farne. In questa luce la figura del cortigiano assume i suoi tratti piu foschi. Chi legge nella sua vita, comprenderà perché proprio la corte sia lo scenario incomparabile del dramma barocco. Nel Cortegiano di Antonio de Guevara leggiamo che «Caino fu il primo uomo di corte perché, a causa della maledizione divina, non aveva una casa propria»106. Secondo l'autore spagnolo, non è certo questo l'unico tratto di «cainita» del cortigiano: la maledizione che Dio fece ricade-
1"' LOHENSTEIN, Riimische Trauerspiele cit., p. 91 (Agrippina, V, x6o sgg.). [Ora dorme
il fiero animale,la donna superba, l Che si immaginava che il congegno a orologeria del suo cervello l Fosse capàce di rovesciare il corso delle stelle].
104 Cfr. HENRI BERGSON, Essai sur /es données immédiates de la conscience, Paris 1904, pp. 79 sgg.
105 PRÉDÉRIC ATGER, Essai sur l' histoire des doctrines du contrat socia/, dissertazione, Nlmes 1906, p. 136.
106 AGIDIUS ALBERTINUS, Lucifers Kiinigreichs und Seelengeiaidt [Il regno di Lucifero e la sua caccia alle anime], a cura di R. Freiherrn von Liliencron, Berlin-Stuttgart s.d. [x884], p. XI.
Dramma e tragedia (I) 73
re sul primo assassino incombe spesso anche su di lui. Mentre però ~el c:Jramma spagnolo lo splendore del potere rimane pur sempre il prtmo contrassegno della vita di corte, il dramma barocco tedesco è tutto accordato sulla tonalità fosca dell'intrigo.
W as ist der hof nunmehr als eine mordergruben, Als ein verriither-platz, ein wohnhau.B schlimmer buben107 ?
si lamenta Michele Balbo nel Leo Armenius. Nella dedica deil'Ibrahim Bassa, Lohenstein rappresenta l'intrigante in certo modo come il dominatore della scena, e lo definisce «un ipocrita di corte dimentico dell'onore e uno spione intento a tramare omicidi»108. In queste descrizioni, e in altre simili, la figura del funzionario di corte assume tratti quasi demoniaci quanto a potere sapere e volere, è il consigliere segreto che ha libero accesso al gabinetto del principe, luogo deputato dell'alta politica. A ciò allude Hallmann in un passaggio elegante delle Leichreden: «Ma a me in quanto politico, non si addice di penetrare nel gabinetto segr~to della celeste sapienza» 109
• Il teatro tedesco protestante sottolinea i tratti infernali del consigliere; nella Spagna cattolica invece esso compare ammantato della dignità del sosiego, «l'ethos cattolico si fonde con l'atarassia classica in un modello di cortigiano ecclesias:ico e mondano a un tei:npo»110
• Ed è proprio l'incomparabile ambtvalenza della sua superiorità intellettuale a fondare la dialettica barocca della sua posizione. L'ingegno- ecco la tesi del secolo-. si mostra nel potere; l'ingegno è la capacità di esercitare la dittatura. Questa facoltà richiedeva una severa disciplina interiore e un'azione esterna senza scrupoli. Il suo esercizio portava con sé un disincantamento, la cui freddezza, per intensità, è comparabile solo all'ardente frenesia della volontà di potenza. La calcolata perfezione del comportamento mondano suscita, nella creatura spogliata di ogni ingenuità residua, il sentimento del lutto. Ed è questo stato d'animo a consentire che si possa pretendere dal cor-
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GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 20 (Leo Armenius, I, 23 sgg.). [Che cos'è la corte ormat se non un coacervo di assassini, l Se non un luogo di traditori una dimora di pessimi soggetti?] '
103 DANIEL CASPER VON LOHENSTEIN, Turkische Trauerspiele. Ibrahim Bassa Ibrahim Sul
fan, a cura di K. G. ]ust, Stuttgart 1953, p. Sx. Cfr. JOHANN EUA.s SCHLEGJd. Asthetische und dramaturgische Schriften, a cura di J. von Antoniewicz, Heilbronn x887, p. 8.
'"' HALLMANN, Leichreden ci t., p. I 2 2. [Allein mir als einem Politico, wil nicht anstehen das geheime Cabinet der Himmlischen Weillheit zu beschreiten].
11° CYSARZ, Deutsche Barockdichtung cit., p. 248. .
74 Il dramma barocco tedesco
tigiano, o addirittura affermarne - come fa Gradan - la sua santitàm. L'associazione del tutto impropria fra la santità e lo stato d'animo del lutto promuove quel compromesso illimitato col mondo che caratterizza il cortigiano ideale dell'autore spagnolo. Sondare in un unico personaggio la profondità abissale di questa antitesi, è un'impresa che i drammaturghi tedeschi non potevano neppure tentare. Del cortigiano essi conoscono i due volti distinti: lo spirito maligno del despota, e il fedele servitore come compagno di sventura dell'innocenza incoronata.
In ogni caso, l'intrigante doveva assumere una posizione d<?minante nell'economia del dramma. Secondo la teoria dello Scaligera - che appare qui del tutto congeniale allo spirito del Barocco e che vi trova anzi la sua piena affermazione - il vero scopo del dr~mma era infatti quello di comunicare la conoscenza della vita dell'anima, nella cui osservazione l'intrigante non è secondo a nessuno. Nella coscienza delle nuove generazioni, all'intenzione morale dei poeti del Rinascimento si affianca quella scientifica. « ?<?ce t affectus poeta per actiones, ut bonos amplectamur, atque umtemur ad agendum: malos aspernemur oh abstinendum. Est igitur actio docendi modus: affectus, quem docemur ad agendum. Quare eri t actio quasi exemplar, aut instrumentum in fabula, affectus vero finis. At in due actio erit finis, affectus erit eius forma»112
•
Questo schema, in cui lo Scaligero subordina la rappresentazione dell'azione come mezzo a quella degli affetti come fine della scena drammatica, può fornire in certo modo un criterio per riconoscere la presenza di elementi barocchi, in contrasto con lo stile poetico anteriore. È infatti caratteristico del teatro seicentesco il fatto che la rappresentazione degli affetti diventi via via piu marcata, mentre il profilo dell'azione, che nel dramma rinascimentale è sempre ben delineato, si fa sempre piu vag?. ~l dinamism_? della vita affettiva accelera a un punto tale che un az10ne tranquilla, una decisione ponderata, appaiono sempre piu rare. La lotta fra sentimento e volontà - che Riegl ha cosi bene illustrato analizzando il contrasto tra la forma del capo e la postura del corpo in Giuliano da Sangallo e nella Notte delle Tombe Medicee113
- non si manifesta solo nella scultura, ma anche nel teatro barocco. E ciò è so-
111 Cfr. EGON COHN, Gesellschaftsideale und Gesellschaftsroman des 17. Jahrhunderts. Stu· dien zur deutschen Bildungsgeschichte, Berlin I 92 I, p. I 1.
112 SCAUGERO, Poetices libri septem cit., p. 832 (VII, 3). "'Cfr. RIEGL, Die Entstehung der Barockkunst in Rom cit., p. 33·
Dramma e tragedia (I) 75
prattutto evidente nel caso del tiranno. Col passare del tempo la sua volontà è sempre piu soggiogata dalla sensibilità, finché esplode la follia. Fino a che punto la rappresentazione degli affetti doveva prevalere sull'azione- che pure ne sarebbe il fondamentorisulta dai drammi di Lohenstein, dove, in una sorta di furore didattico, le passioni si susseguono con frenesia selvaggia. Ciò getta luce sull'ostinazione con cui i drammi del xvrr secolo si rinchiudono in un ambito limitato di soggetti. Il loro scopo era di misurarsi, in condizioni date, con i predecessori e i contemporanei, mettendo in scena l'esaltazione passionale in forme sempre piu drastiche ed efficaci. Il patrimonio di nozioni drammaturgiche messe in scena dall'antropologia politica e dalla tipologia del dramma barocco è la condizione per liberarsi dagli impacci di uno storicismo che liquida il proprio oggetto come fenomeno di transizione necessario ma inessenziale. Nel quadro di queste nozioni spicca il significato particolare dell'aristotelismo barocco, che uno sguardo superficiale è condannato a fraintendere. Come «teoria estranea all'essenza»114
, l'interpretazione rielabora il patrimonio classico, conferendo al Nuovo un'autorità vincolànte proprio col gesto del suo sottomettersi al modello. Al Barocco fu concesso di cogliere nel suo medium la potenza del presente. Perciò esso intendeva le sue forme come «naturali», e non tanto come una negazione quanto come un superamento e un innalzamento della sua rivale. La tragedia classica è la schiava incatenata sul carro trionfale del dramma barocco.
"' HUBSCHER, Barock als Gestaltung antithetischen Lebensgefuhls cit., p. 546.
74 Il dramma barocco tedesco
tigiano, o addirittura affermarne - come fa Gradan - la sua santitàm. L'associazione del tutto impropria fra la santità e lo stato d'animo del lutto promuove quel compromesso illimitato col mondo che caratterizza il cortigiano ideale dell'autore spagnolo. Sondare in un unico personaggio la profondità abissale di questa antitesi, è un'impresa che i drammaturghi tedeschi non potevano neppure tentare. Del cortigiano essi conoscono i due volti distinti: lo spirito maligno del despota, e il fedele servitore come compagno di sventura dell'innocenza incoronata.
In ogni caso, l'intrigante doveva assumere una posizione d<?minante nell'economia del dramma. Secondo la teoria dello Scaligera - che appare qui del tutto congeniale allo spirito del Barocco e che vi trova anzi la sua piena affermazione - il vero scopo del dr~mma era infatti quello di comunicare la conoscenza della vita dell'anima, nella cui osservazione l'intrigante non è secondo a nessuno. Nella coscienza delle nuove generazioni, all'intenzione morale dei poeti del Rinascimento si affianca quella scientifica. « ?<?ce t affectus poeta per actiones, ut bonos amplectamur, atque umtemur ad agendum: malos aspernemur oh abstinendum. Est igitur actio docendi modus: affectus, quem docemur ad agendum. Quare eri t actio quasi exemplar, aut instrumentum in fabula, affectus vero finis. At in due actio erit finis, affectus erit eius forma»112
•
Questo schema, in cui lo Scaligero subordina la rappresentazione dell'azione come mezzo a quella degli affetti come fine della scena drammatica, può fornire in certo modo un criterio per riconoscere la presenza di elementi barocchi, in contrasto con lo stile poetico anteriore. È infatti caratteristico del teatro seicentesco il fatto che la rappresentazione degli affetti diventi via via piu marcata, mentre il profilo dell'azione, che nel dramma rinascimentale è sempre ben delineato, si fa sempre piu vag?. ~l dinamism_? della vita affettiva accelera a un punto tale che un az10ne tranquilla, una decisione ponderata, appaiono sempre piu rare. La lotta fra sentimento e volontà - che Riegl ha cosi bene illustrato analizzando il contrasto tra la forma del capo e la postura del corpo in Giuliano da Sangallo e nella Notte delle Tombe Medicee113
- non si manifesta solo nella scultura, ma anche nel teatro barocco. E ciò è so-
111 Cfr. EGON COHN, Gesellschaftsideale und Gesellschaftsroman des 17. Jahrhunderts. Stu· dien zur deutschen Bildungsgeschichte, Berlin I 92 I, p. I 1.
112 SCAUGERO, Poetices libri septem cit., p. 832 (VII, 3). "'Cfr. RIEGL, Die Entstehung der Barockkunst in Rom cit., p. 33·
Dramma e tragedia (I) 75
prattutto evidente nel caso del tiranno. Col passare del tempo la sua volontà è sempre piu soggiogata dalla sensibilità, finché esplode la follia. Fino a che punto la rappresentazione degli affetti doveva prevalere sull'azione- che pure ne sarebbe il fondamentorisulta dai drammi di Lohenstein, dove, in una sorta di furore didattico, le passioni si susseguono con frenesia selvaggia. Ciò getta luce sull'ostinazione con cui i drammi del xvrr secolo si rinchiudono in un ambito limitato di soggetti. Il loro scopo era di misurarsi, in condizioni date, con i predecessori e i contemporanei, mettendo in scena l'esaltazione passionale in forme sempre piu drastiche ed efficaci. Il patrimonio di nozioni drammaturgiche messe in scena dall'antropologia politica e dalla tipologia del dramma barocco è la condizione per liberarsi dagli impacci di uno storicismo che liquida il proprio oggetto come fenomeno di transizione necessario ma inessenziale. Nel quadro di queste nozioni spicca il significato particolare dell'aristotelismo barocco, che uno sguardo superficiale è condannato a fraintendere. Come «teoria estranea all'essenza»114
, l'interpretazione rielabora il patrimonio classico, conferendo al Nuovo un'autorità vincolànte proprio col gesto del suo sottomettersi al modello. Al Barocco fu concesso di cogliere nel suo medium la potenza del presente. Perciò esso intendeva le sue forme come «naturali», e non tanto come una negazione quanto come un superamento e un innalzamento della sua rivale. La tragedia classica è la schiava incatenata sul carro trionfale del dramma barocco.
"' HUBSCHER, Barock als Gestaltung antithetischen Lebensgefuhls cit., p. 546.
Dramma e tragedia (rr)
Hier in clieser Zeitligkeit Ist bedecket meine Crohne
Mit dem Flohr der Traurigkeit; Dorten da sie mir zum Lohne
Aus Genaden ist gestellet Ist sie frey und gantz umhellet.
JOHANN GEORG SCHIEBEL,
Neuerbauter Schausaal '.
Si è voluto ritrovare nel dramma barocco, e come sua componente essenziale, proprio gli elementi della tragedia greca- il racconto tragico, l'eroe tragico e la morte tragica - sia pure deformati sotto le mani di imitatori disinvolti. Viceversa - e ciò avrebbe assai pio rilievo nella storia critica della filosofia dell'arte - si è voluto vedere nella tragedia, e precisamente in quella greca, una forma primitiva del dramma barocco, di natura sostanzialmente affine a quest'ultimo. La filosofia della tragedia si è perciò sviluppata, senza alcun rapporto con i fatti storici concreti, in un sistema di sentimenti universali fondati sul concetto di «colpa» e di «espiazione», come teoria dell'ordinamento morale del mondo. In omaggio alla drammaturgia naturalistica, nelle teorie estetiche epigonali della seconda metà dell'Ottocento questo ordinamento morale venne quindi associato, con sorprendente ingenuità, alla concatenazione causale dei fenomeni fisici, e il destino tragico fini per diventare quello stato di cose «che si esprime nel cooperare del singolo con un ambiente esterno governato da leggi rigorose»2
• Cosi leggiamo in quella Estetica del tragico, che è la codificazione for-
1 JOHANN GEORG SCHIEBEL, Neu-erbauter Schausaa/ [Il salone nuovamente edificato], Niirnberg 1684, p. 127. [Qui in questo tempo terreno l La mia corona~ coperta l Dal velo della tristezza; l Laggiu, dove a ricompensa l E per grazia mi è largita l E libera, e tutta radiosa].
2 JOHANNES VOLKELT, Asthetik des Tragischen, Miinchen 1917, pp. 469 sgg.
Dramma e tragedia (n) 77
male .di quei pregiudizi, e dove si parte dal presupposto che il tragico possa darsi senz' altro nelle costellazioni fattuali della vita ordinaria. Nient'altro significa la definizione della « Weltanschauung moderna» come quell'elemento «in cui soltanto il tragico può svilupparsi, senza ostacoli, in tutta la sua poderosa coerenza»3• «Cosi riguardo all'eroe tragico, i cui destini dipendono dai mirabili interventi di un potere trascendente, la Weltanschauung moderna deve giudicarlo come la vittima di un ordine insostenibile, che non può reggere a uno sguardo purificato: l'umanità che esso rappresenta porta in sé il carattere dell'angustia, dell'oppressione, della nonlibertà»4. Questi vani sforzi per attualizzare il tragico come un contenuto universalmente umano dimostrano come alla base della sua analisi si debba porre con cautela l'impressione «che noi uomini moderni proviamo, quando lasciamo agire esteticamente su di noi le forme assegnate dai popoli antichi e dalle epoche passate al destino tragico nelle loro opere»'. Nulla è in realtà piu problematico dei sentimenti immediati dell' <<Uomo moderno», e tanto piu nel giudizio sulla tragedia. E questa tesi non poggia soltanto sulla Nascita della tragedia, uscita quarant'anni prima dell'Estetica del tragico, ma è suggerita con la massima evidenza dal semplice fatto che il teatro moderno non ha piu prodotto alcuna tragedia nel senso greco. Misconoscendo questo stato di cose, le teorie del tragico a cui abbiamo accennato pretendono che il teatro dovrebbe essere in grado di produrre ancora oggi tragedie. Questa pretesa è il loro movente essenziale e nascosto, e una teoria del tragico intesa a scuotere questo assioma della boria culturale non poteva non risultare sospetta. La filosofia della storia era esclusa. Ma qualora la prospettiva storico-filosofica dovesse risultare un elemento irrinunciabile per una teoria della tragedia, è chiaro che bisognerà aspettarsela solo là dove la ricerca sappia penetrare la situazione del proprio tempo. Ed è poi questo il punto archimedeo che alcuni pensa tori recenti, in particolare Franz Rosenzweig e Gyorgy Lukacs, hanno colto nell'opera del giovane Nietzsche. «Invano la nostra età democratica ha tentato di adeguarsi al tragico; vani sono stati i tentativi di aprire ai poveri di spirito que-sto regno celeste»6
• .
'Ibid., p. 469. 'Ibid., p. 450. 'Ibid., p. 447· . 6
GYORGY LUK.ks, DieSee!e unddie Formen. Essays, Berlin 19II, pp. 370 sgg.; trad. it. L'anima e le/orme, Milano 1963, p. 345·
Dramma e tragedia (rr)
Hier in clieser Zeitligkeit Ist bedecket meine Crohne
Mit dem Flohr der Traurigkeit; Dorten da sie mir zum Lohne
Aus Genaden ist gestellet Ist sie frey und gantz umhellet.
JOHANN GEORG SCHIEBEL,
Neuerbauter Schausaal '.
Si è voluto ritrovare nel dramma barocco, e come sua componente essenziale, proprio gli elementi della tragedia greca- il racconto tragico, l'eroe tragico e la morte tragica - sia pure deformati sotto le mani di imitatori disinvolti. Viceversa - e ciò avrebbe assai pio rilievo nella storia critica della filosofia dell'arte - si è voluto vedere nella tragedia, e precisamente in quella greca, una forma primitiva del dramma barocco, di natura sostanzialmente affine a quest'ultimo. La filosofia della tragedia si è perciò sviluppata, senza alcun rapporto con i fatti storici concreti, in un sistema di sentimenti universali fondati sul concetto di «colpa» e di «espiazione», come teoria dell'ordinamento morale del mondo. In omaggio alla drammaturgia naturalistica, nelle teorie estetiche epigonali della seconda metà dell'Ottocento questo ordinamento morale venne quindi associato, con sorprendente ingenuità, alla concatenazione causale dei fenomeni fisici, e il destino tragico fini per diventare quello stato di cose «che si esprime nel cooperare del singolo con un ambiente esterno governato da leggi rigorose»2
• Cosi leggiamo in quella Estetica del tragico, che è la codificazione for-
1 JOHANN GEORG SCHIEBEL, Neu-erbauter Schausaa/ [Il salone nuovamente edificato], Niirnberg 1684, p. 127. [Qui in questo tempo terreno l La mia corona~ coperta l Dal velo della tristezza; l Laggiu, dove a ricompensa l E per grazia mi è largita l E libera, e tutta radiosa].
2 JOHANNES VOLKELT, Asthetik des Tragischen, Miinchen 1917, pp. 469 sgg.
Dramma e tragedia (n) 77
male .di quei pregiudizi, e dove si parte dal presupposto che il tragico possa darsi senz' altro nelle costellazioni fattuali della vita ordinaria. Nient'altro significa la definizione della « Weltanschauung moderna» come quell'elemento «in cui soltanto il tragico può svilupparsi, senza ostacoli, in tutta la sua poderosa coerenza»3• «Cosi riguardo all'eroe tragico, i cui destini dipendono dai mirabili interventi di un potere trascendente, la Weltanschauung moderna deve giudicarlo come la vittima di un ordine insostenibile, che non può reggere a uno sguardo purificato: l'umanità che esso rappresenta porta in sé il carattere dell'angustia, dell'oppressione, della nonlibertà»4. Questi vani sforzi per attualizzare il tragico come un contenuto universalmente umano dimostrano come alla base della sua analisi si debba porre con cautela l'impressione «che noi uomini moderni proviamo, quando lasciamo agire esteticamente su di noi le forme assegnate dai popoli antichi e dalle epoche passate al destino tragico nelle loro opere»'. Nulla è in realtà piu problematico dei sentimenti immediati dell' <<Uomo moderno», e tanto piu nel giudizio sulla tragedia. E questa tesi non poggia soltanto sulla Nascita della tragedia, uscita quarant'anni prima dell'Estetica del tragico, ma è suggerita con la massima evidenza dal semplice fatto che il teatro moderno non ha piu prodotto alcuna tragedia nel senso greco. Misconoscendo questo stato di cose, le teorie del tragico a cui abbiamo accennato pretendono che il teatro dovrebbe essere in grado di produrre ancora oggi tragedie. Questa pretesa è il loro movente essenziale e nascosto, e una teoria del tragico intesa a scuotere questo assioma della boria culturale non poteva non risultare sospetta. La filosofia della storia era esclusa. Ma qualora la prospettiva storico-filosofica dovesse risultare un elemento irrinunciabile per una teoria della tragedia, è chiaro che bisognerà aspettarsela solo là dove la ricerca sappia penetrare la situazione del proprio tempo. Ed è poi questo il punto archimedeo che alcuni pensa tori recenti, in particolare Franz Rosenzweig e Gyorgy Lukacs, hanno colto nell'opera del giovane Nietzsche. «Invano la nostra età democratica ha tentato di adeguarsi al tragico; vani sono stati i tentativi di aprire ai poveri di spirito que-sto regno celeste»6
• .
'Ibid., p. 469. 'Ibid., p. 450. 'Ibid., p. 447· . 6
GYORGY LUK.ks, DieSee!e unddie Formen. Essays, Berlin 19II, pp. 370 sgg.; trad. it. L'anima e le/orme, Milano 1963, p. 345·
78 Il dramma barocco tedesco
Con la sua concezione dei legami fra la tragedia e la saga, e dell'indipendenza della sfera tragica da quella etica, l'opera di Nietzsche ha posto le basi di questa tesi. Per spiegare il cammino esitante e per cosf dire stentato della concezione nietzscheana della tragedia non occorre fare appello all'atteggiamento prevenuto della successiva generazione di studiosi. Piuttosto, era la stessa opera di Nietzsche a portare in sé, con la sua metafisica schopenhaueriana e wagneriana, i germi che dovevano rovinarne gli aspetti migliori. Quei germi sono già presenti nella sua definizione del mito. «Esso porta il mondo del fenomeno verso quei limiti dove esso si nega e cerca di rifugiarsi nuovamente in seno all'unica e vera realtà ... Cosf, in base alle esperienze del vero ascoltatore estetico, noi ci rappresentiamo anche l'artista tragico: simile ad un esuberante iddio dell'individuatio, egli crea le sue figure, e in questo senso difficilmente la sua opera si potrebbe intendere come una "imitazione della natura"; ma poi il suo mostruoso istinto dionisiaco inghiotte tutto codesto mondo dei fenomeni, per far presagire dietro ad esso e per mezzo del suo annientamento una suprema gioia arti-
. stica primordiale nel seno dell'Uno primigenio»7• Come questo pas
so mostra a sufficienza, il mito tragico è per Nietzsche una pura costruzione estetica, e il contrasto fra apollineo e dionisiaco, in quanto apparenza e dissoluzione dell'apparenza, rimane a sua volta prigioniero della sfera estetica. Rinunciando a una comprensione storico-filosofica del mito tragico, Nietzsche ha pagato a caro prezzo l'emancipazione dallo stereotipo morale che si era soliti applicare all'evento tragico. Ed ecco la formulazione classica di questa rinuncia: «Giacché, a nostra umiliazione ed esaltazione, bisogna che noi ci rendiamo chiaro conto di questo, che l'intera commedia dell'arte non viene messa in scena per noi, per nostra edificazione o educazione, e che anzi noi non siamo affatto i veri creatori del mondo artistico; ma dobbiamo piuttosto supporre di essere proprio noi le immagini e le proiezioni del vero creatore, e che la nostra suprema dignità sta proprio nel significato che abbiamo come opere d'arte, perché l'esistenza e il mondo sono giustificati in eterno solo come fenomeno estetico. E la coscienza che abbiamo di tale significato non è diversa da quella che i guerrieri dipinti su una tela hanno della battaglia che vi è rappresentata»8
•
'PRlEDRICH NIETZSCHE, Werke, sezione r, vol. l: Die Geburt der Tragiidie, a cura di F. Kogel, Leipzig 189.5, p. 1.5.5; trad. it. La nascita della tragedia, a cura di E. Ruta (legger· mente modificata), introduzione di P. Chiarini, Bari 1967, pp. x So sgg.
• Ibid., pp. 44 sgg.; trad. it. cit., pp. 71 sgg.
Dramma e tragedia (n) 79
Si spalanca cosf l'abisso dell'estetismo, nel quale quell'intuizione geniale finisce per perdere tutti i propri concetti, cosf che dèi ed eroi, ostinazione e dolore, i pilastri dell'edificio tragico si dissolvono nel nulla. Là dove l'arte viene ad occupare il centro dell'esistenza, al punto da fare dell'uomo la propria apparenza anziché riconoscere in esso il proprio fondamento - non come suo creatore ma come tema eterno delle sue creazioni - il significato. stesso di una ponderata riflessione viene a cadere. E sia che, con lo spodestamento dell'uomo dal centro dell'arte, il suo posto venga preso dal nirvana - un'assopita volontà di vivere - come in Schopenhauer, o che sia invece, come in Nietzsche, l' «incarnazione della dissonanza»9
, a creare i fenomeni del mondo e cosf anche l'uomo, il pragmatismo è lo stesso. Che importa infatti se è la volontà di vivere o la sua negazione a ispirare l'opera d'arte, quando quest'ultima, come espressione di una volontà assoluta, svaluta, insieme col mondo, se stessa? n nichilismo che alberga negli abissi dell'estetica di Bayreuth, dissolve- e non poteva essere diversamente - la tragedia greca come dato storico concreto. «Scintille d'immagini ... poemi lirici, che nel loro massimo svolgimento si chiamano tragedie e ditirambi drammatici»10
: la tragedia si risolve nelle visioni del coro e del suo pubblico. Bisogna infatti «tener sempre presente - prosegue Nietzsche - che il pubblico della tragedia attica ritrovava se stesso nel coro dell'orchestra, e che in fondo tra il pubblico e il coro non esisteva una vera opposizione; giacché il tutto non è altro che un gran coro sublime di satiri danzan-
. ti e cantanti, e di spettatori che si sentono rappresentati da quei sa tiri ... n coro dei satiri è inizialmente una visione della massa d~onisiaca [cioè degli spettatori], come a sua volta il mondo della scena è una visione di codesto stesso coro ... »11
• Un'insistenza cosf estrema sull'apparenza apollinea - presupposto della dissoluzione estetica della tragedia - è insostenibile. Dal punto di vista filologico «manca ... per il coro tragico qualsiasi legame col culto»12. E poi: l'estatico, sia esso la massa oppure un singolo, non va pensato immobile ma preso in un'azione appassionata; quanto al coro, che nella tragedia interviene ponderato e riflessivo, è impossibile pensarlo insieme come il soggetto delle visioni, per non parlare di un coro che, in quanto manifestazione di una massa, sa-
• Ibid., p. 171; trad. it. cit., p. I97· IO Ibid., p. 4I; trad. it. cit., p. 68. 11 Ibid., pp . .58 sg.; trad. it. cit., pp. 86 sgg. u WILAMOWITZ·MOELLENDORFF, Einleitung indie griechische Tragiidie cit., p . .59·
78 Il dramma barocco tedesco
Con la sua concezione dei legami fra la tragedia e la saga, e dell'indipendenza della sfera tragica da quella etica, l'opera di Nietzsche ha posto le basi di questa tesi. Per spiegare il cammino esitante e per cosf dire stentato della concezione nietzscheana della tragedia non occorre fare appello all'atteggiamento prevenuto della successiva generazione di studiosi. Piuttosto, era la stessa opera di Nietzsche a portare in sé, con la sua metafisica schopenhaueriana e wagneriana, i germi che dovevano rovinarne gli aspetti migliori. Quei germi sono già presenti nella sua definizione del mito. «Esso porta il mondo del fenomeno verso quei limiti dove esso si nega e cerca di rifugiarsi nuovamente in seno all'unica e vera realtà ... Cosf, in base alle esperienze del vero ascoltatore estetico, noi ci rappresentiamo anche l'artista tragico: simile ad un esuberante iddio dell'individuatio, egli crea le sue figure, e in questo senso difficilmente la sua opera si potrebbe intendere come una "imitazione della natura"; ma poi il suo mostruoso istinto dionisiaco inghiotte tutto codesto mondo dei fenomeni, per far presagire dietro ad esso e per mezzo del suo annientamento una suprema gioia arti-
. stica primordiale nel seno dell'Uno primigenio»7• Come questo pas
so mostra a sufficienza, il mito tragico è per Nietzsche una pura costruzione estetica, e il contrasto fra apollineo e dionisiaco, in quanto apparenza e dissoluzione dell'apparenza, rimane a sua volta prigioniero della sfera estetica. Rinunciando a una comprensione storico-filosofica del mito tragico, Nietzsche ha pagato a caro prezzo l'emancipazione dallo stereotipo morale che si era soliti applicare all'evento tragico. Ed ecco la formulazione classica di questa rinuncia: «Giacché, a nostra umiliazione ed esaltazione, bisogna che noi ci rendiamo chiaro conto di questo, che l'intera commedia dell'arte non viene messa in scena per noi, per nostra edificazione o educazione, e che anzi noi non siamo affatto i veri creatori del mondo artistico; ma dobbiamo piuttosto supporre di essere proprio noi le immagini e le proiezioni del vero creatore, e che la nostra suprema dignità sta proprio nel significato che abbiamo come opere d'arte, perché l'esistenza e il mondo sono giustificati in eterno solo come fenomeno estetico. E la coscienza che abbiamo di tale significato non è diversa da quella che i guerrieri dipinti su una tela hanno della battaglia che vi è rappresentata»8
•
'PRlEDRICH NIETZSCHE, Werke, sezione r, vol. l: Die Geburt der Tragiidie, a cura di F. Kogel, Leipzig 189.5, p. 1.5.5; trad. it. La nascita della tragedia, a cura di E. Ruta (legger· mente modificata), introduzione di P. Chiarini, Bari 1967, pp. x So sgg.
• Ibid., pp. 44 sgg.; trad. it. cit., pp. 71 sgg.
Dramma e tragedia (n) 79
Si spalanca cosf l'abisso dell'estetismo, nel quale quell'intuizione geniale finisce per perdere tutti i propri concetti, cosf che dèi ed eroi, ostinazione e dolore, i pilastri dell'edificio tragico si dissolvono nel nulla. Là dove l'arte viene ad occupare il centro dell'esistenza, al punto da fare dell'uomo la propria apparenza anziché riconoscere in esso il proprio fondamento - non come suo creatore ma come tema eterno delle sue creazioni - il significato. stesso di una ponderata riflessione viene a cadere. E sia che, con lo spodestamento dell'uomo dal centro dell'arte, il suo posto venga preso dal nirvana - un'assopita volontà di vivere - come in Schopenhauer, o che sia invece, come in Nietzsche, l' «incarnazione della dissonanza»9
, a creare i fenomeni del mondo e cosf anche l'uomo, il pragmatismo è lo stesso. Che importa infatti se è la volontà di vivere o la sua negazione a ispirare l'opera d'arte, quando quest'ultima, come espressione di una volontà assoluta, svaluta, insieme col mondo, se stessa? n nichilismo che alberga negli abissi dell'estetica di Bayreuth, dissolve- e non poteva essere diversamente - la tragedia greca come dato storico concreto. «Scintille d'immagini ... poemi lirici, che nel loro massimo svolgimento si chiamano tragedie e ditirambi drammatici»10
: la tragedia si risolve nelle visioni del coro e del suo pubblico. Bisogna infatti «tener sempre presente - prosegue Nietzsche - che il pubblico della tragedia attica ritrovava se stesso nel coro dell'orchestra, e che in fondo tra il pubblico e il coro non esisteva una vera opposizione; giacché il tutto non è altro che un gran coro sublime di satiri danzan-
. ti e cantanti, e di spettatori che si sentono rappresentati da quei sa tiri ... n coro dei satiri è inizialmente una visione della massa d~onisiaca [cioè degli spettatori], come a sua volta il mondo della scena è una visione di codesto stesso coro ... »11
• Un'insistenza cosf estrema sull'apparenza apollinea - presupposto della dissoluzione estetica della tragedia - è insostenibile. Dal punto di vista filologico «manca ... per il coro tragico qualsiasi legame col culto»12. E poi: l'estatico, sia esso la massa oppure un singolo, non va pensato immobile ma preso in un'azione appassionata; quanto al coro, che nella tragedia interviene ponderato e riflessivo, è impossibile pensarlo insieme come il soggetto delle visioni, per non parlare di un coro che, in quanto manifestazione di una massa, sa-
• Ibid., p. 171; trad. it. cit., p. I97· IO Ibid., p. 4I; trad. it. cit., p. 68. 11 Ibid., pp . .58 sg.; trad. it. cit., pp. 86 sgg. u WILAMOWITZ·MOELLENDORFF, Einleitung indie griechische Tragiidie cit., p . .59·
Bo Il dramma barocco tedesco
rebbe portatore di ulteriori visioni. Soprattutto, i cori e il pubblico non formano un'unità. Ciò andrà illustrato, fintanto che-l' abisso fra i due, l'orchestra, non lo dimostrerà con la sua semplice presenza.
L'interpretazione di Nietzsche ha preso le distanze dalla teoria epigonale della tragedia senza tuttavia confutarla. Per aver abbandonato infatti con troppa facilità il terreno del dibattito morale, egli non ebbe occasione di confrontarsi col nucleo di quella. teoria, la dottrina della colpa tragica e dell'espiazione tragica. A vendo egli omesso tale critica, gli rimase sbarrato l'accesso a quei concetti storico-filosofici o filosofico-religiosi in cui si decide alla fine l'essenza della tragedia. Qualunque sia lo spunto della discussione, sarà difficile eludere un pregiudizio, che è a quanto pare inattaccabile. Si tratta della convinzione che le azioni e i comportamenti dei personaggi del dramma vadano utilizzati per l' analisi dei problemi morali allo stesso modo in cui si usa il manichino nelle lezioni di anatomia. L'opera d'arte, che nessuno oserebbe considerare una riproduzione fedele della natura, è ritenuta invece una copia fedele dei fenomeni morali, senza nemmeno sollevare la questione della loro riproducibilità. Non si tratta qui di porre in questione il significato delle situazioni morali per la critica di un'opera d'arte, ma piuttosto di un altro e duplice problema. Alle azioni e ai comportamenti rappresentati dall'opera d'arte spetta un significato morale in quanto immagini della realtà? E ancora: sono nozioni di ordine morale quelle che, in ultima analisi, permettono di cogliere adeguatamente il contenuto di un'opera? Le interpretazioni e la teoria correnti del tragico sono caratterizzate da una risposta affermativa a queste domande, o meglio dal fatto di ignorarle. Ed è proprio una risposta negativa a queste domande quella da cui risulta la necessità di concepire il contenuto morale della poesia tragica non come la sua ultima parola, ma come un momento del suo çontenuto integrale di verità: ossia di concepirlo in termini storico-filosofici. Certo una risposta negativa alla prima domanda andrà motivata in termini assai diversi dalla seconda, che riguarda principalmente la filosofia dell'arte. Ma c'è una cosa che appare senz'altro evidente: i personaggi di fantasia esistono solo nelle opere di fantasia. Come il soggetto di un arazzo sul suo canovaccio, essi sono cosi intrecciati all'insieme della composizione da non esserne in alcun modo separabili. La figura umana sta nella poesia, e nell'arte in generale, in modo diverso
Dramma e tragedia (n) 8 x
dall'individuo reale, il cui isolamento fisico- per molti aspetti solo apparente - sembra esprimere tangibilmente il suo isolamento morale di fronte a Dio. Il divieto di farsi immagini non riguarda solo la condanna dell'idolatria. Con incomparabile evidenza, il divieto di rappresentare il corpo previene l'illusione secondo cui sarebbe da riprodurre quella sfera in cui è percepibile l'essenza morale dell'uomo. L'ambito morale è legato alla vita nel suo senso piu drastico, ossia nella morte: nel luogo del pericolo, dove la vita definitivamente si possiede. E questa vita, che ci riguarda moralmente, ossia nella nostra unicità, appare dal punto di vista dell' opera come negativa, o almeno cosi dovrebbe apparire. Perché a sua volta l'arte non può ammettere in aicun modo di vedersi promossa nelle sue opere a tribunale della coscienza, e non può ammettere che il contenuto rappresentato prevalga sulla rappresentazione. Il contenuto di verità di tutto questo non si incontra mai nell' astrazione dottrinale - per non parlare dei precetti moraleggianti - ma solo nello sviluppo critico, commentato, dell'opera stessa1
\ e include indicazioni di ordine morale solo in forma estremamente mediata14. Là dove queste ultime si impongono come il vero baricentro della ricerca - ed è il caso della teoria della tragedia propria dell'idealismo tedesco (ma il saggio di Solger su .Sofocle non è affatto tipico in questo senso)1' - il pensiero si è liberato con una riflessione a buon mercato dallo sforzo assai piu nobile di determinare il luogo storico-filosofico di un'opera o di una forma, e tale riflessione è impropria e quindi ancora piu insignificante di qualsiasi dottrina morale, per quanto filistea. Rispetto alla tragedia, quello sforzo può trovare una guida sicura nella considerazione del suo rapporto con la saga.
La definizione di Wilamowitz suona cosi: «Una tragedia attica è una parte in sé conclusa della saga eroica, elaborata poeticamente in stile sublime per essere rappresentata da un coro di cittadini attici e da due o tre attori, e destinata a essere eseguita nel santuario di Dioniso come parte di una pubblica liturgia»16
• E in
u Cfr. W ALTER BENJAMIN, Goethes WahlveTWandtscha/ten, in «Neue Deutsche Beitra~e», serie II, fase. ~(aprile 1924}, pp. 83 sgg. (ora in Schri/ten cit., I, pp. 55 sgg.; trad. it. m Angelus Novus ett., pp. 157 sgg.).
14 CROCE, Breviario di estetica cit., pp. 19 sgg. "Cfr. CARL WILHELM FERDINAND SOLGER, Nachgelassene Schriften und Briefwechsel, a
cura di L. Tieck e F. von Raumer, Leipzig 1826, vol. II, pp. 445 sgg. 16 WILAMOWITZ·MOELLENDORFF, Einleitung indie griechische TragOdie cit., p. 107.
Bo Il dramma barocco tedesco
rebbe portatore di ulteriori visioni. Soprattutto, i cori e il pubblico non formano un'unità. Ciò andrà illustrato, fintanto che-l' abisso fra i due, l'orchestra, non lo dimostrerà con la sua semplice presenza.
L'interpretazione di Nietzsche ha preso le distanze dalla teoria epigonale della tragedia senza tuttavia confutarla. Per aver abbandonato infatti con troppa facilità il terreno del dibattito morale, egli non ebbe occasione di confrontarsi col nucleo di quella. teoria, la dottrina della colpa tragica e dell'espiazione tragica. A vendo egli omesso tale critica, gli rimase sbarrato l'accesso a quei concetti storico-filosofici o filosofico-religiosi in cui si decide alla fine l'essenza della tragedia. Qualunque sia lo spunto della discussione, sarà difficile eludere un pregiudizio, che è a quanto pare inattaccabile. Si tratta della convinzione che le azioni e i comportamenti dei personaggi del dramma vadano utilizzati per l' analisi dei problemi morali allo stesso modo in cui si usa il manichino nelle lezioni di anatomia. L'opera d'arte, che nessuno oserebbe considerare una riproduzione fedele della natura, è ritenuta invece una copia fedele dei fenomeni morali, senza nemmeno sollevare la questione della loro riproducibilità. Non si tratta qui di porre in questione il significato delle situazioni morali per la critica di un'opera d'arte, ma piuttosto di un altro e duplice problema. Alle azioni e ai comportamenti rappresentati dall'opera d'arte spetta un significato morale in quanto immagini della realtà? E ancora: sono nozioni di ordine morale quelle che, in ultima analisi, permettono di cogliere adeguatamente il contenuto di un'opera? Le interpretazioni e la teoria correnti del tragico sono caratterizzate da una risposta affermativa a queste domande, o meglio dal fatto di ignorarle. Ed è proprio una risposta negativa a queste domande quella da cui risulta la necessità di concepire il contenuto morale della poesia tragica non come la sua ultima parola, ma come un momento del suo çontenuto integrale di verità: ossia di concepirlo in termini storico-filosofici. Certo una risposta negativa alla prima domanda andrà motivata in termini assai diversi dalla seconda, che riguarda principalmente la filosofia dell'arte. Ma c'è una cosa che appare senz'altro evidente: i personaggi di fantasia esistono solo nelle opere di fantasia. Come il soggetto di un arazzo sul suo canovaccio, essi sono cosi intrecciati all'insieme della composizione da non esserne in alcun modo separabili. La figura umana sta nella poesia, e nell'arte in generale, in modo diverso
Dramma e tragedia (n) 8 x
dall'individuo reale, il cui isolamento fisico- per molti aspetti solo apparente - sembra esprimere tangibilmente il suo isolamento morale di fronte a Dio. Il divieto di farsi immagini non riguarda solo la condanna dell'idolatria. Con incomparabile evidenza, il divieto di rappresentare il corpo previene l'illusione secondo cui sarebbe da riprodurre quella sfera in cui è percepibile l'essenza morale dell'uomo. L'ambito morale è legato alla vita nel suo senso piu drastico, ossia nella morte: nel luogo del pericolo, dove la vita definitivamente si possiede. E questa vita, che ci riguarda moralmente, ossia nella nostra unicità, appare dal punto di vista dell' opera come negativa, o almeno cosi dovrebbe apparire. Perché a sua volta l'arte non può ammettere in aicun modo di vedersi promossa nelle sue opere a tribunale della coscienza, e non può ammettere che il contenuto rappresentato prevalga sulla rappresentazione. Il contenuto di verità di tutto questo non si incontra mai nell' astrazione dottrinale - per non parlare dei precetti moraleggianti - ma solo nello sviluppo critico, commentato, dell'opera stessa1
\ e include indicazioni di ordine morale solo in forma estremamente mediata14. Là dove queste ultime si impongono come il vero baricentro della ricerca - ed è il caso della teoria della tragedia propria dell'idealismo tedesco (ma il saggio di Solger su .Sofocle non è affatto tipico in questo senso)1' - il pensiero si è liberato con una riflessione a buon mercato dallo sforzo assai piu nobile di determinare il luogo storico-filosofico di un'opera o di una forma, e tale riflessione è impropria e quindi ancora piu insignificante di qualsiasi dottrina morale, per quanto filistea. Rispetto alla tragedia, quello sforzo può trovare una guida sicura nella considerazione del suo rapporto con la saga.
La definizione di Wilamowitz suona cosi: «Una tragedia attica è una parte in sé conclusa della saga eroica, elaborata poeticamente in stile sublime per essere rappresentata da un coro di cittadini attici e da due o tre attori, e destinata a essere eseguita nel santuario di Dioniso come parte di una pubblica liturgia»16
• E in
u Cfr. W ALTER BENJAMIN, Goethes WahlveTWandtscha/ten, in «Neue Deutsche Beitra~e», serie II, fase. ~(aprile 1924}, pp. 83 sgg. (ora in Schri/ten cit., I, pp. 55 sgg.; trad. it. m Angelus Novus ett., pp. 157 sgg.).
14 CROCE, Breviario di estetica cit., pp. 19 sgg. "Cfr. CARL WILHELM FERDINAND SOLGER, Nachgelassene Schriften und Briefwechsel, a
cura di L. Tieck e F. von Raumer, Leipzig 1826, vol. II, pp. 445 sgg. 16 WILAMOWITZ·MOELLENDORFF, Einleitung indie griechische TragOdie cit., p. 107.
Il dramma barocco tedesco
un altro passo: «Ogni considerazione della tragedia la riporta dunque in ultima analisi al suo rapporto con la saga. Sta qui la radice della sua essenza, di qui vengono i suoi peculiari pregi e le sue debolezze, sta qui la differenza fra la tragedia attica e ogni altra forma di poesia drammatica»17
• La determinazione filosofica della tragedia deve partire di qui, e precisamente dall'idea che la tragedia non si lascia ridurre a una semplice forma teatrale della saga. La saga infatti è per sua natura priva di tendenze. Le correnti della tradizione, precipitandosi a valle con violenza impetuosa e da direzioni spesso opposte, si raccolgono infine nello specchio dell'epica come in un comodo letto dai molti bracci. Ma la poesia tragica si contrappone a quella epica come una rielaborazione tendenziosa della tradizione. Come queste rielaborazioni possano essere intense e significative risulta ad esempio dal motivo di Edipo18
• Cionondimeno hanno ragione gli studiosi meno recenti, come Wackernagel, quando affermano che l'invenzione è incompatibile con la poesia tragica19
• La rielaborazione della saga non muove infatti alla ricerca di nuove costellazioni tragiche, ma mira a definire una tendenza che perderebbe ogni significato se non potesse manifestarsi nella forma della saga, come storia primitiva del popolo. La segnatura della tragedia non sta dunque in un «conflitto di livelli» tra l'eroe e il suo ambiente, secondo la definizione proposta da Scheler nel suo saggio Zum Phanomen des Tragischefil0
, ma nella natura specificamente greca di quei conflitti. In cosa consiste questa natura? Quale tendenza si nasconde nel tragico? Per cosa muore l'eroe? La poesia tragica poggia sull'idea di sacrificio. Ma il sacrificio tragico differisce nel suo oggetto - l'eroe -,da ogni altro sacrificio, ed è al tempo stesso il primo e l'ultimo. E l'ultimo dei sacrifici espiatori previsti dall'antico diritto divino; ed è il primo come azione sostitutiva, in cui si annunciano nuovi contenuti della vita del popolo. Questi contenuti, che a differenza dell'antica giurisdizione sacrificale non rimandano a un decreto superiore ma alla vita stessa dell'eroe, lo annientano perché, inadeguati come sono alla volontà del singolo, possono portare benedizione solo alla vita della comunità popolare non ancora nata. La morte tragica ha un doppio significato: rovesciare l'antico diritto degli dèi olimpi,
17 Ibid., p. I 19. "Cfr. MAX WUNDT, Geschichte der griechischen Ethik, Leipzig 1908, vol. I: Die Ent
stehung der griechischen Ethik, pp. 178 sgg. "Cfr. WACKERNAGEL, O ber die dramatische Poesie cit., p. 39· "'Cfr. SCHELER, Vom Umsturz der W erte cit., pp. 266 sgg.
Dramma e tragedia (n)
e offrire l'eroe al Dio ignoto come primizia di una nuova messe umana. Ma anche il pathos tragico, come lo rappresentano Eschilo nell'Orestea e Sofocle nell'Edipo, può presentare questa doppia valenza. Se in questa forma il carattere espiatorio del sacrificio è meno palese, è invece tanto piu evidente la sua metamorfosi, dove l'abbandono alla morte è sostituito da un motivo che soddisfaceva la vecchia coscienza degli dèi e della vittima sacrificale nel momento stesso in cui si riveste visibilmente della nuova forma. La morte diventa cosi la salvezza: è la morte come «crisi». Un esempio antichissimo è il passaggio dal sacrificio umano, compiuto sull'altare, al rito per cui la vittima designata si sottrae al coltello sacrificale e corre intorno all'altare per poi abbracciarlo: l'altare diventa asilo, il dio collerico diventa misericordioso, il condannato a morte diventa il prigioniero e il servitore del dio. È precisamente questo lo schema dell'Orestea. Questa profezia agonale si distingue, nel suo limitarsi alla sfera della morte, nel suo appello incondizionato alla comunità, e soprattutto nel carattere definitivo della sua soluzione e della sua redenzione, da ogni forma epico-didattica. E tuttavia che cosa ci autorizza a parlare, in fin dei conti, di una rappresentazione «agonale»? La derivazione ipotetica dell'azione tragica dalla corsa della vittima intorno alla timele non ci conferisce ancora tale diritto. Che risulta invece, in primo luogo, dal fatto che le rappresentazioni attiche si svolgevano in forma di gare. Non solo i poeti, ma anche i protagonisti e addirittura i corifei erano .in concorrenza fra loro. Ma la ragione profonda di quel diritto sta nella muta oppressione che ogni azione tragica mette in. scena pei suoi personaggi, prima ancora di trasmetterla agli spettatori. E fra quei personaggi che l'azione si compie nella muta rivalità dell'agone. L'immaturità dell'eroe tragico, che distingue nettamente il protagonista della tragedia greca da tutti i tipi successivi, fa sf che l'analisi dell'«uomo metaetico» svolta da Franz Rosenzweig appaia come una pietra miliare della teoria della tragedia. «Poiché questo è il contrassegno del Sé, il marchio della sua grandezza come anche il segno della sua debolezza: il tacere. L'eroe tragico possiede solo un linguaggio che gli si addice completamente: appunto il tacere. Cosf è fin dall'inizio. Il tragico ha elaborato la forma artistica del dramma proprio per poter rappresentare il silenzio ... Tacendo, l'eroe rompe i ponti che lo congiungono con dio e col mondo, abbandona la regione della personalità, che si definisce e si individualizza mediante la parola, per innalzarsi nella gelida solitudine del Sé. Il Sé non sa nulla fuori di
Il dramma barocco tedesco
un altro passo: «Ogni considerazione della tragedia la riporta dunque in ultima analisi al suo rapporto con la saga. Sta qui la radice della sua essenza, di qui vengono i suoi peculiari pregi e le sue debolezze, sta qui la differenza fra la tragedia attica e ogni altra forma di poesia drammatica»17
• La determinazione filosofica della tragedia deve partire di qui, e precisamente dall'idea che la tragedia non si lascia ridurre a una semplice forma teatrale della saga. La saga infatti è per sua natura priva di tendenze. Le correnti della tradizione, precipitandosi a valle con violenza impetuosa e da direzioni spesso opposte, si raccolgono infine nello specchio dell'epica come in un comodo letto dai molti bracci. Ma la poesia tragica si contrappone a quella epica come una rielaborazione tendenziosa della tradizione. Come queste rielaborazioni possano essere intense e significative risulta ad esempio dal motivo di Edipo18
• Cionondimeno hanno ragione gli studiosi meno recenti, come Wackernagel, quando affermano che l'invenzione è incompatibile con la poesia tragica19
• La rielaborazione della saga non muove infatti alla ricerca di nuove costellazioni tragiche, ma mira a definire una tendenza che perderebbe ogni significato se non potesse manifestarsi nella forma della saga, come storia primitiva del popolo. La segnatura della tragedia non sta dunque in un «conflitto di livelli» tra l'eroe e il suo ambiente, secondo la definizione proposta da Scheler nel suo saggio Zum Phanomen des Tragischefil0
, ma nella natura specificamente greca di quei conflitti. In cosa consiste questa natura? Quale tendenza si nasconde nel tragico? Per cosa muore l'eroe? La poesia tragica poggia sull'idea di sacrificio. Ma il sacrificio tragico differisce nel suo oggetto - l'eroe -,da ogni altro sacrificio, ed è al tempo stesso il primo e l'ultimo. E l'ultimo dei sacrifici espiatori previsti dall'antico diritto divino; ed è il primo come azione sostitutiva, in cui si annunciano nuovi contenuti della vita del popolo. Questi contenuti, che a differenza dell'antica giurisdizione sacrificale non rimandano a un decreto superiore ma alla vita stessa dell'eroe, lo annientano perché, inadeguati come sono alla volontà del singolo, possono portare benedizione solo alla vita della comunità popolare non ancora nata. La morte tragica ha un doppio significato: rovesciare l'antico diritto degli dèi olimpi,
17 Ibid., p. I 19. "Cfr. MAX WUNDT, Geschichte der griechischen Ethik, Leipzig 1908, vol. I: Die Ent
stehung der griechischen Ethik, pp. 178 sgg. "Cfr. WACKERNAGEL, O ber die dramatische Poesie cit., p. 39· "'Cfr. SCHELER, Vom Umsturz der W erte cit., pp. 266 sgg.
Dramma e tragedia (n)
e offrire l'eroe al Dio ignoto come primizia di una nuova messe umana. Ma anche il pathos tragico, come lo rappresentano Eschilo nell'Orestea e Sofocle nell'Edipo, può presentare questa doppia valenza. Se in questa forma il carattere espiatorio del sacrificio è meno palese, è invece tanto piu evidente la sua metamorfosi, dove l'abbandono alla morte è sostituito da un motivo che soddisfaceva la vecchia coscienza degli dèi e della vittima sacrificale nel momento stesso in cui si riveste visibilmente della nuova forma. La morte diventa cosi la salvezza: è la morte come «crisi». Un esempio antichissimo è il passaggio dal sacrificio umano, compiuto sull'altare, al rito per cui la vittima designata si sottrae al coltello sacrificale e corre intorno all'altare per poi abbracciarlo: l'altare diventa asilo, il dio collerico diventa misericordioso, il condannato a morte diventa il prigioniero e il servitore del dio. È precisamente questo lo schema dell'Orestea. Questa profezia agonale si distingue, nel suo limitarsi alla sfera della morte, nel suo appello incondizionato alla comunità, e soprattutto nel carattere definitivo della sua soluzione e della sua redenzione, da ogni forma epico-didattica. E tuttavia che cosa ci autorizza a parlare, in fin dei conti, di una rappresentazione «agonale»? La derivazione ipotetica dell'azione tragica dalla corsa della vittima intorno alla timele non ci conferisce ancora tale diritto. Che risulta invece, in primo luogo, dal fatto che le rappresentazioni attiche si svolgevano in forma di gare. Non solo i poeti, ma anche i protagonisti e addirittura i corifei erano .in concorrenza fra loro. Ma la ragione profonda di quel diritto sta nella muta oppressione che ogni azione tragica mette in. scena pei suoi personaggi, prima ancora di trasmetterla agli spettatori. E fra quei personaggi che l'azione si compie nella muta rivalità dell'agone. L'immaturità dell'eroe tragico, che distingue nettamente il protagonista della tragedia greca da tutti i tipi successivi, fa sf che l'analisi dell'«uomo metaetico» svolta da Franz Rosenzweig appaia come una pietra miliare della teoria della tragedia. «Poiché questo è il contrassegno del Sé, il marchio della sua grandezza come anche il segno della sua debolezza: il tacere. L'eroe tragico possiede solo un linguaggio che gli si addice completamente: appunto il tacere. Cosf è fin dall'inizio. Il tragico ha elaborato la forma artistica del dramma proprio per poter rappresentare il silenzio ... Tacendo, l'eroe rompe i ponti che lo congiungono con dio e col mondo, abbandona la regione della personalità, che si definisce e si individualizza mediante la parola, per innalzarsi nella gelida solitudine del Sé. Il Sé non sa nulla fuori di
84 n dramma barocco tedesco
s6, ~-perfettamente solo. E_ come.~otrà affermare questa sua soli- · tudine, questo caparbio chmders1 m ~e stess?, se non ap~~u~to ta-
d ? E Cosf avviene nelle tragedie eschilee, come g1a 1 con-
cen o . 21 Il il · · h t temporanei avevano rilevato» . s enz10 tragico_, c . e qu~s e pa-role illustrano significativa~ent~, non può tuttavia r1durs1 ~pura ostinazione. Piuttosto, l'ostmaz10~e ~l forma e. cresce nell esperienza dd silenzio, cosi come quest ulumo trova m essa la sua conferma D contenuto dell'agire eroico appartiene alla comunità come la llngua. Se la comunità lo rinnega, l'eroe tace. E og.ni agire
0 sapere, quanto maggiori sar~nno ~suo p~s~ e.l~ s~~ I?ortata, co? tanta piu energia dovrà racchiud~rli entro~ lim1t1 ~1s1c1 del ~uo Se. Solo alla sua physis, e non alla lmgua, egli deve il fatto d1 p~ter restare fedele alla sua causa, e perciò deve farlo nella morte. E lo stato di cose che ha in mente Lukacs quando, a proposito della decisione tragica, osserva: «L'essenza di codesti momenti privilegiati dell'esistenza è la pura esperienza dell'egoità»22
• Ancor piu chiaramente un passo di Nietzsche dimostra come egli abbia colto la situazione del silenzio tragico. Pur senza sospettarne il significato come fenomeno agonale nell'ambito tragico, il suo confronto tra immagine e parola lo coglie con precisione. Gli eroi tragici «parlano, in certo modo, piu superficialmente di come agiscono; il mito non trova affatto nella parola PS:lata la sua ~ggettivazione adeguata. Il rapporto tra le scene e d carattere mtuitivo delle immagini rivela una saggezza piu profonda di quell~ che il poeta riesce ad esprimere con le parole ed i concetti»23
• E vero che difficilmente si potrebbe parlare, come fa Nietzsche poco oltre, di una mancata riuscita artistica. Quanto piu la parola tragica rimane indietro rispetto alla situazione - che non può piu dirsi tragica se la parola la raggiunge- tanto piu l'eroe sfugge agli antichi statuti, ai quali egli, quando alla fine lo incalzano, offre in sacrificio l'ombra muta del suo essere, del suo Sé, mentre l'anima si salva nella parola di una comunità lontana. Deriva da ciò l'inesauribile attualità della rappresentazione tragica della saga. Di fronte alle sofferenze dell'eroe, la comunità apprende una grata venerazione per la parola di cui la sua morte l'ha dotata: una
21 FRANZ ROSENZWEIG, DerStern der Erliisung, F~ankfurt am Main 1921, pp. 98 sgg.; trad. it. La stella della redenzione, Genova 1985. Cfr. W ALTER BENJAMIN, Schicksal und Charakter, in «Die Argonauten», serie I (1914 sgg.), vol. II (1915 sgg.), fase. 10-12 (1921), pp. 187-96; trad. it. in Angelus Novus eit., pp. 29 sgg.
22 wxA.cs, Die Seele und die Formen cit., p. 336; trad. it. cit., pp. 314 sgg. "NIETZSCHE, Die Geburt der TragOdie eit., p. n8; trad. it. cit., p. 145.
Dramma e tragedia (n) 85
parola che tornava a risplendere come un dono rinnovato ad ogni vari~nte ~oetica della saga. Il silenzio tragico, assai piu del pathos tragico, d1venne un luogo deputato all'esperienza della sublimità linguistica, che nella letteratura classica conosce di solito una vita piu intensa che nella letteratura successiva. Il confronto greco - quello decisivo - con l'ordine demonico del mondo, imprime anche sulla poesia tragica la sua segnatura storico-filosofica. Il tragico si rapporta al demonico come il paradosso all'enigma. In tutti ~ parad~ssi della tragedia- nel sacrificio, che congedando i vecchi statuti ne fonda di nuovi, nella morte, che è espiazione e insieme salvazione del Sé, nel finale, che assegna la vittoria all'uomo e ar:che al dio - l'ambiguità, lo stigma dei demoni, va estinguendosi.. Per _quant~ debole, l'accento è posto ovunque. Cosf anche nel silenzio dell eroe, che non trova responsabilità né la cerca e perciò respinge il sospetto sull'istanza dei persecutori. Il suo ~ignificato infatti si rovescia: ciò che appare sulla scena non è lo sbigottimento dell'accusato, ma la testimonianza di un dolore senza parole, e la tragedia, che sembrava dedicata al processo dell'eroe, si trasforma in una requisitoria sugli Olimpi. Una requisitoria nel corso della quale l'imputato diventa testimone e contro il volere degli dèi, annuncia «la gloria del semidio»24
• L~ profonda tensione eschilea verso la giustizia anima25 la profezia an ti olimpica di tutta la poesia tragica. «Non è col diritto, ma nella tragedia, che il capo del genio si è sollevato per la prima volta dalla nebbia della colpa, poiché nella tragedia il destino demonico è infranto. Ciò non significa che la concatenazione - che non ha fine dal punto di vista pagano- di colpa e castigo sia sostituita dalla purezza dell'uomo purgato e riconciliato col puro dio. Ma nella tragedia l'uomo pagano si rende conto di essere migliore dei suoi dèi, anche se questa conoscenza gli toglie la parola, e rimane muta. Senza dichiararsi, essa cerca segretamente di raccogliere le sue forze ... Non si può dire affatto che sia ristabilito l'"ordi?-e etico del mondo", ma l'uomo morale, ancora muto, ancora m1I~ore~e- come tale è l'eroe- cerca di sollevarsi nell'inquietudine d1 quel mondo tormentato. Il paradosso della nascita del genio nell'incapacità morale di parlare, nell'infantilità morale è il sublime della tragedia»26
• '
"FRIEDRICH HOLDERLIN, Siimtliche Werke, Miinchen-Leipzig 1916, vol. IV: Gedichte r8oo-r8o6, p. I95 (Patmos, I stesura, pp. 144 sgg.).
"Cfr. WUNDT, Geschichte der griechischen Ethik cit., pp. 193 sgg. 16 BENJAMIN, Schicksal und Charaktercit., p. 191; trad. it. cit., p. 32.
84 n dramma barocco tedesco
s6, ~-perfettamente solo. E_ come.~otrà affermare questa sua soli- · tudine, questo caparbio chmders1 m ~e stess?, se non ap~~u~to ta-
d ? E Cosf avviene nelle tragedie eschilee, come g1a 1 con-
cen o . 21 Il il · · h t temporanei avevano rilevato» . s enz10 tragico_, c . e qu~s e pa-role illustrano significativa~ent~, non può tuttavia r1durs1 ~pura ostinazione. Piuttosto, l'ostmaz10~e ~l forma e. cresce nell esperienza dd silenzio, cosi come quest ulumo trova m essa la sua conferma D contenuto dell'agire eroico appartiene alla comunità come la llngua. Se la comunità lo rinnega, l'eroe tace. E og.ni agire
0 sapere, quanto maggiori sar~nno ~suo p~s~ e.l~ s~~ I?ortata, co? tanta piu energia dovrà racchiud~rli entro~ lim1t1 ~1s1c1 del ~uo Se. Solo alla sua physis, e non alla lmgua, egli deve il fatto d1 p~ter restare fedele alla sua causa, e perciò deve farlo nella morte. E lo stato di cose che ha in mente Lukacs quando, a proposito della decisione tragica, osserva: «L'essenza di codesti momenti privilegiati dell'esistenza è la pura esperienza dell'egoità»22
• Ancor piu chiaramente un passo di Nietzsche dimostra come egli abbia colto la situazione del silenzio tragico. Pur senza sospettarne il significato come fenomeno agonale nell'ambito tragico, il suo confronto tra immagine e parola lo coglie con precisione. Gli eroi tragici «parlano, in certo modo, piu superficialmente di come agiscono; il mito non trova affatto nella parola PS:lata la sua ~ggettivazione adeguata. Il rapporto tra le scene e d carattere mtuitivo delle immagini rivela una saggezza piu profonda di quell~ che il poeta riesce ad esprimere con le parole ed i concetti»23
• E vero che difficilmente si potrebbe parlare, come fa Nietzsche poco oltre, di una mancata riuscita artistica. Quanto piu la parola tragica rimane indietro rispetto alla situazione - che non può piu dirsi tragica se la parola la raggiunge- tanto piu l'eroe sfugge agli antichi statuti, ai quali egli, quando alla fine lo incalzano, offre in sacrificio l'ombra muta del suo essere, del suo Sé, mentre l'anima si salva nella parola di una comunità lontana. Deriva da ciò l'inesauribile attualità della rappresentazione tragica della saga. Di fronte alle sofferenze dell'eroe, la comunità apprende una grata venerazione per la parola di cui la sua morte l'ha dotata: una
21 FRANZ ROSENZWEIG, DerStern der Erliisung, F~ankfurt am Main 1921, pp. 98 sgg.; trad. it. La stella della redenzione, Genova 1985. Cfr. W ALTER BENJAMIN, Schicksal und Charakter, in «Die Argonauten», serie I (1914 sgg.), vol. II (1915 sgg.), fase. 10-12 (1921), pp. 187-96; trad. it. in Angelus Novus eit., pp. 29 sgg.
22 wxA.cs, Die Seele und die Formen cit., p. 336; trad. it. cit., pp. 314 sgg. "NIETZSCHE, Die Geburt der TragOdie eit., p. n8; trad. it. cit., p. 145.
Dramma e tragedia (n) 85
parola che tornava a risplendere come un dono rinnovato ad ogni vari~nte ~oetica della saga. Il silenzio tragico, assai piu del pathos tragico, d1venne un luogo deputato all'esperienza della sublimità linguistica, che nella letteratura classica conosce di solito una vita piu intensa che nella letteratura successiva. Il confronto greco - quello decisivo - con l'ordine demonico del mondo, imprime anche sulla poesia tragica la sua segnatura storico-filosofica. Il tragico si rapporta al demonico come il paradosso all'enigma. In tutti ~ parad~ssi della tragedia- nel sacrificio, che congedando i vecchi statuti ne fonda di nuovi, nella morte, che è espiazione e insieme salvazione del Sé, nel finale, che assegna la vittoria all'uomo e ar:che al dio - l'ambiguità, lo stigma dei demoni, va estinguendosi.. Per _quant~ debole, l'accento è posto ovunque. Cosf anche nel silenzio dell eroe, che non trova responsabilità né la cerca e perciò respinge il sospetto sull'istanza dei persecutori. Il suo ~ignificato infatti si rovescia: ciò che appare sulla scena non è lo sbigottimento dell'accusato, ma la testimonianza di un dolore senza parole, e la tragedia, che sembrava dedicata al processo dell'eroe, si trasforma in una requisitoria sugli Olimpi. Una requisitoria nel corso della quale l'imputato diventa testimone e contro il volere degli dèi, annuncia «la gloria del semidio»24
• L~ profonda tensione eschilea verso la giustizia anima25 la profezia an ti olimpica di tutta la poesia tragica. «Non è col diritto, ma nella tragedia, che il capo del genio si è sollevato per la prima volta dalla nebbia della colpa, poiché nella tragedia il destino demonico è infranto. Ciò non significa che la concatenazione - che non ha fine dal punto di vista pagano- di colpa e castigo sia sostituita dalla purezza dell'uomo purgato e riconciliato col puro dio. Ma nella tragedia l'uomo pagano si rende conto di essere migliore dei suoi dèi, anche se questa conoscenza gli toglie la parola, e rimane muta. Senza dichiararsi, essa cerca segretamente di raccogliere le sue forze ... Non si può dire affatto che sia ristabilito l'"ordi?-e etico del mondo", ma l'uomo morale, ancora muto, ancora m1I~ore~e- come tale è l'eroe- cerca di sollevarsi nell'inquietudine d1 quel mondo tormentato. Il paradosso della nascita del genio nell'incapacità morale di parlare, nell'infantilità morale è il sublime della tragedia»26
• '
"FRIEDRICH HOLDERLIN, Siimtliche Werke, Miinchen-Leipzig 1916, vol. IV: Gedichte r8oo-r8o6, p. I95 (Patmos, I stesura, pp. 144 sgg.).
"Cfr. WUNDT, Geschichte der griechischen Ethik cit., pp. 193 sgg. 16 BENJAMIN, Schicksal und Charaktercit., p. 191; trad. it. cit., p. 32.
86 Il dramma barocco tedesco
Che il sublime del contenuto non risulti dal rango e dall' origine dei personaggi, sarebbe un'osservazione superflua, se~ lignaggio regale di molti eroi tragici non avesse dato luogo a curiOse si?eculazioni e a facili equivoci. Nell'uno e nell'altro caso, la regalità viene intesa in sé e per sé, e in senso moderno. Eppure nulla è piu chiaro del fatto che si tratta di un elemento accidentale, proveniente da quella tradizione che costituisce il fondo della poesia tragica. Ora, la tradizione arc:Uca si raccc;glie ~~orno a figur7 di re: gnanti, e il rango re~ale ?el per~onaggi tragici a~à la ~nz10n~ di situarli nell'età degli er01. Solo m questo senso il loro lignaggio è rilevante, o per meglio dire decisivo. L'asperità dell'io eroico- che non è un vero carattere, ma la segnatura storico-filosofica dell'eroe - corrisponde infatti alla sua posizione di dominatore. Di fronte a questo semplice stato di cose, l'interpretazione della regalità tragica in Schopenhauer appare come uno di quegli appiattimenti nel senso dell'universalmente umano che impediscono di riconoscere la differenza essenziale fra la drammaturgia antica e quella moderna. «I greci assumevano per eroi della tragedia sempre pers~ne regali; e per lo piu anche i moderni. Certament~ non per_ché il rango dia piu dignità a chi agisce e a chi soffre: e siccome s1 tratta solo di mettere in gioco passioni umane, cosi è indifferente il valore relativo degli oggetti mediante i quali ciò accade; e le masserie si prestano a ciò come i re ami ... Ma le persone di grande potere e considerazione sono le piu adatte al dramma poiché la sciagura nella quale dobbiamo riconoscere il destino della vita umana deve avere grandezza sufficiente da apparire allo spettatore, chiunque egli sia, veramente terribile ... Ora dunque le circostanze, le quali gettano una famiglia borghese nel bisogno e nella disperazione, appaiono assai meschine per lo piu agli o~chi dei grandi e dei ricchi, e rimediabili con l'aiuto umano, anzi a volte con una piccolezza: tali spettatori non posson~ quin?i venir~e tragi~ament~ scossi. Invece le sventure del grandi e de1 potenti sono mcondizionatamente terribili, e non sono accessibili ad alcun aiuto esterno; giacché i re debbono aiutarsi con la loro propria potenza, o soccombere. A ciò si aggiunge che la caduta dall'alto è la piu grande. Alle persone borghesi manca quindi l'altezza della caduta» 27
• Il rango sociale del personaggio tragico, che viene qui giustificato in
27 SCHOPENHAUER, Siimt/iche Werke cit., vol. II, pp. 51.3 sgg.; trad. it. cit., pp. 534
sgg.
Dramma e tragedia (II) 87
t~rmini quasi barocchi a partire dagli infelici eventi della.« tragedia», non ha nulla a che fare col rango effettivo delle figure eroiche, ~o!tratte al tempo; mentre è vero che nel dramma moderno la con~z10ne .principesca assume il ~i~nificato esemplare, e assai piu preCISo, denvant~ dal suo luo~o fiSico. Che cosa separi, al di là di questa par~ntela mgann~vole, il ~amma barocço e la tragedia greca, è sfuggito anche alla ncerca p1u recente. E le osservazioni di Borinski s~ ten~ativi tragici di Schiller nella Braut von Messina [La sposa di Messma] - tentativi che per la loro ispirazione romantica no~ p~teyano non r~cadere in dramma - hanno il sapore di una forte uorua mvolo~tana, là d?ve Borinski, sulla scia di Schopenhauer, commenta cosi il rango de1 personaggi, piu volte richiamato dal coro: «Quanto aveva ragione la poetica del Rinascimento- non in spiri!o di "pedanteria", ma di viva umanità - nel richiamarsi caparbiamente ai "re e agli eroi" della tragedia antica»28 •
. Scho.p~~auer co~cepiva ~a tragedia come dramma. Tra i grandi met~1s~c1 tedeschi dopo Flchte non ce n'è probabilmente alcuno a CUI s1a mancato come a Schopenhauer il senso del dramma greco. Nel dramma ~oderno egli vedeva infatti un grado superiore ~ qu~llo_ greco, e m questo confronto, per quanto inadeguato, eg~ ha md1ca~o se. non altro il luogo del problema. «Ciò che confer~sce al tra_gico, I? qualun~ue forma esso si manifesti, il suo peculiare sl~nc1o sublimante, è il sorgere della cognizione che il mondo e la ~lta n~n possono offrire una soddisfazione vera, e quindi n.?n meritano ~ nostro attaccamento: in ciò consiste lo spirito tragico: esso perciÒ conduce alla rassegnazione. Ammetto che nella trag~dia degli antichi qu_esto spirito di rassegnazione raramente ap~ma ~ v~~a espresso m modo diretto ... Come l'impassibilità sto~ca s1 d1st~gue fondamentalmente dalla rassegnazione cristiana m quanto msegna solo la tranquilla sopportazione e la composta attesa del male invariabilmente necessario, mentre il cristianesimo ~nse~na l~ ~inu~ia, ~·a~ bandono della volontà, cosi appunto gli er01 tragiCI degli antichi mostrano costante sottomissione agl~ inevi_tabili colpi del destino, mentre la tragedia cristiana espone il venu meno dell'intera volontà di vivere il lieto abbandono del mondo, nella coscienza della sua vanità e'nullità. ·Ma io sono anche senz'altro dell'opinione che il dramma moderno stia su un ·
" KA~ BORINSKI, Die Antike in Poetik und Kunsttheorie vom Ausgang des klassischen A!tertu'/:s bts auf Goethe u~~ 'W_i!he!m von Ffumboldt, Leipzig I 924, p . .3 I 5.
SCHOPENHAUER, Samtliche Werkecrt., vol. II, pp. 509 sgg.; trad. it. cit., pp. 5.30 sgg.
86 Il dramma barocco tedesco
Che il sublime del contenuto non risulti dal rango e dall' origine dei personaggi, sarebbe un'osservazione superflua, se~ lignaggio regale di molti eroi tragici non avesse dato luogo a curiOse si?eculazioni e a facili equivoci. Nell'uno e nell'altro caso, la regalità viene intesa in sé e per sé, e in senso moderno. Eppure nulla è piu chiaro del fatto che si tratta di un elemento accidentale, proveniente da quella tradizione che costituisce il fondo della poesia tragica. Ora, la tradizione arc:Uca si raccc;glie ~~orno a figur7 di re: gnanti, e il rango re~ale ?el per~onaggi tragici a~à la ~nz10n~ di situarli nell'età degli er01. Solo m questo senso il loro lignaggio è rilevante, o per meglio dire decisivo. L'asperità dell'io eroico- che non è un vero carattere, ma la segnatura storico-filosofica dell'eroe - corrisponde infatti alla sua posizione di dominatore. Di fronte a questo semplice stato di cose, l'interpretazione della regalità tragica in Schopenhauer appare come uno di quegli appiattimenti nel senso dell'universalmente umano che impediscono di riconoscere la differenza essenziale fra la drammaturgia antica e quella moderna. «I greci assumevano per eroi della tragedia sempre pers~ne regali; e per lo piu anche i moderni. Certament~ non per_ché il rango dia piu dignità a chi agisce e a chi soffre: e siccome s1 tratta solo di mettere in gioco passioni umane, cosi è indifferente il valore relativo degli oggetti mediante i quali ciò accade; e le masserie si prestano a ciò come i re ami ... Ma le persone di grande potere e considerazione sono le piu adatte al dramma poiché la sciagura nella quale dobbiamo riconoscere il destino della vita umana deve avere grandezza sufficiente da apparire allo spettatore, chiunque egli sia, veramente terribile ... Ora dunque le circostanze, le quali gettano una famiglia borghese nel bisogno e nella disperazione, appaiono assai meschine per lo piu agli o~chi dei grandi e dei ricchi, e rimediabili con l'aiuto umano, anzi a volte con una piccolezza: tali spettatori non posson~ quin?i venir~e tragi~ament~ scossi. Invece le sventure del grandi e de1 potenti sono mcondizionatamente terribili, e non sono accessibili ad alcun aiuto esterno; giacché i re debbono aiutarsi con la loro propria potenza, o soccombere. A ciò si aggiunge che la caduta dall'alto è la piu grande. Alle persone borghesi manca quindi l'altezza della caduta» 27
• Il rango sociale del personaggio tragico, che viene qui giustificato in
27 SCHOPENHAUER, Siimt/iche Werke cit., vol. II, pp. 51.3 sgg.; trad. it. cit., pp. 534
sgg.
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t~rmini quasi barocchi a partire dagli infelici eventi della.« tragedia», non ha nulla a che fare col rango effettivo delle figure eroiche, ~o!tratte al tempo; mentre è vero che nel dramma moderno la con~z10ne .principesca assume il ~i~nificato esemplare, e assai piu preCISo, denvant~ dal suo luo~o fiSico. Che cosa separi, al di là di questa par~ntela mgann~vole, il ~amma barocço e la tragedia greca, è sfuggito anche alla ncerca p1u recente. E le osservazioni di Borinski s~ ten~ativi tragici di Schiller nella Braut von Messina [La sposa di Messma] - tentativi che per la loro ispirazione romantica no~ p~teyano non r~cadere in dramma - hanno il sapore di una forte uorua mvolo~tana, là d?ve Borinski, sulla scia di Schopenhauer, commenta cosi il rango de1 personaggi, piu volte richiamato dal coro: «Quanto aveva ragione la poetica del Rinascimento- non in spiri!o di "pedanteria", ma di viva umanità - nel richiamarsi caparbiamente ai "re e agli eroi" della tragedia antica»28 •
. Scho.p~~auer co~cepiva ~a tragedia come dramma. Tra i grandi met~1s~c1 tedeschi dopo Flchte non ce n'è probabilmente alcuno a CUI s1a mancato come a Schopenhauer il senso del dramma greco. Nel dramma ~oderno egli vedeva infatti un grado superiore ~ qu~llo_ greco, e m questo confronto, per quanto inadeguato, eg~ ha md1ca~o se. non altro il luogo del problema. «Ciò che confer~sce al tra_gico, I? qualun~ue forma esso si manifesti, il suo peculiare sl~nc1o sublimante, è il sorgere della cognizione che il mondo e la ~lta n~n possono offrire una soddisfazione vera, e quindi n.?n meritano ~ nostro attaccamento: in ciò consiste lo spirito tragico: esso perciÒ conduce alla rassegnazione. Ammetto che nella trag~dia degli antichi qu_esto spirito di rassegnazione raramente ap~ma ~ v~~a espresso m modo diretto ... Come l'impassibilità sto~ca s1 d1st~gue fondamentalmente dalla rassegnazione cristiana m quanto msegna solo la tranquilla sopportazione e la composta attesa del male invariabilmente necessario, mentre il cristianesimo ~nse~na l~ ~inu~ia, ~·a~ bandono della volontà, cosi appunto gli er01 tragiCI degli antichi mostrano costante sottomissione agl~ inevi_tabili colpi del destino, mentre la tragedia cristiana espone il venu meno dell'intera volontà di vivere il lieto abbandono del mondo, nella coscienza della sua vanità e'nullità. ·Ma io sono anche senz'altro dell'opinione che il dramma moderno stia su un ·
" KA~ BORINSKI, Die Antike in Poetik und Kunsttheorie vom Ausgang des klassischen A!tertu'/:s bts auf Goethe u~~ 'W_i!he!m von Ffumboldt, Leipzig I 924, p . .3 I 5.
SCHOPENHAUER, Samtliche Werkecrt., vol. II, pp. 509 sgg.; trad. it. cit., pp. 5.30 sgg.
88 n dramma barocco tedesco
gradino piu alto di quello antico»29• A questo giudizio impreciso,
prigioniero di una metafisica estranea alla storia, basterà contrapporre alcune frasi di RosellZWeig, per riconoscere i progressi compiuti dalla storia filosofica del dramma grazie alle scoperte di questo pensatore. «Ecco un'intima differenza fra la tragedia moderna e quella antica ... le sue figure sono tùtte diverse fra loro; diverse come ogni personalità è diversa dalle altre ... Nell'antica tragedia non era cosf; qui erano diverse le azioni, ma l'eroe, in quanto eroe tragico, era sempre lo stesso, sempre lo stesso Io caparbiamente sepolto in se stesso. Sicché la coscienza, necessariamente limitata, dell'eroe moderno, è incompatibile con l'esigenza di essere cosciente per definizione, ossia quando l'eroe è solo con se stesso. La coscienza vuoi sempre essere chiara; una coscienza limitata è imperfetta ... E cosf la tragedia moderna tende a uno scopo del tutto estraneo a quella antica, alla tragedia dell'uomo assoluto nel suo rapporto con l'oggetto assoluto ... Lo scopo, quasi inconsapevole ... è questo: porre al posto dell'infinita molteplicità dei caratteri un unico carattere assoluto, un eroe moderno che sia uno e sempre uguale come quello antico. Questo punto di convergenza, in cui s'incontrerebbero le linee di tutti i caratteri tragici, quest'uomo assoluto ... non è altri che il Santo. La tragedia della santità è l'aspirazione segreta dell'autore tragico ... Che ... questo fine sia per il poeta tragico ancora raggiungibile oppure no, esso è comunque, quand'anche irraggiungibile per la tragedia come opera d'arte, l'esatto equivalente moderno dell'eroe antico»30
• La tragedia moderna, che si tenta qui di dedurre da quella antica, si chiama, com'è quasi superfluo ricordare, col nome tutt'altro che insignificante di «dramma». Con questa denominazione i pensieri con cui si conclude il passo citato escono dalla forma ipotetica della questione. Come forma della tragedia della santità, il dramma è accreditato dal dramma martirologico. E nella misura in cui lo sguardo si abitua a riconoscerne i tratti sotto le forme piu diverse del dramma, da Calder6n fino a Strindberg, dovrà apparirgli evidente il futuro ancora aperto di questa forma, che è la forma propria del Mistero.
Qui si tratta invece del suo passato. Un passato che risale molto indietro nel tempo, a un punto cruciale nella storia dello spirito greco: alla morte di Socrate. Nella figura di Socrate morente è
'0 ROSENZWEIG, Der Stern der Er/Osung cit., pp. 268 sgg.
Dramma e tragedia (n) 89
nato il dr~ma martirologico in quanto parodia della tragedia. E anch~ qm,. come suole accadere, la parodia di una forma ne annuncia l~ f111e. Che per Platone si trattasse proprio della fine della tra~edia, è attestato da Wilamowitz. «Platone bruciò la sua tetralo~Ia, no~ perché avesse rinunciato a diventare un poeta nel senso di Es~?ilo, ma per~h.é riconosceva che l'autore tragico non poteva pm essere ormm il maestro e la guida del popolo. Nondimeno - tale era la forza della tragedia - egli tentò di crearsi una nu~va form~ d'arte a carattere drammatico, e in luogo del ciclo ero1co or:nm s~perato creò una nuova saga, il ciclo di Socrate»31 •
Qu~sto. c1clo di Socrate è una profanazione integrale della saga eroica, 111 quanto ne sacrifica i paradossi demonici all'intelletto È vero che, vista dall'esterno, la morte del filosofo assomiglia a q~el-1~ tragica. Egli è la vittima espiatoria secondo la lettera di un'antica legge, è una morte sacrificale capace di istituire una comunità nello spirito ~i una giustizia a venire. Ma proprio questa conver~ ge~za porta 111 piena luce quale sia l'importanza del nucleo propriamente agonale della vera tragedia: quella lotta senza parole quel muto sot~rarsi ~ell:eroe, che.nei dialoghi socratici cede. il pas~ so a ~na smagliante f10ntura del discorso e della coscienza. Il dramma di Socrate esclude da sé l'elemento agonale - se è vero che la sua stessa disputa filosofica è un training rilevante - e la morte d~ll'~roe si trasforma di colpo nella morte di un martire. Come il c~Is~Iano ~roe della .fede - se ne sono accorti con fiuto infallibile s1a l padri della Chiesa, simpatizzando, sia Nietzsche, detestandolo - Socrate muore volontariamente e volontariamente con una superiorità inaudita e senza ostinazio~e, ammutolisce e t~ce. «Ma sembra c?~ lo stesso ~ocrate, con assoluta limpidità e senza il naturale bnvido davanti alla morte, abbia condotto le cose in modo che la morte e t;-on il se~plice es~io fosse decretata per lui ... Il Socrate morent~ di~enne ~nuovo Ideale, non mai prima contemplato, della nobile g10ventu greca ... »32
• Quanto ciò fosse lontano dalla morte dell'eroe tragico, Platone non poteva dirlo in modo piu eloquente che facendo dell'immortalità l'oggetto dell'ultimo discorso del Maestro. Se dopo l'Apologia la morte di Socrate avrebbe ancora potuto apparire tragica - non diversamente da quella d.ell'Antigone, già rischiarata peraltro da un concetto troppo raZIOnale del dovere -l'atmosfera pitagorica del Pedone libera que-
:; WILAMOWITZ-~OELLENDORFF, Einleitung indie griechische Tragiidie cit., p. ro6. NIETZSCHE, Dte Geburt der Tragiidie ci t., p. r 2.3.
88 n dramma barocco tedesco
gradino piu alto di quello antico»29• A questo giudizio impreciso,
prigioniero di una metafisica estranea alla storia, basterà contrapporre alcune frasi di RosellZWeig, per riconoscere i progressi compiuti dalla storia filosofica del dramma grazie alle scoperte di questo pensatore. «Ecco un'intima differenza fra la tragedia moderna e quella antica ... le sue figure sono tùtte diverse fra loro; diverse come ogni personalità è diversa dalle altre ... Nell'antica tragedia non era cosf; qui erano diverse le azioni, ma l'eroe, in quanto eroe tragico, era sempre lo stesso, sempre lo stesso Io caparbiamente sepolto in se stesso. Sicché la coscienza, necessariamente limitata, dell'eroe moderno, è incompatibile con l'esigenza di essere cosciente per definizione, ossia quando l'eroe è solo con se stesso. La coscienza vuoi sempre essere chiara; una coscienza limitata è imperfetta ... E cosf la tragedia moderna tende a uno scopo del tutto estraneo a quella antica, alla tragedia dell'uomo assoluto nel suo rapporto con l'oggetto assoluto ... Lo scopo, quasi inconsapevole ... è questo: porre al posto dell'infinita molteplicità dei caratteri un unico carattere assoluto, un eroe moderno che sia uno e sempre uguale come quello antico. Questo punto di convergenza, in cui s'incontrerebbero le linee di tutti i caratteri tragici, quest'uomo assoluto ... non è altri che il Santo. La tragedia della santità è l'aspirazione segreta dell'autore tragico ... Che ... questo fine sia per il poeta tragico ancora raggiungibile oppure no, esso è comunque, quand'anche irraggiungibile per la tragedia come opera d'arte, l'esatto equivalente moderno dell'eroe antico»30
• La tragedia moderna, che si tenta qui di dedurre da quella antica, si chiama, com'è quasi superfluo ricordare, col nome tutt'altro che insignificante di «dramma». Con questa denominazione i pensieri con cui si conclude il passo citato escono dalla forma ipotetica della questione. Come forma della tragedia della santità, il dramma è accreditato dal dramma martirologico. E nella misura in cui lo sguardo si abitua a riconoscerne i tratti sotto le forme piu diverse del dramma, da Calder6n fino a Strindberg, dovrà apparirgli evidente il futuro ancora aperto di questa forma, che è la forma propria del Mistero.
Qui si tratta invece del suo passato. Un passato che risale molto indietro nel tempo, a un punto cruciale nella storia dello spirito greco: alla morte di Socrate. Nella figura di Socrate morente è
'0 ROSENZWEIG, Der Stern der Er/Osung cit., pp. 268 sgg.
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nato il dr~ma martirologico in quanto parodia della tragedia. E anch~ qm,. come suole accadere, la parodia di una forma ne annuncia l~ f111e. Che per Platone si trattasse proprio della fine della tra~edia, è attestato da Wilamowitz. «Platone bruciò la sua tetralo~Ia, no~ perché avesse rinunciato a diventare un poeta nel senso di Es~?ilo, ma per~h.é riconosceva che l'autore tragico non poteva pm essere ormm il maestro e la guida del popolo. Nondimeno - tale era la forza della tragedia - egli tentò di crearsi una nu~va form~ d'arte a carattere drammatico, e in luogo del ciclo ero1co or:nm s~perato creò una nuova saga, il ciclo di Socrate»31 •
Qu~sto. c1clo di Socrate è una profanazione integrale della saga eroica, 111 quanto ne sacrifica i paradossi demonici all'intelletto È vero che, vista dall'esterno, la morte del filosofo assomiglia a q~el-1~ tragica. Egli è la vittima espiatoria secondo la lettera di un'antica legge, è una morte sacrificale capace di istituire una comunità nello spirito ~i una giustizia a venire. Ma proprio questa conver~ ge~za porta 111 piena luce quale sia l'importanza del nucleo propriamente agonale della vera tragedia: quella lotta senza parole quel muto sot~rarsi ~ell:eroe, che.nei dialoghi socratici cede. il pas~ so a ~na smagliante f10ntura del discorso e della coscienza. Il dramma di Socrate esclude da sé l'elemento agonale - se è vero che la sua stessa disputa filosofica è un training rilevante - e la morte d~ll'~roe si trasforma di colpo nella morte di un martire. Come il c~Is~Iano ~roe della .fede - se ne sono accorti con fiuto infallibile s1a l padri della Chiesa, simpatizzando, sia Nietzsche, detestandolo - Socrate muore volontariamente e volontariamente con una superiorità inaudita e senza ostinazio~e, ammutolisce e t~ce. «Ma sembra c?~ lo stesso ~ocrate, con assoluta limpidità e senza il naturale bnvido davanti alla morte, abbia condotto le cose in modo che la morte e t;-on il se~plice es~io fosse decretata per lui ... Il Socrate morent~ di~enne ~nuovo Ideale, non mai prima contemplato, della nobile g10ventu greca ... »32
• Quanto ciò fosse lontano dalla morte dell'eroe tragico, Platone non poteva dirlo in modo piu eloquente che facendo dell'immortalità l'oggetto dell'ultimo discorso del Maestro. Se dopo l'Apologia la morte di Socrate avrebbe ancora potuto apparire tragica - non diversamente da quella d.ell'Antigone, già rischiarata peraltro da un concetto troppo raZIOnale del dovere -l'atmosfera pitagorica del Pedone libera que-
:; WILAMOWITZ-~OELLENDORFF, Einleitung indie griechische Tragiidie cit., p. ro6. NIETZSCHE, Dte Geburt der Tragiidie ci t., p. r 2.3.
90 Il dramma barocco tedesco
sta morte da ogni vincolo tragic.o. s.oc~ate guar?a la m?rt~ ,ne~ occhi come un mortale - come il nugliore, se si vuole il pm ~rr; tuoso dei mortali-, ma vede in essa un elemento estraneo, al di la del quale, nell'immortalità, egli ritroverà se stesso; r;ron cosf l'e;o~ tragico, che di fronte alla violenza dell.a mort~.si ritrae r~bbrividendo come di fronte a qualcosa che gli è familiare, che gli è proprio e destinato. La sua vit~ s~aturisce d~a morte.' che non è. la sua fine ma la sua forma. L esistenza tragica trova il suo c?mp~t? soltanto perché i suoi li~t}, .quelli dellin~aggio e ?ella v~~a.f~sica le sono dati fin dallwzio, sono posti m essa fm dalllfilZIO. Q~esto stato di cose è stato espresso nelle forme pi~ diverse. Mai forse con tanta efficacia come in quella frase occaswnale, che definisce la morte tragica come «il segno rivolto all'esterno del fatto che l'anima è morta»". Perché l'eroe tragico, se vogliamo, è senz' anima. Nel vuoto enorme la sua interiorità fa risuon~e ?a lontano i nuovi decreti degli dèi, e in questa eco le generazwru a venire apprendono la propria lingua. Co~e nell'esistenza normale la vita opera e cresce, cosf nell'eroe tragico ope:a e cresce la mo~te ed è un momento di tragica ironia quando egli- secondo un diri;to profondo, di cui non è consapevole -si ~ette a racc?ntare le circostanze della sua fine come se fosse la stona della sua v~ta. «Anche la decisione di morte dell'uomo tragico ... è .un erc;>Ismo soltanto apparente, risulta tale soltanto a~ una cons1de.raz10ne umana d'ordine psicologico: gli eroi morentl della trage~a .- cosf pressappoco scriveva un giovane tragico - sono. morti g!~ da lu~g.a pezza, prima di morire»"'. L'eroe ~ella sua, esistenza flSlca e spmtuale è la cornice dell'evento trag1co. Se e vero che la «potenza della cornice» secondo una felice formulazione, è un elemento essenziale tra q~elli che separano l'antica concezione della ~ita. d.a quella moderna - in cui ~ cos~ piu ~vvi~ se~br~ essere un mfwto e sfumato proliferare di sentimenti e situazwru - questa potenza non può essere separat~ da que~a della trag~ia stessa. «~on è già la forza, ma la durata di un sentimento superi~re a fare l~omo superiore»". Questa durata monoton~ .del sent1ment.o eroico ~ garantita soltanto nella cornice prestabilita della sua esistenza. L ora-
" LEOPOLD ZIEGLER, Zur Metaphysile des Tragìschen. Bine philosophìsche Studie, Leipzig
1902, p. 45· . d . . "LUK.ks, Die Seele und die Formen ctt., p. 342; tra . tt. ctt., P· 319: . . " [Qui Benjamin cita liberamente NIETZSCHE, Jenseits von Gut und Bose, m W erke. ctt.,
sezione 1 , vol. VII; trad. i t. Al di là del bene e del male, Genealogia della morale, Milano
1968,p. 72).
Dramma e tragedia (n) 91
colo della tragedia non è solo un incantesimo del destino, ma è la certezza, trasposta all'esterno, che una vita non è tragica se non scorr~ nella sua cornice. La necessità, q~ale appare fissata in quella corruce, non è né causale né magica. E la necessità muta dell'ostinazione in cui l'Io genera i propri atti. Come la neve sotto il vento del Sud, essa si scioglierebbe sotto l'alito della parola. Ma soltanto di una parola sconosciuta. L'ostinazione eroica contiene, racchiusa in se stessa, questa parola sconosciuta; ciò la distii)gue dalla hybris di un uomo a cui la coscienza pienamente sviluppata della comunità non riconosce piu alcun contenuto nascosto.
. Solo il mondo arcaico poteva conoscere una hybris tragica, che riscatta con la vita dell'eroe il diritto al proprio silenzio. L'eroe, che disdegna di giustificarsi di fronte agli dèi, viene a patti con loro in una sorta di contratto espiatorio: un contratto che, per il suo duplice significato, vale non solo a ristabilire ma prima ancora a seppellire il vecchio ordine giuridico nella coscienza linguistica della.comunità rinnovata. Gara atletica, diritto e tragedia, la grande trtade agonale della vita greca - allo schema dell'agone rimanda la Storia della civiltà greca di]akob Burckhardf6
- si chiude nel segno del contratto. «La legislazione e la prassi giuridica si svilupparono in Grecia dalla lotta contro la faida e la giustizia sommaria. Là dove l'inclinazione all'arbitrio spariva, o lo stato riusciva ad arginarla, il processo non appariva tuttavia, almeno all'inizio, come la ricerca di una decisione giudiziaria, ma come un atto di espiazione ... Nel quadro di un tale procedimento, il cui scopo primario non era di trovare la giustizia assoluta ma di indurre l'offeso a rinunciare alla vendetta, le forme sacrali della prova e della sentenza dovevano assumere un significato particolarmente elevato, per la forte impressione che non mancavano di esercitare anche sullo sconfitto»37
• Il processo antico- e in particolare il processo penale - è dialogo, perché costruito sui due ruoli dell'accusatore e dell'accusato, senza requisitoria o difesa d'ufficio. Esso ha il suo coro in parte nei giurati (cosf ad esempio nell'antico diritto cretese le parti in causa adducevano le prove per mezzo di giurati coadiutori, ossia testimoni di integra reputazione che in origine,
"Cfr. JAKOB BURCKHARDT, Griechische Kulturgeschichte, a cura diJ. Oeri, Berlin-Stuttgatt 1902, vol. IV, pp. 89 sgg.; trad. it. Storia della civiltà greca, Firenze 1955.
" KURT LA'ITE, Heiliges Recht. Untersuchungen zur Geschichte der sakralen Rechtsformen in Griechenland, Tiibingen 1920, pp. 2 sgg.
90 Il dramma barocco tedesco
sta morte da ogni vincolo tragic.o. s.oc~ate guar?a la m?rt~ ,ne~ occhi come un mortale - come il nugliore, se si vuole il pm ~rr; tuoso dei mortali-, ma vede in essa un elemento estraneo, al di la del quale, nell'immortalità, egli ritroverà se stesso; r;ron cosf l'e;o~ tragico, che di fronte alla violenza dell.a mort~.si ritrae r~bbrividendo come di fronte a qualcosa che gli è familiare, che gli è proprio e destinato. La sua vit~ s~aturisce d~a morte.' che non è. la sua fine ma la sua forma. L esistenza tragica trova il suo c?mp~t? soltanto perché i suoi li~t}, .quelli dellin~aggio e ?ella v~~a.f~sica le sono dati fin dallwzio, sono posti m essa fm dalllfilZIO. Q~esto stato di cose è stato espresso nelle forme pi~ diverse. Mai forse con tanta efficacia come in quella frase occaswnale, che definisce la morte tragica come «il segno rivolto all'esterno del fatto che l'anima è morta»". Perché l'eroe tragico, se vogliamo, è senz' anima. Nel vuoto enorme la sua interiorità fa risuon~e ?a lontano i nuovi decreti degli dèi, e in questa eco le generazwru a venire apprendono la propria lingua. Co~e nell'esistenza normale la vita opera e cresce, cosf nell'eroe tragico ope:a e cresce la mo~te ed è un momento di tragica ironia quando egli- secondo un diri;to profondo, di cui non è consapevole -si ~ette a racc?ntare le circostanze della sua fine come se fosse la stona della sua v~ta. «Anche la decisione di morte dell'uomo tragico ... è .un erc;>Ismo soltanto apparente, risulta tale soltanto a~ una cons1de.raz10ne umana d'ordine psicologico: gli eroi morentl della trage~a .- cosf pressappoco scriveva un giovane tragico - sono. morti g!~ da lu~g.a pezza, prima di morire»"'. L'eroe ~ella sua, esistenza flSlca e spmtuale è la cornice dell'evento trag1co. Se e vero che la «potenza della cornice» secondo una felice formulazione, è un elemento essenziale tra q~elli che separano l'antica concezione della ~ita. d.a quella moderna - in cui ~ cos~ piu ~vvi~ se~br~ essere un mfwto e sfumato proliferare di sentimenti e situazwru - questa potenza non può essere separat~ da que~a della trag~ia stessa. «~on è già la forza, ma la durata di un sentimento superi~re a fare l~omo superiore»". Questa durata monoton~ .del sent1ment.o eroico ~ garantita soltanto nella cornice prestabilita della sua esistenza. L ora-
" LEOPOLD ZIEGLER, Zur Metaphysile des Tragìschen. Bine philosophìsche Studie, Leipzig
1902, p. 45· . d . . "LUK.ks, Die Seele und die Formen ctt., p. 342; tra . tt. ctt., P· 319: . . " [Qui Benjamin cita liberamente NIETZSCHE, Jenseits von Gut und Bose, m W erke. ctt.,
sezione 1 , vol. VII; trad. i t. Al di là del bene e del male, Genealogia della morale, Milano
1968,p. 72).
Dramma e tragedia (n) 91
colo della tragedia non è solo un incantesimo del destino, ma è la certezza, trasposta all'esterno, che una vita non è tragica se non scorr~ nella sua cornice. La necessità, q~ale appare fissata in quella corruce, non è né causale né magica. E la necessità muta dell'ostinazione in cui l'Io genera i propri atti. Come la neve sotto il vento del Sud, essa si scioglierebbe sotto l'alito della parola. Ma soltanto di una parola sconosciuta. L'ostinazione eroica contiene, racchiusa in se stessa, questa parola sconosciuta; ciò la distii)gue dalla hybris di un uomo a cui la coscienza pienamente sviluppata della comunità non riconosce piu alcun contenuto nascosto.
. Solo il mondo arcaico poteva conoscere una hybris tragica, che riscatta con la vita dell'eroe il diritto al proprio silenzio. L'eroe, che disdegna di giustificarsi di fronte agli dèi, viene a patti con loro in una sorta di contratto espiatorio: un contratto che, per il suo duplice significato, vale non solo a ristabilire ma prima ancora a seppellire il vecchio ordine giuridico nella coscienza linguistica della.comunità rinnovata. Gara atletica, diritto e tragedia, la grande trtade agonale della vita greca - allo schema dell'agone rimanda la Storia della civiltà greca di]akob Burckhardf6
- si chiude nel segno del contratto. «La legislazione e la prassi giuridica si svilupparono in Grecia dalla lotta contro la faida e la giustizia sommaria. Là dove l'inclinazione all'arbitrio spariva, o lo stato riusciva ad arginarla, il processo non appariva tuttavia, almeno all'inizio, come la ricerca di una decisione giudiziaria, ma come un atto di espiazione ... Nel quadro di un tale procedimento, il cui scopo primario non era di trovare la giustizia assoluta ma di indurre l'offeso a rinunciare alla vendetta, le forme sacrali della prova e della sentenza dovevano assumere un significato particolarmente elevato, per la forte impressione che non mancavano di esercitare anche sullo sconfitto»37
• Il processo antico- e in particolare il processo penale - è dialogo, perché costruito sui due ruoli dell'accusatore e dell'accusato, senza requisitoria o difesa d'ufficio. Esso ha il suo coro in parte nei giurati (cosf ad esempio nell'antico diritto cretese le parti in causa adducevano le prove per mezzo di giurati coadiutori, ossia testimoni di integra reputazione che in origine,
"Cfr. JAKOB BURCKHARDT, Griechische Kulturgeschichte, a cura diJ. Oeri, Berlin-Stuttgatt 1902, vol. IV, pp. 89 sgg.; trad. it. Storia della civiltà greca, Firenze 1955.
" KURT LA'ITE, Heiliges Recht. Untersuchungen zur Geschichte der sakralen Rechtsformen in Griechenland, Tiibingen 1920, pp. 2 sgg.
Il dramma barocco tedesco
nell' ordalia, difendevano anche con le armi il diritto della loro parte), in parte nei compagni dell'accusato, che intervengono per implorare la pietà della corte, in parte infine nell'assemblea popolare giudicante. Per il diritto ateniese. è importante e caratteristica l'irruzione dell'elemento dionisiaco, il fatto cioè che la parola ebbra, estatica, fosse libera di irrompere nel perimetro regolare dell'agone, che dal potere di persuasione della parola vivente potesse sprigionarsi una giustizia superiore a quella regolata dalle armi o dalle forme verbali codificate delle tribu concorrenti. L'ordalia viene liberata dall'irruzione dellogos. Ed è questa la parentela piu profonda tra il processo giudiziario e la tragedia ateniese. La parola dell'eroe, quando riesce a spezzare, isolata, la corazza dell'Io, diventa un grido d'indignazione. La tragedia si inserisce in questo quadro processuale; anche in essa si svolge un processo di espiazione. Perciò gli eroi di Sofocle e di Euripide non imparano «a parlare ... ma soltanto a dibattere», e da ciò dipende il fatto che «alla drammaturgia classica è estranea la scena d'amore»38
•
Se però agli occhi del poeta il mito è il processo espiatorio, l' opera poetica riproduce quel processo e insieme lo rivede. E l'intero processo cresce a misura dell'anfiteatro. La comunità assiste alla ripresa del processo come istanza di controllo, anzi come istanza giudicante. Anch'essa cerca di giudicare quel confronto, la cui interpretazione poetica rinnova la memoria dei tempi eroici. Ma nel finale della tragedia risuona sempre un non liquet. Lo scioglimento finale è si sempre anche liberazione, ma occasionale, problematica, limitata. Il dramma satiresco che la precede, o che la segue, esprime il fatto che il non liquet del processo rappresentato richiede come contrappeso uno slancio comico. E anche qui si afferma il brivido di una fihe indecifrabile. «L'eroe, che suscita negli altri timore e compassione, rimane sempre dal canto suo un lo rigido e immoto. Nello spettatore, timore e compassione si ritraggono subito all'interno, fanno anche di lui un Io chiuso in se stesso. Ognuno resta per sé, ognuno timane il proprio Io. Non nasce alcuna comunità. E tuttavia sorge un contenuto comune. I vari Io non si incontrano, eppure risuona in tutti la stessa nota, il sentimento del proprio I0>>39
• La drammaturgia processuale della tragedia ha awto conseguenze fatali e durature nella dottrina delle tre unità. Questa, che è la piu oggettiva delle sue determinazioni,
'' ROSENZWEIG, Der Stem der Erliisung dt., pp. 99 sgg. "Ibid., p. 104.
Dramma e tragedia (n) 93
non è stata colta neppure da un'interl'retazione tra le piu profonde: «L'unità di luogo è il simbolo ovvio, piu immediato, di questo rimanere immobili in mezzo al continuo mutamento dell'esisten- . za che sta attorno; quindi è il mezzo tecnico necessario per rappresentare questa fissità. Il tragico è solo un momento: questo è il senso dell'unità di tempo»40
• Non che ciò sia contestabile, anzi: il periodico riaffiorare degli eroi dall'oltretomba conferisce a questa sospensione del decorso temporale un rilievo estremo. Eppure Jean Paul non fa che smentire la piu sorprendente delle profezie, quando osserva retoric~mente a proposito della tragedia: «Chi vorrà rappresentare in occasione di pubbliche ricorrenze e di fronte a una folla cupi mondi di ombre?»41
• Nessuno all'infuori di lui, ai suoi tempi, sognava cose simili. Ma come.sempre, anche qui l'interpretazione metafisica trova il suo terreno piu fecondo sul piano pragmatico. Eccola infatti l'unità di luogo: il tribunale; e l'unità di tempo: la giornata giudiziaria delimitata dal corso del sole o in altro modo; e l'unità di azione: quella del processo. Sono queste circostanze a fare dei dialoghi socratici l'epilogo irrevocabile della tragedia. Qui l'eroe trova non solo la parola, ma una schiera di discepoli, di giovani portavoce. E sarà il silenzio non il suo discorso, a essere d'ora innanzi pieno di ironia. Ironia socratica, che è l'opposto di quella tragica. È tragico il discorso che esce dai propri binari e va a toccare insconsciamente la verità della vita eroica, dell'Io eroico, cosf profondamente chiuso in se stesso da non riscuotersi neppure quando, sognante si chiama per nome. Il silenzio ironico del filosofo, ruvido, mimica, è un silenzio consapevole. In luogo della morte sacrificale dell'eroe, Socrate propone l'esempio del pedagogo. Ma la guerra che il suo razionalismo aveva dichiarato all'arte tragica viene decisa dall'opera di Platone contro la tragedia, con una superiorità che finisce per colpire piu lo sfidante della sua vittima. Ciò avviene infatti non nello spirito razionale di Socrate, ma nello spirito del dialogo stesso. Quando, alla fine del Simposio, Socrate, Agatone e Aristofane siedono soli, uno di fronte all'altro, non sarà proprio la luce sobria del dlalogo quella che Platone fa spuntare sui tre, sul fare dell'alba, sopra il discorso del vero poeta che riunisce in sé la tragedia e la commedia? Quel che appare nel dialogo è la lingua drammatica allo sta-
40 LUKAcS, Die Seele und die Formen cit., p. 340; trad. it. dt., p. 316. 41 JEAN PA~ PRIEDRICH RICHTER, Siimmtliche Werke, Berlin 1841, vol. XVIII, p. 82
(Vorschule der Asthetik, parte I, § 19).
Il dramma barocco tedesco
nell' ordalia, difendevano anche con le armi il diritto della loro parte), in parte nei compagni dell'accusato, che intervengono per implorare la pietà della corte, in parte infine nell'assemblea popolare giudicante. Per il diritto ateniese. è importante e caratteristica l'irruzione dell'elemento dionisiaco, il fatto cioè che la parola ebbra, estatica, fosse libera di irrompere nel perimetro regolare dell'agone, che dal potere di persuasione della parola vivente potesse sprigionarsi una giustizia superiore a quella regolata dalle armi o dalle forme verbali codificate delle tribu concorrenti. L'ordalia viene liberata dall'irruzione dellogos. Ed è questa la parentela piu profonda tra il processo giudiziario e la tragedia ateniese. La parola dell'eroe, quando riesce a spezzare, isolata, la corazza dell'Io, diventa un grido d'indignazione. La tragedia si inserisce in questo quadro processuale; anche in essa si svolge un processo di espiazione. Perciò gli eroi di Sofocle e di Euripide non imparano «a parlare ... ma soltanto a dibattere», e da ciò dipende il fatto che «alla drammaturgia classica è estranea la scena d'amore»38
•
Se però agli occhi del poeta il mito è il processo espiatorio, l' opera poetica riproduce quel processo e insieme lo rivede. E l'intero processo cresce a misura dell'anfiteatro. La comunità assiste alla ripresa del processo come istanza di controllo, anzi come istanza giudicante. Anch'essa cerca di giudicare quel confronto, la cui interpretazione poetica rinnova la memoria dei tempi eroici. Ma nel finale della tragedia risuona sempre un non liquet. Lo scioglimento finale è si sempre anche liberazione, ma occasionale, problematica, limitata. Il dramma satiresco che la precede, o che la segue, esprime il fatto che il non liquet del processo rappresentato richiede come contrappeso uno slancio comico. E anche qui si afferma il brivido di una fihe indecifrabile. «L'eroe, che suscita negli altri timore e compassione, rimane sempre dal canto suo un lo rigido e immoto. Nello spettatore, timore e compassione si ritraggono subito all'interno, fanno anche di lui un Io chiuso in se stesso. Ognuno resta per sé, ognuno timane il proprio Io. Non nasce alcuna comunità. E tuttavia sorge un contenuto comune. I vari Io non si incontrano, eppure risuona in tutti la stessa nota, il sentimento del proprio I0>>39
• La drammaturgia processuale della tragedia ha awto conseguenze fatali e durature nella dottrina delle tre unità. Questa, che è la piu oggettiva delle sue determinazioni,
'' ROSENZWEIG, Der Stem der Erliisung dt., pp. 99 sgg. "Ibid., p. 104.
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non è stata colta neppure da un'interl'retazione tra le piu profonde: «L'unità di luogo è il simbolo ovvio, piu immediato, di questo rimanere immobili in mezzo al continuo mutamento dell'esisten- . za che sta attorno; quindi è il mezzo tecnico necessario per rappresentare questa fissità. Il tragico è solo un momento: questo è il senso dell'unità di tempo»40
• Non che ciò sia contestabile, anzi: il periodico riaffiorare degli eroi dall'oltretomba conferisce a questa sospensione del decorso temporale un rilievo estremo. Eppure Jean Paul non fa che smentire la piu sorprendente delle profezie, quando osserva retoric~mente a proposito della tragedia: «Chi vorrà rappresentare in occasione di pubbliche ricorrenze e di fronte a una folla cupi mondi di ombre?»41
• Nessuno all'infuori di lui, ai suoi tempi, sognava cose simili. Ma come.sempre, anche qui l'interpretazione metafisica trova il suo terreno piu fecondo sul piano pragmatico. Eccola infatti l'unità di luogo: il tribunale; e l'unità di tempo: la giornata giudiziaria delimitata dal corso del sole o in altro modo; e l'unità di azione: quella del processo. Sono queste circostanze a fare dei dialoghi socratici l'epilogo irrevocabile della tragedia. Qui l'eroe trova non solo la parola, ma una schiera di discepoli, di giovani portavoce. E sarà il silenzio non il suo discorso, a essere d'ora innanzi pieno di ironia. Ironia socratica, che è l'opposto di quella tragica. È tragico il discorso che esce dai propri binari e va a toccare insconsciamente la verità della vita eroica, dell'Io eroico, cosf profondamente chiuso in se stesso da non riscuotersi neppure quando, sognante si chiama per nome. Il silenzio ironico del filosofo, ruvido, mimica, è un silenzio consapevole. In luogo della morte sacrificale dell'eroe, Socrate propone l'esempio del pedagogo. Ma la guerra che il suo razionalismo aveva dichiarato all'arte tragica viene decisa dall'opera di Platone contro la tragedia, con una superiorità che finisce per colpire piu lo sfidante della sua vittima. Ciò avviene infatti non nello spirito razionale di Socrate, ma nello spirito del dialogo stesso. Quando, alla fine del Simposio, Socrate, Agatone e Aristofane siedono soli, uno di fronte all'altro, non sarà proprio la luce sobria del dlalogo quella che Platone fa spuntare sui tre, sul fare dell'alba, sopra il discorso del vero poeta che riunisce in sé la tragedia e la commedia? Quel che appare nel dialogo è la lingua drammatica allo sta-
40 LUKAcS, Die Seele und die Formen cit., p. 340; trad. it. dt., p. 316. 41 JEAN PA~ PRIEDRICH RICHTER, Siimmtliche Werke, Berlin 1841, vol. XVIII, p. 82
(Vorschule der Asthetik, parte I, § 19).
94 Il dramma barocco tedesco
to puro, al di qua del tragico e del comico e della loro dialettica. Questo elemento drammatico puro ristabilisce il Mistero, che nelle forme del dramma greco si era a poco a poco mondanizzato: la sua lingua è, in quanto lingua del dramma moderno, quella del Trauerspiel.
Chi istitui l'equivalenza fra tragedia e dramma barocco, avrebbe dovuto trovare ben sorprendente che la poetica di Aristotele non parli del lutto come eco del tragico. Tutt'al contrario, l'estetica moderna ha spesso creduto di cogliere nel concetto stesso di tragico una reazione emotiva alla tragedia ed al dramma. La tragicità è un grado preliminare della profezia. Essa è uno stato di cose che trova il suo ambito proprio solamente nel linguaggio: tragica è la parola e il silenzio del mondo arcaico in cui la voce profetica si mette alla prova; tragici sono la passione e la morte che subentrano a quella voce, ma non è mai tragico un destino nel contenuto pragmatico del suo intreccio. Il dramma barocco può essere pensato come pantomima, la tragedia no. Perché alla parola del genio è legata la lotta contro la demonicità del diritto. La dissoluzione psicologistica del tragico e l'identificazione di tragedia e dramma barocco fanno tutt'uno: se è vero che già il nome di quest'ultimo allude allo stato d'animo «luttuoso» suscitato nello spettatore dal suo contenuto. Ciò non vuol dire che esso si lasci spiegare con le categorie della psicologia empirica meglio che con quelle della tragedia: si potrebbe dire piuttosto che, molto meglio dello stato di afflizione, questi drammi potrebbero servire alla descrizione del lutto. Infatti, non è tanto lo spettacolo a rendere tristi, ma è il lutto a trovare i,n esso la sua soddisfazione: uno spettacolo per un pubblico triste. E peculiare a questi drammi una certa ostentazione. I loro quadri sono esposti per essere visti e nell'ordine in cui vogliono essere visti. Cosi il teatro italiano del Rinascimento, che avrà molteplici influssi sul teatro barocco tedesco, era nato dalla pura ostentazione, ossia dal genere dei «Trionfi»42
, i cortei con accompagnamento recitante che tanta fortuna ebbero a Firenze sotto Lorenzo il Magnifico. E in tutto il dramma barocco europeo il palcoscenico non è un luogo fisso, definito, ma dialetticamente lacerato. Legato all'ambiente delle corti, esso rimane un palcoscenico mobile, itinerante, e le sue assi rappresentano la terra come scenario della storia solo in modo improprio: con la sua corte, il
42 Cfr. WERNER WEISBACH, Trionfi, Berlin 1919, pp. 17 sgg.
Dramma e tragedia (n) 95
palcoscenico si sposta di città in città. Secondo la concezione greca, invece, la scena è un luogo cosmico. «La forma del teatro greco arieggia una valle solitaria; l'architettura della scena rassomiglia a un'immagine di nubi lucenti, che le baccanti folleggianti sui monti contemplano dall'alto, come la cornice magnifica in mezzo alla quale si rivela ai loro sguardi la visione di Dioniso» 4'. Si potrà discutere se questa bella descrizione sia piu o meno appropriata, se ad esempio, per analogia con l'arena giudiziaria, la scena dovrà «diventare tribunale» per una qualsiasi comunità: resta il fatto che in ogni caso la tragedia greca non è una messinscena ripetibile, ma una ripresa originale del processo tragico di fronte a un'istanza superiore. Come già suggerisce il teatro all'aperto, e il fatto che non si diano mai repliche identiche, ciò che si svolge in essa è un evento cosmico. La comunità è invitata ad assistere a questo evento e a giudicarlo. Ora, mentre lo spettatore della tragedia è sollecitato e giustificato da quest'ultima, il dramma barocco va compreso a partire dal suo pubblico. Esso apprende come sulla scena - che è uno spazio interiore, emotivo, senza alcun rapporto con il cosmo - vengano rappresentate situazioni in modo penetrante. Sul piano linguistico il rapporto fra lutto e ostentazione proprio del dramma barocco si esprime con laconicità. Cosf la «scena [funebre]», «impr., la terra come scenario di eventi luttuosi...»; «la pompa [funebre]; l'impalcatura [funebre], un'impalcatura coperta di panni, di ornamenti, di simboli, ecc., su cui viene esibita la salma di un defunto illustre nella sua bara (catafalco, castrum doloris, scena funebre)»44
• La parola «lutto» è sempre pronta per queste combinazioni, nelle quali per cosi dire succhia il midollo del significato dalle parole che la accompagnano4
'. Il significato drastico, tutt'altro che estetizzante, del termine barocco, trova un commento significativo nelle parole di Hallmann:
Solch Traur-Spiel kommt aus deinen Eitelkeiten! Solch Todten-Tantz wird in der Welt gehegt46!
"NIETZSCHE, Die Geburt der Trag&Jie cit., p . .59; trad. it. cit., p. 87. .. nmoooR HEINSIUS, Volksthumliches Worterbuch der Deutschen Sprache mit Bezeichnung
der Aussprache und Betonungfordie Geschiifts· und Lesewelt, Hannover x822, vol. IV, tomo I (S-T), p. 10,50. [Sodie «T[rauerlbiihne», «uneig., die Erde als ein Schauplatz trauriger VorfaJ. le ... »; «das T[rauer]geprange; das T[rauer]geriist, ein mit Tiichern bedecktes mit V erzierungen, Sinnbildern etc. versehenes Geriist, auf welchem die Leiche eines vor.en Verstorbenen im Sarge ausgestellt wird (Katafalk, Castrum doloris, Trauerbiihne»)].
"Cfr. GRYPHIUS, Trauerspiele eit., p. 77 (Leo Armenius, III, u6). "HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schiiferspiele cit. (Mariamne, p. 36 [II, .529 sgg.]).
94 Il dramma barocco tedesco
to puro, al di qua del tragico e del comico e della loro dialettica. Questo elemento drammatico puro ristabilisce il Mistero, che nelle forme del dramma greco si era a poco a poco mondanizzato: la sua lingua è, in quanto lingua del dramma moderno, quella del Trauerspiel.
Chi istitui l'equivalenza fra tragedia e dramma barocco, avrebbe dovuto trovare ben sorprendente che la poetica di Aristotele non parli del lutto come eco del tragico. Tutt'al contrario, l'estetica moderna ha spesso creduto di cogliere nel concetto stesso di tragico una reazione emotiva alla tragedia ed al dramma. La tragicità è un grado preliminare della profezia. Essa è uno stato di cose che trova il suo ambito proprio solamente nel linguaggio: tragica è la parola e il silenzio del mondo arcaico in cui la voce profetica si mette alla prova; tragici sono la passione e la morte che subentrano a quella voce, ma non è mai tragico un destino nel contenuto pragmatico del suo intreccio. Il dramma barocco può essere pensato come pantomima, la tragedia no. Perché alla parola del genio è legata la lotta contro la demonicità del diritto. La dissoluzione psicologistica del tragico e l'identificazione di tragedia e dramma barocco fanno tutt'uno: se è vero che già il nome di quest'ultimo allude allo stato d'animo «luttuoso» suscitato nello spettatore dal suo contenuto. Ciò non vuol dire che esso si lasci spiegare con le categorie della psicologia empirica meglio che con quelle della tragedia: si potrebbe dire piuttosto che, molto meglio dello stato di afflizione, questi drammi potrebbero servire alla descrizione del lutto. Infatti, non è tanto lo spettacolo a rendere tristi, ma è il lutto a trovare i,n esso la sua soddisfazione: uno spettacolo per un pubblico triste. E peculiare a questi drammi una certa ostentazione. I loro quadri sono esposti per essere visti e nell'ordine in cui vogliono essere visti. Cosi il teatro italiano del Rinascimento, che avrà molteplici influssi sul teatro barocco tedesco, era nato dalla pura ostentazione, ossia dal genere dei «Trionfi»42
, i cortei con accompagnamento recitante che tanta fortuna ebbero a Firenze sotto Lorenzo il Magnifico. E in tutto il dramma barocco europeo il palcoscenico non è un luogo fisso, definito, ma dialetticamente lacerato. Legato all'ambiente delle corti, esso rimane un palcoscenico mobile, itinerante, e le sue assi rappresentano la terra come scenario della storia solo in modo improprio: con la sua corte, il
42 Cfr. WERNER WEISBACH, Trionfi, Berlin 1919, pp. 17 sgg.
Dramma e tragedia (n) 95
palcoscenico si sposta di città in città. Secondo la concezione greca, invece, la scena è un luogo cosmico. «La forma del teatro greco arieggia una valle solitaria; l'architettura della scena rassomiglia a un'immagine di nubi lucenti, che le baccanti folleggianti sui monti contemplano dall'alto, come la cornice magnifica in mezzo alla quale si rivela ai loro sguardi la visione di Dioniso» 4'. Si potrà discutere se questa bella descrizione sia piu o meno appropriata, se ad esempio, per analogia con l'arena giudiziaria, la scena dovrà «diventare tribunale» per una qualsiasi comunità: resta il fatto che in ogni caso la tragedia greca non è una messinscena ripetibile, ma una ripresa originale del processo tragico di fronte a un'istanza superiore. Come già suggerisce il teatro all'aperto, e il fatto che non si diano mai repliche identiche, ciò che si svolge in essa è un evento cosmico. La comunità è invitata ad assistere a questo evento e a giudicarlo. Ora, mentre lo spettatore della tragedia è sollecitato e giustificato da quest'ultima, il dramma barocco va compreso a partire dal suo pubblico. Esso apprende come sulla scena - che è uno spazio interiore, emotivo, senza alcun rapporto con il cosmo - vengano rappresentate situazioni in modo penetrante. Sul piano linguistico il rapporto fra lutto e ostentazione proprio del dramma barocco si esprime con laconicità. Cosf la «scena [funebre]», «impr., la terra come scenario di eventi luttuosi...»; «la pompa [funebre]; l'impalcatura [funebre], un'impalcatura coperta di panni, di ornamenti, di simboli, ecc., su cui viene esibita la salma di un defunto illustre nella sua bara (catafalco, castrum doloris, scena funebre)»44
• La parola «lutto» è sempre pronta per queste combinazioni, nelle quali per cosi dire succhia il midollo del significato dalle parole che la accompagnano4
'. Il significato drastico, tutt'altro che estetizzante, del termine barocco, trova un commento significativo nelle parole di Hallmann:
Solch Traur-Spiel kommt aus deinen Eitelkeiten! Solch Todten-Tantz wird in der Welt gehegt46!
"NIETZSCHE, Die Geburt der Trag&Jie cit., p . .59; trad. it. cit., p. 87. .. nmoooR HEINSIUS, Volksthumliches Worterbuch der Deutschen Sprache mit Bezeichnung
der Aussprache und Betonungfordie Geschiifts· und Lesewelt, Hannover x822, vol. IV, tomo I (S-T), p. 10,50. [Sodie «T[rauerlbiihne», «uneig., die Erde als ein Schauplatz trauriger VorfaJ. le ... »; «das T[rauer]geprange; das T[rauer]geriist, ein mit Tiichern bedecktes mit V erzierungen, Sinnbildern etc. versehenes Geriist, auf welchem die Leiche eines vor.en Verstorbenen im Sarge ausgestellt wird (Katafalk, Castrum doloris, Trauerbiihne»)].
"Cfr. GRYPHIUS, Trauerspiele eit., p. 77 (Leo Armenius, III, u6). "HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schiiferspiele cit. (Mariamne, p. 36 [II, .529 sgg.]).
96 Il dramma barocco tedesco
L'epoca successiva restò debitrice alla teoria barocca per il fatto di attribuire all'oggetto storico una particolare predisposizione al dramma. E come non vide la metamorfosi naturalistica subita dalla storia nei drammi barocchi, cosf nell'analisi della tragedia non colse la distinzione tra saga e storia. In questo modo essa giunse a formulare il concetto di una tragicità storica. L' omologazione di tragedia e dramma barocco fu un'altra delle conseguenze, ed ebbe la funzione teorica di nascondere la problematica del dramma storico quale il Classicismo tedesco l'aveva portata alla luce. Il rapporto incerto con la materi~ storica è uno dei sintomi piu chiari di quella problematica. La libertà della sua interpretazione resterà sempre molto indietro rispetto alla tendenziosa esattezza del rinnovamento tragico del mito; e d'altra parte questo tipo di dramma, in contrasto con la fedeltà cronistica alle fonti da cui è affetto il dramma barocco - e che è peraltro compatibile con la creazione poetica- si sentirà pericolosamente legato all' «essenza» della storia. Al contrario, si addice al dramma barocco una totale libertà nell'invenzione della trama. Lo sviluppo, estremamente significativo, che questa forma subirà nello Sturm und Drang, può essere inteso come una sperimentazione delle sue potenzialità latenti e come un'emancipazione dall'ambito arbitrariamente limitato della cronaca. L'influsso delle forme barocche trova un'altra conferma nel «genio della forza», ibrido borghese di martire e tiranno. Minor ha rilevato tale sintesi nell'Attila di Zacharias Werner47
• Ma anche il martire vero e proprio e l'elaborazione drammatica dei suoi tormenti rivivono nella morte per inedia dell'Ugolino o nel motivo della castrazione del Precettore. Come allora si continua a recitare il dramma della creatura, con la differenza che la morte cede il posto all'amore. Ma anche qui l'ultima parola spetta alla caducità. «Oh, che l'uomo passi cosf sulla terra senza lasciare una traccia dietro di sé, come il sorriso sul volto o come il canto di un uccello nel bosco! » 48
• Lo Sturm und Drang ha letto i cori delle tragedie nel senso di questi lamenti, e ha cosf ripreso una parte dell'interpretazione barocca del tragico. In occasione della critica del
Cfr. GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 458 (Carolus Stuardus, V, 250). [Questo è il dramma luttuoso che nasce dalle tue vanità! l Questa la danza funebre aizzata nel mondo!]
47 Cfr. JACOB MINOR, Die Schicksals-TragOdie in ihren Hauptverl1etern, Frankfurt am Main 1883, pp. 44 e 49·
•• JOHANN ANTON LEISEWITZ, Siimmtliche Schriften, Braunschweig 1838, p. 88 (]ulius von Tarent, V, 4).
Dramma e tragedia (n) 97
Laocoonte nel primo dei Kritische Wà'ldchen [Selve critiche], Herder, portavoce dell'età di Ossian, parla degli alti lamenti dei Greci con la loro «sensibilità ... per le dolcilacrime»49
• In realtà, il coro tragico non è lamentoso. Esso rimane al di sopra delle sofferenze, anche le piu profonde, e questo contraddice l'abbandono lamentoso. Sarebbe del resto superficiale scorgere la ragione di questa superiorità nell'impassibilità o nella compassione. Piuttosto, la dizione del coro restaura le macerie del dialogo tragico sino a farne una solida costruzione linguistica al di qua - o al di là - del conflitto, nella comunità etica o religiosa. Come già ha osservato Lessin~, la presenza costante del coro, lungi dal risolvere l'evento tragico in lamenti pone un limite all'emotività dei dialoghi. La concezione del coro come «lamento funebre», in cui «risuona la sofferenza originaria della creazione»'1 è una deformazione genUinamente barocca del suo significato. Pe~ché questo è almeno in parté, il compito che spetta ai Reyen del dramma bar~cco a cui naturalmente se ne affianca un secondo, piu nascosto. I c~ri del dramma barocco non sono tanto intermezzi come quelli del dramma classico, quanto piuttosto cornici che racchiudono l'atto, e si rapportano ad esso come il fregio ornamentale di un frontespizio si rapporta alla. pagina. Ed è questa una conferma della loro natura propriamente scenica. Ecco perché i Reyen del dramma barocco sono in genere piu ampi e meno legati all'azione dei cori O:agici. In modo affatto diverso dallo Sturm und Drang la sopravVIvenza apocrifa del dramma barocco si rivela nei tentativi classicisti di dramma storico. Tra i poeti moderni nessuno si è sforzato come Schiller di far vivere il pathos classico in soggetti ormai del tutto estranei al mito tragico. Quel presupposto irripetibile che per la tragedia era il mito, egli credette di poterlo rinnovare in forma storica. Ma alla storia non appartiene né un momento tragico nel senso antico, né un momento fatale in senso romantico a meno che i due momenti non si annullino e non si livellino suÌ piano della necessità causale. Il dramma storico del Classicismo si avvici~~ pericolosamente a questa soluzione, vaga e depotenziata; e una etlcttà redenta dal tragico, come un ragionare sottratto alla dialet-
"JOHANN GOTI'FIUED HERDER, Werke, a cura di H. Lambel, Stuttgart s. d. [1890 circa] parte III, sezione 2, p. 19 (Kritische Wiilder, I, 3). · . ,. Cfr. LESSING, Si.immtliche Schriften dt., p. 264 (Hamburgische Dramaturgie); trad. it.
Clt., p. 269. "HANS EHRENBERG, TragOdie und Kreuz, 2 voll., Wiirzburg 1920, vol. I: Die Tragodie
unterdem Olymp, pp. II2 sgg.
96 Il dramma barocco tedesco
L'epoca successiva restò debitrice alla teoria barocca per il fatto di attribuire all'oggetto storico una particolare predisposizione al dramma. E come non vide la metamorfosi naturalistica subita dalla storia nei drammi barocchi, cosf nell'analisi della tragedia non colse la distinzione tra saga e storia. In questo modo essa giunse a formulare il concetto di una tragicità storica. L' omologazione di tragedia e dramma barocco fu un'altra delle conseguenze, ed ebbe la funzione teorica di nascondere la problematica del dramma storico quale il Classicismo tedesco l'aveva portata alla luce. Il rapporto incerto con la materi~ storica è uno dei sintomi piu chiari di quella problematica. La libertà della sua interpretazione resterà sempre molto indietro rispetto alla tendenziosa esattezza del rinnovamento tragico del mito; e d'altra parte questo tipo di dramma, in contrasto con la fedeltà cronistica alle fonti da cui è affetto il dramma barocco - e che è peraltro compatibile con la creazione poetica- si sentirà pericolosamente legato all' «essenza» della storia. Al contrario, si addice al dramma barocco una totale libertà nell'invenzione della trama. Lo sviluppo, estremamente significativo, che questa forma subirà nello Sturm und Drang, può essere inteso come una sperimentazione delle sue potenzialità latenti e come un'emancipazione dall'ambito arbitrariamente limitato della cronaca. L'influsso delle forme barocche trova un'altra conferma nel «genio della forza», ibrido borghese di martire e tiranno. Minor ha rilevato tale sintesi nell'Attila di Zacharias Werner47
• Ma anche il martire vero e proprio e l'elaborazione drammatica dei suoi tormenti rivivono nella morte per inedia dell'Ugolino o nel motivo della castrazione del Precettore. Come allora si continua a recitare il dramma della creatura, con la differenza che la morte cede il posto all'amore. Ma anche qui l'ultima parola spetta alla caducità. «Oh, che l'uomo passi cosf sulla terra senza lasciare una traccia dietro di sé, come il sorriso sul volto o come il canto di un uccello nel bosco! » 48
• Lo Sturm und Drang ha letto i cori delle tragedie nel senso di questi lamenti, e ha cosf ripreso una parte dell'interpretazione barocca del tragico. In occasione della critica del
Cfr. GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 458 (Carolus Stuardus, V, 250). [Questo è il dramma luttuoso che nasce dalle tue vanità! l Questa la danza funebre aizzata nel mondo!]
47 Cfr. JACOB MINOR, Die Schicksals-TragOdie in ihren Hauptverl1etern, Frankfurt am Main 1883, pp. 44 e 49·
•• JOHANN ANTON LEISEWITZ, Siimmtliche Schriften, Braunschweig 1838, p. 88 (]ulius von Tarent, V, 4).
Dramma e tragedia (n) 97
Laocoonte nel primo dei Kritische Wà'ldchen [Selve critiche], Herder, portavoce dell'età di Ossian, parla degli alti lamenti dei Greci con la loro «sensibilità ... per le dolcilacrime»49
• In realtà, il coro tragico non è lamentoso. Esso rimane al di sopra delle sofferenze, anche le piu profonde, e questo contraddice l'abbandono lamentoso. Sarebbe del resto superficiale scorgere la ragione di questa superiorità nell'impassibilità o nella compassione. Piuttosto, la dizione del coro restaura le macerie del dialogo tragico sino a farne una solida costruzione linguistica al di qua - o al di là - del conflitto, nella comunità etica o religiosa. Come già ha osservato Lessin~, la presenza costante del coro, lungi dal risolvere l'evento tragico in lamenti pone un limite all'emotività dei dialoghi. La concezione del coro come «lamento funebre», in cui «risuona la sofferenza originaria della creazione»'1 è una deformazione genUinamente barocca del suo significato. Pe~ché questo è almeno in parté, il compito che spetta ai Reyen del dramma bar~cco a cui naturalmente se ne affianca un secondo, piu nascosto. I c~ri del dramma barocco non sono tanto intermezzi come quelli del dramma classico, quanto piuttosto cornici che racchiudono l'atto, e si rapportano ad esso come il fregio ornamentale di un frontespizio si rapporta alla. pagina. Ed è questa una conferma della loro natura propriamente scenica. Ecco perché i Reyen del dramma barocco sono in genere piu ampi e meno legati all'azione dei cori O:agici. In modo affatto diverso dallo Sturm und Drang la sopravVIvenza apocrifa del dramma barocco si rivela nei tentativi classicisti di dramma storico. Tra i poeti moderni nessuno si è sforzato come Schiller di far vivere il pathos classico in soggetti ormai del tutto estranei al mito tragico. Quel presupposto irripetibile che per la tragedia era il mito, egli credette di poterlo rinnovare in forma storica. Ma alla storia non appartiene né un momento tragico nel senso antico, né un momento fatale in senso romantico a meno che i due momenti non si annullino e non si livellino suÌ piano della necessità causale. Il dramma storico del Classicismo si avvici~~ pericolosamente a questa soluzione, vaga e depotenziata; e una etlcttà redenta dal tragico, come un ragionare sottratto alla dialet-
"JOHANN GOTI'FIUED HERDER, Werke, a cura di H. Lambel, Stuttgart s. d. [1890 circa] parte III, sezione 2, p. 19 (Kritische Wiilder, I, 3). · . ,. Cfr. LESSING, Si.immtliche Schriften dt., p. 264 (Hamburgische Dramaturgie); trad. it.
Clt., p. 269. "HANS EHRENBERG, TragOdie und Kreuz, 2 voll., Wiirzburg 1920, vol. I: Die Tragodie
unterdem Olymp, pp. II2 sgg.
98 Il dramma barocco tedesco
ti ca del destino, non sono in grado di consolidarne l'edificio. Mentre Goethe era incline alle mediazioni, pregnanti e ben fondate sulla cosa- non a caso un suo frammento, influenzato da Calder6n e costruito su un pezzo di storia carolingia, va sotto il titolo curiosamente apocrifo di Trauerspiel aus der Christenheit [Dramma della cristianità] - Schiller tenta di fondare il dramma sullo spirito della storia come la intendeva l'idealismo tedesco. E qualunque possa essere alla fine il giudizio sui suoi drammi come opere di grande arte, è incontestabile il fatto che in essi egli abbia dato alla luce la forma propria degli epigoni. Il risultato che egli ottenne cosi dal Classicismo fu di rispecchiare riflessivamente il destino nella cornice della storicità come pendant della libertà individuale. Ma quanto piu egli portò avanti questo tentativo, tanto piu fatalmente doveva avvicinarsi, insieme allo Schicksalsdrama romantico di ~ui la Sposa di Messina è una variante, al tipo del dramma barocco. E un segno del suo gusto estetico superiore il fatto che, con buona pace dei teoremi idealistici, egli ricorra nel Wallenstein all'astrologia, nella Fanciulla di Orléans agli effetti miracolosi di stampo calderonian\), e nel Guglielmo Te!! a motivi di apertura ancora calderoniani. E vero che la forma romantica del dramma barocco, sia nel dramma del destino che altrove, difficilmente poteva essere dopo Calder6n qualcosa di piu che una semplice ripresa. Di qui la frase di Goethe, secondo cui Calder6n, per Schiller, poteva diventare pericoloso. E a ragione egli poteva considerarsi al riparo da questo pericolo se nella chiusa del Faust egli seppe sviluppare consapevolmente e sobriamente, e con un vigore superiore allo stesso Calder6n, ciò a cui Schiller si sentiva in parte trascinato contro la sua volontà, in parte irresistibilmente attratto.
Le aporie estetiche del dramma storico dovevano venire alla luce con la massima chiarezza nella sua variante piu radicale e appunto per questo artisticamente piu povera, la Haupt- und Staatsaktiotf2. Essa rappresenta il pendant meridionale e popolare di quello che è per il Nord il dramma barocco erudito. Significativamente, l'unico esempio di que~ta tesi, o perlomeno di una tesi affine, viene dal Romanticismo. E illetterato Franz Horn a tratteggiare con sorprendente intelligenza il profilo delle Haupt- und Staatsaktionen nella sua storia della Poesie und Beredsamkeit der Deutschen [Poesia ed eloquenza dei Tedeschi], senza naturalmente soffermarsi su
"Cfr., sopra, nota 40, p. 93·
Dramma e tragedia (II) 99
di esse: «Ai tempi di Velthem erano particolarmente amate le cosiddette Haupt- und Staatsaktionen, su cui gli storici della letteratura hanno sempre esercitato il loro sarcasmo, senza aggiungere nemmeno una· parola di spiegazione. Codeste azioni sono veramente di origine tedesca e sono particolarmente adatte allo spirito tedesco. L'amore per il cosiddetto tragico puro era raro, mentre l'i~ato istinto romantico esigeva un ricco nutrimento, come anche il gusto della farsa, che suoi essere piu vivace proprio negli spiriti piu riflessivi. C'è poi ancora un'altra inclinazione tipicamente tedesca, che questi generi non potevano soddisfare del tutto: e cioè l'inclinazione alla serietà concettosa, alla solennità, all'ampiezza ma anche alla brevità sentenziosa, e infine all'ampollosità. Per soddisfare tali esigenze furono inventate le cosiddette Haupt- und Staatsaktionen, a cui offrivano materiale le parti storiche dell'Antico Testamento (?),la Grecia e Roma, la Turchia ecc., ma quasi mai la Germania ... Qui vediamo comparire sulla scena sovrani e principi con in testa le loro corone di carta dorata, dall'aria triste e afflitta, e intenti a spiegare al pubblico compassionevole quanto sia difficile governare e come un semplice spaccalegna dorma sonni molto piu tranquilli; generali e ufficiali tengono splendidi discorsi e raccontano le proprie grandi imprese, le principesse sono, com'è facile aspettarsi, estremamente virtuose, e, com'è è altrettanto facile aspettarsi, innamorate di un amore sublime per qualche generale ... Molto meno simpatici sono i ministri, generalmente malintenzionati e dal carattere cupo o perlo meno grigio ... Il buffone o il matto è spesso mal sopportato dai personaggi della pièce, i quali peraltro non sanno farne a meno, trovandovi l'incarnazione della parodia, che conie tale è immortale»". Questa descrizione piena di umore fa pensare non a caso al teatro dei burattini. Stranitzky, il piu importante fra gli autori viennesi del genere, era proprietario di un teatro di marionette. E anche ammesso che i suoi testi - quelli a noi noti - non siano stati rappresentati H, non si può fare a meno di pensare che il repertorio del teatrino abbia avuto svariati punti di contatto con le «azioni», le cui future parodie avrebbero potuto benissimo trovarvi posto. La tendenza alla miniatura, che è propria delle Hauptund Staatsaktionen, le mostra particolarmente vicine al Trauerspiel. Sia che adotti la sottigliezza spagnola o una solennità gestuale tut-
" FRANZ HORN, Die Poesie und Beredsamkeit der Deutschen, von Luthers Zeit bis zur Gegenwart, Berlin r823, vol. II, pp. 294 sgg.
98 Il dramma barocco tedesco
ti ca del destino, non sono in grado di consolidarne l'edificio. Mentre Goethe era incline alle mediazioni, pregnanti e ben fondate sulla cosa- non a caso un suo frammento, influenzato da Calder6n e costruito su un pezzo di storia carolingia, va sotto il titolo curiosamente apocrifo di Trauerspiel aus der Christenheit [Dramma della cristianità] - Schiller tenta di fondare il dramma sullo spirito della storia come la intendeva l'idealismo tedesco. E qualunque possa essere alla fine il giudizio sui suoi drammi come opere di grande arte, è incontestabile il fatto che in essi egli abbia dato alla luce la forma propria degli epigoni. Il risultato che egli ottenne cosi dal Classicismo fu di rispecchiare riflessivamente il destino nella cornice della storicità come pendant della libertà individuale. Ma quanto piu egli portò avanti questo tentativo, tanto piu fatalmente doveva avvicinarsi, insieme allo Schicksalsdrama romantico di ~ui la Sposa di Messina è una variante, al tipo del dramma barocco. E un segno del suo gusto estetico superiore il fatto che, con buona pace dei teoremi idealistici, egli ricorra nel Wallenstein all'astrologia, nella Fanciulla di Orléans agli effetti miracolosi di stampo calderonian\), e nel Guglielmo Te!! a motivi di apertura ancora calderoniani. E vero che la forma romantica del dramma barocco, sia nel dramma del destino che altrove, difficilmente poteva essere dopo Calder6n qualcosa di piu che una semplice ripresa. Di qui la frase di Goethe, secondo cui Calder6n, per Schiller, poteva diventare pericoloso. E a ragione egli poteva considerarsi al riparo da questo pericolo se nella chiusa del Faust egli seppe sviluppare consapevolmente e sobriamente, e con un vigore superiore allo stesso Calder6n, ciò a cui Schiller si sentiva in parte trascinato contro la sua volontà, in parte irresistibilmente attratto.
Le aporie estetiche del dramma storico dovevano venire alla luce con la massima chiarezza nella sua variante piu radicale e appunto per questo artisticamente piu povera, la Haupt- und Staatsaktiotf2. Essa rappresenta il pendant meridionale e popolare di quello che è per il Nord il dramma barocco erudito. Significativamente, l'unico esempio di que~ta tesi, o perlomeno di una tesi affine, viene dal Romanticismo. E illetterato Franz Horn a tratteggiare con sorprendente intelligenza il profilo delle Haupt- und Staatsaktionen nella sua storia della Poesie und Beredsamkeit der Deutschen [Poesia ed eloquenza dei Tedeschi], senza naturalmente soffermarsi su
"Cfr., sopra, nota 40, p. 93·
Dramma e tragedia (II) 99
di esse: «Ai tempi di Velthem erano particolarmente amate le cosiddette Haupt- und Staatsaktionen, su cui gli storici della letteratura hanno sempre esercitato il loro sarcasmo, senza aggiungere nemmeno una· parola di spiegazione. Codeste azioni sono veramente di origine tedesca e sono particolarmente adatte allo spirito tedesco. L'amore per il cosiddetto tragico puro era raro, mentre l'i~ato istinto romantico esigeva un ricco nutrimento, come anche il gusto della farsa, che suoi essere piu vivace proprio negli spiriti piu riflessivi. C'è poi ancora un'altra inclinazione tipicamente tedesca, che questi generi non potevano soddisfare del tutto: e cioè l'inclinazione alla serietà concettosa, alla solennità, all'ampiezza ma anche alla brevità sentenziosa, e infine all'ampollosità. Per soddisfare tali esigenze furono inventate le cosiddette Haupt- und Staatsaktionen, a cui offrivano materiale le parti storiche dell'Antico Testamento (?),la Grecia e Roma, la Turchia ecc., ma quasi mai la Germania ... Qui vediamo comparire sulla scena sovrani e principi con in testa le loro corone di carta dorata, dall'aria triste e afflitta, e intenti a spiegare al pubblico compassionevole quanto sia difficile governare e come un semplice spaccalegna dorma sonni molto piu tranquilli; generali e ufficiali tengono splendidi discorsi e raccontano le proprie grandi imprese, le principesse sono, com'è facile aspettarsi, estremamente virtuose, e, com'è è altrettanto facile aspettarsi, innamorate di un amore sublime per qualche generale ... Molto meno simpatici sono i ministri, generalmente malintenzionati e dal carattere cupo o perlo meno grigio ... Il buffone o il matto è spesso mal sopportato dai personaggi della pièce, i quali peraltro non sanno farne a meno, trovandovi l'incarnazione della parodia, che conie tale è immortale»". Questa descrizione piena di umore fa pensare non a caso al teatro dei burattini. Stranitzky, il piu importante fra gli autori viennesi del genere, era proprietario di un teatro di marionette. E anche ammesso che i suoi testi - quelli a noi noti - non siano stati rappresentati H, non si può fare a meno di pensare che il repertorio del teatrino abbia avuto svariati punti di contatto con le «azioni», le cui future parodie avrebbero potuto benissimo trovarvi posto. La tendenza alla miniatura, che è propria delle Hauptund Staatsaktionen, le mostra particolarmente vicine al Trauerspiel. Sia che adotti la sottigliezza spagnola o una solennità gestuale tut-
" FRANZ HORN, Die Poesie und Beredsamkeit der Deutschen, von Luthers Zeit bis zur Gegenwart, Berlin r823, vol. II, pp. 294 sgg.
IOO Il dramma barocco tedesco
ta tedesca, esso conserva in ogni caso quella eccentricità giocosa che è una presenza costante fra gli eroi del teatro di marionette. «Forse i cadaveri di Papiniano e di suo figlio ... venivano rappresentati da marionette? In ogni caso non potevano essere altro che burattini il cadavere trascinato di Leone, come anche le raffigurazioni dei cadaveri di Cromwell, Irreton e Bradschaw appesi al patibolo ... Anche l'orrida reliquia, la testa bruciata della nobile principessa di Georgia, rientra nello stesso quadro ... Nel prologo dell'Eternità alla Catharina si trovano sparsi sul pavimento tutta una serie di oggetti, simili forse a quelli che vediamo sul frontespizio dell'edizione del r657. Accanto allo scettro e al pastorale vediamo "gioielli, un quadro, oggetti di metallo e un documento erudito". Secondo le sue stesse parole l'Eternità ... calpesta il padre e il figlio. Se tutto ciò, come anche il principe che è stato appena nominato, veniva rappresentato davvero, poteva trattarsi solo di marionette>>'4• La filosofia politica a cui queste prospettive dovevano apparire come sacrileghe ci fornisce la controprova. Leggiamo in Salmasio: «Ce sont eux qui traittent les testes cles Roys comme cles ballons, qui se ioiient cles Couronnes comme les enfans font d'vn cercle, qui considerent les Sceptres cles Princes comme cles marottes, et qui n'ont pas plus de veneration pour les liurées de la souueraine Magistrature, que pour cles quintaines»". Persino l'apparizione fisica degli attori, e soprattutto del Re, che si mostra nella sua pompa, poteva assumere un aspetto rigido e burattinesco.
Die Fiirsten denen ist der Purpur angebohrn Sind ohne Scepter kranck'6•
Questi versi di Lohenstein giustificano il paragone tra i sovrani della scena barocca ed i re delle carte da gioco. Nello stesso dramma Micipsa parla della caduta di Massinissa, «che era carico di corone»'7• E ancora Haugwitz:
Reicht uns den rothen Sammt und dies gebliimte Kleid Und schwartzen AtlaB daB man was den Sinn erfreut Und was den Leib betriibt kan auff den Kleidern lesen Und sehet wer wir sind in diesem Spie! gewesen Indem der blasse T od den letzten Auffzug macht'8•
,. FLIÌMMING, Andreas Gryphius und die Buhne cit., p. 22 r. "SALMASIO, Apologie royale pour Charles I cit., p. 2.5. ,. LOHENSTEIN, Afrikanische Trauerspiele dt., p. 269 (Sophonisbe, I, 322 sgg.). [l prin
cipi, ai quali la porpora è innata, l Senza scettro sono privi di forza]. "Ibid., p. 262 (Sophonisbe, I, 89). "HAUGWITZ, Prodromus Poeticus cit. (Maria Stuarda, p. 63 [V, 75 sgg.]). [Porgeteci il vel-
Dramma e tragedia (n) IOI
Fra i vari caratteri della Staatsaktion elencati da Horn, il piu rilevante per lo studio del dramma barocco è l'intrigo di palazzo. Esso svolge un suo ruolo anche nel dramma di genere alto: accanto alle «millanterie», ai «lamenti», alle «sepolture» e agli «epitaffi», Birken cita fra i temi del Trauerspiel anche «spergiuri e tradimenti ... inganni e raggiri»'9• Ma nel dramma colto la figura del consigliere intrigante non si esplica in piena libertà, come accade invece nel teatro popolare. Qui, in quanto figura comica, è di casa. Cosi ad esempio il <<dottor Babra, giurista confusionario e favorito del re». Le sue «mattane politiche e la sua finta ingenuità ... conferiscono alle Staatsaktionen una modesta capacità di divertire»60•
Con la figura dell'intrigante la comicità fa il suo ingresso nel dramma barocco. Dove peraltro non ha un puro carattere episodico. La comicità - o meglio: il puro divertimento - è il rovescio obbligato del lutto, che spunta qua e là come l'imbottitura dall'orlo o dalla fodera di un vestito. Il suo rappresentante, e colui che rappresenta il lutto, sono legati fra loro. «Nessun rancore, siamo buoni amici, e anzi i signori colleghi non si faranno alcun male», dice Hanswurst al «personaggio del tiranno Pelifonte di Messina»61
• Oppure, in chiave epigrammatica, su un'acquaforte raffigurante un palcoscenico con a sinistra un buffone e a destra un principe:
W ann die Biihne nu wird leer Gilt kein Narr und Konig mehr62
•
Poche volte, per non dire mai, l'estetica speculativa si è resa conto di quanto la comicità confini con l'orrore. A chi non è mai capitato di vedere i bambini ridere là dove l'adulto prova paura? Quell'inversione di ruoli fra il bambino.che ride e l'adulto terrorizzato, che è propria del sadico, è dato di scorgerla nell'intrigante. Cosi fa Mone, nella sua magnifica descrizione del briccone in una sacra rappresentazione del '.300 sull'infanzia di Gesu. «Che
luto scarlatto e questa veste fiorita l E il raso nero, affinché dò che rallegra la mente, l E ciò che contrista il corpo,lo si possa leggere dai vestiti, l In cui la morte pallida recita l'ultimo atto].
"BIRKEN, Deutsche Redebind- und Dichtkunstcit., p. 329. [Pralereyen Klag' Reden endlich auch Begrabnise(n) und Grabschriften ... Meineid und Verratherrey ... Betriige und Practiken].
60 Die Glorreiche Marter Joannes von Nepomuck cit. in WEISS, Die Wiener Haupt- und Staatsactionen cit., pp. rr3 sgg.
•• STRANITZKY, Wiener Haupt- und Staatsaktionen cit., p. 276 (Die gestUr.r.te Tyrannay in der Person deft Messinischen Wuttrichs Peli/onte, I, 8).
62 FILDOR, Trauer- Lust- und Misch-Spiele cit., frontespizio. [Quando il palco ormai è
vuoto l Non c'è piu buffone né re].
IOO Il dramma barocco tedesco
ta tedesca, esso conserva in ogni caso quella eccentricità giocosa che è una presenza costante fra gli eroi del teatro di marionette. «Forse i cadaveri di Papiniano e di suo figlio ... venivano rappresentati da marionette? In ogni caso non potevano essere altro che burattini il cadavere trascinato di Leone, come anche le raffigurazioni dei cadaveri di Cromwell, Irreton e Bradschaw appesi al patibolo ... Anche l'orrida reliquia, la testa bruciata della nobile principessa di Georgia, rientra nello stesso quadro ... Nel prologo dell'Eternità alla Catharina si trovano sparsi sul pavimento tutta una serie di oggetti, simili forse a quelli che vediamo sul frontespizio dell'edizione del r657. Accanto allo scettro e al pastorale vediamo "gioielli, un quadro, oggetti di metallo e un documento erudito". Secondo le sue stesse parole l'Eternità ... calpesta il padre e il figlio. Se tutto ciò, come anche il principe che è stato appena nominato, veniva rappresentato davvero, poteva trattarsi solo di marionette>>'4• La filosofia politica a cui queste prospettive dovevano apparire come sacrileghe ci fornisce la controprova. Leggiamo in Salmasio: «Ce sont eux qui traittent les testes cles Roys comme cles ballons, qui se ioiient cles Couronnes comme les enfans font d'vn cercle, qui considerent les Sceptres cles Princes comme cles marottes, et qui n'ont pas plus de veneration pour les liurées de la souueraine Magistrature, que pour cles quintaines»". Persino l'apparizione fisica degli attori, e soprattutto del Re, che si mostra nella sua pompa, poteva assumere un aspetto rigido e burattinesco.
Die Fiirsten denen ist der Purpur angebohrn Sind ohne Scepter kranck'6•
Questi versi di Lohenstein giustificano il paragone tra i sovrani della scena barocca ed i re delle carte da gioco. Nello stesso dramma Micipsa parla della caduta di Massinissa, «che era carico di corone»'7• E ancora Haugwitz:
Reicht uns den rothen Sammt und dies gebliimte Kleid Und schwartzen AtlaB daB man was den Sinn erfreut Und was den Leib betriibt kan auff den Kleidern lesen Und sehet wer wir sind in diesem Spie! gewesen Indem der blasse T od den letzten Auffzug macht'8•
,. FLIÌMMING, Andreas Gryphius und die Buhne cit., p. 22 r. "SALMASIO, Apologie royale pour Charles I cit., p. 2.5. ,. LOHENSTEIN, Afrikanische Trauerspiele dt., p. 269 (Sophonisbe, I, 322 sgg.). [l prin
cipi, ai quali la porpora è innata, l Senza scettro sono privi di forza]. "Ibid., p. 262 (Sophonisbe, I, 89). "HAUGWITZ, Prodromus Poeticus cit. (Maria Stuarda, p. 63 [V, 75 sgg.]). [Porgeteci il vel-
Dramma e tragedia (n) IOI
Fra i vari caratteri della Staatsaktion elencati da Horn, il piu rilevante per lo studio del dramma barocco è l'intrigo di palazzo. Esso svolge un suo ruolo anche nel dramma di genere alto: accanto alle «millanterie», ai «lamenti», alle «sepolture» e agli «epitaffi», Birken cita fra i temi del Trauerspiel anche «spergiuri e tradimenti ... inganni e raggiri»'9• Ma nel dramma colto la figura del consigliere intrigante non si esplica in piena libertà, come accade invece nel teatro popolare. Qui, in quanto figura comica, è di casa. Cosi ad esempio il <<dottor Babra, giurista confusionario e favorito del re». Le sue «mattane politiche e la sua finta ingenuità ... conferiscono alle Staatsaktionen una modesta capacità di divertire»60•
Con la figura dell'intrigante la comicità fa il suo ingresso nel dramma barocco. Dove peraltro non ha un puro carattere episodico. La comicità - o meglio: il puro divertimento - è il rovescio obbligato del lutto, che spunta qua e là come l'imbottitura dall'orlo o dalla fodera di un vestito. Il suo rappresentante, e colui che rappresenta il lutto, sono legati fra loro. «Nessun rancore, siamo buoni amici, e anzi i signori colleghi non si faranno alcun male», dice Hanswurst al «personaggio del tiranno Pelifonte di Messina»61
• Oppure, in chiave epigrammatica, su un'acquaforte raffigurante un palcoscenico con a sinistra un buffone e a destra un principe:
W ann die Biihne nu wird leer Gilt kein Narr und Konig mehr62
•
Poche volte, per non dire mai, l'estetica speculativa si è resa conto di quanto la comicità confini con l'orrore. A chi non è mai capitato di vedere i bambini ridere là dove l'adulto prova paura? Quell'inversione di ruoli fra il bambino.che ride e l'adulto terrorizzato, che è propria del sadico, è dato di scorgerla nell'intrigante. Cosi fa Mone, nella sua magnifica descrizione del briccone in una sacra rappresentazione del '.300 sull'infanzia di Gesu. «Che
luto scarlatto e questa veste fiorita l E il raso nero, affinché dò che rallegra la mente, l E ciò che contrista il corpo,lo si possa leggere dai vestiti, l In cui la morte pallida recita l'ultimo atto].
"BIRKEN, Deutsche Redebind- und Dichtkunstcit., p. 329. [Pralereyen Klag' Reden endlich auch Begrabnise(n) und Grabschriften ... Meineid und Verratherrey ... Betriige und Practiken].
60 Die Glorreiche Marter Joannes von Nepomuck cit. in WEISS, Die Wiener Haupt- und Staatsactionen cit., pp. rr3 sgg.
•• STRANITZKY, Wiener Haupt- und Staatsaktionen cit., p. 276 (Die gestUr.r.te Tyrannay in der Person deft Messinischen Wuttrichs Peli/onte, I, 8).
62 FILDOR, Trauer- Lust- und Misch-Spiele cit., frontespizio. [Quando il palco ormai è
vuoto l Non c'è piu buffone né re].
102 Il dramma baxocco tedesco
in questo personaggio ci siano i presupposti di un buffone di corte, è chiaro ... Qual è il tratto fo,ndamentale .deJ suo caratt~re? La derisione dell'umana superbia. E questo a distmguerlo dru. buffo: ni sconclusionati dell'epoca successiva. Hanswurst ha qualcosa di innocuo, questo vecchio briccone ha invece un sarcasmo mordace, provocatorio, che lo sospinge indirett~m~nte .verso l'orrore dell'infanticidio. C'è in questo qualcosa di diabolico, e solo ~er questo, per il fatto di essere in certo modo un pezzo del dem?~o, il briccone ha la sua parte nello spettacolo: per mandare ali aria, se mai fosse possibile, la redenzione, uccidendo il Bambino Gesu»63. Ed è conforme alla secolarizzazione operata dal dramma barocco il fatto che sia qui un funzionario a prendere il posto del diavolo. Proprio alla figura del briccone.si richiama del rest~- e~ ciò non è forse estraneo il passo citato d1 Mone - la carattenzzaz10ne dell'intrigante in un saggio sulla Haupt- und Staatsaktion vienne: se. Lo Hanswurst delle Staatsaktionen si presentava «con le armi dell'ironia e dello scherno, si prendeva abitualmente gioco d~i suoi colleghi - come Scapino e Riepl - e non esitava a tenere lru stesso le fila dell'intrigo ... Come ora nel teatro profano, già ne~e sacre rappresentazioni del xv secolo er~ il bric~one a ~volgere il ruolo comico, e anche allora, come ogg1, tale figura s1 adattava perfettamente alla cornice dello spettacolo ed esercitava un peso decisivo sugli sviluppi dell'azione»64
• La parte tuttavia non è, come queste parole sembrano suggerire, una combir~.a~ior:e di el~menti eterogenei. Lo scherzo crudele è n'?n m~r:o or1gmar1~ ~el divertimento innocente: le due cose sono m ongme molto v1cme, e il dramma barocco, che spesso cammina sÙi trampoli, deve proprio alla figura dell'intrigante il contatto vitale col terre~o .delle esperienze oniriche piu profonde. Ma se _i ~ue elementi, ,il ~u.tt? d.~l principe e la buffoneria del suo consigliere, sono cosi VlClnl, c1o accade infine solo perché in essi sono rappresentate le due province del regno di Satana. E il lutto, la cui falsa sacralità rende cosi minaccioso lo sprofondare dell'uomo etico, appare nella sua desolazione non del tutto disperato se lo confrontiamo con la buffoneria, da cui spunta inconfondibile il ghigno del demonio. Poche cose segnano cosi implacabilmente i confini del dramma barocco tedesco come il fatto di aver lasciato al teatro popolare l'elaborazione di un motivo cosi pregnante. In Inghilterra invece Shake-
"MONE (a cura di), Schauspiele des Mittelalters cit., p. 136. .., WEISS, Die Wiener Haupt- und Staatsaktionen cit., p. 48.
Dramma e tragedia (n) 103
speare ha modellato personaggi, come J ago e Polonia sul vecchio schema del buffone demoniaco. E con questi personaggi che la. commedia trapassa nel dranuna. L'affinità tra le due forme- il cui le-. game non consiste solo nei passaggi empirici dall'una all'altra, ma in una legge formale rigorosa, cosf come tragedia e commedia sono per natura opposte - è tale che la commedia emigra nel dramma: mai il dramma potrebbe svilupparsi in commedia. L'immagine dello «sviluppo» è ben fondata: la commedia si rimpicciolisce ed entra per cosi dire nel dramma. «Io creatura terrena e trastullo della mortalità»6', scrive Lohenstein. E di nuovo bisogna pensare al rimpicciolimento degli oggetti riflessi. Il personaggio comico è un ragionatore: nella sua riflessione diventa la marionetta di se stesso. Il dramma barocco non raggiunge i suoi vertici negli esempi canonici, ma in quei passaggi giocosi dove si fa avvertire il timbro della commedia. Ed è per questo che Shakespeare e Calder6n hanno composto drammi piu significativi degli autori tedeschi del '6oo, i quali non sono mai andati oltre alla rigidità del tipo. Poiché «commedia e dramma guadagnano molto e in fondo cominciano a diventare poetici soltanto attraverso una delicata connessione simbolica»66
,
dice Novalis, cogliendo senz'altro la verità, almeno per quel che riguarda il dramma. Nel genio di Shakespeare egli vede soddisfatta tale esigenza. «<n Shakespeare la poesia si ·alterna all'an ti poesia, l'armonia alla disarmonia, l'ordinario, il volgare, il brutto al romantico, al nobile e al bello, il reale all'invenzione: è esattamente l'opposto del dramma greco»67. In effetti, proprio la gravità del dramma barocco tedesco potrebbe essere uno dei pochi tratti spiegabili con un rimando al dramma greco, anche se in nessun caso derivabili da quello. Sotto l'influsso di Shakespeare lo Sturm und Drang ha cercato di far emergere il nocciolo· comico del dramma, ed ecco allora riappatire il personaggio comico dell'intrigante.
La storia della letteratura tedesca si accosta al genere del dramma barocco, alle Haupt- und Staatsaktionen, al dramma dello Sturm und Drang, alla tragedia del destino, con una ruvidezza che non nasce tanto dall'incomprensione quanto da un'animosità specifica verso i fermenti metafisici di questa forma. Tra i generi che abbiamo nominato, nessuno sembra meritare questa ruvidezza, o
"'LOHENSTEIN, Blumen cit. (Hyacinthen), p. 47 [!eh irrdisches Geschopff und Schertz der Sterblichkeit].
"NOVAUS, Schriften, a cura di J. Minor, Jena 1907, vol. III, p. 4· "Ibid., p. 20.
102 Il dramma baxocco tedesco
in questo personaggio ci siano i presupposti di un buffone di corte, è chiaro ... Qual è il tratto fo,ndamentale .deJ suo caratt~re? La derisione dell'umana superbia. E questo a distmguerlo dru. buffo: ni sconclusionati dell'epoca successiva. Hanswurst ha qualcosa di innocuo, questo vecchio briccone ha invece un sarcasmo mordace, provocatorio, che lo sospinge indirett~m~nte .verso l'orrore dell'infanticidio. C'è in questo qualcosa di diabolico, e solo ~er questo, per il fatto di essere in certo modo un pezzo del dem?~o, il briccone ha la sua parte nello spettacolo: per mandare ali aria, se mai fosse possibile, la redenzione, uccidendo il Bambino Gesu»63. Ed è conforme alla secolarizzazione operata dal dramma barocco il fatto che sia qui un funzionario a prendere il posto del diavolo. Proprio alla figura del briccone.si richiama del rest~- e~ ciò non è forse estraneo il passo citato d1 Mone - la carattenzzaz10ne dell'intrigante in un saggio sulla Haupt- und Staatsaktion vienne: se. Lo Hanswurst delle Staatsaktionen si presentava «con le armi dell'ironia e dello scherno, si prendeva abitualmente gioco d~i suoi colleghi - come Scapino e Riepl - e non esitava a tenere lru stesso le fila dell'intrigo ... Come ora nel teatro profano, già ne~e sacre rappresentazioni del xv secolo er~ il bric~one a ~volgere il ruolo comico, e anche allora, come ogg1, tale figura s1 adattava perfettamente alla cornice dello spettacolo ed esercitava un peso decisivo sugli sviluppi dell'azione»64
• La parte tuttavia non è, come queste parole sembrano suggerire, una combir~.a~ior:e di el~menti eterogenei. Lo scherzo crudele è n'?n m~r:o or1gmar1~ ~el divertimento innocente: le due cose sono m ongme molto v1cme, e il dramma barocco, che spesso cammina sÙi trampoli, deve proprio alla figura dell'intrigante il contatto vitale col terre~o .delle esperienze oniriche piu profonde. Ma se _i ~ue elementi, ,il ~u.tt? d.~l principe e la buffoneria del suo consigliere, sono cosi VlClnl, c1o accade infine solo perché in essi sono rappresentate le due province del regno di Satana. E il lutto, la cui falsa sacralità rende cosi minaccioso lo sprofondare dell'uomo etico, appare nella sua desolazione non del tutto disperato se lo confrontiamo con la buffoneria, da cui spunta inconfondibile il ghigno del demonio. Poche cose segnano cosi implacabilmente i confini del dramma barocco tedesco come il fatto di aver lasciato al teatro popolare l'elaborazione di un motivo cosi pregnante. In Inghilterra invece Shake-
"MONE (a cura di), Schauspiele des Mittelalters cit., p. 136. .., WEISS, Die Wiener Haupt- und Staatsaktionen cit., p. 48.
Dramma e tragedia (n) 103
speare ha modellato personaggi, come J ago e Polonia sul vecchio schema del buffone demoniaco. E con questi personaggi che la. commedia trapassa nel dranuna. L'affinità tra le due forme- il cui le-. game non consiste solo nei passaggi empirici dall'una all'altra, ma in una legge formale rigorosa, cosf come tragedia e commedia sono per natura opposte - è tale che la commedia emigra nel dramma: mai il dramma potrebbe svilupparsi in commedia. L'immagine dello «sviluppo» è ben fondata: la commedia si rimpicciolisce ed entra per cosi dire nel dramma. «Io creatura terrena e trastullo della mortalità»6', scrive Lohenstein. E di nuovo bisogna pensare al rimpicciolimento degli oggetti riflessi. Il personaggio comico è un ragionatore: nella sua riflessione diventa la marionetta di se stesso. Il dramma barocco non raggiunge i suoi vertici negli esempi canonici, ma in quei passaggi giocosi dove si fa avvertire il timbro della commedia. Ed è per questo che Shakespeare e Calder6n hanno composto drammi piu significativi degli autori tedeschi del '6oo, i quali non sono mai andati oltre alla rigidità del tipo. Poiché «commedia e dramma guadagnano molto e in fondo cominciano a diventare poetici soltanto attraverso una delicata connessione simbolica»66
,
dice Novalis, cogliendo senz'altro la verità, almeno per quel che riguarda il dramma. Nel genio di Shakespeare egli vede soddisfatta tale esigenza. «<n Shakespeare la poesia si ·alterna all'an ti poesia, l'armonia alla disarmonia, l'ordinario, il volgare, il brutto al romantico, al nobile e al bello, il reale all'invenzione: è esattamente l'opposto del dramma greco»67. In effetti, proprio la gravità del dramma barocco tedesco potrebbe essere uno dei pochi tratti spiegabili con un rimando al dramma greco, anche se in nessun caso derivabili da quello. Sotto l'influsso di Shakespeare lo Sturm und Drang ha cercato di far emergere il nocciolo· comico del dramma, ed ecco allora riappatire il personaggio comico dell'intrigante.
La storia della letteratura tedesca si accosta al genere del dramma barocco, alle Haupt- und Staatsaktionen, al dramma dello Sturm und Drang, alla tragedia del destino, con una ruvidezza che non nasce tanto dall'incomprensione quanto da un'animosità specifica verso i fermenti metafisici di questa forma. Tra i generi che abbiamo nominato, nessuno sembra meritare questa ruvidezza, o
"'LOHENSTEIN, Blumen cit. (Hyacinthen), p. 47 [!eh irrdisches Geschopff und Schertz der Sterblichkeit].
"NOVAUS, Schriften, a cura di J. Minor, Jena 1907, vol. III, p. 4· "Ibid., p. 20.
104 Il dramma barocco tedesco
meglio questo disprez~o, piu. del dra~ma d~l.destin~. Almeno a giudicare dal livello di alcuru prod?ttl ~ardivi. ~a l argomentazione addotta poggia sullo schema di qu<:I dr~mt, ~no? s~a. gr~cile fattura dei dettagli. E invece proprio di questi ultlml ~md!: spensabile occuparsi, dal momento che lo schema, come si è gia accennato è cosi vicino a quello del dramma barocco da poter essere conc;pito come una sua variante. Ciò appare in tutta,chiarezza e in tutto il suo significato nell'opera di Calderén. E impossibile affrontare questa fiorente provincia del dramma lagnandosi della presunta limitatez~a del suo sovr.ano, co~e ha tentato di fare la teoria del tragico di Volkelt, semplicemente Ignorando i veri problemi posti dal suo oggetto. «N~n si [dovr~bbe] dimenticare- dice Volkelt- che questo poeta [visse] sotto il peso di una fede arcicattolica e di un concetto dell'onore spinto fi. no all'assurdità»68 • A questo genere di osserva~ioni ha già. risp~sto Goèthe: «Si pensi a Shakespeare e a Calderon! Davllll:ti altribunale estetico supremo essi compaiono s~nza ~ac~hia,. e se qualche spirito sottile si ostinasse ~d ac~usarli per via di cer~I passi essi mostrerebbero con un sorriso limmagme della nazwne e d~ll'epoca per le quali hanno operato, e ne otterrebbero non ~olo indulgenza ma nuovi allori, per il fa~to ?i aver saputo adatt~si cosi felicemente ad esse»69
• Goethe mvita dunque allo studio del drammaturgo spagnolo non per scusarne i limiti, ma per imparare a comprenderne la peculiare assolutezza. Questo riguardo è a~- · solutamente decisivo per la comprensione del dramma del destino. Il destino infatti non è un puro evento naturale, cosi come non è un puro evento storico. Per quanto possa travestirsi in forme pagane mitologiche il destino trova il suo pieno significato solo come ~ategoria sto;ico-naturale nel quadro della teologia controriformista. Esso è la potenza naturale elementare nell'accadere storico un accadere che non è soltanto natura perché lo stato creaturale ;iflette ancora il sole della Grazia. Ma lo riflette nella palude della colpa adamitica. Non è infatti l'ineludi~ile co~ca.ten~zione causale in sé ad essere fatale. E per quanto si contmui art· peterlo, non sarà mai vero che il compito del drammaturgo è _di rappresentare in teatro un evento come causalmente necessariO. Come potrebbe l'arte dare sostegno a una tesi, la cui dife.sa è ~om: pito del determinismo? Se un'opera d'arte deve accogliere m se
68 VOLKELT, Asthetik des Tragischen cit., p. 460. · · 69 GOETHE, Siimt/iche Werke cit., vol. XXXIV: Schri/ten :r.ur Kunst, z, pp. 165 sgg. (Ra·
meaus Nel/e, Ein Dialog von Diderot, note).
Dramma e tragedia (n) 105
determinazioni filosofiche, queste saranno tali da avere per oggetto il senso dell'esistenza, mentre le teorie sulla legalità oggettiva dell'ordine cosmico, malgrado la loro portata universale, non avranno per l'arte alcun rilievo. La visione del determinismo non può condizionare nessuna forma d'arte. N o n cosi la nozione di destino, il cui contenuto decisivo è da cercare nel significato eterno di quella determinatezza. A partire da questo significato, essa non ha alcun bisogno di compiersi secondo leggi naturali: anche un miracolo può mostrarne benissimo il senso. T al e senso non risiede in una inevitabilità fattuale. Il nocciolo dell'idea di destino è piuttosto la convinzione che la colpa, ossia in questo contesto la colpa creaturale - e cristianamente: il peccato originale - non consista in un errore morale di colui che agisce, in un fenomeno, magari di poco peso, capace di mettere in moto una serie inarrestabile di fatalità. Il destino è l'entelechia dell'accadere nell'ambito della colpa. È questo campo energetico a contraddistinguerlo, un campo in cui ogni situazione ed occasione si intensifica all'estremo, e gli intrecci, ad esempio dell'onore, stanno a significare con la loro paradossale frenesia: un destino ha galvanizzato questo gioco. Chi pensasse: «Se ci imbattiamo in casi inverosimili, in situazioni lambiccate, in intrighi troppo complicati ... l'impressione di fatalità ... viene meno»70
, sarebbe completamente fuori strada. Perché proprio le combinazioni piu remote, che qui non sono affatto innaturali, cor!ispondono ai diversi destini nei diversi campi dell'accadere. E vero che alla tragedia tedesca del destino mancava il campo di quelle idee che la rappresentazione del destino richiede. L'intenzione teologica di un Werner non poteva compensare la mancanza di un codice pagano-cattolico, come quello che in Calderén sottopone anche i piccoli fatti della vita all'azione di un destino astrale opptire magico. Nell'opera del drammaturgo spagnolo, invece, il destino si svolge come spirito elementare della storia, ed è logico che soltanto il re, il grande restauratore dell'ordine cosmico alterato, possa appianarlo. Il destino astrale, la maestà del sovrano: ecco i poli del mondo di Calderén. Il dramma barocco tedesco si caratterizza invece per la sua grande povertà di rappresentazioni non-cristiane. Per questo - si sarebbe quasi tentati di dire: solo per questo - non poté trasformarsi in dramma del destino. Colpisce in particolare fino a che punto la proba cristianità abbia rimosso la materia astrologica. Se il Mas-
10 VOLKELT, Asthetik des Tragischen cit., p. 125.
104 Il dramma barocco tedesco
meglio questo disprez~o, piu. del dra~ma d~l.destin~. Almeno a giudicare dal livello di alcuru prod?ttl ~ardivi. ~a l argomentazione addotta poggia sullo schema di qu<:I dr~mt, ~no? s~a. gr~cile fattura dei dettagli. E invece proprio di questi ultlml ~md!: spensabile occuparsi, dal momento che lo schema, come si è gia accennato è cosi vicino a quello del dramma barocco da poter essere conc;pito come una sua variante. Ciò appare in tutta,chiarezza e in tutto il suo significato nell'opera di Calderén. E impossibile affrontare questa fiorente provincia del dramma lagnandosi della presunta limitatez~a del suo sovr.ano, co~e ha tentato di fare la teoria del tragico di Volkelt, semplicemente Ignorando i veri problemi posti dal suo oggetto. «N~n si [dovr~bbe] dimenticare- dice Volkelt- che questo poeta [visse] sotto il peso di una fede arcicattolica e di un concetto dell'onore spinto fi. no all'assurdità»68 • A questo genere di osserva~ioni ha già. risp~sto Goèthe: «Si pensi a Shakespeare e a Calderon! Davllll:ti altribunale estetico supremo essi compaiono s~nza ~ac~hia,. e se qualche spirito sottile si ostinasse ~d ac~usarli per via di cer~I passi essi mostrerebbero con un sorriso limmagme della nazwne e d~ll'epoca per le quali hanno operato, e ne otterrebbero non ~olo indulgenza ma nuovi allori, per il fa~to ?i aver saputo adatt~si cosi felicemente ad esse»69
• Goethe mvita dunque allo studio del drammaturgo spagnolo non per scusarne i limiti, ma per imparare a comprenderne la peculiare assolutezza. Questo riguardo è a~- · solutamente decisivo per la comprensione del dramma del destino. Il destino infatti non è un puro evento naturale, cosi come non è un puro evento storico. Per quanto possa travestirsi in forme pagane mitologiche il destino trova il suo pieno significato solo come ~ategoria sto;ico-naturale nel quadro della teologia controriformista. Esso è la potenza naturale elementare nell'accadere storico un accadere che non è soltanto natura perché lo stato creaturale ;iflette ancora il sole della Grazia. Ma lo riflette nella palude della colpa adamitica. Non è infatti l'ineludi~ile co~ca.ten~zione causale in sé ad essere fatale. E per quanto si contmui art· peterlo, non sarà mai vero che il compito del drammaturgo è _di rappresentare in teatro un evento come causalmente necessariO. Come potrebbe l'arte dare sostegno a una tesi, la cui dife.sa è ~om: pito del determinismo? Se un'opera d'arte deve accogliere m se
68 VOLKELT, Asthetik des Tragischen cit., p. 460. · · 69 GOETHE, Siimt/iche Werke cit., vol. XXXIV: Schri/ten :r.ur Kunst, z, pp. 165 sgg. (Ra·
meaus Nel/e, Ein Dialog von Diderot, note).
Dramma e tragedia (n) 105
determinazioni filosofiche, queste saranno tali da avere per oggetto il senso dell'esistenza, mentre le teorie sulla legalità oggettiva dell'ordine cosmico, malgrado la loro portata universale, non avranno per l'arte alcun rilievo. La visione del determinismo non può condizionare nessuna forma d'arte. N o n cosi la nozione di destino, il cui contenuto decisivo è da cercare nel significato eterno di quella determinatezza. A partire da questo significato, essa non ha alcun bisogno di compiersi secondo leggi naturali: anche un miracolo può mostrarne benissimo il senso. T al e senso non risiede in una inevitabilità fattuale. Il nocciolo dell'idea di destino è piuttosto la convinzione che la colpa, ossia in questo contesto la colpa creaturale - e cristianamente: il peccato originale - non consista in un errore morale di colui che agisce, in un fenomeno, magari di poco peso, capace di mettere in moto una serie inarrestabile di fatalità. Il destino è l'entelechia dell'accadere nell'ambito della colpa. È questo campo energetico a contraddistinguerlo, un campo in cui ogni situazione ed occasione si intensifica all'estremo, e gli intrecci, ad esempio dell'onore, stanno a significare con la loro paradossale frenesia: un destino ha galvanizzato questo gioco. Chi pensasse: «Se ci imbattiamo in casi inverosimili, in situazioni lambiccate, in intrighi troppo complicati ... l'impressione di fatalità ... viene meno»70
, sarebbe completamente fuori strada. Perché proprio le combinazioni piu remote, che qui non sono affatto innaturali, cor!ispondono ai diversi destini nei diversi campi dell'accadere. E vero che alla tragedia tedesca del destino mancava il campo di quelle idee che la rappresentazione del destino richiede. L'intenzione teologica di un Werner non poteva compensare la mancanza di un codice pagano-cattolico, come quello che in Calderén sottopone anche i piccoli fatti della vita all'azione di un destino astrale opptire magico. Nell'opera del drammaturgo spagnolo, invece, il destino si svolge come spirito elementare della storia, ed è logico che soltanto il re, il grande restauratore dell'ordine cosmico alterato, possa appianarlo. Il destino astrale, la maestà del sovrano: ecco i poli del mondo di Calderén. Il dramma barocco tedesco si caratterizza invece per la sua grande povertà di rappresentazioni non-cristiane. Per questo - si sarebbe quasi tentati di dire: solo per questo - non poté trasformarsi in dramma del destino. Colpisce in particolare fino a che punto la proba cristianità abbia rimosso la materia astrologica. Se il Mas-
10 VOLKELT, Asthetik des Tragischen cit., p. 125.
I o6 Il dramma barocco tedesco
sinissa di Lohenstein osserva: «Nessuno può .vin~e~e gli infl~ssi del cielo»71
, o se !'«accordo delle stelle e degh arumi» suggensce un richiamo alle dottrine egizie sulla dipendenza della natura dal corso degli astrF2
, questi rimangono casi, isolati ed ide~l<?gici. Il Medioevo invece - quasi a compensare. l errore della ~It~ca moderna che considera il dramma del destmo dal punto di vista del tragico - cerca la fatalità astrologica, nella traged!~ greca. Essa è concepita da Ildeberto da Tours nell ~secolo «gia tu~ta n~l senso di quella caricatura a cui la concezione moderna l ha ndotta nella "tragedia del destino". In un .~enso c~oè pura;nente me~canico o secondo quella che era all?ra limmagme d~~ante dell antichità pagana: in senso astrologico. Ildeberto def~ce_la sua (pW.:troppo incompleta) rielaborazione del problema di Edipo come lzber mathematicus13
• Il destino corre incontro alla morte. Esso non è punizione ma espiazione, un'espressione d~ come la vita segnata dalla colpa sia sottomessa alla legge della vita naturale. Nel ~estino e nel dramma del destino la colpa è di casa, quella colpa mtorno alla quale si è spesso raccolta la teoria del tragico. Questa colpa che secondo gli antichi statuti doveva ricadere sull'uomo dall';sterno, attraverso la sventura, nel corso cl,ell'ev~nto tragico un eroe la assume su di sé e nel proprio interno. E nflettendola nella propria autocoscienza egli si libera della stia sovranità demonica. Se negli eroi tragici si è cercata la «consapevolezza del loro destino dialettico», se nelle riflessioni trag~che si è trovato un «razionalismo mistico»7
\ forse- per quanto~ contes~o possa farne dubitare e renda estremamente problemattche tali espressioni - si è pensato alla nuova colpa tragica dell'eroe. Paradossale come tutte le manifestazioni dell'ordine tragico, essa consiste solo nell'orgogliosa coscienza della colpa, nella quale il soggetto eroico si libera della schiavitu che lega l' «innocente» alla colpa demonica. Nel senso dell'eroe tragico, e solo in questo, vale l'affermazione di Lukacs: «Se si guarda dall'esterno, non c'è colpa alcuna, perché non può esserci; ciascuno vede la colpa dell'altro come irretimento e caso, come qualcosa che avrebbe potuto essere modificato da ogni minimo soffio di vento. Ma per mezzo del-
71 Cfr. LOHENSTEIN, Afrikanische Trauerspiele cit., p. 320 (Sophonisbe, IV, 242). [Des Himmels Reitzungen kan niemand tiberwinden].
n Cfr. m., B/umen cit. (Rosen), pp. 130 sgg. [Ve~einbarung der Sterne und der Gemlither]. . .
" KARL BORINSKI Die Antike in Poetik und Kunsttheone et t., p. 2 I. 7' LUK.ks, Die S~le und die Formen cit., pP. 332 sgg.; trad. it. cit., p. 328.
Dramma e tragedia (rr) 107
la colpa l'uomo dice di sf a tutto ciò che gli è accaduto ... Gli uomini sublimi ... non si lasciano sfuggire nulla che per una volta sia entrato nella loro esistenza: perciò essi hanno la tragedia come loro privilegiçn>75
• Abbiamo cosi una variante della celebre frase di Hegel: «E il xanto dei grandi caratteri assumersi la colpa dei propri atti»76
• E sempre questa la colpa di coloro che sono colpevoli non con l'azione ma con la volontà, mentre nell' ambito del destino demonico non è altro che l'atto, con la sua irrisoria casualità, a trascinare gli incolpevoli nell'abisso della colpa universale77
• L'antica maledizione, tramandata da una generazione all'altra, nella poesia tragica diventa il patrimonio interiore del personaggio eroico. E cosi si estingue. Mentre nel dramma del destino essa continua ad agire, ed è appunto questa distinzione fra tragedia e dramma a chiarire l'osservazione secondo cui «il tragico» è solito «tirare di qua e di là come uno spirito capriccioso i personaggi delle "tragedie" cruente»78 • «Il soggetto del destino è indeterminabile»79
• Perciò il dramma barocco non conosce eroi, ma soltanto costellazioni. La maggioranza dei protagonisti che incontriamo nei drammi barocchi - Leone e Balbo nel Leo Armenius, Caterina e Chach Abas nella Catharina von Georgien, Cardenio e Celinde nel dramma omonimo, Nerone e Agrippina, Massinissa e Sofonisba in Lohenstein - non sono tragici, ma adeguati al dramma luttuoso.
La fatalità non si distribuisce soltanto fra i personaggi, ma regna anche sulle cose. «Caratteristico della tragedia del destino è non solo il tramandarsi di una maledizione o di una colpa per intere generazioni, ma anche la sua connessione con ... un oggetto fatale»8
". Perché sulla vita umana, una volta che sia sprofondata nel dominio puramente creaturale, acquista potere anche quella
7' Ibid., pp. 355 sgg.; trad. it. cit., pp. :;:;o sgg. .
76 GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL, Vor!esungen uber die Asthetik, a cura di H. Glock
ner, Stuttgart 1928, p. 553; trad. it. cit., p. 161o. 77 Cfr. W ALTER BENJAMIN, Zur Kritik der Gewalt, in «Archiv fiir Sozialwissenschaft und
Sozialpolitik», XLVII (I920·2I), p. 828 (n.:;, agosto 1921) (ora in Schriften cit., I, pp. 24 sgg.; trad. it. in Angelus Novus cit., pp. 5 sgg.).
73 EHRENBERG, Tragodie und Kreuz cit., vol. II, p. 53·
,. BENJAMIN, Schicksal und Charakter cit., p. 192 (ora in Schriften cit., I, p. 35; trad. it. cit., p. 33). Cfr. in generale BENJAMIN, Goethes Wahlverwandtschaften cit., pp. 98 sgg. (ora in Schriften cit., I, pp. 69 sgg.; trad. it. cit., pp. 170 sgg.), e inoltre Schicksal und Charaktercit., pp. 189-92 (ora inSchriften cit., I, pp. 33-:;6; trad. it. cit., pp. 31-33).
30 MINOR, DieSchicksal-TragOdie in ihren Hauptvertretem cit., pp. 75 sgg.
I o6 Il dramma barocco tedesco
sinissa di Lohenstein osserva: «Nessuno può .vin~e~e gli infl~ssi del cielo»71
, o se !'«accordo delle stelle e degh arumi» suggensce un richiamo alle dottrine egizie sulla dipendenza della natura dal corso degli astrF2
, questi rimangono casi, isolati ed ide~l<?gici. Il Medioevo invece - quasi a compensare. l errore della ~It~ca moderna che considera il dramma del destmo dal punto di vista del tragico - cerca la fatalità astrologica, nella traged!~ greca. Essa è concepita da Ildeberto da Tours nell ~secolo «gia tu~ta n~l senso di quella caricatura a cui la concezione moderna l ha ndotta nella "tragedia del destino". In un .~enso c~oè pura;nente me~canico o secondo quella che era all?ra limmagme d~~ante dell antichità pagana: in senso astrologico. Ildeberto def~ce_la sua (pW.:troppo incompleta) rielaborazione del problema di Edipo come lzber mathematicus13
• Il destino corre incontro alla morte. Esso non è punizione ma espiazione, un'espressione d~ come la vita segnata dalla colpa sia sottomessa alla legge della vita naturale. Nel ~estino e nel dramma del destino la colpa è di casa, quella colpa mtorno alla quale si è spesso raccolta la teoria del tragico. Questa colpa che secondo gli antichi statuti doveva ricadere sull'uomo dall';sterno, attraverso la sventura, nel corso cl,ell'ev~nto tragico un eroe la assume su di sé e nel proprio interno. E nflettendola nella propria autocoscienza egli si libera della stia sovranità demonica. Se negli eroi tragici si è cercata la «consapevolezza del loro destino dialettico», se nelle riflessioni trag~che si è trovato un «razionalismo mistico»7
\ forse- per quanto~ contes~o possa farne dubitare e renda estremamente problemattche tali espressioni - si è pensato alla nuova colpa tragica dell'eroe. Paradossale come tutte le manifestazioni dell'ordine tragico, essa consiste solo nell'orgogliosa coscienza della colpa, nella quale il soggetto eroico si libera della schiavitu che lega l' «innocente» alla colpa demonica. Nel senso dell'eroe tragico, e solo in questo, vale l'affermazione di Lukacs: «Se si guarda dall'esterno, non c'è colpa alcuna, perché non può esserci; ciascuno vede la colpa dell'altro come irretimento e caso, come qualcosa che avrebbe potuto essere modificato da ogni minimo soffio di vento. Ma per mezzo del-
71 Cfr. LOHENSTEIN, Afrikanische Trauerspiele cit., p. 320 (Sophonisbe, IV, 242). [Des Himmels Reitzungen kan niemand tiberwinden].
n Cfr. m., B/umen cit. (Rosen), pp. 130 sgg. [Ve~einbarung der Sterne und der Gemlither]. . .
" KARL BORINSKI Die Antike in Poetik und Kunsttheone et t., p. 2 I. 7' LUK.ks, Die S~le und die Formen cit., pP. 332 sgg.; trad. it. cit., p. 328.
Dramma e tragedia (rr) 107
la colpa l'uomo dice di sf a tutto ciò che gli è accaduto ... Gli uomini sublimi ... non si lasciano sfuggire nulla che per una volta sia entrato nella loro esistenza: perciò essi hanno la tragedia come loro privilegiçn>75
• Abbiamo cosi una variante della celebre frase di Hegel: «E il xanto dei grandi caratteri assumersi la colpa dei propri atti»76
• E sempre questa la colpa di coloro che sono colpevoli non con l'azione ma con la volontà, mentre nell' ambito del destino demonico non è altro che l'atto, con la sua irrisoria casualità, a trascinare gli incolpevoli nell'abisso della colpa universale77
• L'antica maledizione, tramandata da una generazione all'altra, nella poesia tragica diventa il patrimonio interiore del personaggio eroico. E cosi si estingue. Mentre nel dramma del destino essa continua ad agire, ed è appunto questa distinzione fra tragedia e dramma a chiarire l'osservazione secondo cui «il tragico» è solito «tirare di qua e di là come uno spirito capriccioso i personaggi delle "tragedie" cruente»78 • «Il soggetto del destino è indeterminabile»79
• Perciò il dramma barocco non conosce eroi, ma soltanto costellazioni. La maggioranza dei protagonisti che incontriamo nei drammi barocchi - Leone e Balbo nel Leo Armenius, Caterina e Chach Abas nella Catharina von Georgien, Cardenio e Celinde nel dramma omonimo, Nerone e Agrippina, Massinissa e Sofonisba in Lohenstein - non sono tragici, ma adeguati al dramma luttuoso.
La fatalità non si distribuisce soltanto fra i personaggi, ma regna anche sulle cose. «Caratteristico della tragedia del destino è non solo il tramandarsi di una maledizione o di una colpa per intere generazioni, ma anche la sua connessione con ... un oggetto fatale»8
". Perché sulla vita umana, una volta che sia sprofondata nel dominio puramente creaturale, acquista potere anche quella
7' Ibid., pp. 355 sgg.; trad. it. cit., pp. :;:;o sgg. .
76 GEORG WILHELM FRIEDRICH HEGEL, Vor!esungen uber die Asthetik, a cura di H. Glock
ner, Stuttgart 1928, p. 553; trad. it. cit., p. 161o. 77 Cfr. W ALTER BENJAMIN, Zur Kritik der Gewalt, in «Archiv fiir Sozialwissenschaft und
Sozialpolitik», XLVII (I920·2I), p. 828 (n.:;, agosto 1921) (ora in Schriften cit., I, pp. 24 sgg.; trad. it. in Angelus Novus cit., pp. 5 sgg.).
73 EHRENBERG, Tragodie und Kreuz cit., vol. II, p. 53·
,. BENJAMIN, Schicksal und Charakter cit., p. 192 (ora in Schriften cit., I, p. 35; trad. it. cit., p. 33). Cfr. in generale BENJAMIN, Goethes Wahlverwandtschaften cit., pp. 98 sgg. (ora in Schriften cit., I, pp. 69 sgg.; trad. it. cit., pp. 170 sgg.), e inoltre Schicksal und Charaktercit., pp. 189-92 (ora inSchriften cit., I, pp. 33-:;6; trad. it. cit., pp. 31-33).
30 MINOR, DieSchicksal-TragOdie in ihren Hauptvertretem cit., pp. 75 sgg.
'ro8 Il dramma barocco tedesco
delle cose apparentemente morte. Il suo manifestarsi nell'ambito della colpa è preannuncio della morte. Il movimento appassionato della vita creaturale nell'uomo- in una parola: la passione stessa- mette in azione l'oggetto fatale. Esso non è altro che l'ago sismografico che dà notizia delle sue scosse. Nel dramma del destino la natura dell'uomo si esprime nella cieca passione e quella delle cose nel cieco caso, sotto la comune legge del destino. Questa legge si manifesta in modo tanto piu chiaro, quanto piu adeguato è lo strumento che lo registra. Non è perciò indifferente se, come in tanti drammi tedeschi del destino, un oggetto innocuo si impone al perseguitato attraverso meschine complicazioni, o se invece, come in Calder6n, affiorano in quel punto motivi antichissimi. La profonda verità dell'osservazione di A. W. Schlegel, secondo cui egli «non conosceva alcun drammaturgo che sapesse poetizzare l'effetto fino a quel punto»81
, viene qui in piena luce. Calder6n era maestro in questo campo, perché l'effetto è la necessità interiore della sua forma peculiare, il dramma del destino. E la misteriosa esteriorità di questo poeta non consiste tanto nel modo in cui, negli intrecci del dramma, l'oggetto fatale riesce a mantenersi con bravura in primo piano, quanto nell'esattezza con cui le passioni stesse assumono la natura di oggetti fatali. Il pugnale in una tragedia della gelosia diventa una cosa sola con le passioni che lo guidano, perché la gelosia in Calder6n è altrettanto tagliente e maneggevole che un pugnale. Tutta la maestria del poeta sta nell'estrema esattezza con cui, in un dramma come quello di Erode, la passione si stacca dal movente psicologico dell'azione, che è quello ricercato dal lettore moderno. La cosa è già stata rilevata, ma in realtà senza coglierla. «Sarebbe stato naturale motivare la morte di Mariene con la gelosia di Erode. La soluzione si imponeva addirittura con violenza coercitiva, ed è palese l'intenzionalità con cui Calder6n vi si oppone, per poter dare alla "tragedia del destino" la soluzione che le spetta»82
• Già: perché Erode non uccide la consorte per gelosia, bensi ella muore attraverso la gelosia. Attraverso la gelosia Erode è assoggettato al suo destino, e questo si serve della gelosia- del funesto divampare della natura umana- come di un pugnale, come segno e strumento di sventura. E il caso come scomposizione dell'accadere in
11 SCHLEGEL, Siimmtliche Werke cit., vol. VI, p. 386. 82 PETER BERENS, Calder6ns Schicksa!stragodien, in «Romanische Forschungen», XXXIX
(1926), pp. 55 sgg. ·
Dramma e tragedia (n) 109
una serie di frammenti corrisponde senz'altro al senso dell'oggetto fatale. E proprio quest'ultimo allora il criterio della vera drammaturgia romantica del destino, nella sua differenza dalla tragedia classica, la quale si nega profondamente ad ogni ordine del destino.
La tragedia del destino si prepara nel dramma barocco. Ciò che la separa dal dramma barocco tedesco non è altro che il ricorso all'oggetto fatale, la cui esclusione denuncia un genuino influsso dell'antichità, e, se si vuole, un tratto autenticamente rinascimentale. Poche cose infatti distinguono la drammaturgia moderna da quella antica in modo piu netto del fatto che in quest'ultima il mondo degli oggetti profani non ha alcun posto. Cosi è anche per il Classicismo barocco in Germania. Se però la tragedia è del tutto svincolata dal mondo degli oggetti, questo si innalza opprimente sull'orizzonte del dramma barocco. E la funzione dell'erudizione, con la farragine delle sue note, è di evocare il clima da incubo con cui le cose gravano sull'azione drammatica. Per la forma evoluta del dramma del destino non è possibile prescindere dall'oggetto fatale. Solamente accanto stanno in esso i sogni, le apparizioni di spiriti, i terrori della fine, che appartengono già al repertorio obbligato della sua forma originaria, il dramma barocco. Raccogliendosi, in cerchi piu o meno stretti, intorno alla morte, essi trovano un pieno sviluppo nel dramma barocco proprio come elementi dell'aldilà- di carattere perlopiu temporalein contrasto con gli oggetti dell'aldiqua, di carattere perlopiu spaziale. A tutto ciò che ha a che fare con gli spiriti, soprattutto Gryphius attribuisce la massima importanza. A lui la lingua tedesca deve, con questa frase, una trasposizione mirabile del deus ex machina: «Se a qualcuno dovesse apparire strano che noi non evOchiamo, come gli antichi, un deus ex machina, ma uno spirito dalla tomba, costui consideri quel che si scrive di continuo intorno agli spiriti»83
• Le sue riflessioni sull'argomento furono affidate- o forse intendeva affidarle - a un trattato dal titolo De spectris; di sicuro in proposito non si sa nulla. Alle apparizioni di fantasmi si affiancano, ed è una presenza quasi obbligata, i sogni veritieri, il cui racconto dà inizio talvolta al dramma in forma di prologo. Di solito essi preannunciano al tiranno la sua fine. La drammaturgia di allora può aver pensato di introdurre in questo modo gli oraco-
"GRYPHIUs, Trauenpiele cit., p. 263 (Cardenio und Celinde, prefazione).
'ro8 Il dramma barocco tedesco
delle cose apparentemente morte. Il suo manifestarsi nell'ambito della colpa è preannuncio della morte. Il movimento appassionato della vita creaturale nell'uomo- in una parola: la passione stessa- mette in azione l'oggetto fatale. Esso non è altro che l'ago sismografico che dà notizia delle sue scosse. Nel dramma del destino la natura dell'uomo si esprime nella cieca passione e quella delle cose nel cieco caso, sotto la comune legge del destino. Questa legge si manifesta in modo tanto piu chiaro, quanto piu adeguato è lo strumento che lo registra. Non è perciò indifferente se, come in tanti drammi tedeschi del destino, un oggetto innocuo si impone al perseguitato attraverso meschine complicazioni, o se invece, come in Calder6n, affiorano in quel punto motivi antichissimi. La profonda verità dell'osservazione di A. W. Schlegel, secondo cui egli «non conosceva alcun drammaturgo che sapesse poetizzare l'effetto fino a quel punto»81
, viene qui in piena luce. Calder6n era maestro in questo campo, perché l'effetto è la necessità interiore della sua forma peculiare, il dramma del destino. E la misteriosa esteriorità di questo poeta non consiste tanto nel modo in cui, negli intrecci del dramma, l'oggetto fatale riesce a mantenersi con bravura in primo piano, quanto nell'esattezza con cui le passioni stesse assumono la natura di oggetti fatali. Il pugnale in una tragedia della gelosia diventa una cosa sola con le passioni che lo guidano, perché la gelosia in Calder6n è altrettanto tagliente e maneggevole che un pugnale. Tutta la maestria del poeta sta nell'estrema esattezza con cui, in un dramma come quello di Erode, la passione si stacca dal movente psicologico dell'azione, che è quello ricercato dal lettore moderno. La cosa è già stata rilevata, ma in realtà senza coglierla. «Sarebbe stato naturale motivare la morte di Mariene con la gelosia di Erode. La soluzione si imponeva addirittura con violenza coercitiva, ed è palese l'intenzionalità con cui Calder6n vi si oppone, per poter dare alla "tragedia del destino" la soluzione che le spetta»82
• Già: perché Erode non uccide la consorte per gelosia, bensi ella muore attraverso la gelosia. Attraverso la gelosia Erode è assoggettato al suo destino, e questo si serve della gelosia- del funesto divampare della natura umana- come di un pugnale, come segno e strumento di sventura. E il caso come scomposizione dell'accadere in
11 SCHLEGEL, Siimmtliche Werke cit., vol. VI, p. 386. 82 PETER BERENS, Calder6ns Schicksa!stragodien, in «Romanische Forschungen», XXXIX
(1926), pp. 55 sgg. ·
Dramma e tragedia (n) 109
una serie di frammenti corrisponde senz'altro al senso dell'oggetto fatale. E proprio quest'ultimo allora il criterio della vera drammaturgia romantica del destino, nella sua differenza dalla tragedia classica, la quale si nega profondamente ad ogni ordine del destino.
La tragedia del destino si prepara nel dramma barocco. Ciò che la separa dal dramma barocco tedesco non è altro che il ricorso all'oggetto fatale, la cui esclusione denuncia un genuino influsso dell'antichità, e, se si vuole, un tratto autenticamente rinascimentale. Poche cose infatti distinguono la drammaturgia moderna da quella antica in modo piu netto del fatto che in quest'ultima il mondo degli oggetti profani non ha alcun posto. Cosi è anche per il Classicismo barocco in Germania. Se però la tragedia è del tutto svincolata dal mondo degli oggetti, questo si innalza opprimente sull'orizzonte del dramma barocco. E la funzione dell'erudizione, con la farragine delle sue note, è di evocare il clima da incubo con cui le cose gravano sull'azione drammatica. Per la forma evoluta del dramma del destino non è possibile prescindere dall'oggetto fatale. Solamente accanto stanno in esso i sogni, le apparizioni di spiriti, i terrori della fine, che appartengono già al repertorio obbligato della sua forma originaria, il dramma barocco. Raccogliendosi, in cerchi piu o meno stretti, intorno alla morte, essi trovano un pieno sviluppo nel dramma barocco proprio come elementi dell'aldilà- di carattere perlopiu temporalein contrasto con gli oggetti dell'aldiqua, di carattere perlopiu spaziale. A tutto ciò che ha a che fare con gli spiriti, soprattutto Gryphius attribuisce la massima importanza. A lui la lingua tedesca deve, con questa frase, una trasposizione mirabile del deus ex machina: «Se a qualcuno dovesse apparire strano che noi non evOchiamo, come gli antichi, un deus ex machina, ma uno spirito dalla tomba, costui consideri quel che si scrive di continuo intorno agli spiriti»83
• Le sue riflessioni sull'argomento furono affidate- o forse intendeva affidarle - a un trattato dal titolo De spectris; di sicuro in proposito non si sa nulla. Alle apparizioni di fantasmi si affiancano, ed è una presenza quasi obbligata, i sogni veritieri, il cui racconto dà inizio talvolta al dramma in forma di prologo. Di solito essi preannunciano al tiranno la sua fine. La drammaturgia di allora può aver pensato di introdurre in questo modo gli oraco-
"GRYPHIUs, Trauenpiele cit., p. 263 (Cardenio und Celinde, prefazione).
IlO n dramma barocco tedesco
li greci nel teatro tedesco; qui è importante rilevarne l'appartenenza all'ambito naturale del destino, dove essi sarebbero imparentati solamente ad alcuni oracoli greci- soprattutto a quelli tellurici. L'ipotesi, invece, secondo la quale il significato di questi sogni starebbe nel fatto che lo «spettatore è indotto a confrontare razionalmente l'azione con la sua anticipazione metaforica » 84
, è solo un'elucubrazione intellettualistica. Com'è facile capire parlando di sogni e di fantasmi, la notte svolge un ruolo importante. E anche qui solo un passo ci separa dal dramma del destino, che assegna all'ora degli spiriti un posto privilegiato. Il Carolus Stuardus di Gryphius, l'Agrippina di Lohenstein iniziano a mezzanotte; altri drammi non solo si svolgono di notte, come richiedeva spesso l'unità di tempo, ma devono proprio alla notte l'atmosfera poetica delle grandi scene, come il Leo Armenius, il Cardenio und Celinde e l'Epicharis. Il nesso tra l'accadere drammatico e 11\ notte, e in particolare la mezzanotte, ha una sua buona ragione. E opinione diffusa che a quest'ora il tempo sia in equilibrio come l'ago di una bilancia. Ora, poiché il destino, il vero ordine dell'eterno ritorno, può essere definito temporale solo in senso improp:io, parassitario~, le sue manifestazioni cercano piuttosto lo spazio-tempo. A mezzanotte esse trovano come una fessura del tempo, nella cui cornice compare ogni volta sempre la stessa immagine spettrale. L'abisso che separa la tragedia e il dramma barocco si illumina in tutta la sua profondità laddove l'eccellente osservazione dell'abate Le Bossu, autore di un Traité sur la poésie épique citato da Jean Paul, venga letta in senso strettamente terminologico. Essa dice che «nessuna tragedia può essere ambientata di notte». Al tempo diurno, richiesto da ogni azione tragica, si contrappone l'ora degli spiriti propria del dramma. «Ecco: è l'ora della notte piu stregata, quando si spalancano sui sagrati le fauci dei sepolcri e.l'i~ferno esala i suoi miasmi in questo mondo»86
• Il mondo degh spiriti è senza storia. Ed è li che il dramma fa scivolare le sue vittime. «Ohimè, io muoio, sf, sf, maledetto, muoio, ma tu dovrai temere la mia vendetta: anche sotto terra resterò il tuo acerrimo nemico, la furia vendicatrice del regno di Messina. Io scuoterò il tuo trono il talamo nuziale, turberò il tuo amore e la tua soddisfazione ~ con la mia ira provocherò al re e al regno ogni danno
"KOLITZ, ]ohann Christian Hallmanns Dramen cit., p. n3. . . . "BENJAMIN, Schicksal und Charaktercit., p. 192 (ora in Schriften, I, p. 36; trad. 1t. Clt.,
p. 33). d · di C V L d .. T . 6 86 WILLIAM SHAKESPEARE, Amleto, III, 2, tra uz10ne . . o ov1c1 ormo 19 3·
Dramma e tragedia (n) III
possibile»87• A ragione è stato osservato che il dramma inglese pre
shakespeariano non ha «una vera fine, la sua corrente continua a scorrere»88
• Ciò vale per il dramma barocco in generale; la sua conclusione non stabilisce alcuna epochè, come accadeva invece, in senso storico e individuale, con la morte dell'eroe tragico. Questo significato individuale, a cui si aggiunge quello storico della fine del mito, si riassume nell'affermazione secondo cui la vita tragica è «la piu esclusivamente mondana di tutte le esistenze. Perciò il suo limite esistenziale si fonde sempre con la morte ... Per la tragedia, la morte- il limite in sé e per sé- è sempre una realtà immanente, indissolubilmente connessa con ogni suo evento»89
• La morte, come figura della vita tragica, è un destino individuale, ma nel dramma barocco essa entra non di rado come destino collettivo, come se invitasse tutti gli interessati davanti alla corte suprema.
In dreien Tagen solln zu Recht sie stehen: Sie sind geladen hin vor Gottes Throne; Nun la.Bt sie denken, wie sie da bestehen"'.
Mentre l'eroe tragico nella sua «immortalità» non salva la vita ma soltanto il nome, i personaggi del dramma barocco perdono con la morte la loro individualità nominale ma non la forza del ruolo, che rivive intatta nel mondo degli spiriti. «A qualcuno può venire in mente di scrivere dopo un Amleto un Fortebraccio; nessuno può impedirmi di far incontrare di nuovo tutti i personaggi all'inferno o in paradiso, di lasciare che di nuovo regolino i loro conti»91
• All' autore di questa osservazione è sfuggito che ciò dipende dalla legge del dramma, e non dall'opera citata e meno che mai dal suo soggetto. Di fronte a quei grandi drammi che, come Amleto, continuano ad attirare la critica, l'insulso concetto di tragedia con cui quest'ultima li giudica avrebbe dovuto apparire logoro già da tempo. Dove può condurre una critica che riscontri nella morte di Amleto un ultimo «residuo di naturalismo e di imitazione della natura, il quale fa dimenticare al poeta che non è affatto suo compito
"STRANlTZKY, Wiener Haupt- und Staatsaktionen cit., p. 322 (Die GestUrzte Tyrannay in der Person deft Messinischen Wuttrichs Peli/onte, III, 12).
"BHRENBERG, Tragadie und Kreuz cit., vol. II, p. 46. 89 LuxACS, Die Seele und die Formen cit.~ p. 345; trad. it. cit., pp. 321 sgg. "'FRIEDRJCH SCHLEGEL,A!arcos,Ein Trauerspiel, Berlin 18o2,p. 46 (II, 2). [Fra tre gior-
ni saranno sottoposti a giudizio: l Rinviati davanti al trono di Dio; l Lasciate che pensino a come difendersi].
91 ALBERT LUDWIG, Forlsetzungen. Bine Studie :r.ur Psychologie der Literatur, in «Germa
nisch-romanische Monatsschrift», VI (1914), p. 433·
IlO n dramma barocco tedesco
li greci nel teatro tedesco; qui è importante rilevarne l'appartenenza all'ambito naturale del destino, dove essi sarebbero imparentati solamente ad alcuni oracoli greci- soprattutto a quelli tellurici. L'ipotesi, invece, secondo la quale il significato di questi sogni starebbe nel fatto che lo «spettatore è indotto a confrontare razionalmente l'azione con la sua anticipazione metaforica » 84
, è solo un'elucubrazione intellettualistica. Com'è facile capire parlando di sogni e di fantasmi, la notte svolge un ruolo importante. E anche qui solo un passo ci separa dal dramma del destino, che assegna all'ora degli spiriti un posto privilegiato. Il Carolus Stuardus di Gryphius, l'Agrippina di Lohenstein iniziano a mezzanotte; altri drammi non solo si svolgono di notte, come richiedeva spesso l'unità di tempo, ma devono proprio alla notte l'atmosfera poetica delle grandi scene, come il Leo Armenius, il Cardenio und Celinde e l'Epicharis. Il nesso tra l'accadere drammatico e 11\ notte, e in particolare la mezzanotte, ha una sua buona ragione. E opinione diffusa che a quest'ora il tempo sia in equilibrio come l'ago di una bilancia. Ora, poiché il destino, il vero ordine dell'eterno ritorno, può essere definito temporale solo in senso improp:io, parassitario~, le sue manifestazioni cercano piuttosto lo spazio-tempo. A mezzanotte esse trovano come una fessura del tempo, nella cui cornice compare ogni volta sempre la stessa immagine spettrale. L'abisso che separa la tragedia e il dramma barocco si illumina in tutta la sua profondità laddove l'eccellente osservazione dell'abate Le Bossu, autore di un Traité sur la poésie épique citato da Jean Paul, venga letta in senso strettamente terminologico. Essa dice che «nessuna tragedia può essere ambientata di notte». Al tempo diurno, richiesto da ogni azione tragica, si contrappone l'ora degli spiriti propria del dramma. «Ecco: è l'ora della notte piu stregata, quando si spalancano sui sagrati le fauci dei sepolcri e.l'i~ferno esala i suoi miasmi in questo mondo»86
• Il mondo degh spiriti è senza storia. Ed è li che il dramma fa scivolare le sue vittime. «Ohimè, io muoio, sf, sf, maledetto, muoio, ma tu dovrai temere la mia vendetta: anche sotto terra resterò il tuo acerrimo nemico, la furia vendicatrice del regno di Messina. Io scuoterò il tuo trono il talamo nuziale, turberò il tuo amore e la tua soddisfazione ~ con la mia ira provocherò al re e al regno ogni danno
"KOLITZ, ]ohann Christian Hallmanns Dramen cit., p. n3. . . . "BENJAMIN, Schicksal und Charaktercit., p. 192 (ora in Schriften, I, p. 36; trad. 1t. Clt.,
p. 33). d · di C V L d .. T . 6 86 WILLIAM SHAKESPEARE, Amleto, III, 2, tra uz10ne . . o ov1c1 ormo 19 3·
Dramma e tragedia (n) III
possibile»87• A ragione è stato osservato che il dramma inglese pre
shakespeariano non ha «una vera fine, la sua corrente continua a scorrere»88
• Ciò vale per il dramma barocco in generale; la sua conclusione non stabilisce alcuna epochè, come accadeva invece, in senso storico e individuale, con la morte dell'eroe tragico. Questo significato individuale, a cui si aggiunge quello storico della fine del mito, si riassume nell'affermazione secondo cui la vita tragica è «la piu esclusivamente mondana di tutte le esistenze. Perciò il suo limite esistenziale si fonde sempre con la morte ... Per la tragedia, la morte- il limite in sé e per sé- è sempre una realtà immanente, indissolubilmente connessa con ogni suo evento»89
• La morte, come figura della vita tragica, è un destino individuale, ma nel dramma barocco essa entra non di rado come destino collettivo, come se invitasse tutti gli interessati davanti alla corte suprema.
In dreien Tagen solln zu Recht sie stehen: Sie sind geladen hin vor Gottes Throne; Nun la.Bt sie denken, wie sie da bestehen"'.
Mentre l'eroe tragico nella sua «immortalità» non salva la vita ma soltanto il nome, i personaggi del dramma barocco perdono con la morte la loro individualità nominale ma non la forza del ruolo, che rivive intatta nel mondo degli spiriti. «A qualcuno può venire in mente di scrivere dopo un Amleto un Fortebraccio; nessuno può impedirmi di far incontrare di nuovo tutti i personaggi all'inferno o in paradiso, di lasciare che di nuovo regolino i loro conti»91
• All' autore di questa osservazione è sfuggito che ciò dipende dalla legge del dramma, e non dall'opera citata e meno che mai dal suo soggetto. Di fronte a quei grandi drammi che, come Amleto, continuano ad attirare la critica, l'insulso concetto di tragedia con cui quest'ultima li giudica avrebbe dovuto apparire logoro già da tempo. Dove può condurre una critica che riscontri nella morte di Amleto un ultimo «residuo di naturalismo e di imitazione della natura, il quale fa dimenticare al poeta che non è affatto suo compito
"STRANlTZKY, Wiener Haupt- und Staatsaktionen cit., p. 322 (Die GestUrzte Tyrannay in der Person deft Messinischen Wuttrichs Peli/onte, III, 12).
"BHRENBERG, Tragadie und Kreuz cit., vol. II, p. 46. 89 LuxACS, Die Seele und die Formen cit.~ p. 345; trad. it. cit., pp. 321 sgg. "'FRIEDRJCH SCHLEGEL,A!arcos,Ein Trauerspiel, Berlin 18o2,p. 46 (II, 2). [Fra tre gior-
ni saranno sottoposti a giudizio: l Rinviati davanti al trono di Dio; l Lasciate che pensino a come difendersi].
91 ALBERT LUDWIG, Forlsetzungen. Bine Studie :r.ur Psychologie der Literatur, in «Germa
nisch-romanische Monatsschrift», VI (1914), p. 433·
II2 Il dramma barocco tedesco
motivare la morte anche in termini fisiologici»? Quando si argomenti che la morte non ha nell'Amleto «assolutamente alcuna relazione col conflitto. Amleto, il cui crollo interiore nasce dal fatto di non poter trovare altra soluzione al problema dell'esistenza se non la negazione della vita, muore per un fioretto avvelenato! Ossia per una circostanza del tutto esterna e casuale ... A rigore, questa scena semplice della morte di Amleto elimina completamente la tragicità del dramma»92
• Sono queste le trovate di una critica che, nell'ambizione di essere filosoficamente informata, rinuncia a penetrare nell'opera di un genio. La morte di Amleto, che non assomiglia alla morte tragica piu di quanto il Principe assomigli ad Aiace, è tipica del dramma barocco proprio per la sua clamorosa esteriorità, ed è degna del suo maestro anche solo per il fatto che Amleto, come risulta dal dialogo con Osrik, vorrebbe inspirare come una sostanza soffocante l'aria greve del destino. Amleto vuole morire per caso, e quando gli oggetti fatali si affollano intorno a lui come alloro signore, nella conclusione del dramma torna a balenare, come racchiuso in esso e in esso naturalmente superato, il dramma del destino. Se la tragedia si conclude con una decisione, fosse pure la piu incerta, nell'essenza del dramma, e in particolare della sua morte, risuona un appello simile a quello formulato dai martiri. Il linguaggio dei drammi pre-shakespeariani è stato definito felicemente come un «dialogo cruento in piu atti»9
$ .Questa incursione in campo giuridico si può spingere oltre fino a parlare, nel senso dei «lamenti» medievali, di un processo della creatura, dove il lamento di quest'ultima contro la morte - o contro chiunque altro - verrà messo agli atti ancora incompiuto al termine del dramma. La ripresa è implicita nel dramma e a volte viene fuori dal suo stato di latenza. Benché ciò avvenga, a dire il vero, solo nella sua ricca fioritura spagnola. Nella Vita è sogno la ripetizione della situazione principale è posta al centro dello sviluppo. I drammi del xvn secolo trattano sempre gli stessi oggetti, e li trattano nel senso del loro necessario ripetersi. La solita sprovvedutezza teorica ha impedito di riconoscerlo, e si è anzi voluto denunciare i «peculiari errori~> di Lohenstein in materia tragica, «come quello per cui l'effetto tragico dell'azione verrebbe rafforzato amplificandola con l'aggiunta di eventi simili. Anziché trasformare plasticamente l'azione facendola precipitare verso nuovi even-
92 ZIEGLER, Zur Metaphysik des Tragischen cit., p. 52. "EHRENBERG, Tragadie und Kreuz cit., vol. II, p. 57·
Dramma e tragedia (n) 113
ti, Lohenstein preferisce ricamare capricciosi arabeschi sempre uguali intorno ai momenti capitali del dramma, come se una statua acquistasse bellezza raddoppiandone sul marmo le membra piu riuscite! »94
• Il numero degli atti di questi drammi non doveva essere dispari, com'era il caso di chi si richiamava al modello greco; il carattere ripetibile dell'evento che descrivono contiene piuttosto, implicito, il numero pari. Nel Leo Armenius almeno l'azione si conclude col quarto atto. Emancipandosi dallo schema dei tre e dei cinque atti la drammaturgia moderna porta alla vittoria una tendenza del Barocco9
'.
"MiliLER, Beitrage zum Leben und Dichten Caspers von Lohenstein cit., pp. 82 sgg. "Cfr. CONRAD HOPER, Die Rudofstiidter Festspiele aus den ]ahren x665·1667 und ihr Di
chter. Bine literarhistorische Studie, Leipzig 1904, p. 141.
II2 Il dramma barocco tedesco
motivare la morte anche in termini fisiologici»? Quando si argomenti che la morte non ha nell'Amleto «assolutamente alcuna relazione col conflitto. Amleto, il cui crollo interiore nasce dal fatto di non poter trovare altra soluzione al problema dell'esistenza se non la negazione della vita, muore per un fioretto avvelenato! Ossia per una circostanza del tutto esterna e casuale ... A rigore, questa scena semplice della morte di Amleto elimina completamente la tragicità del dramma»92
• Sono queste le trovate di una critica che, nell'ambizione di essere filosoficamente informata, rinuncia a penetrare nell'opera di un genio. La morte di Amleto, che non assomiglia alla morte tragica piu di quanto il Principe assomigli ad Aiace, è tipica del dramma barocco proprio per la sua clamorosa esteriorità, ed è degna del suo maestro anche solo per il fatto che Amleto, come risulta dal dialogo con Osrik, vorrebbe inspirare come una sostanza soffocante l'aria greve del destino. Amleto vuole morire per caso, e quando gli oggetti fatali si affollano intorno a lui come alloro signore, nella conclusione del dramma torna a balenare, come racchiuso in esso e in esso naturalmente superato, il dramma del destino. Se la tragedia si conclude con una decisione, fosse pure la piu incerta, nell'essenza del dramma, e in particolare della sua morte, risuona un appello simile a quello formulato dai martiri. Il linguaggio dei drammi pre-shakespeariani è stato definito felicemente come un «dialogo cruento in piu atti»9
$ .Questa incursione in campo giuridico si può spingere oltre fino a parlare, nel senso dei «lamenti» medievali, di un processo della creatura, dove il lamento di quest'ultima contro la morte - o contro chiunque altro - verrà messo agli atti ancora incompiuto al termine del dramma. La ripresa è implicita nel dramma e a volte viene fuori dal suo stato di latenza. Benché ciò avvenga, a dire il vero, solo nella sua ricca fioritura spagnola. Nella Vita è sogno la ripetizione della situazione principale è posta al centro dello sviluppo. I drammi del xvn secolo trattano sempre gli stessi oggetti, e li trattano nel senso del loro necessario ripetersi. La solita sprovvedutezza teorica ha impedito di riconoscerlo, e si è anzi voluto denunciare i «peculiari errori~> di Lohenstein in materia tragica, «come quello per cui l'effetto tragico dell'azione verrebbe rafforzato amplificandola con l'aggiunta di eventi simili. Anziché trasformare plasticamente l'azione facendola precipitare verso nuovi even-
92 ZIEGLER, Zur Metaphysik des Tragischen cit., p. 52. "EHRENBERG, Tragadie und Kreuz cit., vol. II, p. 57·
Dramma e tragedia (n) 113
ti, Lohenstein preferisce ricamare capricciosi arabeschi sempre uguali intorno ai momenti capitali del dramma, come se una statua acquistasse bellezza raddoppiandone sul marmo le membra piu riuscite! »94
• Il numero degli atti di questi drammi non doveva essere dispari, com'era il caso di chi si richiamava al modello greco; il carattere ripetibile dell'evento che descrivono contiene piuttosto, implicito, il numero pari. Nel Leo Armenius almeno l'azione si conclude col quarto atto. Emancipandosi dallo schema dei tre e dei cinque atti la drammaturgia moderna porta alla vittoria una tendenza del Barocco9
'.
"MiliLER, Beitrage zum Leben und Dichten Caspers von Lohenstein cit., pp. 82 sgg. "Cfr. CONRAD HOPER, Die Rudofstiidter Festspiele aus den ]ahren x665·1667 und ihr Di
chter. Bine literarhistorische Studie, Leipzig 1904, p. 141.
Dramma e tragedia (m)
!eh sitz ich lieg ich steh ist alles in Gedancken. Ich finde nirgends Ruh muli selber mit mir zancken
ANDREAS TSCHERNING, Me/ancho/ey Redet se/ber.
I grandi drammaturghi tedeschi dell'epoca barocca erano luterani. Mentre nei decenni della restaurazione controriformista il cattolicesimo compenetrava la vita profana con tutta la forza della sua disciplina, illuteranesimo aveva sempre adottato un atteggiamento antinomico verso la vita quotidiana. Alla moralità rigorosa della condotta di vita borghese, che esso insegnava, si contrapponeva il rifiuto delle «buone opere». Negando a queste ultime il loro effetto spirituale specifico e miracoloso, rimandando l'anima alla grazia della fede e facendo dell'ambito mondano-statale il banco di prova di una vita religiosa soltanto destinata a dimostrare le virtu borghesi, illuteranesimo radicò nel popolo un rigoroso senso del dovere ma diffuse tra le classi alte la melanconia. Già nello stesso Lutero, i cui ultimi due anni di vita furono dominati da una crescente oppressione d'animo, si avverte un contraccolpo alla svalutazione delle opere. Certo la «fede» continuava a sostenerlo, ma ciò non impediva che la vita gli apparisse vuota.
Ma che cosa è l'uomo se il suo maggior bene e il migliore impiego del suo tempo è, per lui, mangiare e dormire? Una bestia, nient'altro. Certo chi aprf alla nostra percezione un cosf vasto orizzonte che vi si può comprendere e scoprire il prima e il poi, non ci accordò il privilegio divino della ragione per !asciarlo, trascurato, ad ammuffire2.
1 ANDREAS TSCHERNING, Vortrab Des Sommers Deutscher Getichte, Rostock 1655. [Non trovo mai pace, bisticcio con me stesso, l Siedo, giaccio, ristò, e. tutto ciò nei pensieri].
' sHAKESPEARE, Amleto cit., IV, 4·
Dramma e tragedia (m) r 15
Queste parole di Amleto sono filosofia di Wittenberg, e insieme una protesta contro di essa. In quella reazione violenta che aveva sgombrato il campo dalle buone opere tout court, e non solo dal loro carattere di merito o di espiazione, affiorava un ricordo di paganesimo tedesco, e con esso la cupa fede nel potere del destino. Le azioni umane erano private di ogni valore. Nasceva un nuovo mondo: un mondo vuoto. Il calvinismo - per quanto tetro - comprese questa impossibilità e cercò in parte di correggerla. La fede luterana guardava con diffidenza questo appiattimento e vi si oppose. Che senso aveva la vita umana se, come nel calvinismo, nemmeno la fede aveva bisogno di una conferma? Se da un lato essa era nuda; assoluta, efficace, e dall'altro le azioni umane non si distinguevano. fra loro? Non c'era risposta, se non nella morale della piccola gente- «fedeltà nelle piccole cose», «vivere rettamente»- che allora si diffondeva e a cui si contrapponeva-il taedium vitae delle nature piu ricche. Perché coloro che scavavano piu a fondo si vedevano gettati nell'esistenza come in un campo di macerie, di azioni inautentiche, lasciate a metà: Ma la vita si ribellava. In profondo, essa avverte di non essere li per farsi svuotare dalla fede. In profondo, essa avverte un moto di orrore all'idea che l'intera vita possa svolgersi cosi. In profondo, essa si spaventa al pensiero della morte. Il lutto è quello stato d'animo per cui il sentimento rianima il mondo svuotato gettandovi una maschera, per provare un piacere enigmatico alla sua vista. Ogni sentimento è legato a un oggetto a priori e la sua rappresentazione è fenomenologia. La teoria del lutto, che si è delineata come necessario pendant alla teoria della tragedia, può dunque svilupparsi solo come descrizione di quel mondo che si apre allo sguardo del melanconi-· co. Poiché i sentimenti, per quanto vaghi possano apparire all'autopercezione, rispondono come un gesto motorio alla costruzione oggettuale del mondo. Se per il dramma barocco le leggi, in parte esplicite e in parte implicite, si trovano nel cuore del lutto, questo non è né lo stato emotivo del poeta né quello del pubblico a cui la rappresentazione si rivolge, ma piuttosto un sentire svincolato dal soggetto empirico e intimamente legato alla pienezza di un oggetto. Una disposizione motoria che ha un posto ben determinato nella gerarchia delle intenzioni, e che chiamiamo sentimento solo perché non è al vertice della gerarchia. Esso è caratterizzato dalla sorprendente tenacia della sua intenzione, una tenacia che, tra i sentimenti, è propria forse- e non è un caso -solo dell'amore. Mentre infatti, nell'ambito affettivo, l'attrazione suole alternarsi
Dramma e tragedia (m)
!eh sitz ich lieg ich steh ist alles in Gedancken. Ich finde nirgends Ruh muli selber mit mir zancken
ANDREAS TSCHERNING, Me/ancho/ey Redet se/ber.
I grandi drammaturghi tedeschi dell'epoca barocca erano luterani. Mentre nei decenni della restaurazione controriformista il cattolicesimo compenetrava la vita profana con tutta la forza della sua disciplina, illuteranesimo aveva sempre adottato un atteggiamento antinomico verso la vita quotidiana. Alla moralità rigorosa della condotta di vita borghese, che esso insegnava, si contrapponeva il rifiuto delle «buone opere». Negando a queste ultime il loro effetto spirituale specifico e miracoloso, rimandando l'anima alla grazia della fede e facendo dell'ambito mondano-statale il banco di prova di una vita religiosa soltanto destinata a dimostrare le virtu borghesi, illuteranesimo radicò nel popolo un rigoroso senso del dovere ma diffuse tra le classi alte la melanconia. Già nello stesso Lutero, i cui ultimi due anni di vita furono dominati da una crescente oppressione d'animo, si avverte un contraccolpo alla svalutazione delle opere. Certo la «fede» continuava a sostenerlo, ma ciò non impediva che la vita gli apparisse vuota.
Ma che cosa è l'uomo se il suo maggior bene e il migliore impiego del suo tempo è, per lui, mangiare e dormire? Una bestia, nient'altro. Certo chi aprf alla nostra percezione un cosf vasto orizzonte che vi si può comprendere e scoprire il prima e il poi, non ci accordò il privilegio divino della ragione per !asciarlo, trascurato, ad ammuffire2.
1 ANDREAS TSCHERNING, Vortrab Des Sommers Deutscher Getichte, Rostock 1655. [Non trovo mai pace, bisticcio con me stesso, l Siedo, giaccio, ristò, e. tutto ciò nei pensieri].
' sHAKESPEARE, Amleto cit., IV, 4·
Dramma e tragedia (m) r 15
Queste parole di Amleto sono filosofia di Wittenberg, e insieme una protesta contro di essa. In quella reazione violenta che aveva sgombrato il campo dalle buone opere tout court, e non solo dal loro carattere di merito o di espiazione, affiorava un ricordo di paganesimo tedesco, e con esso la cupa fede nel potere del destino. Le azioni umane erano private di ogni valore. Nasceva un nuovo mondo: un mondo vuoto. Il calvinismo - per quanto tetro - comprese questa impossibilità e cercò in parte di correggerla. La fede luterana guardava con diffidenza questo appiattimento e vi si oppose. Che senso aveva la vita umana se, come nel calvinismo, nemmeno la fede aveva bisogno di una conferma? Se da un lato essa era nuda; assoluta, efficace, e dall'altro le azioni umane non si distinguevano. fra loro? Non c'era risposta, se non nella morale della piccola gente- «fedeltà nelle piccole cose», «vivere rettamente»- che allora si diffondeva e a cui si contrapponeva-il taedium vitae delle nature piu ricche. Perché coloro che scavavano piu a fondo si vedevano gettati nell'esistenza come in un campo di macerie, di azioni inautentiche, lasciate a metà: Ma la vita si ribellava. In profondo, essa avverte di non essere li per farsi svuotare dalla fede. In profondo, essa avverte un moto di orrore all'idea che l'intera vita possa svolgersi cosi. In profondo, essa si spaventa al pensiero della morte. Il lutto è quello stato d'animo per cui il sentimento rianima il mondo svuotato gettandovi una maschera, per provare un piacere enigmatico alla sua vista. Ogni sentimento è legato a un oggetto a priori e la sua rappresentazione è fenomenologia. La teoria del lutto, che si è delineata come necessario pendant alla teoria della tragedia, può dunque svilupparsi solo come descrizione di quel mondo che si apre allo sguardo del melanconi-· co. Poiché i sentimenti, per quanto vaghi possano apparire all'autopercezione, rispondono come un gesto motorio alla costruzione oggettuale del mondo. Se per il dramma barocco le leggi, in parte esplicite e in parte implicite, si trovano nel cuore del lutto, questo non è né lo stato emotivo del poeta né quello del pubblico a cui la rappresentazione si rivolge, ma piuttosto un sentire svincolato dal soggetto empirico e intimamente legato alla pienezza di un oggetto. Una disposizione motoria che ha un posto ben determinato nella gerarchia delle intenzioni, e che chiamiamo sentimento solo perché non è al vertice della gerarchia. Esso è caratterizzato dalla sorprendente tenacia della sua intenzione, una tenacia che, tra i sentimenti, è propria forse- e non è un caso -solo dell'amore. Mentre infatti, nell'ambito affettivo, l'attrazione suole alternarsi
1 I 6 Il dramma barocco tedesco
all'estraneità nel rapporto fra l'intenzione e l'oggetto, il lutto è suscettibile di un'intensità crescente, di un continuo approfondimento della sua intenzione. La gravità di pensiero è peculiare di chi è triste. Sulla via verso l'oggetto - anzi: lungo la traiettoria interna all'oggetto - questa intenzione procede lenta e solenne come i cortei dei potenti. La partecipazione appassionata allo sfarzo delle Haupt- und Staatsaktionen, che per un lato era un modo di uscire dai limiti della pietà domestica, scaturiva dall'altro dall'in-. clinazione della profondità di pensiero verso la gravità. In essa la profondità' di pensiero riconosce il proprio ritmo. La parentela fra lutto e ostentazione, che il linguaggio barocco attesta in modo cosf grandioso, ha qui una delle sue 1;adici, come pure l'assorta meditazione di fronte allo spettacolo grandioso degli eventi mondani. Uno spettacolo che può certo premiare lo sguardo attento con la scoperta dei suoi significati nascosti, ma il cui infinito ripetersi non fa che promuovere lo sconsolato dominio di un temperamento melanconico e ostile alla vita. Perfino all'eredità rinascimentale l'epoca riusd ad attingere quegli elementi che dovevano approfondire la sua fissità contemplativa. Dalla à.mlth::ta stoica al lutto non vi è che un passo, un passo possibile, certo, solo nella cornice del cristianesimo. Come tutto quel che è ~i è, nel barocco, di anticheggiante, anche il suo stoicismo si rivela pseudoantico. La ricezione del suo pessimismo razionale conta qui assai meno dell'isolamento a cui l'individuo è condotto dalla prassi stoica. L'estinzione degli affetti, lo spegnersi delle onde vitali da cui dipende il loro vigore corporeo, può portare la distanza dal mondo esterno fino all'estraniazione dal proprio stesso corpo. Nel concepire questo sintomo di spersonalizzazione come il grado estremo della tristezza, l'idea di questo stato patologico, in cui anche la cosa meno appariscente, poiché manca ogni rapporto vitale e creativo con essa, diventa la cifra di una enigmatica saggezza, entra in un contesto fra i piu fecondi. Ed è in questo spirito che, nella Melencolia di Albrecht Dfuer, gli strumenti della vita attiva giacciono inerti sul terreno, come oggetti di una sterile ruminazione. Questa incisione anticipa in molte cose il barocco. Il sapere di colui che rimugina e la ricerca dell'erudito si sono fusi in essa non meno intimamente che negli uomini dell'età barocca. Il Rinascimento esplorava l'universo, il Barocco le biblioteche. Il suo pensiero assume la forma del libro. «Il mondo non conosce libro piu grande di sé medesimo; ma la sua parte piu nobile è l'uomo, su cui Dio ha stampato, anziché un bel frontespizio, la propria incomparabi-
l Dramma e tragedia (m) I I 7
le effigie, facendone inoltre il compendio, il nocciolo e la gemma dell'intero libro del mondo»3
• Il «libro della natura» e il «libro dei tempi» sono gli oggetti della riflessione barocca. In essi il Barocco trova qualcosa di domestico e di protettivo. Ma vi si nasconde anche l'imbarazzo borghese del poeta incoronato, che da tempo non conosceva piu l'onore del Petrarca, e che s'innalza, con solenne dignità, sopra i minuti piaceri delle sue «ore oziose». Non in ultimo, il libro era considerato un monumento duraturo sulla scena «scritturale» della natura. L'editore di Ayrer, in una prefazione alle opere del poeta che si segnala per il fatto di indicare nella melanconia l'atmosfera dell'epoca, ha espresso questo significato del libro, e lo raccomanda come un arcano rimedio contro gli attacchi dello humor nero. «<n considerazione del fatto che le piramidi, le colonne e i monumenti di qualsiasi materiale col tempo si danneggiano o vengono distrutti o vanno in rovina .... che intere città sono sprofondate, crollate o sommerse, mentre gli scritti e i libri sono immuni dalla rovina, perché se qualcosa viene distrutto in un certo luogo e paese lo .si ritrova senza difficoltà in altri innumerevoli, allora, per parlare da un punto di vista umano, non vi è nulla di piu duraturo e immortale appunto dei libri»4• La stessa mescolanza di domesticità e contemplazione fa sf che il <<nazionalismo barocco» non si sia «combinato con l'azione politica, e che anzi proprio l'ostilità barocca verso le convenzioni dovesse dare luogo piu tardi alla volontà rivoluzionaria dello Sturm und Drang e alla lotta romantica contro il filisteismo dello stato e della vita borghese»5
• Il vuoto affaccendarsi dell'intrigante era considerato il pendant ignobile della contemplazione appassionata, alla quale soltanto era accordato il dono di liberare l'uomo di rango dall'intreccio satanico della storia, quella storia in cui il Barocco vedeva solo politica. Eppure: anche il meditare poteva trascinare nel vuoto. È quanto insegna la dottrina del temperamento melanconico.
In questo patrimonio imponente che il Barocco eredita dal Rinascimento, e che si sviluppa nel corso di quasi due secoli, la posterità trova un commentario al dramma barocco piu preciso di quanto non potessero offrirle le varie poetiche sul tema. Intorno
'SAMUEL VON BUTSCHKY, Parabeln und Aphorismen, in «Monatsschrift von und fiir Schlesien», r829, vol. I, p . .330.
'JAKOB AYRER, Dramen, a cura di A. von Keller, Stuttgart r865, p. 4· Cfr. anche BUT· SCHKY, Wohlbebauter Rosental cit., pp. 410 sgg.
'HiÌBSCHER, Barock als Gestaltung antìthetìschen Lebensgefiihls cit., p. 552.
1 I 6 Il dramma barocco tedesco
all'estraneità nel rapporto fra l'intenzione e l'oggetto, il lutto è suscettibile di un'intensità crescente, di un continuo approfondimento della sua intenzione. La gravità di pensiero è peculiare di chi è triste. Sulla via verso l'oggetto - anzi: lungo la traiettoria interna all'oggetto - questa intenzione procede lenta e solenne come i cortei dei potenti. La partecipazione appassionata allo sfarzo delle Haupt- und Staatsaktionen, che per un lato era un modo di uscire dai limiti della pietà domestica, scaturiva dall'altro dall'in-. clinazione della profondità di pensiero verso la gravità. In essa la profondità' di pensiero riconosce il proprio ritmo. La parentela fra lutto e ostentazione, che il linguaggio barocco attesta in modo cosf grandioso, ha qui una delle sue 1;adici, come pure l'assorta meditazione di fronte allo spettacolo grandioso degli eventi mondani. Uno spettacolo che può certo premiare lo sguardo attento con la scoperta dei suoi significati nascosti, ma il cui infinito ripetersi non fa che promuovere lo sconsolato dominio di un temperamento melanconico e ostile alla vita. Perfino all'eredità rinascimentale l'epoca riusd ad attingere quegli elementi che dovevano approfondire la sua fissità contemplativa. Dalla à.mlth::ta stoica al lutto non vi è che un passo, un passo possibile, certo, solo nella cornice del cristianesimo. Come tutto quel che è ~i è, nel barocco, di anticheggiante, anche il suo stoicismo si rivela pseudoantico. La ricezione del suo pessimismo razionale conta qui assai meno dell'isolamento a cui l'individuo è condotto dalla prassi stoica. L'estinzione degli affetti, lo spegnersi delle onde vitali da cui dipende il loro vigore corporeo, può portare la distanza dal mondo esterno fino all'estraniazione dal proprio stesso corpo. Nel concepire questo sintomo di spersonalizzazione come il grado estremo della tristezza, l'idea di questo stato patologico, in cui anche la cosa meno appariscente, poiché manca ogni rapporto vitale e creativo con essa, diventa la cifra di una enigmatica saggezza, entra in un contesto fra i piu fecondi. Ed è in questo spirito che, nella Melencolia di Albrecht Dfuer, gli strumenti della vita attiva giacciono inerti sul terreno, come oggetti di una sterile ruminazione. Questa incisione anticipa in molte cose il barocco. Il sapere di colui che rimugina e la ricerca dell'erudito si sono fusi in essa non meno intimamente che negli uomini dell'età barocca. Il Rinascimento esplorava l'universo, il Barocco le biblioteche. Il suo pensiero assume la forma del libro. «Il mondo non conosce libro piu grande di sé medesimo; ma la sua parte piu nobile è l'uomo, su cui Dio ha stampato, anziché un bel frontespizio, la propria incomparabi-
l Dramma e tragedia (m) I I 7
le effigie, facendone inoltre il compendio, il nocciolo e la gemma dell'intero libro del mondo»3
• Il «libro della natura» e il «libro dei tempi» sono gli oggetti della riflessione barocca. In essi il Barocco trova qualcosa di domestico e di protettivo. Ma vi si nasconde anche l'imbarazzo borghese del poeta incoronato, che da tempo non conosceva piu l'onore del Petrarca, e che s'innalza, con solenne dignità, sopra i minuti piaceri delle sue «ore oziose». Non in ultimo, il libro era considerato un monumento duraturo sulla scena «scritturale» della natura. L'editore di Ayrer, in una prefazione alle opere del poeta che si segnala per il fatto di indicare nella melanconia l'atmosfera dell'epoca, ha espresso questo significato del libro, e lo raccomanda come un arcano rimedio contro gli attacchi dello humor nero. «<n considerazione del fatto che le piramidi, le colonne e i monumenti di qualsiasi materiale col tempo si danneggiano o vengono distrutti o vanno in rovina .... che intere città sono sprofondate, crollate o sommerse, mentre gli scritti e i libri sono immuni dalla rovina, perché se qualcosa viene distrutto in un certo luogo e paese lo .si ritrova senza difficoltà in altri innumerevoli, allora, per parlare da un punto di vista umano, non vi è nulla di piu duraturo e immortale appunto dei libri»4• La stessa mescolanza di domesticità e contemplazione fa sf che il <<nazionalismo barocco» non si sia «combinato con l'azione politica, e che anzi proprio l'ostilità barocca verso le convenzioni dovesse dare luogo piu tardi alla volontà rivoluzionaria dello Sturm und Drang e alla lotta romantica contro il filisteismo dello stato e della vita borghese»5
• Il vuoto affaccendarsi dell'intrigante era considerato il pendant ignobile della contemplazione appassionata, alla quale soltanto era accordato il dono di liberare l'uomo di rango dall'intreccio satanico della storia, quella storia in cui il Barocco vedeva solo politica. Eppure: anche il meditare poteva trascinare nel vuoto. È quanto insegna la dottrina del temperamento melanconico.
In questo patrimonio imponente che il Barocco eredita dal Rinascimento, e che si sviluppa nel corso di quasi due secoli, la posterità trova un commentario al dramma barocco piu preciso di quanto non potessero offrirle le varie poetiche sul tema. Intorno
'SAMUEL VON BUTSCHKY, Parabeln und Aphorismen, in «Monatsschrift von und fiir Schlesien», r829, vol. I, p . .330.
'JAKOB AYRER, Dramen, a cura di A. von Keller, Stuttgart r865, p. 4· Cfr. anche BUT· SCHKY, Wohlbebauter Rosental cit., pp. 410 sgg.
'HiÌBSCHER, Barock als Gestaltung antìthetìschen Lebensgefiihls cit., p. 552.
u8 Il dramma barocco tedesco
ad esso si raccolgono armoniosamente le idee filosofiche e le teorie politiche, che stanno alla base della concezione della storia come dramma. Il principe è il paradigma del melanconico. Nulla dimostra piu efficacemente la fragilità della creatura del fatto che anche il principe le è sottomesso. Uno dei passi piu potenti dei Pensieri di Pascal è quello in cui egli dà voce, con questa riflessione, al sentire del suo tempo. «L' Ame ne trouve rien en elle qui la contente. Elle n'y voit rien qui ne l'afflige quand elle y pense. C'est ce qui la contraint de se répandre au dehors, et de chercher dans l' application aux choses extérieures, à perdre le souvenir de son état véritable. Sa joie consiste dans cet oubli; et il suffit, pour la rendre misérable, de l'obliger de se voir et d'etre avec soi»6
• «La dignité royale n'est-elle pas assez grande d'elle-meme pour rendre celui qui la possède heureux parla seule vue de ce qu'il est? Faudra-t-il encore le divertir de cette pensée comme les gens du commun? Je vois bien que c'est rendre uh homme heuretix que de le détourner de la vue de ses misères domestiques, pour remplir toute sa pensée du soin de bien danser. Mais en sera-t-il de meme d'un Roi? Et sera-t-il plus heureux en s'attachant à ces vains amusements qu'à la vue de sa grandeur? Quel objet plus satisfaisant pourrait-on donner à son esprit? Ne serait-ce pas faire tort à sa joie d'occuper son ame à penserà ajuster ses pas à la cadence d'un air, ou à piacer adroitement une balle, au lieu de le laisser jouir en repos de la contemplation de la gloire majestueuse qui l' environne? Qu'on en fasse l'épreuve; qu'on laisse un Roi tout seui, sans aucune satisfaction des sens, sans aucun soin dans l'esprit, et l'on verra qu'un Roi qui se voit est un homme plein de misèrès, et qu'il les ressent comme un autre. Aussi on évite cela soigneusement et il ne manque jamais d'y avoir auprès des personnes des Rois un grand nombre de gens qui veillent à faire succéder le divertissement aux affaires, et qui observent tout le temps de leur loisir pour leur fournir des plaisirs et des jeux, en sorte qu'il n'y ait point de vide. C'est-à-dire qu'ils sont environnés de personnes qui ont un soin merveilleux de prendre garde que le Roi ne soit seui et en état de penser à soi, sachant qu'il sera malheureux, tout Roi qu'il est, s'il y pense»7 • Il dramma barocco tedesco fa ampia eco a queste parole. Sono state appena formulate, e subito ne abbiamo un riflesso. Leo Armenia parla del principe cosf:
6 BLAISE PASCAL, Pensées, Paris s. d. [1905], pp. 2.1 I sgg. 7 Ibid., pp. li5 sgg.
Dramma e tragedia (m)
Er. zagt vor se~nem sch~erdt. Wenn er zu tische geht, Wtrd der ge~schte wem, der in crystalle steht, In gall un? gtfft ve~~ehrt. Alsbald der tag erblichen, Kommt die .besc?warzte !!chaar, das heer der angst geschlichen, Und wacht m semem bett. Er kan in helffenbein In purpur und scharlat niemahl so ruhig seyn ' A1s die, so ihren leib vertraun der harten erden Mag ja der kurtze schlaff ihm noch zu theile w~rden So faJlt ihn Morpheus an und mahlt ihm in der nach~ Durch graue bilder vor, was er bey lichte dacht U~d schreckt ihn bald mi t blut, bald mit gestii;ztem throne, Mit brandt, mit ach und tod und hingeraubter crone•.
II9
E in forma epigrammatica: «Dove c'è scettro c'è terrore»9
Oppu~e: «La .tri~t~ melanconia dimora soprattutt~ nei palazzi»10:
Questi enu?~Iati nguardano sia lo stato interiore del sovrano che la sua condiziOne esterna, ed è perciò giustificato il richiamo a Pasca!. Perché il melanconico è «all'inizio ... come uno che è stato morso da un ~ane rabbioso.: gli vengono sogni terrificanti, e ha paur~ se~z~ m~t.tvo»~1
•• Cosf Agidius Albertinus, l'autore monacense di scnttt e~iftcanti, .m Lu.cifers Konigreich und Seelengeiaidt, un' opera che contie~e testiiD?ruanze caratteristiche per la concezione popolare, ~roprio perch.e estranea alle nuove teorie. Nello stesso testo leggiamo: «Alle corti dei signori è sempre freddo e inverno pere~~ il.sole della gius!izia è da loro lontano ... ragion per cui i cortlgiant tremano per il freddo, la paura e la tristezza»12
• Sono qe~a. stessa raz~a del cortigiano tipico descritto da Guevara, che ~gidtus Al~ertmus tradus~~· e se si pensa in lui all'intrigante, se SI pensa al tiranno, allora l Immagine della corte non è molto lontana da quella dell'inferno, che è detto infatti il luogo del lutto
• GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 34 (Leo Armenius, I, 385 sgg.). [Teme la propria spada .. Q':'ando va a t~vola, l !l vino ~escolato nei cristalli, l Gli va in fiele e in veleno. Appena il. gtorno è svantto, l GIUng~ stns:iando ~ schi~ra luttuosa, l'esercito dell'angoscia, l E vegha nel suo letto. Adorno di avor10, vestito l Dt porpora e di raso non potrà mai aver pace quanto l Quelli che ~onsegnano il corpo alla terra dura. l Quando gli vien largito un h:eve sonno, l Morfeo lo mves~e e nella notte gli effigia l In grige immagini ciò ch'egli di g~orno ha pensato, l E lo atternsce ora col sarigue, ora col rovesciato trono, l E con incendi e :Ug?sce e morte e la coron_a usurpata].
Ibzd., p. III (Leo Armenzus, V, 53). [W o scepter, da ist furcht!] 10
FILIDOR, Trauer- Lust- und Misch-Spie/e cit. (Emelinde), p. IJ8. [Die traurige Melankoley wohnt mehrentheiles in Pallasten].
11 Cfr. AG~IU~ ALBERTINUS, Lucif= Kiinigreich und See/engefaidtcit., p. 300. [ ... zu Anfru:g .. · als ~t Emet;'-, den der tolle Hund gebissen hat: es kommen ihm eschreckliche Traume, er furchtet stch ohn' Ursach]. . " Ibid ., p. 4 I r. [An den Herrnhofen ist es gemeinklich Kalt vnnd allzeit Winter dann
die S?,nn der Gerechtigkeit !st weit von jhnen ... derowegen Zittern die Hofleut auB lauter Kiilte Forcht vnd Trawrtgkeit].
u8 Il dramma barocco tedesco
ad esso si raccolgono armoniosamente le idee filosofiche e le teorie politiche, che stanno alla base della concezione della storia come dramma. Il principe è il paradigma del melanconico. Nulla dimostra piu efficacemente la fragilità della creatura del fatto che anche il principe le è sottomesso. Uno dei passi piu potenti dei Pensieri di Pascal è quello in cui egli dà voce, con questa riflessione, al sentire del suo tempo. «L' Ame ne trouve rien en elle qui la contente. Elle n'y voit rien qui ne l'afflige quand elle y pense. C'est ce qui la contraint de se répandre au dehors, et de chercher dans l' application aux choses extérieures, à perdre le souvenir de son état véritable. Sa joie consiste dans cet oubli; et il suffit, pour la rendre misérable, de l'obliger de se voir et d'etre avec soi»6
• «La dignité royale n'est-elle pas assez grande d'elle-meme pour rendre celui qui la possède heureux parla seule vue de ce qu'il est? Faudra-t-il encore le divertir de cette pensée comme les gens du commun? Je vois bien que c'est rendre uh homme heuretix que de le détourner de la vue de ses misères domestiques, pour remplir toute sa pensée du soin de bien danser. Mais en sera-t-il de meme d'un Roi? Et sera-t-il plus heureux en s'attachant à ces vains amusements qu'à la vue de sa grandeur? Quel objet plus satisfaisant pourrait-on donner à son esprit? Ne serait-ce pas faire tort à sa joie d'occuper son ame à penserà ajuster ses pas à la cadence d'un air, ou à piacer adroitement une balle, au lieu de le laisser jouir en repos de la contemplation de la gloire majestueuse qui l' environne? Qu'on en fasse l'épreuve; qu'on laisse un Roi tout seui, sans aucune satisfaction des sens, sans aucun soin dans l'esprit, et l'on verra qu'un Roi qui se voit est un homme plein de misèrès, et qu'il les ressent comme un autre. Aussi on évite cela soigneusement et il ne manque jamais d'y avoir auprès des personnes des Rois un grand nombre de gens qui veillent à faire succéder le divertissement aux affaires, et qui observent tout le temps de leur loisir pour leur fournir des plaisirs et des jeux, en sorte qu'il n'y ait point de vide. C'est-à-dire qu'ils sont environnés de personnes qui ont un soin merveilleux de prendre garde que le Roi ne soit seui et en état de penser à soi, sachant qu'il sera malheureux, tout Roi qu'il est, s'il y pense»7 • Il dramma barocco tedesco fa ampia eco a queste parole. Sono state appena formulate, e subito ne abbiamo un riflesso. Leo Armenia parla del principe cosf:
6 BLAISE PASCAL, Pensées, Paris s. d. [1905], pp. 2.1 I sgg. 7 Ibid., pp. li5 sgg.
Dramma e tragedia (m)
Er. zagt vor se~nem sch~erdt. Wenn er zu tische geht, Wtrd der ge~schte wem, der in crystalle steht, In gall un? gtfft ve~~ehrt. Alsbald der tag erblichen, Kommt die .besc?warzte !!chaar, das heer der angst geschlichen, Und wacht m semem bett. Er kan in helffenbein In purpur und scharlat niemahl so ruhig seyn ' A1s die, so ihren leib vertraun der harten erden Mag ja der kurtze schlaff ihm noch zu theile w~rden So faJlt ihn Morpheus an und mahlt ihm in der nach~ Durch graue bilder vor, was er bey lichte dacht U~d schreckt ihn bald mi t blut, bald mit gestii;ztem throne, Mit brandt, mit ach und tod und hingeraubter crone•.
II9
E in forma epigrammatica: «Dove c'è scettro c'è terrore»9
Oppu~e: «La .tri~t~ melanconia dimora soprattutt~ nei palazzi»10:
Questi enu?~Iati nguardano sia lo stato interiore del sovrano che la sua condiziOne esterna, ed è perciò giustificato il richiamo a Pasca!. Perché il melanconico è «all'inizio ... come uno che è stato morso da un ~ane rabbioso.: gli vengono sogni terrificanti, e ha paur~ se~z~ m~t.tvo»~1
•• Cosf Agidius Albertinus, l'autore monacense di scnttt e~iftcanti, .m Lu.cifers Konigreich und Seelengeiaidt, un' opera che contie~e testiiD?ruanze caratteristiche per la concezione popolare, ~roprio perch.e estranea alle nuove teorie. Nello stesso testo leggiamo: «Alle corti dei signori è sempre freddo e inverno pere~~ il.sole della gius!izia è da loro lontano ... ragion per cui i cortlgiant tremano per il freddo, la paura e la tristezza»12
• Sono qe~a. stessa raz~a del cortigiano tipico descritto da Guevara, che ~gidtus Al~ertmus tradus~~· e se si pensa in lui all'intrigante, se SI pensa al tiranno, allora l Immagine della corte non è molto lontana da quella dell'inferno, che è detto infatti il luogo del lutto
• GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 34 (Leo Armenius, I, 385 sgg.). [Teme la propria spada .. Q':'ando va a t~vola, l !l vino ~escolato nei cristalli, l Gli va in fiele e in veleno. Appena il. gtorno è svantto, l GIUng~ stns:iando ~ schi~ra luttuosa, l'esercito dell'angoscia, l E vegha nel suo letto. Adorno di avor10, vestito l Dt porpora e di raso non potrà mai aver pace quanto l Quelli che ~onsegnano il corpo alla terra dura. l Quando gli vien largito un h:eve sonno, l Morfeo lo mves~e e nella notte gli effigia l In grige immagini ciò ch'egli di g~orno ha pensato, l E lo atternsce ora col sarigue, ora col rovesciato trono, l E con incendi e :Ug?sce e morte e la coron_a usurpata].
Ibzd., p. III (Leo Armenzus, V, 53). [W o scepter, da ist furcht!] 10
FILIDOR, Trauer- Lust- und Misch-Spie/e cit. (Emelinde), p. IJ8. [Die traurige Melankoley wohnt mehrentheiles in Pallasten].
11 Cfr. AG~IU~ ALBERTINUS, Lucif= Kiinigreich und See/engefaidtcit., p. 300. [ ... zu Anfru:g .. · als ~t Emet;'-, den der tolle Hund gebissen hat: es kommen ihm eschreckliche Traume, er furchtet stch ohn' Ursach]. . " Ibid ., p. 4 I r. [An den Herrnhofen ist es gemeinklich Kalt vnnd allzeit Winter dann
die S?,nn der Gerechtigkeit !st weit von jhnen ... derowegen Zittern die Hofleut auB lauter Kiilte Forcht vnd Trawrtgkeit].
!20 Il dramma barocco tedesco
eterno. Anche lo «spirito di tristezza»!} che troviamo in Harsdorffer non è probabilmente altri che il Demonio. Alla stessa melanconia che prende il sopravvento sull'uomo con i brividi dell'angoscia i dotti attribuiscono quelle apparizioni tra le quali suole compiersi la fine del despota. Che i casi gravi sfocino nella pazzia, è
· dato per certo. E il tiranno rimane un modello fin nella sua rovina. «Vengono meno, dunque, in lui, vivo il corpo, i sensi, poiché egli non vede e non sente piu il mondo, qu~e intorr:o a ~ui ~i~e e si muove, bensf soltanto le menzogne che il demoruo gli dipmge nel cervello e gli soffia nelle orecchie, finché alla fine egli cad~ in preda alla follia e muore nella disperazione»14. Questa, secondo Agidius Albertinus, la fine del melanconico. Caratteristico e abbastanza curioso è, nella Sophonisbe, il tentativo di screditare la Gelosia come figura allegorica attribuendole i gesti del folle melanconico. Se infatti la confutazione allegorica della gelosia appare qui singolare15, se non altro per il fatto che la gelosia di Siface per Massinissa è piu che motivata, è estremamente significativo il fatto che il delirio della gelosia venga caratterizzato dapprima come un inganno dei sensi - scambiare per rivali gli scarafaggi, le cavallette, le ombre ecc. -, e che poi la gelosia, ad onta delle spiegazioni razionali, continui a diffidarne richiamandosi al mito del rivale divino. L'insieme non è tanto l'analisi di una passione, quanto di un grave disturbo psichico. Agidius Albertinus consiglia esp~essamer:t~ di mettere i melanconici in ceppi, «in modo che codesti fantast1c1 non diventino mostri, tiranni e assassini dei giovani o delle donne»16. In catene appare anche il Nabucodonosor di Hunold17.
La codificazione di questo complesso sintomatico risale all'Alto Medioevo, e la forma che la scuola medica di Salerno, attraverso il suo maggiore esponente Costantino Africano, aveva dato nel xn secolo alla· dottrina dei temperamenti, rimase viva fino al Rinascimento. Secondo questa dottrina il melanconico è «invidioso, triste, avido, avaro, infedele, pauroso e terreo»18
, e l' humor me-
"HARSDORFFER, PoetischerTrichtercit., J, p. n6 .. 14 Nella prima edizione la citazione non è numerata. Si tratta prohl!hilmente di una pa
rafrasi di Benjamin [N. d. T.]. "Cfr. LOHENSTF:IN, Afrikanische Trauerspielecit., pp. 308 sgg. (Sophonisbe, III, 431 sgg.}. 16 AGIDWS ALBERTINUS, Luci/ers Konigreich und Seelengeiaidt cit., p. 414. [ ... damit au.B
solchen Fantasten keine Wiitrich Tyrannen vnd der Jugendt oder Weibermorder gebriitet werden].
17 Cfr. HUNOLD, Theatralische Galante cit., p. r8o (Nebucadnezar, III, J). 18 CARL GIEHLOW, Diirers Stich .rMelencolia I» und der maximilianische Humanistenkreis,
Dramma e tragedia (m) 121
lancholicus è il «complesso piu abietto»19• La patologia umorale in
dividuava la causa di questi fenomeni nell'eccesso dell'elemento secco e freddo nell'uomo. Tale elemento era la bile nera- bilis innaturalis o atra, contrapposta alla bilis naturalis o candida - cosf come il temperamento umido e caldo - sanguigno - si credeva avesse la sua sede nel sangue, quello umido e freddo - flemmatico -nell'acqua, e quello asciutto e caldo - collerico - nella bile gialla. Secondo questa teoria, inoltre, la milza aveva un'importanza decisiva nella formazione della bile nera. Il sangue «denso e secco» che scorre nella milza e che vi prende il sopravvento diminuisce il riso nell'uomo e genera l'ipocondria. L'origine fisiologica della melanconia- «0 è solo fantasia quella che turba lo spirito stanco, l Il quale, essendo nel corpo, ama la propria pena ?» 20
, come si legge in Gryphius - doveva esercitare una forte impressione sul Barocco, che aveva davanti agli occhi la miseria della condizione umana nel suo stato creaturale. Se dagli abissi del dominio creaturale, a cui la speculazione dell'epoca si vedeva legata dai lacci della Chiesa, sale la melanconia, la sua onnipotenza è dichiarata. Tra le intenzioni contemplative essa è in effetti quella propriamente creaturale, e da sempre è stato osservato che lo sguardo del cane la esprime con non minore intensità del genio che rimugina. «Grazioso signore, la tristezza non è fatta per le bestie, ma per gli uomini; solo quando gli uomini le van dietro oltre ogni misura diventano bestie»21
: con queste parole Sancho si rivolge a Don Chisciatte. In termini teologici lo stesso pensiero si ritrova in Paracelso, e ben difficilmente è il risultato di sue deduzioni originali. «L'allegrezza e la tristezza sono del pari nate da Adamo ed Eva. L'allegrezza è depositata in Eva e la tristezza in Adamo ... Un essere umano allegro quanto Eva non nascerà mai piu: e similmente, quanto è stato triste Adamo, nessun uomo sarà mai piu. Poiché le due materie di Adamo e di Eva si sono mescolate, cosi che la tristezza è stata temperata dall'allegrezza, e ugualmente l'allegrezza dalla tristezza ... L'ira, la tirannia, e la facoltà del furo-·
in «Mitteilungen der Gesellschaft fìir vervielfiiltigende Kunst», supplemento a «Graphischen Kiinste», XXVI (1903), n. 2, p. 32.
" Wiener Hofbibliothek, Codex 5486 (Sammelband medizinischer Manuskripte von 1471) cit. in GIEHLOW, Dìirers Stich .rMelencolia I» cit., p. 34·
"'GRYPHIUs, Trauerspiele cit., p. 91 (Leo Armenius, III, 406 sgg.}. [Oder ist nur phantasey, die den miiden geist betriibet,l Welcher, weil er in dem corper, seinen eignen kummer liebet ?]
21 MIGUEL CERVANTES DE SAAVJ!DRA, Don Quixote, Leipzig 1914, vol. II, p. ro6.
!20 Il dramma barocco tedesco
eterno. Anche lo «spirito di tristezza»!} che troviamo in Harsdorffer non è probabilmente altri che il Demonio. Alla stessa melanconia che prende il sopravvento sull'uomo con i brividi dell'angoscia i dotti attribuiscono quelle apparizioni tra le quali suole compiersi la fine del despota. Che i casi gravi sfocino nella pazzia, è
· dato per certo. E il tiranno rimane un modello fin nella sua rovina. «Vengono meno, dunque, in lui, vivo il corpo, i sensi, poiché egli non vede e non sente piu il mondo, qu~e intorr:o a ~ui ~i~e e si muove, bensf soltanto le menzogne che il demoruo gli dipmge nel cervello e gli soffia nelle orecchie, finché alla fine egli cad~ in preda alla follia e muore nella disperazione»14. Questa, secondo Agidius Albertinus, la fine del melanconico. Caratteristico e abbastanza curioso è, nella Sophonisbe, il tentativo di screditare la Gelosia come figura allegorica attribuendole i gesti del folle melanconico. Se infatti la confutazione allegorica della gelosia appare qui singolare15, se non altro per il fatto che la gelosia di Siface per Massinissa è piu che motivata, è estremamente significativo il fatto che il delirio della gelosia venga caratterizzato dapprima come un inganno dei sensi - scambiare per rivali gli scarafaggi, le cavallette, le ombre ecc. -, e che poi la gelosia, ad onta delle spiegazioni razionali, continui a diffidarne richiamandosi al mito del rivale divino. L'insieme non è tanto l'analisi di una passione, quanto di un grave disturbo psichico. Agidius Albertinus consiglia esp~essamer:t~ di mettere i melanconici in ceppi, «in modo che codesti fantast1c1 non diventino mostri, tiranni e assassini dei giovani o delle donne»16. In catene appare anche il Nabucodonosor di Hunold17.
La codificazione di questo complesso sintomatico risale all'Alto Medioevo, e la forma che la scuola medica di Salerno, attraverso il suo maggiore esponente Costantino Africano, aveva dato nel xn secolo alla· dottrina dei temperamenti, rimase viva fino al Rinascimento. Secondo questa dottrina il melanconico è «invidioso, triste, avido, avaro, infedele, pauroso e terreo»18
, e l' humor me-
"HARSDORFFER, PoetischerTrichtercit., J, p. n6 .. 14 Nella prima edizione la citazione non è numerata. Si tratta prohl!hilmente di una pa
rafrasi di Benjamin [N. d. T.]. "Cfr. LOHENSTF:IN, Afrikanische Trauerspielecit., pp. 308 sgg. (Sophonisbe, III, 431 sgg.}. 16 AGIDWS ALBERTINUS, Luci/ers Konigreich und Seelengeiaidt cit., p. 414. [ ... damit au.B
solchen Fantasten keine Wiitrich Tyrannen vnd der Jugendt oder Weibermorder gebriitet werden].
17 Cfr. HUNOLD, Theatralische Galante cit., p. r8o (Nebucadnezar, III, J). 18 CARL GIEHLOW, Diirers Stich .rMelencolia I» und der maximilianische Humanistenkreis,
Dramma e tragedia (m) 121
lancholicus è il «complesso piu abietto»19• La patologia umorale in
dividuava la causa di questi fenomeni nell'eccesso dell'elemento secco e freddo nell'uomo. Tale elemento era la bile nera- bilis innaturalis o atra, contrapposta alla bilis naturalis o candida - cosf come il temperamento umido e caldo - sanguigno - si credeva avesse la sua sede nel sangue, quello umido e freddo - flemmatico -nell'acqua, e quello asciutto e caldo - collerico - nella bile gialla. Secondo questa teoria, inoltre, la milza aveva un'importanza decisiva nella formazione della bile nera. Il sangue «denso e secco» che scorre nella milza e che vi prende il sopravvento diminuisce il riso nell'uomo e genera l'ipocondria. L'origine fisiologica della melanconia- «0 è solo fantasia quella che turba lo spirito stanco, l Il quale, essendo nel corpo, ama la propria pena ?» 20
, come si legge in Gryphius - doveva esercitare una forte impressione sul Barocco, che aveva davanti agli occhi la miseria della condizione umana nel suo stato creaturale. Se dagli abissi del dominio creaturale, a cui la speculazione dell'epoca si vedeva legata dai lacci della Chiesa, sale la melanconia, la sua onnipotenza è dichiarata. Tra le intenzioni contemplative essa è in effetti quella propriamente creaturale, e da sempre è stato osservato che lo sguardo del cane la esprime con non minore intensità del genio che rimugina. «Grazioso signore, la tristezza non è fatta per le bestie, ma per gli uomini; solo quando gli uomini le van dietro oltre ogni misura diventano bestie»21
: con queste parole Sancho si rivolge a Don Chisciatte. In termini teologici lo stesso pensiero si ritrova in Paracelso, e ben difficilmente è il risultato di sue deduzioni originali. «L'allegrezza e la tristezza sono del pari nate da Adamo ed Eva. L'allegrezza è depositata in Eva e la tristezza in Adamo ... Un essere umano allegro quanto Eva non nascerà mai piu: e similmente, quanto è stato triste Adamo, nessun uomo sarà mai piu. Poiché le due materie di Adamo e di Eva si sono mescolate, cosi che la tristezza è stata temperata dall'allegrezza, e ugualmente l'allegrezza dalla tristezza ... L'ira, la tirannia, e la facoltà del furo-·
in «Mitteilungen der Gesellschaft fìir vervielfiiltigende Kunst», supplemento a «Graphischen Kiinste», XXVI (1903), n. 2, p. 32.
" Wiener Hofbibliothek, Codex 5486 (Sammelband medizinischer Manuskripte von 1471) cit. in GIEHLOW, Dìirers Stich .rMelencolia I» cit., p. 34·
"'GRYPHIUs, Trauerspiele cit., p. 91 (Leo Armenius, III, 406 sgg.}. [Oder ist nur phantasey, die den miiden geist betriibet,l Welcher, weil er in dem corper, seinen eignen kummer liebet ?]
21 MIGUEL CERVANTES DE SAAVJ!DRA, Don Quixote, Leipzig 1914, vol. II, p. ro6.
I 2 2 Il dramma barocco tedesco
re, e parimenti la mitezza, la ricchezza di virtU., e la modestia, anch'esse vengono da quei due: le prime da Eva, le altre da Adam~, e si distribuirono mescolandosi all'intera progenie»22
• Adamo, primogenito di una creazione intatt~, ~ssied~ l~ tristezza creaturale, Eva, creata per ralle~arlo, .poSSled; la .le!tzta. Il .legame convenzionale tra melancorua e follia non e qw riSpettato: doveva es~ere proprio Eva a introdurre il peccato originale. 9"?est~ conce~10n~ della melanconia come tristezza non è però ongmar!a. Nell antt: chità essa era intesa piuttosto dialetticamente: sotto il concetto di melanconia un celebre passo aristotelico mette in relazione la g~nialità con la pazzia. Ora, la teoria s~tom~tica. della melancorua esposta nel cap. xxx dei Problemata è rtmasta m vtgore per ~ltre due millenni. Ercole Egiziaco è il prototipo di un caratt~e des!mato al: le imprese piu alte prima di sprofondare nella pazZia .. «G~ estremi opposti di una intensa attività spirituale e. della sua ptu ~b!5sale rovina» susciteranno nell'osservatore propno per la loro vtcmanza lo stesso brivido di orrore2
'. Occorre poi aggi~gere ~e l~ ~eni~tà melanconica suole annunciarsi soprattutto m ambtto divmatono. Antica - e ripresa dal trattato aristote~co De ~ivinati~ne somnium - è l'idea secondo la quale la melanco?Ja f~v~ruebbe ~ ~ono della veggenza. E_questo resid~o intatt~ dt ~tt~h} teo~emt ritorna alla luce nella tradizione medievale det sogru VlStonan, che ~arebbe;o accordati appunto al melanconico. Anche n~l xvn secolo m.c,ontnamo diagnosi del genere, e sia pure su un .regtstro se~p.~e pm cupo: «Una generale tristezza suole preannunciare l~ peggton.sventure». E cosf pure, con forte rilievo, il ~el poe~a di Tscherrung, Melancholey Redet se/ber [La melancorua parla m persona]:
Ich Mutter schweren bluts ich faule Last der Erden Wil sagen was ich bin und was dur~ m.ich.kan ~~den. Ich bin die schwartze Gal! 'nechst 1m Latem gehort Im Deutschen aber nun und keines doch gelehrt. . Ich kan durch wahnwitz fast so gute V erse schreiben Als einer der sich liist den weisen Fobus treiben
:u PARACELSO, Erster Theil der Bucher und Schrifften, Basel 1589, part~ I, ~P: 36~ ~g. [D. Froligkeit vnn die Traurigkeit ist auch geboren von Adam vnn Eua. Dte Froligkett ~st in ~ua gelegen vnn die Traurigkeit in Adam ... So ein frolichs Mensch als ?ua çewes~ 1St wirdt nimmermehr geboren: De.Bgleichen als traurig als Adam gewese? 1St wtr?t wetter kein Mensch geboren. Da~ die zwo Materien A~~e v~ Euae ~be~. s!ch ;rerm1sch~ daB die Traurigkeit temperiert 1st worden vonn der Froligke1t vnnd di~ Froligkett de.Bgle~chen von der Traurigkeit ... Der Zorn Tyranney vnnd die Wuet.end Etge~afft de.Bgletchen die Mildte Tugentreiche vnnd Bescheidenheit ist auch yon ~ ~yden hie: daB Erste von Eua, das Ander von Adamo, und dur~ ve~ung emgetheilt mn alle Proles].
., GIEHLOW, Durers Stich .rMelencolia l» c1t., XXVII (1904), p. 7'~ (n. 4).
Dramma e tragedia (m) I 2 3
Den Vater aller Kunst. Ich fiirchte nur allein Es mochte bey der W el t der Argwohn von mir seyn Als ob vom Hollengeist ich etwas wolt'ergriinden Sonst kont' ich vor der Zeit was noch nicht ist verkiinden Indessen bleib ich doch stets eine Poetinn Besinge meinen fall und was ich selber bin. Und diesen Ruhm hat mir mein edles Blut geleget Und Himmelischer Geist warm der sich in mir reget Entziind ich als ein Gott die Herzten schleunig an Da gehn sie ausser sich und suchen eine Bahn Die mehr als Weltlich ist. Hat jemand was gesehen Von der Sibyllen Han d so ists durch mich geschehen24 •
La tenacia di questo schema, proprio di un'analisi antropologica di non comune profondità, è tale da sorprendere. Ancora Kant dipingeva il quadro del melanconico con gli stessi colori che troviamo nei teorici piu antichi: le Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime gli attribuiscono «desiderio di vendetta ... avrà visioni, sentirà voci ... sogni premonitori, vaticini, prodigi»25 •
Se nella scuola di Salerno l'antica patologia umorale rivive attraverso la mediazione della scienza araba, l'Arabia fu anche la eustode di quell'altra scienza ellenistica di cui si nutrf la teoria del melanconico: l'astrologia. Qualè fonte principale della lettura medievale degli astri si può indicare l'astronomia di Abii Ma'shar, a sua volta debitrice di fonti tardoantiche. La teoria della melanconia sta in un rapporto preciso con la dottrina degli influssi astrali. E fra i vari influssi, quello che presiedeva all'umore melanconico non poteva essere che il piu sciagurato, quello di Saturno. Se, com'è noto, nella teoria del temperamento melanconico il registro astrologico e quello medico rimangono separati - Paracelso voleva bandire la melanconia dal secondo per relegarla nel primo2\ e
"'TSCHERNING, Vortrab Des Sommers cit. [lo madre di sangue greve, io pigro gravame della terra l Voglio dire che cosa sono, e quali sono i miei poteri. l Sono la bile nera, come prima si diceva in latino l E ora anche in tedesco l Eppure nessuno mi conosce. l So, attraverso la follia, scrivere versi buoni, l Come quelli di chi si lascia guidare dal saggio Febo, l TI padre di ogni arte. E temo soltanto l Che intorno a me nel mondo si generi il sospetto l Come se volessi scrutare gli spiriti infernali l Cos! da annunciare prima del tempo ciò che ancora non è. l Intanto rimango una poetessa, l Canto la mia caduta e quel ch'io so· no. l E questa fama mi viene dal mio nobile sangue l E da spirito celeste, quand'esso aleggia in me. l Accendo allora i cuori come un dio l Ed essi van fuori di sé, e cercano una via l Piu che mondana. Se mai qualcuno ha visto qualcosa l Per mano delle SibilJe, ciò è avvenuto grazie a me].
, IMMANUEL KANT, Beobachtungen uber das Gefuhl des SchOnen und Erhabenen, Konigsberg 1764, pp. 33 sgg.; trad. it. di P. Carabellese in Scritti precritici, Bari 1982, p. 308 .
" Cfr. PARACELSo, Erster Theil der Bucher und Schrifften cit., .PP· 82 sgg., 86; ibid.: An-
I 2 2 Il dramma barocco tedesco
re, e parimenti la mitezza, la ricchezza di virtU., e la modestia, anch'esse vengono da quei due: le prime da Eva, le altre da Adam~, e si distribuirono mescolandosi all'intera progenie»22
• Adamo, primogenito di una creazione intatt~, ~ssied~ l~ tristezza creaturale, Eva, creata per ralle~arlo, .poSSled; la .le!tzta. Il .legame convenzionale tra melancorua e follia non e qw riSpettato: doveva es~ere proprio Eva a introdurre il peccato originale. 9"?est~ conce~10n~ della melanconia come tristezza non è però ongmar!a. Nell antt: chità essa era intesa piuttosto dialetticamente: sotto il concetto di melanconia un celebre passo aristotelico mette in relazione la g~nialità con la pazzia. Ora, la teoria s~tom~tica. della melancorua esposta nel cap. xxx dei Problemata è rtmasta m vtgore per ~ltre due millenni. Ercole Egiziaco è il prototipo di un caratt~e des!mato al: le imprese piu alte prima di sprofondare nella pazZia .. «G~ estremi opposti di una intensa attività spirituale e. della sua ptu ~b!5sale rovina» susciteranno nell'osservatore propno per la loro vtcmanza lo stesso brivido di orrore2
'. Occorre poi aggi~gere ~e l~ ~eni~tà melanconica suole annunciarsi soprattutto m ambtto divmatono. Antica - e ripresa dal trattato aristote~co De ~ivinati~ne somnium - è l'idea secondo la quale la melanco?Ja f~v~ruebbe ~ ~ono della veggenza. E_questo resid~o intatt~ dt ~tt~h} teo~emt ritorna alla luce nella tradizione medievale det sogru VlStonan, che ~arebbe;o accordati appunto al melanconico. Anche n~l xvn secolo m.c,ontnamo diagnosi del genere, e sia pure su un .regtstro se~p.~e pm cupo: «Una generale tristezza suole preannunciare l~ peggton.sventure». E cosf pure, con forte rilievo, il ~el poe~a di Tscherrung, Melancholey Redet se/ber [La melancorua parla m persona]:
Ich Mutter schweren bluts ich faule Last der Erden Wil sagen was ich bin und was dur~ m.ich.kan ~~den. Ich bin die schwartze Gal! 'nechst 1m Latem gehort Im Deutschen aber nun und keines doch gelehrt. . Ich kan durch wahnwitz fast so gute V erse schreiben Als einer der sich liist den weisen Fobus treiben
:u PARACELSO, Erster Theil der Bucher und Schrifften, Basel 1589, part~ I, ~P: 36~ ~g. [D. Froligkeit vnn die Traurigkeit ist auch geboren von Adam vnn Eua. Dte Froligkett ~st in ~ua gelegen vnn die Traurigkeit in Adam ... So ein frolichs Mensch als ?ua çewes~ 1St wirdt nimmermehr geboren: De.Bgleichen als traurig als Adam gewese? 1St wtr?t wetter kein Mensch geboren. Da~ die zwo Materien A~~e v~ Euae ~be~. s!ch ;rerm1sch~ daB die Traurigkeit temperiert 1st worden vonn der Froligke1t vnnd di~ Froligkett de.Bgle~chen von der Traurigkeit ... Der Zorn Tyranney vnnd die Wuet.end Etge~afft de.Bgletchen die Mildte Tugentreiche vnnd Bescheidenheit ist auch yon ~ ~yden hie: daB Erste von Eua, das Ander von Adamo, und dur~ ve~ung emgetheilt mn alle Proles].
., GIEHLOW, Durers Stich .rMelencolia l» c1t., XXVII (1904), p. 7'~ (n. 4).
Dramma e tragedia (m) I 2 3
Den Vater aller Kunst. Ich fiirchte nur allein Es mochte bey der W el t der Argwohn von mir seyn Als ob vom Hollengeist ich etwas wolt'ergriinden Sonst kont' ich vor der Zeit was noch nicht ist verkiinden Indessen bleib ich doch stets eine Poetinn Besinge meinen fall und was ich selber bin. Und diesen Ruhm hat mir mein edles Blut geleget Und Himmelischer Geist warm der sich in mir reget Entziind ich als ein Gott die Herzten schleunig an Da gehn sie ausser sich und suchen eine Bahn Die mehr als Weltlich ist. Hat jemand was gesehen Von der Sibyllen Han d so ists durch mich geschehen24 •
La tenacia di questo schema, proprio di un'analisi antropologica di non comune profondità, è tale da sorprendere. Ancora Kant dipingeva il quadro del melanconico con gli stessi colori che troviamo nei teorici piu antichi: le Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime gli attribuiscono «desiderio di vendetta ... avrà visioni, sentirà voci ... sogni premonitori, vaticini, prodigi»25 •
Se nella scuola di Salerno l'antica patologia umorale rivive attraverso la mediazione della scienza araba, l'Arabia fu anche la eustode di quell'altra scienza ellenistica di cui si nutrf la teoria del melanconico: l'astrologia. Qualè fonte principale della lettura medievale degli astri si può indicare l'astronomia di Abii Ma'shar, a sua volta debitrice di fonti tardoantiche. La teoria della melanconia sta in un rapporto preciso con la dottrina degli influssi astrali. E fra i vari influssi, quello che presiedeva all'umore melanconico non poteva essere che il piu sciagurato, quello di Saturno. Se, com'è noto, nella teoria del temperamento melanconico il registro astrologico e quello medico rimangono separati - Paracelso voleva bandire la melanconia dal secondo per relegarla nel primo2\ e
"'TSCHERNING, Vortrab Des Sommers cit. [lo madre di sangue greve, io pigro gravame della terra l Voglio dire che cosa sono, e quali sono i miei poteri. l Sono la bile nera, come prima si diceva in latino l E ora anche in tedesco l Eppure nessuno mi conosce. l So, attraverso la follia, scrivere versi buoni, l Come quelli di chi si lascia guidare dal saggio Febo, l TI padre di ogni arte. E temo soltanto l Che intorno a me nel mondo si generi il sospetto l Come se volessi scrutare gli spiriti infernali l Cos! da annunciare prima del tempo ciò che ancora non è. l Intanto rimango una poetessa, l Canto la mia caduta e quel ch'io so· no. l E questa fama mi viene dal mio nobile sangue l E da spirito celeste, quand'esso aleggia in me. l Accendo allora i cuori come un dio l Ed essi van fuori di sé, e cercano una via l Piu che mondana. Se mai qualcuno ha visto qualcosa l Per mano delle SibilJe, ciò è avvenuto grazie a me].
, IMMANUEL KANT, Beobachtungen uber das Gefuhl des SchOnen und Erhabenen, Konigsberg 1764, pp. 33 sgg.; trad. it. di P. Carabellese in Scritti precritici, Bari 1982, p. 308 .
" Cfr. PARACELSo, Erster Theil der Bucher und Schrifften cit., .PP· 82 sgg., 86; ibid.: An-
124 n dramma barocco tedesco
se le speculazioni armonizzanti intessute sulle loro basi possono apparire casuali in rapporto al carattere empirico, allora è stupefacente, e quasi inspiegabile, la ricchezza di osservazioni antropologiche in cui essa sfocia. Vengono in mente remoti particolari, come l'inclinazione del melanconico ai lunghi viaggi: di qui il mare sullo sfondo della Melencolia diireriana; ma anche l'esotismo fanatico dei drammi di Lohenstein, il gusto, proprio dell'epoca, per le descrizioni di viaggio. Qui la deduzione astronomica è oscura. Diverso è il caso quando la distanza dalla terra, e quindi la lunga durata orbitale del pianeta, non vengono piu intesi in senso nefasto, come faceva la scuola di Salerno richiamandosi al divino principio che assegna all'astro minaccioso il posto piu remoto, ma vengono intesi al contrario in senso benefico, e la profondità di spirito del melanconico viene attribuita a Saturno, il quale, «come il pianeta piu alto e piu lontano dalla vita quotidiana, e come ispiratore di ogni profonda contemplazione, richiama l'anima dall'esteriorità verso l'interno, la fa salire sempre piu in alto e infine le concede il sapere supremo e i doni della profezia»27
• Nelle interpretazioni di questo tipo, che conferiscono agli sviluppi di quelle dottrine il loro fascino peculiare, si annuncia un tratto dialettico della concezione di Saturno, che corrisponde nel modo piu sorprendente alla dialettica del concetto greco di melanconia. L'aver scoperto questo nucleo vitale dell'immagine di Saturno è il merito specifico di Panofsky e Saxl nel loro bel lavoro Durers Melencolia I, un merito che si aggiunge alle scoperte del loro straordinario modello, ovvero gli studi di Giehlow Durers Stich «Melencolia I» und der maximilianische Humanistenkreis [La Melencolia I di Diirer e la cerchia umanistica di Massimiliano]. Leggiamo cosi nello studio piu recente: «Questa extremitas che, rispetto agli altri tre temperamenti, ha reso la melanconia cosi significativa e problematica, cosi benefica e inquietante per tutti i secoli. a seguire ... fonda anche il rapporto piu profondo e decisivo tra la melanconia e Saturno ... Come la melanconia, cosi anche Saturno, questo demone degli opposti, rende l'anima da un lato inerte ed ottusa, e dall'altro le conferisce il vigore dell'intelligenza e della contemplazione; come la melanconia, cosi anche Saturno minaccia i suoi sudditi, fossero anche gli spiriti piu illuminati, coi pericoli della follia e del delirio, quel Saturno che, per citare Ficino, "di rado
• der Theil der Bucher und Schri/ften, pp. zo6; ibid.: Vierdter Theil der BiJcher und Schrif/ten, pp. 157 sgg. Vedi anche I, p. 44; IV, pp. 189 sgg.
n GIEHLOW, Durers Stich .rMelencolia Iv cit., XXVII (1904), n. 1-2, p. 14.
Dramma e tragedia (m) 125
sc:g~a. caratte;i ~ dest~ comuni, ma individui diversi dagli altri, divltll o bestiali, beatl oppure oppressi nella piu profonda miseria" »28
• Per quanto riguarda questa dialettica saturnina essa richiede una spiegazione «che va cercata nella struttura inclma della con~ezione mitologica di Crono in quanto tale ... La rappresc:ntaziOne di Crono non è solo dualistica in rapporto all'azione del di_? verso l'~sterno, ma lo è anche in rapporto al suo proprio destmo, ~e; dir cosi personale, e lo è inoltre con una tale ampiezza e drast1c1tà che Crono può venire senz' altro definito come un dio degli estremi. Da un lato egli è il signore dell'età dell'oro ... -dall'altro è il dio triste, detronizzato e oltraggiato ... da un lato egli genera (e divora) innumerevoli figli ... dall'altro è condannato a un:eterna sterilità; da un lato egli è ... uno spirito maligno da raggtta;e con l'a~tuzi~ ... dall'altro è l'antico dio della saggezza, che ... m quanto Intelligenza suprema viene venerato come 3tQOf.I.TJ· iteuç e 3tQOfLUVtwç •.• In questa polarità immanente del concetto di Crono trova la sua spiegazione ultima il carattere peculiare della rappresentazione astrologica di Saturno - un carattere che risulta determinato in ultima analisi da uno spiccato e fondamentale dua-li 29p • il smo» . « er portare un esempiO, ancora· commentatore dante-sco J acopo della Lana ha delineato con estrema chiarezza questa antitesi immanente, e l'ha motivata con acume, mostrando come Saturno, per la sua qualità di pianeta grave, freddo, asciutto generi individui completamente materiali, adatti al duro lavoro del campi --: mentre in virtU della sua posizione, essendo il piu alto dei pianet!, genera al contrario gli individui piu spirituali, i piu lontani dalla vita terrena, i "religiosi contemplativi" »'0 • Nell'ambito di questa dialettica si svolge la storia del problema della melanconia. In questa storia è la magia rinascimentale a rappresentare il punto piu alto. Se le osservazioni di Aristotele sulla duplicità del temperamento melanconico, cosi come il carattere antitetico dell'influsso saturnino avevano dato luogo nel Medioevo a una concezione puramente demonica di tale influsso, conforme alla speculazione cristiana, col Rinascimento riemerse nuovamente, dalle antiche fonti, l'intero repertorio delle vecchie teorie. Avere scoperto questo
• 28 ~WIN PANOFSKY e ~ .sAXL, purers .rMe/e.ncolia I». Bine quel/en- und typenge
schtchtliche Untersuchung, Le1pz1g-Berlin 1923, pp. r8 sgg.; cfr. trad. it. in RAYMOND KLI· BANSKY, ERWIN PANOFSKY e FRITZ SAXL, Satumo e la melanconia. Studi di storia della/ilosofia naturale, religione e arte, Torino 1983, pp. 148.
"Ibid., p. ro; cfr. trad. it. cit., p. 125 sgg. ,. Ibid., p. 14; cfr. trad. it. ci t., p. 2 38.
124 n dramma barocco tedesco
se le speculazioni armonizzanti intessute sulle loro basi possono apparire casuali in rapporto al carattere empirico, allora è stupefacente, e quasi inspiegabile, la ricchezza di osservazioni antropologiche in cui essa sfocia. Vengono in mente remoti particolari, come l'inclinazione del melanconico ai lunghi viaggi: di qui il mare sullo sfondo della Melencolia diireriana; ma anche l'esotismo fanatico dei drammi di Lohenstein, il gusto, proprio dell'epoca, per le descrizioni di viaggio. Qui la deduzione astronomica è oscura. Diverso è il caso quando la distanza dalla terra, e quindi la lunga durata orbitale del pianeta, non vengono piu intesi in senso nefasto, come faceva la scuola di Salerno richiamandosi al divino principio che assegna all'astro minaccioso il posto piu remoto, ma vengono intesi al contrario in senso benefico, e la profondità di spirito del melanconico viene attribuita a Saturno, il quale, «come il pianeta piu alto e piu lontano dalla vita quotidiana, e come ispiratore di ogni profonda contemplazione, richiama l'anima dall'esteriorità verso l'interno, la fa salire sempre piu in alto e infine le concede il sapere supremo e i doni della profezia»27
• Nelle interpretazioni di questo tipo, che conferiscono agli sviluppi di quelle dottrine il loro fascino peculiare, si annuncia un tratto dialettico della concezione di Saturno, che corrisponde nel modo piu sorprendente alla dialettica del concetto greco di melanconia. L'aver scoperto questo nucleo vitale dell'immagine di Saturno è il merito specifico di Panofsky e Saxl nel loro bel lavoro Durers Melencolia I, un merito che si aggiunge alle scoperte del loro straordinario modello, ovvero gli studi di Giehlow Durers Stich «Melencolia I» und der maximilianische Humanistenkreis [La Melencolia I di Diirer e la cerchia umanistica di Massimiliano]. Leggiamo cosi nello studio piu recente: «Questa extremitas che, rispetto agli altri tre temperamenti, ha reso la melanconia cosi significativa e problematica, cosi benefica e inquietante per tutti i secoli. a seguire ... fonda anche il rapporto piu profondo e decisivo tra la melanconia e Saturno ... Come la melanconia, cosi anche Saturno, questo demone degli opposti, rende l'anima da un lato inerte ed ottusa, e dall'altro le conferisce il vigore dell'intelligenza e della contemplazione; come la melanconia, cosi anche Saturno minaccia i suoi sudditi, fossero anche gli spiriti piu illuminati, coi pericoli della follia e del delirio, quel Saturno che, per citare Ficino, "di rado
• der Theil der Bucher und Schri/ften, pp. zo6; ibid.: Vierdter Theil der BiJcher und Schrif/ten, pp. 157 sgg. Vedi anche I, p. 44; IV, pp. 189 sgg.
n GIEHLOW, Durers Stich .rMelencolia Iv cit., XXVII (1904), n. 1-2, p. 14.
Dramma e tragedia (m) 125
sc:g~a. caratte;i ~ dest~ comuni, ma individui diversi dagli altri, divltll o bestiali, beatl oppure oppressi nella piu profonda miseria" »28
• Per quanto riguarda questa dialettica saturnina essa richiede una spiegazione «che va cercata nella struttura inclma della con~ezione mitologica di Crono in quanto tale ... La rappresc:ntaziOne di Crono non è solo dualistica in rapporto all'azione del di_? verso l'~sterno, ma lo è anche in rapporto al suo proprio destmo, ~e; dir cosi personale, e lo è inoltre con una tale ampiezza e drast1c1tà che Crono può venire senz' altro definito come un dio degli estremi. Da un lato egli è il signore dell'età dell'oro ... -dall'altro è il dio triste, detronizzato e oltraggiato ... da un lato egli genera (e divora) innumerevoli figli ... dall'altro è condannato a un:eterna sterilità; da un lato egli è ... uno spirito maligno da raggtta;e con l'a~tuzi~ ... dall'altro è l'antico dio della saggezza, che ... m quanto Intelligenza suprema viene venerato come 3tQOf.I.TJ· iteuç e 3tQOfLUVtwç •.• In questa polarità immanente del concetto di Crono trova la sua spiegazione ultima il carattere peculiare della rappresentazione astrologica di Saturno - un carattere che risulta determinato in ultima analisi da uno spiccato e fondamentale dua-li 29p • il smo» . « er portare un esempiO, ancora· commentatore dante-sco J acopo della Lana ha delineato con estrema chiarezza questa antitesi immanente, e l'ha motivata con acume, mostrando come Saturno, per la sua qualità di pianeta grave, freddo, asciutto generi individui completamente materiali, adatti al duro lavoro del campi --: mentre in virtU della sua posizione, essendo il piu alto dei pianet!, genera al contrario gli individui piu spirituali, i piu lontani dalla vita terrena, i "religiosi contemplativi" »'0 • Nell'ambito di questa dialettica si svolge la storia del problema della melanconia. In questa storia è la magia rinascimentale a rappresentare il punto piu alto. Se le osservazioni di Aristotele sulla duplicità del temperamento melanconico, cosi come il carattere antitetico dell'influsso saturnino avevano dato luogo nel Medioevo a una concezione puramente demonica di tale influsso, conforme alla speculazione cristiana, col Rinascimento riemerse nuovamente, dalle antiche fonti, l'intero repertorio delle vecchie teorie. Avere scoperto questo
• 28 ~WIN PANOFSKY e ~ .sAXL, purers .rMe/e.ncolia I». Bine quel/en- und typenge
schtchtliche Untersuchung, Le1pz1g-Berlin 1923, pp. r8 sgg.; cfr. trad. it. in RAYMOND KLI· BANSKY, ERWIN PANOFSKY e FRITZ SAXL, Satumo e la melanconia. Studi di storia della/ilosofia naturale, religione e arte, Torino 1983, pp. 148.
"Ibid., p. ro; cfr. trad. it. cit., p. 125 sgg. ,. Ibid., p. 14; cfr. trad. it. ci t., p. 2 38.
126 Il dramma barocco tedesco
punto di svolta, e averlo rappresentato in tutta la sua intensità drammatica, costituisce il grande merito e la superiore bellezza del lavoro di Giehlow. Per il Rinascimento, che reinterpretò la melanconia saturnina nel senso di una dottrina del genio con una radicalità mai raggiunta neanche dal pensiero antico, «al centro del~ la fede astrologica stava - per usare un espressione di W arburg -il timore di Saturno»n. Già il Medioevo si era impadronito, in numerose varianti, della semantica saturnina. Il signore dei mesi, «il dio greco del tempo e il demone romano delle messi»32
, sono diventati la Morte mietitrice con la sua falce, rivolta non piu alle messi ma al genere umano, e cosi il tempo non è piu dominato dal corso dell'anno, col succedersi di semina, mietitura e tregua invernale, ma dalla corsa implacabile di ogni vita verso la morte. Ma per un'epoca impegnata con tutte le sue forze a indagare le fonti occulte della filosofia naturale l'immagine del melanconico poneva un quesito: come fosse possibile carpire a Saturno le energie spirituali senza cadere nella follia. Si trattava di distinguere la melanconia sublime, Melencolia il!a heroica di Marsilio Ficino e Melantone33
,
dalla melanconia ordinaria e funesta. L'incantesimo astrologico mira a una precisa dietetica del corpo e dell'anima: la nobilitazione della melanconia è il tema principale dell'opera De vita triplici di Marsilio Ficino. Il quadrato magico, che si trova inciso sulla tavola a capo della Melencolia diireriana, è il sigillo planetario di Giove, il cui influsso si oppone alle forze oscure di Saturno. Accanto alla tavola è appesa la bilancia, che allude all'emblema astrologico di Giove. «Multo generosior est melancholia, si coniunctione Saturni et Iouis in libra temperetur, qualis uidetur Augusti melancholia fuisse»'4
• Sotto l'influsso di Giove le ispirazioni nefaste diventano benefiche, Saturno diventa il nume tutelare delle ricerche piu sublimi; anche l'astrologia ricade nella sua sfera. Cosi Diirer poteva nutrire il proposito di «esprimere nei tratti saturnini del volto anche la concentrazione divinatoria della mente»35
•
"ABY WARBURG, Heidnisch-antike Weissagung in Wort und Bild zu Luthers Zeiten, Heidelberg 1920 («Sitzungsberichte der Heidelberger Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse», 1920 [ma 1919], n. 26, p. 24); trad. it. La rinascita delpaganesimo antico. Contributi alla storia della cultura, Firenze 1966, p. 332.
"Ibid., p. 25; trad. it. cit., p. 333· "FILIPPO MELANTONE, De anima, Vitebergae 1548, f. 82r; cit. in WARBURG, Heidni-
sch-antike Weissagung cit., p. 61. "Ibid., f. 7611; cit. in WARBURG, Heidnisch-antike Weissagungcit., p. 62.
"GIEHLOW, Diirers Stich .rMelencolia l» cit., p. 78 (n. 4).
Dramma e tragedia (m) 12 7
La teoria della melanconia si è venuta cristallizzando intorno a una ~erie di an~chi. simboli, su~ il Rinascimento proiettò, con genialità mterpretatl.va mcomparabile, quella complessa dialettica dottrinale. Tra le figure emblematiche che si affollano davanti alla Melancolia diireriana c'è quella del cane. Non a caso, una descrizione di Egidio Albertino riferita allo stato d'animo del melanconico si richiama alla rabbia'6• Secondo un'antica tradizione «è la milza a dominare l'organismo del cane»37
• Ed è questo un tratto che lo accomuna al melanconico. Se quest'organo, descritto come particolarmente delicato si altera, il cane perderà la sua allegria e cadrà in preda alla rabbia.' In questo senso il cane simboleggia l'aspetto oscuro del temperamento melanconico. D'altra parte ci si richiamava al suo fiuto e alla sua resistenza per vedere in esso l'emblema della ricerca instancabile e rill;lu~te. «Nel suo commentario a questo geroglifico Pierio Valenano dice espressamente che il cane migliore nel fiuto e nella corsa è quello che "faciem melancholicam prae se ferat" »38
• Nell'incisione di Diirer l'ambivalenza dell'emblema è poi arricchita dal fatto che l'animale è raffigurato mentre dorme: se i sogni nefasti vengono dalla milza, anche quelli divinatori sono un privilegio del melanconico. n dramll;l~ barocco li conosce come patrimonio comune dei principi e dei martlrl. Ma anche questi sogni divinatori vanno intesi come l'incubazione geomantica nel tempio della creazione, e non come ispirazioni sublimi o addirittura divine. Perché tutta la saggezza del melanconico appartiene alla profondità: essa nasce da un'immersione nella vita delle cose creaturali, la voce della rivelazione le è ignota. La sfera saturnina rimanda alle pròfondità della terra, ed è qui che si conserva il vecchio dio delle messi. Secondo Agrippa di Nettesheim Saturno dona «il seme della profondità e ... i tesori nascosti»39
• Gli occhi rivolti verso il basso sono qui un segno distintivo dell'uomo saturnino che sca-va il terreno con lo sguardo. E cosf anche Tscherning: '
Wem ich noch unbekandt der kennt mich von Geberden Ich wende fort und fi.ir mein'Augen hin zur Erden W eil von der Erden ich zuvor entsprossen bin So seh ich nirgends mehr als auff die Mutter hin40
•
,. Cfr. AGIDIUS ALBERTINUS, Luci/ers Konigreich und Seelengejaidtcit., p. 417. 37 GIEHLOW, Diirers Stich .rMelencolia I» cit., p. 72. ncit. in ibid. )• FRANZ JOHANNES BOLL, Sternglaube und Sterndeutung. Die Geschichte und das Wesen
der Astrologie, Leipzig-Berlin 1926, p. 37· 40 TSCHERNING, Vortrab Des Sommers cit. [Chi ancora non mi conosce mi riconosce ai
gesti, l Continuamente rivolgo i miei occhi alla terra, l Poiché prima dali~ terra sono germogliata, l Cosi io non guardo piu nulla se non la madre].
126 Il dramma barocco tedesco
punto di svolta, e averlo rappresentato in tutta la sua intensità drammatica, costituisce il grande merito e la superiore bellezza del lavoro di Giehlow. Per il Rinascimento, che reinterpretò la melanconia saturnina nel senso di una dottrina del genio con una radicalità mai raggiunta neanche dal pensiero antico, «al centro del~ la fede astrologica stava - per usare un espressione di W arburg -il timore di Saturno»n. Già il Medioevo si era impadronito, in numerose varianti, della semantica saturnina. Il signore dei mesi, «il dio greco del tempo e il demone romano delle messi»32
, sono diventati la Morte mietitrice con la sua falce, rivolta non piu alle messi ma al genere umano, e cosi il tempo non è piu dominato dal corso dell'anno, col succedersi di semina, mietitura e tregua invernale, ma dalla corsa implacabile di ogni vita verso la morte. Ma per un'epoca impegnata con tutte le sue forze a indagare le fonti occulte della filosofia naturale l'immagine del melanconico poneva un quesito: come fosse possibile carpire a Saturno le energie spirituali senza cadere nella follia. Si trattava di distinguere la melanconia sublime, Melencolia il!a heroica di Marsilio Ficino e Melantone33
,
dalla melanconia ordinaria e funesta. L'incantesimo astrologico mira a una precisa dietetica del corpo e dell'anima: la nobilitazione della melanconia è il tema principale dell'opera De vita triplici di Marsilio Ficino. Il quadrato magico, che si trova inciso sulla tavola a capo della Melencolia diireriana, è il sigillo planetario di Giove, il cui influsso si oppone alle forze oscure di Saturno. Accanto alla tavola è appesa la bilancia, che allude all'emblema astrologico di Giove. «Multo generosior est melancholia, si coniunctione Saturni et Iouis in libra temperetur, qualis uidetur Augusti melancholia fuisse»'4
• Sotto l'influsso di Giove le ispirazioni nefaste diventano benefiche, Saturno diventa il nume tutelare delle ricerche piu sublimi; anche l'astrologia ricade nella sua sfera. Cosi Diirer poteva nutrire il proposito di «esprimere nei tratti saturnini del volto anche la concentrazione divinatoria della mente»35
•
"ABY WARBURG, Heidnisch-antike Weissagung in Wort und Bild zu Luthers Zeiten, Heidelberg 1920 («Sitzungsberichte der Heidelberger Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse», 1920 [ma 1919], n. 26, p. 24); trad. it. La rinascita delpaganesimo antico. Contributi alla storia della cultura, Firenze 1966, p. 332.
"Ibid., p. 25; trad. it. cit., p. 333· "FILIPPO MELANTONE, De anima, Vitebergae 1548, f. 82r; cit. in WARBURG, Heidni-
sch-antike Weissagung cit., p. 61. "Ibid., f. 7611; cit. in WARBURG, Heidnisch-antike Weissagungcit., p. 62.
"GIEHLOW, Diirers Stich .rMelencolia l» cit., p. 78 (n. 4).
Dramma e tragedia (m) 12 7
La teoria della melanconia si è venuta cristallizzando intorno a una ~erie di an~chi. simboli, su~ il Rinascimento proiettò, con genialità mterpretatl.va mcomparabile, quella complessa dialettica dottrinale. Tra le figure emblematiche che si affollano davanti alla Melancolia diireriana c'è quella del cane. Non a caso, una descrizione di Egidio Albertino riferita allo stato d'animo del melanconico si richiama alla rabbia'6• Secondo un'antica tradizione «è la milza a dominare l'organismo del cane»37
• Ed è questo un tratto che lo accomuna al melanconico. Se quest'organo, descritto come particolarmente delicato si altera, il cane perderà la sua allegria e cadrà in preda alla rabbia.' In questo senso il cane simboleggia l'aspetto oscuro del temperamento melanconico. D'altra parte ci si richiamava al suo fiuto e alla sua resistenza per vedere in esso l'emblema della ricerca instancabile e rill;lu~te. «Nel suo commentario a questo geroglifico Pierio Valenano dice espressamente che il cane migliore nel fiuto e nella corsa è quello che "faciem melancholicam prae se ferat" »38
• Nell'incisione di Diirer l'ambivalenza dell'emblema è poi arricchita dal fatto che l'animale è raffigurato mentre dorme: se i sogni nefasti vengono dalla milza, anche quelli divinatori sono un privilegio del melanconico. n dramll;l~ barocco li conosce come patrimonio comune dei principi e dei martlrl. Ma anche questi sogni divinatori vanno intesi come l'incubazione geomantica nel tempio della creazione, e non come ispirazioni sublimi o addirittura divine. Perché tutta la saggezza del melanconico appartiene alla profondità: essa nasce da un'immersione nella vita delle cose creaturali, la voce della rivelazione le è ignota. La sfera saturnina rimanda alle pròfondità della terra, ed è qui che si conserva il vecchio dio delle messi. Secondo Agrippa di Nettesheim Saturno dona «il seme della profondità e ... i tesori nascosti»39
• Gli occhi rivolti verso il basso sono qui un segno distintivo dell'uomo saturnino che sca-va il terreno con lo sguardo. E cosf anche Tscherning: '
Wem ich noch unbekandt der kennt mich von Geberden Ich wende fort und fi.ir mein'Augen hin zur Erden W eil von der Erden ich zuvor entsprossen bin So seh ich nirgends mehr als auff die Mutter hin40
•
,. Cfr. AGIDIUS ALBERTINUS, Luci/ers Konigreich und Seelengejaidtcit., p. 417. 37 GIEHLOW, Diirers Stich .rMelencolia I» cit., p. 72. ncit. in ibid. )• FRANZ JOHANNES BOLL, Sternglaube und Sterndeutung. Die Geschichte und das Wesen
der Astrologie, Leipzig-Berlin 1926, p. 37· 40 TSCHERNING, Vortrab Des Sommers cit. [Chi ancora non mi conosce mi riconosce ai
gesti, l Continuamente rivolgo i miei occhi alla terra, l Poiché prima dali~ terra sono germogliata, l Cosi io non guardo piu nulla se non la madre].
128 Il dramma barocco tedesco
Le ispirazioni della Madre Terra vengono incontro al melanconico nelle sue ruminazioni notturne come tesori dalle viscere della terra: l'intuizione che colpisce fulminea gli è ignota. Nota in passato unicamente come elemento freddo e asciutto, la terra trova tutta la ricchezza del ,suo significato esoterico in una riflessione scientifica di Ficino. E la nuova analogia tra la forza di gravità e la concentrazione del pensiero a immettere il vecchio simbolo nel grande quadro interpretativo del filosofo rinascimentale. «Naturalis autem causa esse videtur, quod ad scientias, praesertim difficiles consequendas, necesse est animum ab externis ad interna, tamquam a circumferentia quadam ad centrum sese recipere atque, dum speculatur, in ipso (ut ita dixerim) hominis centro stabilissime permanere. Ad centrum vero a circumferentia se colligere figique in centro, maxime terrae ipsius est proprium, cui quiclero atra bilis persimilis est. Igitur atra bilis animum, ut se et colligat in unum et sistat in uno comtempleturque, assidue provocat. Atque ipsa mundi centro similis ad centrum rerum singularum cogit investigandum, evehitque ad altissima quaeque comprehendenda»41. Se a questo proposito Panofsky e Saxl osservano, contro Giehlow, che non si può dire che Ficino «raccomandi» la concentrazione al melanconico42
, essi hanno ragione. Ma è un'affermazione di ben poco peso di fronte alla serie analogica che allinea il pensiero, la concentrazione, la terra, la bile, e non solo per condurre dal primo all'ultimo termine, ma con evidente allusione a una nuova interpretazione della terra nella vecchia dottrina dei temperamenti. Questa infatti, secondo un'antica teoria, deve la sua forma sferica e quindi, come già asseriva Tolomeo, la sua posizione centrale nell'universo alla forza di concentrazione. Sicché anche l'ipotesi di Giehlow, secondo cui la sfera dell'incisione diireriana sarebbe un emblema del rimuginare, non è senz' altro da respingere43 • E questo «frutto estremamente maturo e misterioso della cultura cosmologica dell'epoca di Massimiliano » 44
, come lo chiama W arburg, potrebbe contenere in germe la pienezza allegorica del Barocco, qui ancora legata dalla forza di un genio e tuttavia pronta a un'esplosiva fioritura. Il recupero degli antichi simboli della melanconia, documentato da questa incisione e dalla spe-
41 MARSILIO FICINO, De vita triplici; cit. in PANOFSKY e SAXL, Durers ..-Melencolia b> cit., p. 51, nota 2.
42 Cfr. ibid. "Cfr. ibid., p. 64, nota 2.
"WARBURG, Heidnisch-antike Weissagung ci t., p. 54·
Dramma e tragedia (m) 129
culazione contemporanea, ne ha probabilmente sorvolato uno che sembra essere sfuggito all'attenzione di Giehlow e di altri s~diosi. Si tratta d~Jla pietra. Il suo posto nell'inventario dei simboli è sicuro. Se in Ag!dius Albert~us leggiamo del melanconico quanto segue: «la tristezza, che m genere ammorbidisce il cuore in umiltà, non fa che renderlo piu ostinato nel suo perverso pensiero, perché le sue lacrime non cadono dentro il cuore in modo da ~orbidir~e la ~urezza, ma si comporta come la pietra, che quando il te~po e umido suda solo all'esterno»45
, si sarebbe tentati di cercare m queste parole un significato particolare. Ma il quadro cambia quando, nel discorso funebre di Hallmann per il signor Sa~uel von But~chky, leggiamo queste parole: «Era per natura meditabondo e di complessione melanconica, e questi animi riflettono con piu ostinazione e sono in tutte le azioni piu cauti. La testa di Medusa piena di serpi, come pure il mostro africano e il coccodrillo piangente del nostro mondo, non potevano sed~re i suoi occhi, e meno che mai trasformare le sue membra in una sgraziata pietra»46
• E per la terza volta incontriamo la pietra nel bel dialogo di Filidoro tra la Melanconia e la Gioia:
~elank~ley. Fr:ude. Jene ist ein altes Weib in verachtlichen Lumpen gekle1det nnt verhiilleten (!) Haupt sitzet auff einem Stein unter einem diirren Baum den Kopff in den SchooB legend Neben ihr stehet eine Nacht-Eule... ·
MELANKOLEY
Der harte Stein der diirre Baum Der abgestorbenen Zypressen Giebt meiner Schwermuth sichern Raum un d macht der Scheelsucht mich vergessen ...
FREUD E
W er ist diB Murmelthier hier an den diirren Ast gekrfunmet? Der tieffen Augen rothe straalt wie ein Blut Comete der zum Verderb und Schrecken glimmet ...
"Cfr. AGIDlUS ÀLBERTINUS, Lucifers Kiinigreich undSeelengeyaidtcit., p. 406. [Die Triibs~, als welche sonsten das Herz in Demut erweicht, machet ihn nur immer storrischer in semem verkehrten Gedanken, denn seine Trlinen fallen ihn1 nicht in ins Herz hinein daB siedi~ Hartigkeit erweichten, sondern es ist mit ihn1 wie mit dem Stein, der nur von a~ schw1tzt, wenn das Wetter feucht ist]. • "'HALLMAN~, Leichreden cit., p. 137· [Er war von Natur tieffsinnig und Melancho
lischer ~o~plex1on, welche Gemiither einer Sache bestiindiger nachdencken und in a]. len ~ct1;orubus behuttsam verfahren. ~as Schlangenvolle Medusen Haupt wie auch das Afncarusche Monstrum, nebst dem wemenden Crocodille dieser Welt konten seine Augen nicht verfiihren vie! weniger seine Glieder in einen unarthigen Stein verwandeln].
128 Il dramma barocco tedesco
Le ispirazioni della Madre Terra vengono incontro al melanconico nelle sue ruminazioni notturne come tesori dalle viscere della terra: l'intuizione che colpisce fulminea gli è ignota. Nota in passato unicamente come elemento freddo e asciutto, la terra trova tutta la ricchezza del ,suo significato esoterico in una riflessione scientifica di Ficino. E la nuova analogia tra la forza di gravità e la concentrazione del pensiero a immettere il vecchio simbolo nel grande quadro interpretativo del filosofo rinascimentale. «Naturalis autem causa esse videtur, quod ad scientias, praesertim difficiles consequendas, necesse est animum ab externis ad interna, tamquam a circumferentia quadam ad centrum sese recipere atque, dum speculatur, in ipso (ut ita dixerim) hominis centro stabilissime permanere. Ad centrum vero a circumferentia se colligere figique in centro, maxime terrae ipsius est proprium, cui quiclero atra bilis persimilis est. Igitur atra bilis animum, ut se et colligat in unum et sistat in uno comtempleturque, assidue provocat. Atque ipsa mundi centro similis ad centrum rerum singularum cogit investigandum, evehitque ad altissima quaeque comprehendenda»41. Se a questo proposito Panofsky e Saxl osservano, contro Giehlow, che non si può dire che Ficino «raccomandi» la concentrazione al melanconico42
, essi hanno ragione. Ma è un'affermazione di ben poco peso di fronte alla serie analogica che allinea il pensiero, la concentrazione, la terra, la bile, e non solo per condurre dal primo all'ultimo termine, ma con evidente allusione a una nuova interpretazione della terra nella vecchia dottrina dei temperamenti. Questa infatti, secondo un'antica teoria, deve la sua forma sferica e quindi, come già asseriva Tolomeo, la sua posizione centrale nell'universo alla forza di concentrazione. Sicché anche l'ipotesi di Giehlow, secondo cui la sfera dell'incisione diireriana sarebbe un emblema del rimuginare, non è senz' altro da respingere43 • E questo «frutto estremamente maturo e misterioso della cultura cosmologica dell'epoca di Massimiliano » 44
, come lo chiama W arburg, potrebbe contenere in germe la pienezza allegorica del Barocco, qui ancora legata dalla forza di un genio e tuttavia pronta a un'esplosiva fioritura. Il recupero degli antichi simboli della melanconia, documentato da questa incisione e dalla spe-
41 MARSILIO FICINO, De vita triplici; cit. in PANOFSKY e SAXL, Durers ..-Melencolia b> cit., p. 51, nota 2.
42 Cfr. ibid. "Cfr. ibid., p. 64, nota 2.
"WARBURG, Heidnisch-antike Weissagung ci t., p. 54·
Dramma e tragedia (m) 129
culazione contemporanea, ne ha probabilmente sorvolato uno che sembra essere sfuggito all'attenzione di Giehlow e di altri s~diosi. Si tratta d~Jla pietra. Il suo posto nell'inventario dei simboli è sicuro. Se in Ag!dius Albert~us leggiamo del melanconico quanto segue: «la tristezza, che m genere ammorbidisce il cuore in umiltà, non fa che renderlo piu ostinato nel suo perverso pensiero, perché le sue lacrime non cadono dentro il cuore in modo da ~orbidir~e la ~urezza, ma si comporta come la pietra, che quando il te~po e umido suda solo all'esterno»45
, si sarebbe tentati di cercare m queste parole un significato particolare. Ma il quadro cambia quando, nel discorso funebre di Hallmann per il signor Sa~uel von But~chky, leggiamo queste parole: «Era per natura meditabondo e di complessione melanconica, e questi animi riflettono con piu ostinazione e sono in tutte le azioni piu cauti. La testa di Medusa piena di serpi, come pure il mostro africano e il coccodrillo piangente del nostro mondo, non potevano sed~re i suoi occhi, e meno che mai trasformare le sue membra in una sgraziata pietra»46
• E per la terza volta incontriamo la pietra nel bel dialogo di Filidoro tra la Melanconia e la Gioia:
~elank~ley. Fr:ude. Jene ist ein altes Weib in verachtlichen Lumpen gekle1det nnt verhiilleten (!) Haupt sitzet auff einem Stein unter einem diirren Baum den Kopff in den SchooB legend Neben ihr stehet eine Nacht-Eule... ·
MELANKOLEY
Der harte Stein der diirre Baum Der abgestorbenen Zypressen Giebt meiner Schwermuth sichern Raum un d macht der Scheelsucht mich vergessen ...
FREUD E
W er ist diB Murmelthier hier an den diirren Ast gekrfunmet? Der tieffen Augen rothe straalt wie ein Blut Comete der zum Verderb und Schrecken glimmet ...
"Cfr. AGIDlUS ÀLBERTINUS, Lucifers Kiinigreich undSeelengeyaidtcit., p. 406. [Die Triibs~, als welche sonsten das Herz in Demut erweicht, machet ihn nur immer storrischer in semem verkehrten Gedanken, denn seine Trlinen fallen ihn1 nicht in ins Herz hinein daB siedi~ Hartigkeit erweichten, sondern es ist mit ihn1 wie mit dem Stein, der nur von a~ schw1tzt, wenn das Wetter feucht ist]. • "'HALLMAN~, Leichreden cit., p. 137· [Er war von Natur tieffsinnig und Melancho
lischer ~o~plex1on, welche Gemiither einer Sache bestiindiger nachdencken und in a]. len ~ct1;orubus behuttsam verfahren. ~as Schlangenvolle Medusen Haupt wie auch das Afncarusche Monstrum, nebst dem wemenden Crocodille dieser Welt konten seine Augen nicht verfiihren vie! weniger seine Glieder in einen unarthigen Stein verwandeln].
Il dramma barocco tedesco
Jetzt kenn ich dich du Feindin meiner Freuden Melanckoley erzeugt im T artarschlund vom drey gekopfften Hund'. O! soli t' ich dich in meiner Gegend leiden? Nein warlich nein! der kalte Stein der Bliitterlose Strauch muB auBgerottet seyn und du Unholdin auch 47
•
Può darsi che nel simbolo della pietra si debba vedere solo la figura piu esplicita della Terra fredd~. e asciutta. Ma si può anche pensare - e considerando il passo di Agidius Albertinus non è improbabile - che la massa inerte alluda al concetto propriament~ teologico di melanconico, che è quello di un peccato mortale. E l'acedia, la pigrizia del cuore. Ed è proprio questa inerzia a stabilire un legame tra il melanconico e l'orbita strisciante del debole Saturno, un legame che - sia esso fondato su basi astrologiche oppure no- si trova già attestato in un manoscritto del xm secolo. «Della pigrizia. ll quarto peccato capitale è: pigrizia nel servizio di Dio. E questo è quando mi volgo da una laboriosa e difficile opera buona a un vano pentimento. E quando mi distolgo dall'opera buona, perché mi è gravosa, da ciò viene amarezza del cuore»48
•
In Dante l'accidia occupa il quinto posto nella gerarchia dei peccati capitali. Nella sua cerchia regna un freddo glaciale, e ciò rimanda ai dati della patologia umorale, la qualità fredda e asciutta della terra. In quanto acedia, la me.~anconia del tiranno appare sotto una nuova luce, piu nitida. Agidius Albertinus attribuisce espressamente all'accidia il complesso sintomatico del melanconico: «L'accidia o pigrizia viene appropriatamente paragonata al morso di un cane rabbioso, poiché chi è morso da esso, subito è assalito da sogni spaventosi, e nel sonno ha paura, diventa furio-
47 sTIELER [?], Trauer- Lust· und Misch-Spiele cit., p. 1.35 (Emelinde). [La Melanconia. La Gioia. La prima è una vecchia, vestita di miseri stracci, con la testa velata (!), seduta su una pietra sotto un albero rinsecchito,la testa china in grembo, accanto a lei una civet· . ta ... La Melanconia: La dura pietra Il' albero secco l il cipresso morto l danno uno spazio sicuro alla mia tristezza l e mi fanno dimenticare l'astio ... La Gioia. Chi è codesta marmotta, appollaiata a quel ramo secco? L'occhio profondo e arrossato brilla l come una cometa di sangue l che luccica di rovina e di orrore ... Ora ti riconosco l nemica della mia gioia! l Melanconia, generata nell'abisso del Tartaro dal cane a tre teste. Oh! dovrei sopportarti nei miei luoghi? No! l davvero l no! la fredda pietra l il cespuglio senza foglie l vanno scacciati l e tu mostro tu pure].
"Cit. in MONE (a cura di), Schauspiele des Mittelalters cit., p . .329. [Von der tracheit. Du vierde houbet sunde ist. tracheit. an gottes dienste. Du ist so mich kere. von eime erbeitsamen. unt sweren guoten werke. zuo einer itelen ruowe. So ich mih here. von deme guoten werke. wande ez mir svere ist. da von kumet bitterkeit des hercen].
Dramma e tragedia (m)
so, dissennato, rifiuta ogni bevanda, teme l'acqua, abbaia come un cane, e diventa a tal punto timoroso che per timore cade giu. Tali persone muoiono presto, se non si presta loro aiuto»49
• Soprattutto l'indecisione del principe non è altro che acedia saturnina. Saturno rende «apatici, indecisi, lenti»50
• Il tiranno va in rovina per l'inerzia del cuore. E se questa riguarda la figura del tiranno, l'infedeltà - un altro tratto dell'uomo saturnino - colpisce la figura del cortigiano. Nulla è piu oscillante dell'uomo di corte, come lo dipinge il dramma barocco: il tradimento è il suo elemento naturale. Non è per !abilità o per mancanza di carattere degli autori che i cortigiani, senza nemmeno darsi il tempo di riflettere, abbandonano il loro signore e passano al partito opposto. Il loro agire mette in mostra una amoralità che è, in parte, machiavellismo consapevole, in parte soggezione melanconica e sconsolata a un ordine, ritenuto impenetrabile, di costellazioni maligne, un ordine che assume un carattere senz'altro cosale. La corona, la porpora, lo scettro, sono in ultima analisi oggetti fatali nel senso del dramma del destino: portatori di un fato a cui il cortigiano è il primo a sottomettersi come suo augure. Alla sua infedeltà verso gli esseri umani fa riscontro una fedeltà verso questi oggetti a dir poco sommersa nella sua dedizione contemplativa. Appena in questa disperata fedeltà al mondo creaturale e alla legge della colpa che governa la sua vita, il concetto di melanconia si trova nello stato della propria realizzazione adeguata. Tutte le decisioni essenziali nei confronti degli uomini possono infatti offendere la fedeltà: in esse valgono leggi superiori. La fedeltà è invece del tutto adeguata solo nel rapporto fra l'uomo e le cose. Esse non conoscono una legge piu alta, e la fedeltà non conosce alcun oggetto al quale appartenere in modo piu esclusivo che al mondo delle cose. Questo la evoca sempre intorno a sé, e ogni premio alla fedeltà si circonda dei frammenti del mondo cosale come degli oggetti ad essa piu appropriati e conformi. Impacciata e senza motivo essa esprime a suo modo una verità per la quale naturalmente tradisce il mondo. La melanconia tradisce il mondo per amore della conoscenza. Ma
"Cfr. AGmros ALBERTINUS, Lucifers Kiinigreich und Seelengefaidt cit., p. 390. [Artlich wirdt die Accidia oder Tragheit dem Bill eines wiitigen Hundts verglichen dann wer von demselbigen gebissen wird den vberkompt alsbaldt erschrockliche Traum er forchtet sich im Schlaf wird Wiitig V nsinnig verwirfft alles Getranck forchtet das W asser bellet wie ein Hund vnd wirdt dermassen forchtsamb daE er au.B forcht niderfellt. Dergleichen Leut ster-ben auch bald wann jhnen nicht geholfen wirdt]. ·
10 ANTON HAUBER, Planetenkinderbilder und Stembilder. Zur Geschichte des mensch/ichen
Glaubens und Irrens, Strtillburg 1916, p. 126.
Il dramma barocco tedesco
Jetzt kenn ich dich du Feindin meiner Freuden Melanckoley erzeugt im T artarschlund vom drey gekopfften Hund'. O! soli t' ich dich in meiner Gegend leiden? Nein warlich nein! der kalte Stein der Bliitterlose Strauch muB auBgerottet seyn und du Unholdin auch 47
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Può darsi che nel simbolo della pietra si debba vedere solo la figura piu esplicita della Terra fredd~. e asciutta. Ma si può anche pensare - e considerando il passo di Agidius Albertinus non è improbabile - che la massa inerte alluda al concetto propriament~ teologico di melanconico, che è quello di un peccato mortale. E l'acedia, la pigrizia del cuore. Ed è proprio questa inerzia a stabilire un legame tra il melanconico e l'orbita strisciante del debole Saturno, un legame che - sia esso fondato su basi astrologiche oppure no- si trova già attestato in un manoscritto del xm secolo. «Della pigrizia. ll quarto peccato capitale è: pigrizia nel servizio di Dio. E questo è quando mi volgo da una laboriosa e difficile opera buona a un vano pentimento. E quando mi distolgo dall'opera buona, perché mi è gravosa, da ciò viene amarezza del cuore»48
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In Dante l'accidia occupa il quinto posto nella gerarchia dei peccati capitali. Nella sua cerchia regna un freddo glaciale, e ciò rimanda ai dati della patologia umorale, la qualità fredda e asciutta della terra. In quanto acedia, la me.~anconia del tiranno appare sotto una nuova luce, piu nitida. Agidius Albertinus attribuisce espressamente all'accidia il complesso sintomatico del melanconico: «L'accidia o pigrizia viene appropriatamente paragonata al morso di un cane rabbioso, poiché chi è morso da esso, subito è assalito da sogni spaventosi, e nel sonno ha paura, diventa furio-
47 sTIELER [?], Trauer- Lust· und Misch-Spiele cit., p. 1.35 (Emelinde). [La Melanconia. La Gioia. La prima è una vecchia, vestita di miseri stracci, con la testa velata (!), seduta su una pietra sotto un albero rinsecchito,la testa china in grembo, accanto a lei una civet· . ta ... La Melanconia: La dura pietra Il' albero secco l il cipresso morto l danno uno spazio sicuro alla mia tristezza l e mi fanno dimenticare l'astio ... La Gioia. Chi è codesta marmotta, appollaiata a quel ramo secco? L'occhio profondo e arrossato brilla l come una cometa di sangue l che luccica di rovina e di orrore ... Ora ti riconosco l nemica della mia gioia! l Melanconia, generata nell'abisso del Tartaro dal cane a tre teste. Oh! dovrei sopportarti nei miei luoghi? No! l davvero l no! la fredda pietra l il cespuglio senza foglie l vanno scacciati l e tu mostro tu pure].
"Cit. in MONE (a cura di), Schauspiele des Mittelalters cit., p . .329. [Von der tracheit. Du vierde houbet sunde ist. tracheit. an gottes dienste. Du ist so mich kere. von eime erbeitsamen. unt sweren guoten werke. zuo einer itelen ruowe. So ich mih here. von deme guoten werke. wande ez mir svere ist. da von kumet bitterkeit des hercen].
Dramma e tragedia (m)
so, dissennato, rifiuta ogni bevanda, teme l'acqua, abbaia come un cane, e diventa a tal punto timoroso che per timore cade giu. Tali persone muoiono presto, se non si presta loro aiuto»49
• Soprattutto l'indecisione del principe non è altro che acedia saturnina. Saturno rende «apatici, indecisi, lenti»50
• Il tiranno va in rovina per l'inerzia del cuore. E se questa riguarda la figura del tiranno, l'infedeltà - un altro tratto dell'uomo saturnino - colpisce la figura del cortigiano. Nulla è piu oscillante dell'uomo di corte, come lo dipinge il dramma barocco: il tradimento è il suo elemento naturale. Non è per !abilità o per mancanza di carattere degli autori che i cortigiani, senza nemmeno darsi il tempo di riflettere, abbandonano il loro signore e passano al partito opposto. Il loro agire mette in mostra una amoralità che è, in parte, machiavellismo consapevole, in parte soggezione melanconica e sconsolata a un ordine, ritenuto impenetrabile, di costellazioni maligne, un ordine che assume un carattere senz'altro cosale. La corona, la porpora, lo scettro, sono in ultima analisi oggetti fatali nel senso del dramma del destino: portatori di un fato a cui il cortigiano è il primo a sottomettersi come suo augure. Alla sua infedeltà verso gli esseri umani fa riscontro una fedeltà verso questi oggetti a dir poco sommersa nella sua dedizione contemplativa. Appena in questa disperata fedeltà al mondo creaturale e alla legge della colpa che governa la sua vita, il concetto di melanconia si trova nello stato della propria realizzazione adeguata. Tutte le decisioni essenziali nei confronti degli uomini possono infatti offendere la fedeltà: in esse valgono leggi superiori. La fedeltà è invece del tutto adeguata solo nel rapporto fra l'uomo e le cose. Esse non conoscono una legge piu alta, e la fedeltà non conosce alcun oggetto al quale appartenere in modo piu esclusivo che al mondo delle cose. Questo la evoca sempre intorno a sé, e ogni premio alla fedeltà si circonda dei frammenti del mondo cosale come degli oggetti ad essa piu appropriati e conformi. Impacciata e senza motivo essa esprime a suo modo una verità per la quale naturalmente tradisce il mondo. La melanconia tradisce il mondo per amore della conoscenza. Ma
"Cfr. AGmros ALBERTINUS, Lucifers Kiinigreich und Seelengefaidt cit., p. 390. [Artlich wirdt die Accidia oder Tragheit dem Bill eines wiitigen Hundts verglichen dann wer von demselbigen gebissen wird den vberkompt alsbaldt erschrockliche Traum er forchtet sich im Schlaf wird Wiitig V nsinnig verwirfft alles Getranck forchtet das W asser bellet wie ein Hund vnd wirdt dermassen forchtsamb daE er au.B forcht niderfellt. Dergleichen Leut ster-ben auch bald wann jhnen nicht geholfen wirdt]. ·
10 ANTON HAUBER, Planetenkinderbilder und Stembilder. Zur Geschichte des mensch/ichen
Glaubens und Irrens, Strtillburg 1916, p. 126.
Il dramma barocco tedesco
il suo ostinato sprofondarsi solleva le cose morte nella sua contemplazione per salvarle. Il poeta di cui si riferisce quanto segue, parla nello spirito della tristezza. «Péguy parlait de cette inaptitude des choses à etre sauvées, de cette résistence, de cette pesanteur des choses, des etres memes, qui ne laisse subsister enfin qu'un peu de cendre de l'effort des héros et des saints»~1 • L'ostinazione che si palesa nell'atteggiamento del lutto nasce dalla sua fedeltà al mondo delle cose. Cosi pure va intesa l'infedeltà che i calendari attribuiscono all'uomo saturnino, e cosi va reinterpretata la contrapposizione dialettica, la «fedeltà in amore», che Abu Ma'shar assegna ai figli di Saturno52
• La fedeltà è il ritmo delle emanazioni discendenti, in cui le emanazioni ascendenti della teosofia neoplatonica si rispecchiano trasformate, arricchite da molteplici implicazioni.
Con P atteggiamento caratteristico della reazione controriformista, là tipologia del dramma barocco tedesco seg\}e ovunque l'immagine scolastica medievale della melanconia. E però la forma complessiva del dramma a distinguersi radicalmente da quella tipologia: il suo stile e il suo linguaggio non sono pensabili senza quella svolta audace per cui le speculazioni rinascimentali riconobbero nei tratti della meditazione lacrimosa~3 il riflesso di una luce remota, che le brillava incontro dal fondo del suo rimuginare. Almeno una volta l'epoca riusd a evocare la figura umana corrispondente a quella doppia luce neo-antica e medievale in cui il barocco vide il melanconico. Ma ciò non riusd in Germania. Si tratta dell'Amleto. Il mistero del suo personaggio è racchiuso nel suo passare giocoso, ma perciò adeguato, attraverso tutte le stazioni di questo spazio intenzionale, cosf come il mistero del suo destino è racchiuso in un accadere che è del tutto omogeneo al suo sguardo. Soltanto Amleto è, per il dramma barocco, spettatore per grazia divina; non però la recita, ma solo e unicamente il suo destino, può soddisfarlo. La sua vita, come oggetto offerto esemplarmente al suo lutto, rimanda, prima di estinguersi, alla Provvidenza cristiana, nel cui grembo le sue tristi immagini si trasformano in esistenza beata. Soltanto in una vita di questo genere, principesca, la melanconia, incontrando se stessa, si risolve. Il re-
"DANIEL HALÉvY, Charles Péguy et !es Cahiers de la Quim:aine, Paris 1919, p. 230. "Cod. Leid. Or. 47, p. 255; cit. in PANOFSKY e SAXL, Durers "'Melencolia 1» cit., p. 5;
trad. it. cit., p. 122 e nota xx. "Cfr. BOLL, Sternglaube cit., p. 37·
Dramma e tragedia (m) I 3 3
sto è silenzio. Perché tutto ciò che non è stato vissuto è destinato alla rovina, in questo spazio in cui la parola della saggezza aleggia solo ingannevolmente. Soltanto Shakespeare riusd a fare scoccare la scintilla cristiana dalla rigidezza barocca, non stoica e non cristiana, pseudoantica e pseudopietista, del melanconico. Se lo sguardo acuto con cui Rochus von Liliencron leggeva nei tratti di Amleto l'affinità saturnina e il Male de f Acedia'4 non s'inganna intorno al proprio oggetto migliore, esso vedrà in questo dramma lo spettacolo singolare del suo superamento nello spirito cristiano. Solo in questo principe la concentrazione melanconica diventa cristiana. Il dramma barocco tedesco non ha mai saputo animarsi, non ha saputo ri,destare al proprio interno il tocco argentino dell'autocoscienza. E rimasto sorprendentemente oscuro a se stesso, e ha saputo dipingere il melanconico solo con le tinte crude e logore dei libri medievali sulle complessioni. Perché allora questo excursus? Le immagini e le figure che esso mette in scena sono dedicate al genio diireriano della Melencolia alata. La sua rozza scena comincia di fronte ad esso la sua vita piu intima.
"ROCHUS FREIHERR VON ULIENCRON, Wie man in Amwafd Musik macbt. Die siebente Todsunte, Leipzig 1903.
Il dramma barocco tedesco
il suo ostinato sprofondarsi solleva le cose morte nella sua contemplazione per salvarle. Il poeta di cui si riferisce quanto segue, parla nello spirito della tristezza. «Péguy parlait de cette inaptitude des choses à etre sauvées, de cette résistence, de cette pesanteur des choses, des etres memes, qui ne laisse subsister enfin qu'un peu de cendre de l'effort des héros et des saints»~1 • L'ostinazione che si palesa nell'atteggiamento del lutto nasce dalla sua fedeltà al mondo delle cose. Cosi pure va intesa l'infedeltà che i calendari attribuiscono all'uomo saturnino, e cosi va reinterpretata la contrapposizione dialettica, la «fedeltà in amore», che Abu Ma'shar assegna ai figli di Saturno52
• La fedeltà è il ritmo delle emanazioni discendenti, in cui le emanazioni ascendenti della teosofia neoplatonica si rispecchiano trasformate, arricchite da molteplici implicazioni.
Con P atteggiamento caratteristico della reazione controriformista, là tipologia del dramma barocco tedesco seg\}e ovunque l'immagine scolastica medievale della melanconia. E però la forma complessiva del dramma a distinguersi radicalmente da quella tipologia: il suo stile e il suo linguaggio non sono pensabili senza quella svolta audace per cui le speculazioni rinascimentali riconobbero nei tratti della meditazione lacrimosa~3 il riflesso di una luce remota, che le brillava incontro dal fondo del suo rimuginare. Almeno una volta l'epoca riusd a evocare la figura umana corrispondente a quella doppia luce neo-antica e medievale in cui il barocco vide il melanconico. Ma ciò non riusd in Germania. Si tratta dell'Amleto. Il mistero del suo personaggio è racchiuso nel suo passare giocoso, ma perciò adeguato, attraverso tutte le stazioni di questo spazio intenzionale, cosf come il mistero del suo destino è racchiuso in un accadere che è del tutto omogeneo al suo sguardo. Soltanto Amleto è, per il dramma barocco, spettatore per grazia divina; non però la recita, ma solo e unicamente il suo destino, può soddisfarlo. La sua vita, come oggetto offerto esemplarmente al suo lutto, rimanda, prima di estinguersi, alla Provvidenza cristiana, nel cui grembo le sue tristi immagini si trasformano in esistenza beata. Soltanto in una vita di questo genere, principesca, la melanconia, incontrando se stessa, si risolve. Il re-
"DANIEL HALÉvY, Charles Péguy et !es Cahiers de la Quim:aine, Paris 1919, p. 230. "Cod. Leid. Or. 47, p. 255; cit. in PANOFSKY e SAXL, Durers "'Melencolia 1» cit., p. 5;
trad. it. cit., p. 122 e nota xx. "Cfr. BOLL, Sternglaube cit., p. 37·
Dramma e tragedia (m) I 3 3
sto è silenzio. Perché tutto ciò che non è stato vissuto è destinato alla rovina, in questo spazio in cui la parola della saggezza aleggia solo ingannevolmente. Soltanto Shakespeare riusd a fare scoccare la scintilla cristiana dalla rigidezza barocca, non stoica e non cristiana, pseudoantica e pseudopietista, del melanconico. Se lo sguardo acuto con cui Rochus von Liliencron leggeva nei tratti di Amleto l'affinità saturnina e il Male de f Acedia'4 non s'inganna intorno al proprio oggetto migliore, esso vedrà in questo dramma lo spettacolo singolare del suo superamento nello spirito cristiano. Solo in questo principe la concentrazione melanconica diventa cristiana. Il dramma barocco tedesco non ha mai saputo animarsi, non ha saputo ri,destare al proprio interno il tocco argentino dell'autocoscienza. E rimasto sorprendentemente oscuro a se stesso, e ha saputo dipingere il melanconico solo con le tinte crude e logore dei libri medievali sulle complessioni. Perché allora questo excursus? Le immagini e le figure che esso mette in scena sono dedicate al genio diireriano della Melencolia alata. La sua rozza scena comincia di fronte ad esso la sua vita piu intima.
"ROCHUS FREIHERR VON ULIENCRON, Wie man in Amwafd Musik macbt. Die siebente Todsunte, Leipzig 1903.
Allegoria e dramma barocco (I)
Wer diese gebrechliche Hiiten wo das Elend alle Ecken zieret I!Ùt einem verniinftigen Wortschlusse wolte beglantzen der wiirde keinen unformlichen Ausspruch machen noch das ZielmaB der gegriindeten W ahrheit iiberschreiten wann er die W dt nennte einen allgemeinen Kauffladen eine Zollbude des Todes wo der Mensch die gangbahre Wahre der Tod der wunderbahre Handels-Mann Gott der gewisseste Buchhalter das Grab aber das versiegelte Gewand und KauffHauB ist.
CHRISTOPH MANNUNG,
Schaubuhne des Todes oder Leich-Reden1•
Da piu di cent'anni pesa sulla filosofia dell'arte il dominio di un usurpatore, salito al potere nei torbidi del romanticismo. L'aspirazione dell'estetica romantica a una conoscenza dell'assoluto brillante e in definitiva asistematica ha accreditato nei dibattiti piu comuni di filosofia dell'arte un concetto di simbolo che non ha nulla da spartire con quello genuino all'infuori del nome. Quest'ultimo, che è di competenza della teologia, non avrebbe mai potuto diffondere nella filosofia dell'arte quella vaga atmosfera sentimentale che dalla fine del primo romanticismo si è fatta via via piu densa. Eppure, proprio l'uso strisciante di questo discorso sul simbolico permette di penetrare ogni forma d'arte «in profondità» e contribuisce enormemente al «comfort» delle ricerche storico-artistiche. In quest'ultimo, cioè .nell'uso linguistico volgare, la cosa piu sorprendente è che il concetto, col suo riferimento imperativo al legame inscindibile tra forma e contenuto, lavora poi per una le-
1 [Chi volesse illustrare queste fragili capanne dove la miseria tutti gli angoli decora con una formula ragionevole non userebbe un'espressione inadeguata né valicherebbe i confini di una fondata verità se definisse il mondo una bottega universale, un dazio della morte dove l'uomo è la merce corrente, la morte il mirabile mercante, Dio il contabile piu coscienzioso e la tomba l'imballaggio sigillato e l'emporio].
Allegoria e dramma barocco (I) 135
gittimazione filosofica di quell'impotenza che condanna l'analisi formale a mancare il contenuto e l'estetica cotenutistica a mancare la forma, per difetto di tempra dialettica. Questo uso equivoco del co~c~tto ha luogo infatti ogniqualvolta, nell'opera d'arte, venga deftruto come «simbolo» !'«apparire» di un'«idea». L'unità dell'oggetto sensibile e di quello soprasensibile, che è il paradosso del simbolo teologico, viene distorta in una relazione fra apparenza e? essenza. L'ingresso di questo concetto deformato in campo estettco ha preceduto, come romantica e mortale dissipazione, il deserto della recente critica d'arte. Come forma simbolica, il bello dovrebbe trapassare nel divino senza soluzione di continuità. L'illimitata immanenza del mondo etico nella sfera del bello è stata sviluppata nell'estetica teosofica dei romantici. Ma le sue basi erano poste da tempo. Il classicismo tende abbastanza chiaramente all'apote~si dell'esistenza nella forma dell'individuo completo, e non solo tn senso morale. Tipicamente romantica è invece la trasposizione di questo individuo compiuto in una progressione infinita sf ma salvifica, anzi sacrale2
• Ma una volta che il soggetto etico si è calato nell'individuo, nessun rigorismo- fosse pure quello kantiano - è in grado di salvarlo e di conservare il suo profilo virile. Il suo cuore si perde nell'«anima bella». E il raggio d'azione -anzi no- il raggio educativo dell'individuo cosf compiuto e bello, descrive il cerchio del «simbolico». Di fronte ad esso l'apoteosi barocca è dialettica. Essa si compie nel rovesciamento degli estremi. In questo movimento eccentrico e dialettico l'interiorità senza opposizioni del classicismo non gioca alcun ruolo perché i problemi attuali del Barocco in quanto dimensione politico-religiosa non riguardavano tanto l'individuo e la sua etica, quanto la sua appartenenza alla comunità ecclesiale. Contemporaneamente al concetto profano di simbolo, proprio del classicismo, viene formandosi il suo pendant speculativo, quello di allegoria. È vero che una dottrina vera e propria dell'allegoria non vide la luce allora né mai era esistita in precedenza. Definire «speculativo» il nuov~ concetto di allegoria è nondimeno giustificato, poiché esso si propone in effetti come lo sfondo oscuro sul quale si doveva staccare il mondo luminoso del simbolo. Alla pari di molte altre forme espressive, l'allegoria non perde il suo significato per il semplice fatto di «invecchiare». Piuttosto, anche qui come in molti altri ca-
2 Cfr. W ALTER BENJAMIN, Der Begriff der Kunstkritik in der deutschen Romantik, Bern 1920, pp. 6 sgg. e 8o sgg.
Allegoria e dramma barocco (I)
Wer diese gebrechliche Hiiten wo das Elend alle Ecken zieret I!Ùt einem verniinftigen Wortschlusse wolte beglantzen der wiirde keinen unformlichen Ausspruch machen noch das ZielmaB der gegriindeten W ahrheit iiberschreiten wann er die W dt nennte einen allgemeinen Kauffladen eine Zollbude des Todes wo der Mensch die gangbahre Wahre der Tod der wunderbahre Handels-Mann Gott der gewisseste Buchhalter das Grab aber das versiegelte Gewand und KauffHauB ist.
CHRISTOPH MANNUNG,
Schaubuhne des Todes oder Leich-Reden1•
Da piu di cent'anni pesa sulla filosofia dell'arte il dominio di un usurpatore, salito al potere nei torbidi del romanticismo. L'aspirazione dell'estetica romantica a una conoscenza dell'assoluto brillante e in definitiva asistematica ha accreditato nei dibattiti piu comuni di filosofia dell'arte un concetto di simbolo che non ha nulla da spartire con quello genuino all'infuori del nome. Quest'ultimo, che è di competenza della teologia, non avrebbe mai potuto diffondere nella filosofia dell'arte quella vaga atmosfera sentimentale che dalla fine del primo romanticismo si è fatta via via piu densa. Eppure, proprio l'uso strisciante di questo discorso sul simbolico permette di penetrare ogni forma d'arte «in profondità» e contribuisce enormemente al «comfort» delle ricerche storico-artistiche. In quest'ultimo, cioè .nell'uso linguistico volgare, la cosa piu sorprendente è che il concetto, col suo riferimento imperativo al legame inscindibile tra forma e contenuto, lavora poi per una le-
1 [Chi volesse illustrare queste fragili capanne dove la miseria tutti gli angoli decora con una formula ragionevole non userebbe un'espressione inadeguata né valicherebbe i confini di una fondata verità se definisse il mondo una bottega universale, un dazio della morte dove l'uomo è la merce corrente, la morte il mirabile mercante, Dio il contabile piu coscienzioso e la tomba l'imballaggio sigillato e l'emporio].
Allegoria e dramma barocco (I) 135
gittimazione filosofica di quell'impotenza che condanna l'analisi formale a mancare il contenuto e l'estetica cotenutistica a mancare la forma, per difetto di tempra dialettica. Questo uso equivoco del co~c~tto ha luogo infatti ogniqualvolta, nell'opera d'arte, venga deftruto come «simbolo» !'«apparire» di un'«idea». L'unità dell'oggetto sensibile e di quello soprasensibile, che è il paradosso del simbolo teologico, viene distorta in una relazione fra apparenza e? essenza. L'ingresso di questo concetto deformato in campo estettco ha preceduto, come romantica e mortale dissipazione, il deserto della recente critica d'arte. Come forma simbolica, il bello dovrebbe trapassare nel divino senza soluzione di continuità. L'illimitata immanenza del mondo etico nella sfera del bello è stata sviluppata nell'estetica teosofica dei romantici. Ma le sue basi erano poste da tempo. Il classicismo tende abbastanza chiaramente all'apote~si dell'esistenza nella forma dell'individuo completo, e non solo tn senso morale. Tipicamente romantica è invece la trasposizione di questo individuo compiuto in una progressione infinita sf ma salvifica, anzi sacrale2
• Ma una volta che il soggetto etico si è calato nell'individuo, nessun rigorismo- fosse pure quello kantiano - è in grado di salvarlo e di conservare il suo profilo virile. Il suo cuore si perde nell'«anima bella». E il raggio d'azione -anzi no- il raggio educativo dell'individuo cosf compiuto e bello, descrive il cerchio del «simbolico». Di fronte ad esso l'apoteosi barocca è dialettica. Essa si compie nel rovesciamento degli estremi. In questo movimento eccentrico e dialettico l'interiorità senza opposizioni del classicismo non gioca alcun ruolo perché i problemi attuali del Barocco in quanto dimensione politico-religiosa non riguardavano tanto l'individuo e la sua etica, quanto la sua appartenenza alla comunità ecclesiale. Contemporaneamente al concetto profano di simbolo, proprio del classicismo, viene formandosi il suo pendant speculativo, quello di allegoria. È vero che una dottrina vera e propria dell'allegoria non vide la luce allora né mai era esistita in precedenza. Definire «speculativo» il nuov~ concetto di allegoria è nondimeno giustificato, poiché esso si propone in effetti come lo sfondo oscuro sul quale si doveva staccare il mondo luminoso del simbolo. Alla pari di molte altre forme espressive, l'allegoria non perde il suo significato per il semplice fatto di «invecchiare». Piuttosto, anche qui come in molti altri ca-
2 Cfr. W ALTER BENJAMIN, Der Begriff der Kunstkritik in der deutschen Romantik, Bern 1920, pp. 6 sgg. e 8o sgg.
Il dramma barocco tedesco
si entra in gioco un antagonismo tra il significato piu antico e il piu recente, un antagonismo tanto piu incline a :isolversi nel silenzio in quanto privo di concetti, profondo e r~dicale. Intorno al 18oo il pensiero simbolizzante si ~ontrappo~eva m ~odo co~ _frontale all'originaria forma espressiva allegor~ca che_I tentatlv~, pe: raltro isolati, di penetrare teoreticamente l allegoria, sono privi di valore cosf da confermare la profondità dell'antagonismo. La seguent~ affermazione di Goethe può essere definita una ricost~zione postuma dell'allegoria in chiave negativa: «E cosa molto diversa se il poeta cerca il particolare in funzione dell'universale, o se nel particolare scorge l'universale. Dalla prima maniera risulta l'allegoria, dove il particolare non è che l'emblema, l'esempio dell'universale; ma la seconda è propriamente la nat:ura della poesia: essa esprime un particolare, senza pensare all'uruversale o senza alludervi. Chi questo particolare lo coglie vivo, coglie in pari tempo l'universale, senza avvedersene, o avvedendosene solo tardi»3. Questo, indotto da uno scritto di Schiller, l'atteggiamento di Goethe verso l'allegoria. Goethe non vi trova alcuno spunto degno di riflessione. Piu dettagli~ta un'os~ervazione di Schopenhauer, di qualche anno posteriOre ma dt ~egno analo_go: «Se adunque è fine di tutte le arti il comunicare l'Idea percepita ... se inoltre è nell'arte da rigettarsi il muovere dal concetto; non potremo per conseguenza approvare che un'opera d'arte sia intenzionalmente e palesemente destinata all'espressione di un concetto: com'è il caso dell'allegoria ... Se quindi un quadro allegorico ha pregio d'arte, questo è del tutto separato e indipendente da!l'ufficio dell'allegoria: un'opera siffatta serve insieme a due scopi, ossia all'espressione di un concetto e all'espressione di un'idea, ma esclusivamente il secondo può essere un fine dell'arte, mentre l'altro è uno scopo estraneo; è la piacevolezza scherzosa di fare che un quadro serva in pari tempo come un'iscrizione, un geroglifico ... È vero che un'immagine allegorica può appunto in questa sua qualità produrre un vivo effetto sull'animo: ma l'effetto medesimo produrrebbe, in circostanze eguali, anche un'iscrizione. Cosi, per esempio, se nell'animo d'un uomo sia fermamente e fortemente radicata la brama della gloria ... e quest'uomo venga davanti al Genio della Fama [di Annibale Carracci] coronato d'alloro; tutto il suo animo ne sarà infervorato, e la sua energia sprona-
' GOETHE Siimtliche Werke eit., vol. XXXVIII: Schriften zur Literatur, 3, p. 261 (Maximen und Refkxionen); trad. it. Massime e riflessioni, a cura di B. Allason, Torino 1943, pp. 48 sgg.
Allegoria e dramma barocco (r) 137
ta all'azione. Ma non accadrebbe altrimenti, se d'un tratto egli leggesse grande e chiara sulla parete la parola "gloria" ... »4
• Per quanto quest'ultima osservazione possa avvicinarsi all'essenza dell'allegoria, l'impronta logicistica dell'argomentazione, che distinguendo l' «espressione di un concetto» dall' «espressione di un'idea» accoglie precisamente il discorso moderno e insostenibile sull'allegoria e sul simbolo, impedisce a queste osservazioni di essere qualcosa di diverso da una delle tante e sbrigative condanne della forma allegorica, e ciò a prescindere dal fatto che Schopenhauer stesso usi poi il concetto di simbolo in modo diverso. Queste osservazioni sono rimaste decisive fino ai tempi piu recenti. Anche grandi artisti e teorici non comuni, come Yeats', continuano a ritenere che l'allegoria sia un nesso convenzionale tra un'immagine e il significato che essa designa. Dei documenti autentici della concezione allegorica moderna, le opere letterarie ed emblematiche del Barocco, i nostri autori hanno di solito una conoscenza piuttosto vaga. Negli epigoni tardi e piu noti del xvrn secolo lo spirito di quei documenti è ormai cosf indebolito che solo il lettore delle opere originarie può percepire la forza intatta dell'intenzione allegorica. Ma di fronte a quelle opere si poneva il verdetto del pregiudizio classicistico. Si tratta, in altre parole, di una denuncia della forma espressiva allegorica in quanto puro modo del designare. Ora l'allegoria - e le pagine che seguono dovrebbero servire a dimostrarlo - non è un semplice artificio retorico, ma espressione piena, come lo è il linguaggio, anzi come lo è la scrittura. E stava appunto qui l' experimentum crucis. Proprio la scrittura appariva come il sistema di segni convenzionale per eccellenza. Schopenhauer non è l'unico a ritenere che l'allegoria possa essere liquidata denunciando la sua sostanziale affinità con la scrittura. Da questa obiezione dipende, in ultima analisi, il rapporto con i grandi oggetti della filologia barocca. La cui fondazione filosofica -per quanto possa apparire faticosa e prolissa- è tuttavia indispensabile. Al suo centro si pone la discussione sull'allegorico, e un primo cenn.o in questo senso è fuor di dubbio contenuto nella Deutsche Barockdichtung [Poesia barocca tedesca] di Herbert Cysarz. Tuttavia, sia che il primato dichiarato della classicità come entelechia della poesia barocca vanifichi la com-
' SCHOPENHAUER, Siimmtliche Werke ci t., vol. I: Die Welt als Wil/e und Vorstellung ci t., I, pp. 314 sgg.; trad. it. cit., vol. I, pp. 294 sgg.
'Cfr. wn.LIAM BUTLER YEATS, Erziihlungen und Essays, Leipzig 1916, p. II4.
Il dramma barocco tedesco
si entra in gioco un antagonismo tra il significato piu antico e il piu recente, un antagonismo tanto piu incline a :isolversi nel silenzio in quanto privo di concetti, profondo e r~dicale. Intorno al 18oo il pensiero simbolizzante si ~ontrappo~eva m ~odo co~ _frontale all'originaria forma espressiva allegor~ca che_I tentatlv~, pe: raltro isolati, di penetrare teoreticamente l allegoria, sono privi di valore cosf da confermare la profondità dell'antagonismo. La seguent~ affermazione di Goethe può essere definita una ricost~zione postuma dell'allegoria in chiave negativa: «E cosa molto diversa se il poeta cerca il particolare in funzione dell'universale, o se nel particolare scorge l'universale. Dalla prima maniera risulta l'allegoria, dove il particolare non è che l'emblema, l'esempio dell'universale; ma la seconda è propriamente la nat:ura della poesia: essa esprime un particolare, senza pensare all'uruversale o senza alludervi. Chi questo particolare lo coglie vivo, coglie in pari tempo l'universale, senza avvedersene, o avvedendosene solo tardi»3. Questo, indotto da uno scritto di Schiller, l'atteggiamento di Goethe verso l'allegoria. Goethe non vi trova alcuno spunto degno di riflessione. Piu dettagli~ta un'os~ervazione di Schopenhauer, di qualche anno posteriOre ma dt ~egno analo_go: «Se adunque è fine di tutte le arti il comunicare l'Idea percepita ... se inoltre è nell'arte da rigettarsi il muovere dal concetto; non potremo per conseguenza approvare che un'opera d'arte sia intenzionalmente e palesemente destinata all'espressione di un concetto: com'è il caso dell'allegoria ... Se quindi un quadro allegorico ha pregio d'arte, questo è del tutto separato e indipendente da!l'ufficio dell'allegoria: un'opera siffatta serve insieme a due scopi, ossia all'espressione di un concetto e all'espressione di un'idea, ma esclusivamente il secondo può essere un fine dell'arte, mentre l'altro è uno scopo estraneo; è la piacevolezza scherzosa di fare che un quadro serva in pari tempo come un'iscrizione, un geroglifico ... È vero che un'immagine allegorica può appunto in questa sua qualità produrre un vivo effetto sull'animo: ma l'effetto medesimo produrrebbe, in circostanze eguali, anche un'iscrizione. Cosi, per esempio, se nell'animo d'un uomo sia fermamente e fortemente radicata la brama della gloria ... e quest'uomo venga davanti al Genio della Fama [di Annibale Carracci] coronato d'alloro; tutto il suo animo ne sarà infervorato, e la sua energia sprona-
' GOETHE Siimtliche Werke eit., vol. XXXVIII: Schriften zur Literatur, 3, p. 261 (Maximen und Refkxionen); trad. it. Massime e riflessioni, a cura di B. Allason, Torino 1943, pp. 48 sgg.
Allegoria e dramma barocco (r) 137
ta all'azione. Ma non accadrebbe altrimenti, se d'un tratto egli leggesse grande e chiara sulla parete la parola "gloria" ... »4
• Per quanto quest'ultima osservazione possa avvicinarsi all'essenza dell'allegoria, l'impronta logicistica dell'argomentazione, che distinguendo l' «espressione di un concetto» dall' «espressione di un'idea» accoglie precisamente il discorso moderno e insostenibile sull'allegoria e sul simbolo, impedisce a queste osservazioni di essere qualcosa di diverso da una delle tante e sbrigative condanne della forma allegorica, e ciò a prescindere dal fatto che Schopenhauer stesso usi poi il concetto di simbolo in modo diverso. Queste osservazioni sono rimaste decisive fino ai tempi piu recenti. Anche grandi artisti e teorici non comuni, come Yeats', continuano a ritenere che l'allegoria sia un nesso convenzionale tra un'immagine e il significato che essa designa. Dei documenti autentici della concezione allegorica moderna, le opere letterarie ed emblematiche del Barocco, i nostri autori hanno di solito una conoscenza piuttosto vaga. Negli epigoni tardi e piu noti del xvrn secolo lo spirito di quei documenti è ormai cosf indebolito che solo il lettore delle opere originarie può percepire la forza intatta dell'intenzione allegorica. Ma di fronte a quelle opere si poneva il verdetto del pregiudizio classicistico. Si tratta, in altre parole, di una denuncia della forma espressiva allegorica in quanto puro modo del designare. Ora l'allegoria - e le pagine che seguono dovrebbero servire a dimostrarlo - non è un semplice artificio retorico, ma espressione piena, come lo è il linguaggio, anzi come lo è la scrittura. E stava appunto qui l' experimentum crucis. Proprio la scrittura appariva come il sistema di segni convenzionale per eccellenza. Schopenhauer non è l'unico a ritenere che l'allegoria possa essere liquidata denunciando la sua sostanziale affinità con la scrittura. Da questa obiezione dipende, in ultima analisi, il rapporto con i grandi oggetti della filologia barocca. La cui fondazione filosofica -per quanto possa apparire faticosa e prolissa- è tuttavia indispensabile. Al suo centro si pone la discussione sull'allegorico, e un primo cenn.o in questo senso è fuor di dubbio contenuto nella Deutsche Barockdichtung [Poesia barocca tedesca] di Herbert Cysarz. Tuttavia, sia che il primato dichiarato della classicità come entelechia della poesia barocca vanifichi la com-
' SCHOPENHAUER, Siimmtliche Werke ci t., vol. I: Die Welt als Wil/e und Vorstellung ci t., I, pp. 314 sgg.; trad. it. cit., vol. I, pp. 294 sgg.
'Cfr. wn.LIAM BUTLER YEATS, Erziihlungen und Essays, Leipzig 1916, p. II4.
r 38 Il dramma barocco tedesco
prensione della sua essenza, e in particolare la comprensione dell'allegoria, sia invece che l'ostinato pregiudizio antiallegorico porti coerentemente in primo piano il classicismo come suo antenato legittimo, la tesi secondo cui l' allegoresi sarebbe «la legge stilistica dominante in particolare nell'Alto Barocco»6 perde il proprio valore per voler ridurre tale formulazione a un semplice slogan. In contrapposizione al classicismo, sarebbe propria del Barocco «non tanto l'arte del simbolo, quanto la tecnica dell'allegoria»7
• Anche questa nuova formula intende attribuire all'allegoria il carattere di segno. Si rimane cosf fermi al vecchio pregiudizio, a cui Creuzer ha fornito una veste linguistica definitiva con l'espressione Zeichenallegorie [allegoria segnica]8
•
Per il resto, sono proprio le grandi riflessioni teoriche sul simbolismo contenute nel primo volume della Mythologie di Creuzer a risultare indirettamente assai preziose per la conoscenza dell'allegorico. Accanto alla vecchia banale dottrina che pure in esse si conserva, tali riflessioni contengono spunti la cui portata gnoseologica avrebbe potuto condurre ben piu lontano di quanto Creuzer non seppe fare. Cosf egli pone l'essenza dei simboli, di cui vuole preservare il rango e la distanza rispetto all'allegoria, nei seguenti quattro momenti: «<l momentaneo, il totale, l'imperscrutabile della loro origine, il necessario »9
, e a proposito del primo troviamo in un altro passo un'osservazione eccellente: «Quell'aspetto illuminante e ::t volte sconvolgente è legato a un'altra caratteristica, la brevità. E come uno spirito che appare all'improvv\so, o come un lampo che illumini a un tratto l'oscurità della notte. E un momento che investe tutto il nostro essere ... A causa di questa feconda brevità essi- gli antichi -lo paragonano allaconismo ... Nelle circost~nze importanti della vita, quando ogni momento è gravido di futuro e mantiene l'anima in grande tensione, nei momenti fatali, gli antichi erano sensibili ai segni divini, che chiamavano symbola»10. I requisiti del simbolo saranno invece «chiarezza ... brevità ... il grazioso e il bello»u, dove il primo e gli ultimi due riecheggiano chiaramente quel modo di vedere che Creuzer ha in
6 CYSARZ, Deutsche Barockdichtung cit., p. 40.
'Ibid., p. 296. 8 FRIEDRICH CREUZER, Symbolik und Mythologie der alten Vo/ker, besonders der Griechen,
Leizpig-Darmstadt x8x9, parte I, 2, p. nS. 'Ibid., p. 64. 10 Ibid., pp. 59 sgg. n Ibid., pp. 66 sgg.
Allegoria e dramma barocco (I) 139
comune con le teorie classicistiche del simbolo. È questa la dottrina del simbolo artistico, che è la forma piu alta e va tenuta distinta dal simbolo religioso, piu limitato, oppure mistico. Che qui Creuzer sia stato influenzato dalla venerazione di Winckelmann per la scultura greca- l'esempio che viene portato al riguardo è quello delle divinità greche- è fuor di dubbio. Il simbolo artistico è plastico. L'antitesi creuzeriana fra il simbolo plastico e il simbolo mistico è tutta nello spirito di Winckelmann. «Qui regna l'inesprimibile, e andando alla ricerca di un'espressione esso finisce per far saltare la forma terrena, come un recipiente troppo fragile, con la potenza infinita del suo essere. Ma con ciò la chiarezza del contemplare è subito annientata, e non resta altro che uno stupore muto». Nel simbolo plastico invece «l'essere non tende a straripare, ma, obbedendo alla natura, si adatta alla sua forma, la compenetra e la anima. Quell'antagonismo tra il finito e l'infinito viene dunque risolto per il fatto che il primo, limitandosi, assume una forma umana. Questa purificazione dell'elemento figurativo da un lato, e la spontanea rinuncia allo smisuratp dall'altro, produce il piu bel frutto di tutta la sfera simbolica. E il simbolo divino, che unisce mirabilmente la bellezza della forma alla massima pienezza della sostanza, e poiché esso trova la sua realizzazione piu compiuta nella scultura greca si può chiamarlo simbolo plastico»12
• Il classicismo cercava l'«umanm> in quanto massima «pienezza dell'essere», e se, in questa sua aspirazione, cosf come non poteva non sdegnare l'allegoria, esso doveva cogliere solo una falsa immagine del simbolo. Anche in Creuzer troviamo perciò un paragone, non lontano dalle teorie correnti, fra il simbolo e «l'allegoria, che l'uso linguistico ordinario scambia cosf spesso con il simbolo>>13
• La «differenza tra raffigurazione simbolica ed allegorica»: «Questa significa semplicemente un concetto generale, o un'idea, comunque diversa da essa; quella è l'idea stessa resa sensibile, incorporata. 11 avviene una sostituzione ... Qui il concetto stesso è sceso nel mondo dei corpi, e nell'immagine noi lo vediamo direttamente e in persoha». Ma cosf Creuzer torna alla sua concezione iniziale. «La differenza tra i due generi va posta perciò nel momentaneo, di cui l'allegoria è priva ... 11- ossia nel simbolo- c'è una totalità momentanea; qui c'è progresso attraverso una serie di momenti. Per questo anche è l'allegoria, non il sim-
12 Ibid., pp. 6.3 sgg. n Ibid., p. 68.
r 38 Il dramma barocco tedesco
prensione della sua essenza, e in particolare la comprensione dell'allegoria, sia invece che l'ostinato pregiudizio antiallegorico porti coerentemente in primo piano il classicismo come suo antenato legittimo, la tesi secondo cui l' allegoresi sarebbe «la legge stilistica dominante in particolare nell'Alto Barocco»6 perde il proprio valore per voler ridurre tale formulazione a un semplice slogan. In contrapposizione al classicismo, sarebbe propria del Barocco «non tanto l'arte del simbolo, quanto la tecnica dell'allegoria»7
• Anche questa nuova formula intende attribuire all'allegoria il carattere di segno. Si rimane cosf fermi al vecchio pregiudizio, a cui Creuzer ha fornito una veste linguistica definitiva con l'espressione Zeichenallegorie [allegoria segnica]8
•
Per il resto, sono proprio le grandi riflessioni teoriche sul simbolismo contenute nel primo volume della Mythologie di Creuzer a risultare indirettamente assai preziose per la conoscenza dell'allegorico. Accanto alla vecchia banale dottrina che pure in esse si conserva, tali riflessioni contengono spunti la cui portata gnoseologica avrebbe potuto condurre ben piu lontano di quanto Creuzer non seppe fare. Cosf egli pone l'essenza dei simboli, di cui vuole preservare il rango e la distanza rispetto all'allegoria, nei seguenti quattro momenti: «<l momentaneo, il totale, l'imperscrutabile della loro origine, il necessario »9
, e a proposito del primo troviamo in un altro passo un'osservazione eccellente: «Quell'aspetto illuminante e ::t volte sconvolgente è legato a un'altra caratteristica, la brevità. E come uno spirito che appare all'improvv\so, o come un lampo che illumini a un tratto l'oscurità della notte. E un momento che investe tutto il nostro essere ... A causa di questa feconda brevità essi- gli antichi -lo paragonano allaconismo ... Nelle circost~nze importanti della vita, quando ogni momento è gravido di futuro e mantiene l'anima in grande tensione, nei momenti fatali, gli antichi erano sensibili ai segni divini, che chiamavano symbola»10. I requisiti del simbolo saranno invece «chiarezza ... brevità ... il grazioso e il bello»u, dove il primo e gli ultimi due riecheggiano chiaramente quel modo di vedere che Creuzer ha in
6 CYSARZ, Deutsche Barockdichtung cit., p. 40.
'Ibid., p. 296. 8 FRIEDRICH CREUZER, Symbolik und Mythologie der alten Vo/ker, besonders der Griechen,
Leizpig-Darmstadt x8x9, parte I, 2, p. nS. 'Ibid., p. 64. 10 Ibid., pp. 59 sgg. n Ibid., pp. 66 sgg.
Allegoria e dramma barocco (I) 139
comune con le teorie classicistiche del simbolo. È questa la dottrina del simbolo artistico, che è la forma piu alta e va tenuta distinta dal simbolo religioso, piu limitato, oppure mistico. Che qui Creuzer sia stato influenzato dalla venerazione di Winckelmann per la scultura greca- l'esempio che viene portato al riguardo è quello delle divinità greche- è fuor di dubbio. Il simbolo artistico è plastico. L'antitesi creuzeriana fra il simbolo plastico e il simbolo mistico è tutta nello spirito di Winckelmann. «Qui regna l'inesprimibile, e andando alla ricerca di un'espressione esso finisce per far saltare la forma terrena, come un recipiente troppo fragile, con la potenza infinita del suo essere. Ma con ciò la chiarezza del contemplare è subito annientata, e non resta altro che uno stupore muto». Nel simbolo plastico invece «l'essere non tende a straripare, ma, obbedendo alla natura, si adatta alla sua forma, la compenetra e la anima. Quell'antagonismo tra il finito e l'infinito viene dunque risolto per il fatto che il primo, limitandosi, assume una forma umana. Questa purificazione dell'elemento figurativo da un lato, e la spontanea rinuncia allo smisuratp dall'altro, produce il piu bel frutto di tutta la sfera simbolica. E il simbolo divino, che unisce mirabilmente la bellezza della forma alla massima pienezza della sostanza, e poiché esso trova la sua realizzazione piu compiuta nella scultura greca si può chiamarlo simbolo plastico»12
• Il classicismo cercava l'«umanm> in quanto massima «pienezza dell'essere», e se, in questa sua aspirazione, cosf come non poteva non sdegnare l'allegoria, esso doveva cogliere solo una falsa immagine del simbolo. Anche in Creuzer troviamo perciò un paragone, non lontano dalle teorie correnti, fra il simbolo e «l'allegoria, che l'uso linguistico ordinario scambia cosf spesso con il simbolo>>13
• La «differenza tra raffigurazione simbolica ed allegorica»: «Questa significa semplicemente un concetto generale, o un'idea, comunque diversa da essa; quella è l'idea stessa resa sensibile, incorporata. 11 avviene una sostituzione ... Qui il concetto stesso è sceso nel mondo dei corpi, e nell'immagine noi lo vediamo direttamente e in persoha». Ma cosf Creuzer torna alla sua concezione iniziale. «La differenza tra i due generi va posta perciò nel momentaneo, di cui l'allegoria è priva ... 11- ossia nel simbolo- c'è una totalità momentanea; qui c'è progresso attraverso una serie di momenti. Per questo anche è l'allegoria, non il sim-
12 Ibid., pp. 6.3 sgg. n Ibid., p. 68.
Il dramma barocco tedesco
bolo, a ricomprendere il mito ... la cui essenza esprime nella forma piu perfetta l'epos progrediente»14
• E tuttavia, ben lungi dallo sviluppare questa intuizione in una rivalutazione dell'espressione allegorica, si dirà in un altro passo, a partire da questi enunciati e a proposito dei filosofi ionici della natura: «Essi restituiscono al simbolo, rimosso dalla garrula saga, i suoi antichi diritti: il simbolo che, figlio, in origine, della figuratività e poi incorporato nel discorso, con la sua brevità significante, con latotalità e la concisa esuberanza del suo essere, è assai piu adatto della saga a suggerire l'uno e l'inesprimibile della religione»1
'. Intorno a queste riflessioni e ad altre simili Gorres fa in una lettera un'osservazione eccellente: della «concezione del simbolo come essere e dell'allegoria come significato, non so che farmene ... Possiamo benissimo accontentarci della spiegazione che vede nel primo un segno delle idee in sé concluso, compatto, arroccato in se stesso, e nella seconda invece un'immagine delle medesime progrediente e successiva, che scorre nel tempo, drammaticamente mobile e fluente. I due stanno, l'uno rispetto all'altro, come la muta, grande, poderosa natura dei monti e delle piante e la storia umana vivente e progressiva»16
• Con ciò, alcune cose sono rimesse in ordine. Poiché il contrasto fra una teoria del simbolo che pone l' accento sull'aspetto naturale- come i monti o le piante- nel simbolo stesso, e l'insistenza di Creuzer sul suo aspetto momentaneo, rimanda assai chiaramente al vero stato delle cose. La misura temporale dell'esperienza simbolica è l'attimo mistico, in cui il simbolo accoglie il senso nel suo interno nascosto e, se si può dire, boscoso. A sua volta, anche l'allegoria non è affatto esente da una simile dialettica, e la pace contemplativa con la quale essa si sprofonda nell'abisso tra l'essere figurale e il significato non ha nulla di quella apatica sufficienza che si trova nell'intenzione apparentemente affine del segno. Con quanto vigore il movimento dialettico rumoreggi nell'abisso dell'allegoria, è qualcosa che lo studio del dramma barocco permetterà di chiarire meglio di ogni altro. Quella portata mondana, storica, che Gorres e Creuzer attribuiscono all'intenzione allegorica, è in quanto storia naturale, in quanto storia originaria del significare, di tipo dialettico. Sotto la categoria decisiva del tempo, la cui trasposizione in ambito semiotico è la grande intuizione romantica di questi pensa tori, il rap-
14 Ibid., pp. 70 sgg. "Ibid., p. I99· 16 Ibid., p. 147 sgg.
Allegoria e dramma barocco (I)
porto tra simbolo e allegoria si può fissare con la precisione di una formula. Mentre nel simbolo, con la trasfigurazione della caducità si manifesta fugacemente il volto trasfigurato della natura nella lu: ce della redenzione, l'allegoria mostra agli occhi dell'osservatore la facies hippocratica della storia come irrigidito paesaggio originario. La storia in tutto ciò che essa ha fin dall'inizio di immaturo, di sofferente, di mancato, si imprime in un volto, anzi: nel teschio di un morto. E se è vero che ad esso manca ogni libertà «simbolica» dell'espressione, ogni armonia classica della figura, ogni umanità, in questa figura - che è fra tutte la piu degradata - si esprime significativamente sotto forma di enigma, non solo la natura dell'esistenza umll{la in generale, ma la storicità biografica di una singola esistenza. E questo il nucleo della visione allegorica, della esposizione barocca, profana della storia come via crucis mondana: essa ha significato solo helle stazioni del suo decadere. Tanto è il significato quanto è l'abbandono alla morte, perché è proprio la morte a scavare piu profondamente la linea di demarcazione tra physis e significato. Ma se la natura è da sempre esposta alla morte, allora essa è anche allegorica da sempre. Il significato e la morte maturano nello sviluppo della storia, cosi come sono contenuti in germe, l'uno nell'altro, nello stato peccaminoso e senza grazia della creatura. La prospettiva del mito decifrato come allegoria, che svolge in Creuzer un certo ruolo, risulta alla fine moderata e piu moderna proprio dal punto di vista barocco. Contro di essa si rivolge, significativamente, Voss: «Le saghe omeriche sul-mondo e sugli dèi erano considerate da Aristarco e da tutte le persone di giudizio come una fede ingenua dell'età nestoriana degli eroi. Cratete invece, a cui si aggiunsero il geografo Strabone e i grammati~ ci tardi, vedeva in esse i simboli primordiali dei misteri orfici, di origine soprattutto egizia. Questa simbologia, che spostava arbitrariamente ai tempi arcaici le esperienze e le dottrine religiose dell'era posto.merica, restò dominante attraverso i secoli del monachesi.mo, e fu chiamata perlopiu allegoria»17
• L'autore disapprova questa riduzione del mito ad allegoria, ma ne ammette la pensabilità, che poggia su una teoria della saga come quella. svolta da Creuzer. L'epos è in effetti la forma classica di una storia della natura significante, cosi come l'allegoria è la sua forma barocca. Mfine com'era a entrambi gli orientamenti, il romanticismo doveva avvicinare l'uno all'altra epos e allegoria. Cosi Schelling ha formu-
·17 JOHANN HEINRICH voss, Antisymbolik, Stuttgart 1826, vol. II, p. 223.
Il dramma barocco tedesco
bolo, a ricomprendere il mito ... la cui essenza esprime nella forma piu perfetta l'epos progrediente»14
• E tuttavia, ben lungi dallo sviluppare questa intuizione in una rivalutazione dell'espressione allegorica, si dirà in un altro passo, a partire da questi enunciati e a proposito dei filosofi ionici della natura: «Essi restituiscono al simbolo, rimosso dalla garrula saga, i suoi antichi diritti: il simbolo che, figlio, in origine, della figuratività e poi incorporato nel discorso, con la sua brevità significante, con latotalità e la concisa esuberanza del suo essere, è assai piu adatto della saga a suggerire l'uno e l'inesprimibile della religione»1
'. Intorno a queste riflessioni e ad altre simili Gorres fa in una lettera un'osservazione eccellente: della «concezione del simbolo come essere e dell'allegoria come significato, non so che farmene ... Possiamo benissimo accontentarci della spiegazione che vede nel primo un segno delle idee in sé concluso, compatto, arroccato in se stesso, e nella seconda invece un'immagine delle medesime progrediente e successiva, che scorre nel tempo, drammaticamente mobile e fluente. I due stanno, l'uno rispetto all'altro, come la muta, grande, poderosa natura dei monti e delle piante e la storia umana vivente e progressiva»16
• Con ciò, alcune cose sono rimesse in ordine. Poiché il contrasto fra una teoria del simbolo che pone l' accento sull'aspetto naturale- come i monti o le piante- nel simbolo stesso, e l'insistenza di Creuzer sul suo aspetto momentaneo, rimanda assai chiaramente al vero stato delle cose. La misura temporale dell'esperienza simbolica è l'attimo mistico, in cui il simbolo accoglie il senso nel suo interno nascosto e, se si può dire, boscoso. A sua volta, anche l'allegoria non è affatto esente da una simile dialettica, e la pace contemplativa con la quale essa si sprofonda nell'abisso tra l'essere figurale e il significato non ha nulla di quella apatica sufficienza che si trova nell'intenzione apparentemente affine del segno. Con quanto vigore il movimento dialettico rumoreggi nell'abisso dell'allegoria, è qualcosa che lo studio del dramma barocco permetterà di chiarire meglio di ogni altro. Quella portata mondana, storica, che Gorres e Creuzer attribuiscono all'intenzione allegorica, è in quanto storia naturale, in quanto storia originaria del significare, di tipo dialettico. Sotto la categoria decisiva del tempo, la cui trasposizione in ambito semiotico è la grande intuizione romantica di questi pensa tori, il rap-
14 Ibid., pp. 70 sgg. "Ibid., p. I99· 16 Ibid., p. 147 sgg.
Allegoria e dramma barocco (I)
porto tra simbolo e allegoria si può fissare con la precisione di una formula. Mentre nel simbolo, con la trasfigurazione della caducità si manifesta fugacemente il volto trasfigurato della natura nella lu: ce della redenzione, l'allegoria mostra agli occhi dell'osservatore la facies hippocratica della storia come irrigidito paesaggio originario. La storia in tutto ciò che essa ha fin dall'inizio di immaturo, di sofferente, di mancato, si imprime in un volto, anzi: nel teschio di un morto. E se è vero che ad esso manca ogni libertà «simbolica» dell'espressione, ogni armonia classica della figura, ogni umanità, in questa figura - che è fra tutte la piu degradata - si esprime significativamente sotto forma di enigma, non solo la natura dell'esistenza umll{la in generale, ma la storicità biografica di una singola esistenza. E questo il nucleo della visione allegorica, della esposizione barocca, profana della storia come via crucis mondana: essa ha significato solo helle stazioni del suo decadere. Tanto è il significato quanto è l'abbandono alla morte, perché è proprio la morte a scavare piu profondamente la linea di demarcazione tra physis e significato. Ma se la natura è da sempre esposta alla morte, allora essa è anche allegorica da sempre. Il significato e la morte maturano nello sviluppo della storia, cosi come sono contenuti in germe, l'uno nell'altro, nello stato peccaminoso e senza grazia della creatura. La prospettiva del mito decifrato come allegoria, che svolge in Creuzer un certo ruolo, risulta alla fine moderata e piu moderna proprio dal punto di vista barocco. Contro di essa si rivolge, significativamente, Voss: «Le saghe omeriche sul-mondo e sugli dèi erano considerate da Aristarco e da tutte le persone di giudizio come una fede ingenua dell'età nestoriana degli eroi. Cratete invece, a cui si aggiunsero il geografo Strabone e i grammati~ ci tardi, vedeva in esse i simboli primordiali dei misteri orfici, di origine soprattutto egizia. Questa simbologia, che spostava arbitrariamente ai tempi arcaici le esperienze e le dottrine religiose dell'era posto.merica, restò dominante attraverso i secoli del monachesi.mo, e fu chiamata perlopiu allegoria»17
• L'autore disapprova questa riduzione del mito ad allegoria, ma ne ammette la pensabilità, che poggia su una teoria della saga come quella. svolta da Creuzer. L'epos è in effetti la forma classica di una storia della natura significante, cosi come l'allegoria è la sua forma barocca. Mfine com'era a entrambi gli orientamenti, il romanticismo doveva avvicinare l'uno all'altra epos e allegoria. Cosi Schelling ha formu-
·17 JOHANN HEINRICH voss, Antisymbolik, Stuttgart 1826, vol. II, p. 223.
142 Il dramma barocco tedesco
lato il programma dell'interpretazione allegorica dell'epos nel famoso detto per cui l'Odissea è la storia dello spirito umano, e l'Iliade la storia della natura.
L'espressione all~goric~ viene al mondo con un singolare intreccio di natura e storia. E stata la grande opera di Cari Giehlow a gettare luce sulla sua origine. Solo a partire dalla sua monumentale ricerca, Die Hieroglyphenkunde des Humanismus in der Allego- . rie der Renaissance, besonders der Ehrenpforte Kaisers Maximilians I [La teoria umanistica dei geroglifici nell'allegoria del Rinascimento, specialmente nel portale d'onore dell'imperatore Massimiliano I], è stato possibile documentare anche in termini storici come la moderna allegoria, nata nel xvi secolo, si stacchi da quella medievale. Senza dubbio- e ciò apparirà estremamente significativo nel corso di questo studio - esiste fra le due un rapporto preciso ed essenziale. Tuttavia, soltanto là dove la connessione si stacca come costante dalle variabili storiche essa si dà a conoscere nel suo contenuto, e tale distinzione è diventata possibile solo dopo la scoperta di Giehlow. Tra gli studiosi precedenti, solo Creuzer e Gorres, e soprattutto Herder, sembrano avere avuto un occhio particolare per l'enigma di questa forma espressiva. Riguardo all'epoca in questione è proprio Herder a riconoscere: «La storia di questa epoca e del suo gusto è ancora immersa nell' oscurità»18
• La sua personale congettura: «Si imitava la vecchia pittura monastica, ma con molta intelligenza e grande penetrazione delle cose, sicché sarei incline a definire quest'epoca come l'epoca emblematica»19
, è storicamente errata, ma rivela una comprensione intuitiva di questa letteratura superiore a quella dei mitologi romantici. Creuzer si richiama a lui nelle sue riflessioni sull'emblema moderno. «Anche piu tardi si rimase fedeli a questo amore per la forma allegorica, anzi nel xvi secolo essa sembrò conoscere una nuova vita ... N ello stesso periodo l'allegoria assunse fra i tedeschi, conformemente alla serietà del loro carattere nazionale, un indirizzo piu etico. Con i progressi della Riforma il simbolismo come espressione dei misteri religiosi perdette via via terreno ... Il vecchio amore per l'immediatezza intuitiva si manifestò ... in raffigurazioni simboliche di natura morale e-politica. Doveva essere infatti l'allegoria a dare veste sensibile alla nuova verità. Un grande scrittore del-
18 JOHANN GO'ITFRIED HERDER, Siimmtliche Werke, a cura di B. Suphan, Berlitn r887, vol. XVI, p. r6r.
"lbid., p. 2,30.
Allegoria e dramma barocco (I) 143
la nostra nazione, che nel suo spirito universale non trova infantile e immatura neanche questa espressione del vigore tedesco, ma anzi decorosa e degna d'interesse, prende spunto dall'universale diffusione di quella forma rappresentativa per definire l'epoca della Riforma come l'epoca emblematica, e fornisce al riguardo cenni incoraggianti»20
• Conformemente allo stato allora vacillante del sapere, Creuzer poté correggere la valutazione ma non la comprensione teorica dell'allegoria. Soltanto l'opera di Gièhlow, che è di carattere storico, dischiude la possibilità di una comprensione storico-filosofica di questa forma. Egli individuò lo spunto della sua genesi negli sforzi compiuti dai dotti umanisti per decifrare i geroglifici. Gli umanisti attinsero il metodo della loro ricerca da u? corpus pseudoepigrafico, gli Hieroglyphica di Orapollo, compost! verso la fine del n o del IV secolo d. C. Lo scritto si occupava - è la sua caratteristica, e nasce di qui il suo influsso sugli uma~sti - solo dei cosiddetti geroglifici simbolici o enigmatici: puri 1deogrammi che, nel quadro di una tradizione sacrale, venivano trasmessi allo ierogrammata, al di fuori dei segni fonetici correnti, come ultimo gradino di una filosofia mistica della natura. Con le reminiscenze di questa lettura ci si accinse a studiare gli obelischi, e la nuova, ricca, forma espressiva, destinata a diffondersi in modo imprevedibile, sorse da un equivoco. I letterati elaborarono infatti la nuova forma di scrittura partendo dall'interpretazione allegorica dei geroglifici egizi, dove i dati storici e cultuali cedevano il passo a un inventario di nozioni cosmologiche, mistiche e morali. Nacquero cosf le iconologie, le quali non soltanto sviluppavano i loro motti in immagini o traducevano intere frasi «parol~ per parola per mezzo di uno speciale linguaggio figurato»21
, ma s1 presentarono non di rado come veri e propri lessici22
• «Sotto la guida dell' Alberti, artista ed erudito, gli umanisti si misero cosf a scrivere, anziché con le lettere, con immagini delle cose (rebus); sulla base degli enigmatici geroglifici nacque allora la parola "rebus", e le medaglie, le colonne, le porte trionfali e tutti i possibili oggetti d'arte del Rinascimento ·si riempirono di simili scritture cifrate »23
• «Insieme alla dottrina greca della libertà dell' intuizio-
"'CREUZER, Symbolik und Mythologie cit., pp. 227 sgg. 21 CARL GIEHLOW, Die Hieroglyphenkunde des Humanismus in der Allegorie der Renaissan
c~, besonders der Ehrenpforte Kaisers Maximiliam I, Wien-Leipzig 1915 («Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen cles allerhOchsten Kaiserhauses», vol. XXXII, fase. r), p. 36.
22 Cfr. CESARE RIPA, Iconologia, Milano r6o2. "GIEHLOW, Die Hieroglyphenkunde cit., p . .34·
142 Il dramma barocco tedesco
lato il programma dell'interpretazione allegorica dell'epos nel famoso detto per cui l'Odissea è la storia dello spirito umano, e l'Iliade la storia della natura.
L'espressione all~goric~ viene al mondo con un singolare intreccio di natura e storia. E stata la grande opera di Cari Giehlow a gettare luce sulla sua origine. Solo a partire dalla sua monumentale ricerca, Die Hieroglyphenkunde des Humanismus in der Allego- . rie der Renaissance, besonders der Ehrenpforte Kaisers Maximilians I [La teoria umanistica dei geroglifici nell'allegoria del Rinascimento, specialmente nel portale d'onore dell'imperatore Massimiliano I], è stato possibile documentare anche in termini storici come la moderna allegoria, nata nel xvi secolo, si stacchi da quella medievale. Senza dubbio- e ciò apparirà estremamente significativo nel corso di questo studio - esiste fra le due un rapporto preciso ed essenziale. Tuttavia, soltanto là dove la connessione si stacca come costante dalle variabili storiche essa si dà a conoscere nel suo contenuto, e tale distinzione è diventata possibile solo dopo la scoperta di Giehlow. Tra gli studiosi precedenti, solo Creuzer e Gorres, e soprattutto Herder, sembrano avere avuto un occhio particolare per l'enigma di questa forma espressiva. Riguardo all'epoca in questione è proprio Herder a riconoscere: «La storia di questa epoca e del suo gusto è ancora immersa nell' oscurità»18
• La sua personale congettura: «Si imitava la vecchia pittura monastica, ma con molta intelligenza e grande penetrazione delle cose, sicché sarei incline a definire quest'epoca come l'epoca emblematica»19
, è storicamente errata, ma rivela una comprensione intuitiva di questa letteratura superiore a quella dei mitologi romantici. Creuzer si richiama a lui nelle sue riflessioni sull'emblema moderno. «Anche piu tardi si rimase fedeli a questo amore per la forma allegorica, anzi nel xvi secolo essa sembrò conoscere una nuova vita ... N ello stesso periodo l'allegoria assunse fra i tedeschi, conformemente alla serietà del loro carattere nazionale, un indirizzo piu etico. Con i progressi della Riforma il simbolismo come espressione dei misteri religiosi perdette via via terreno ... Il vecchio amore per l'immediatezza intuitiva si manifestò ... in raffigurazioni simboliche di natura morale e-politica. Doveva essere infatti l'allegoria a dare veste sensibile alla nuova verità. Un grande scrittore del-
18 JOHANN GO'ITFRIED HERDER, Siimmtliche Werke, a cura di B. Suphan, Berlitn r887, vol. XVI, p. r6r.
"lbid., p. 2,30.
Allegoria e dramma barocco (I) 143
la nostra nazione, che nel suo spirito universale non trova infantile e immatura neanche questa espressione del vigore tedesco, ma anzi decorosa e degna d'interesse, prende spunto dall'universale diffusione di quella forma rappresentativa per definire l'epoca della Riforma come l'epoca emblematica, e fornisce al riguardo cenni incoraggianti»20
• Conformemente allo stato allora vacillante del sapere, Creuzer poté correggere la valutazione ma non la comprensione teorica dell'allegoria. Soltanto l'opera di Gièhlow, che è di carattere storico, dischiude la possibilità di una comprensione storico-filosofica di questa forma. Egli individuò lo spunto della sua genesi negli sforzi compiuti dai dotti umanisti per decifrare i geroglifici. Gli umanisti attinsero il metodo della loro ricerca da u? corpus pseudoepigrafico, gli Hieroglyphica di Orapollo, compost! verso la fine del n o del IV secolo d. C. Lo scritto si occupava - è la sua caratteristica, e nasce di qui il suo influsso sugli uma~sti - solo dei cosiddetti geroglifici simbolici o enigmatici: puri 1deogrammi che, nel quadro di una tradizione sacrale, venivano trasmessi allo ierogrammata, al di fuori dei segni fonetici correnti, come ultimo gradino di una filosofia mistica della natura. Con le reminiscenze di questa lettura ci si accinse a studiare gli obelischi, e la nuova, ricca, forma espressiva, destinata a diffondersi in modo imprevedibile, sorse da un equivoco. I letterati elaborarono infatti la nuova forma di scrittura partendo dall'interpretazione allegorica dei geroglifici egizi, dove i dati storici e cultuali cedevano il passo a un inventario di nozioni cosmologiche, mistiche e morali. Nacquero cosf le iconologie, le quali non soltanto sviluppavano i loro motti in immagini o traducevano intere frasi «parol~ per parola per mezzo di uno speciale linguaggio figurato»21
, ma s1 presentarono non di rado come veri e propri lessici22
• «Sotto la guida dell' Alberti, artista ed erudito, gli umanisti si misero cosf a scrivere, anziché con le lettere, con immagini delle cose (rebus); sulla base degli enigmatici geroglifici nacque allora la parola "rebus", e le medaglie, le colonne, le porte trionfali e tutti i possibili oggetti d'arte del Rinascimento ·si riempirono di simili scritture cifrate »23
• «Insieme alla dottrina greca della libertà dell' intuizio-
"'CREUZER, Symbolik und Mythologie cit., pp. 227 sgg. 21 CARL GIEHLOW, Die Hieroglyphenkunde des Humanismus in der Allegorie der Renaissan
c~, besonders der Ehrenpforte Kaisers Maximiliam I, Wien-Leipzig 1915 («Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen cles allerhOchsten Kaiserhauses», vol. XXXII, fase. r), p. 36.
22 Cfr. CESARE RIPA, Iconologia, Milano r6o2. "GIEHLOW, Die Hieroglyphenkunde cit., p . .34·
144 Il dramma barocco tedesco
ne artistica, il Rinascimento riprese dall'antichità allo stesso tempo il dogma egizio della costrizione artistica. Le due concezioni dovevano affrontarsi in una lotta che fu frenata, in un primo tempo, da alcuni artisti geniali, ma la seconda era destinata a prevalere non appena uno spirito ieratico avesse dominato il mondo»24
•
Nei prodotti del Barocco maturo si fa sempre piu riconoscibile la distanza dai primi inizi dell'emblematìca, anteriori di un secolo, la somiglianza col simbolo si fa sempre piu labile e l'ostentazione ieratica piu marcata. Qualcosa come una teologia naturale della scrittura ha già un suo ruolo nei Libri de re aedificatoria decem di Leon Battista Alberti. «In occasione di una ricerca sulle epigrafi, i segni e le sculture da apporre sui monumenti funebri, egli coglie lo spunto per tracciare un parallelo fra la scrittura alfabetica e i segni egizi. Egli sottolinea come un difetto della prima quello di essere conosciuta solo al proprio tempo, e di dover poi cadere nell'oblio ... E contrappone ad essa il sistema egizio, che rappresentava ad esempio Dio con un occhio, la natura con un avvoltoio, il tempo con un cerchio, la pace con un bue»2
'. La speculazione si volse però, nello stesso tempo, a un'apologia meno razionalistica dell'emblematica, che afferma con molta piu decisione il carattere ieratico della forma. Nel suo commento alle Enneadi di Plotino, Marsilio Ficino osserva a proposito dei geroglifici che, per mezzo di essi, i sacerdoti egizi «avrebbero voluto creare qualcosa di corrispondente al pensiero divino, giacché la divinità possiede il sapere su tutte le cose non come una mutevole rappresentazione ma, per cosf dire, come la semplice e solida forma della cosa stessa. I geroglifici dunque ·come immagini delle idee divine! A titolo di esempio egli porta il geroglifico usato per il concetto di tempo, quello cioè del serpente alato che si morde la coda. La molteplicità e la mobilità dell'umana rappresentazione del tempo, il suo congiungere in un rapido giro l'inizio e la fine, l'insegnamento della furbizia, il suo dare e il suo togliere le cose: tutta questa serie di pensieri sarebbe contenuta nell'immagine precisa e definita del serpente avvolto su se stesso»26
• La convinzione teologica secondo la quale i geroglifici egizi conterrebbero una sapienza originaria, capace di svelare tutte le oscurità della natura, si trova espressa in questa frase di Pierio Valeriano: «Quippe cum hieroglyphice lo-
"Ibid., p. 12.
"Ibid., p. JI. "Ibid., p. 23.
Allegoria e dramma barocco (I) 145
qui nihil aliud sit, quam diuinarum humanarumque rerum naturam aperire»27. E sono appunto i Hieroglyphica a osservare, nella loro Epistola nuncupatoria: «Nec deerit occasio recte sentientibus, qui accomodate ad religionem nostram haec retulerint et exposuerint. Nec etiam arborum et herbarum consideratio nobis odosa est, cum B. Paulus et ante eum Dauid ex rerum creatarum cognitione, Dei magnitudinem et dignitatem intellegi tradant. Quae cum ita sin t, quis nostrum tam torpescenti, ac terrenis faecibusque immerso erit animo, qui se non innumeris obstrictum a Deo beneficiis fateatur, cum se hominem creatum uideat, et omnia quae coelo, aere, aqua, terraque continent, hominis causa generata esse»28. In quell'«hominis causa» non bisognerà pensare alla teleologia illuministica, per cui la felicità umana era il fine supremo della natura, ma a una teleologia barocca affatto diversa. Essa non è rivolta alla felicità terrena o al bene morale delle creature, ma, unicamente, alla loro misteriosa edificazione. Per il Barocco infatti il fine della natura è l'espressione del suo significato, la rappresentazione emblematica del suo senso, che in quanto allegorico è inguaribilmente diverso dalla sua realizzazione storica. Negli esempi e nelle catastrofi morali la storia valeva solo come momento materiale dell'emblematica. Quel che prevale è il volto rigido della natura significante, e una volta per tutte la storia dovrà restare racchiusa nell'oggetto fatale. L'allegoria medievale è cristiano-didattica, in senso mistico e storico-naturale il Barocco risale invece all'antichità. All'antichità egizia, e poi ben presto a quella greca. Lo scopritore dei suoi segreti tesori inventivi era considerato Ludovico da Feltre, «detto "il Morto" per la sua attività "grottesca" di scopritore sotterraneo. Al pittore antico che, in base al citatissimo passo di Plinio sulla pittura decorativa, era ritenuto il classico del grottesco, al "pittore di balconi" Serapione, si richiamò infine, attraverso la mediazione di un omonimo anacoreta, la personificazione letteraria dell'elemento sotterraneo-fantastico, segreto-spettrale (nei Serapionsbriider [l fratelli di San Serapione] di E. T. A. Hoffmann). Perché già allora l'effetto enigmatico-misterioso sembra accompagnarsi al sotterraneo-misterioso nell'origine del "grottesco" dalle rovine sepolte e dalle catacombe. Esso non deriverebbe da "grotta" in senso letterale, ma dal senso di "nascosto", "scavato", espresso dalle immagini della caverna e della
"PIERIO VALERIANO, Hieroglyphica, Basileae 1556, frontespizio. "Ibid., f. 4·
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ne artistica, il Rinascimento riprese dall'antichità allo stesso tempo il dogma egizio della costrizione artistica. Le due concezioni dovevano affrontarsi in una lotta che fu frenata, in un primo tempo, da alcuni artisti geniali, ma la seconda era destinata a prevalere non appena uno spirito ieratico avesse dominato il mondo»24
•
Nei prodotti del Barocco maturo si fa sempre piu riconoscibile la distanza dai primi inizi dell'emblematìca, anteriori di un secolo, la somiglianza col simbolo si fa sempre piu labile e l'ostentazione ieratica piu marcata. Qualcosa come una teologia naturale della scrittura ha già un suo ruolo nei Libri de re aedificatoria decem di Leon Battista Alberti. «In occasione di una ricerca sulle epigrafi, i segni e le sculture da apporre sui monumenti funebri, egli coglie lo spunto per tracciare un parallelo fra la scrittura alfabetica e i segni egizi. Egli sottolinea come un difetto della prima quello di essere conosciuta solo al proprio tempo, e di dover poi cadere nell'oblio ... E contrappone ad essa il sistema egizio, che rappresentava ad esempio Dio con un occhio, la natura con un avvoltoio, il tempo con un cerchio, la pace con un bue»2
'. La speculazione si volse però, nello stesso tempo, a un'apologia meno razionalistica dell'emblematica, che afferma con molta piu decisione il carattere ieratico della forma. Nel suo commento alle Enneadi di Plotino, Marsilio Ficino osserva a proposito dei geroglifici che, per mezzo di essi, i sacerdoti egizi «avrebbero voluto creare qualcosa di corrispondente al pensiero divino, giacché la divinità possiede il sapere su tutte le cose non come una mutevole rappresentazione ma, per cosf dire, come la semplice e solida forma della cosa stessa. I geroglifici dunque ·come immagini delle idee divine! A titolo di esempio egli porta il geroglifico usato per il concetto di tempo, quello cioè del serpente alato che si morde la coda. La molteplicità e la mobilità dell'umana rappresentazione del tempo, il suo congiungere in un rapido giro l'inizio e la fine, l'insegnamento della furbizia, il suo dare e il suo togliere le cose: tutta questa serie di pensieri sarebbe contenuta nell'immagine precisa e definita del serpente avvolto su se stesso»26
• La convinzione teologica secondo la quale i geroglifici egizi conterrebbero una sapienza originaria, capace di svelare tutte le oscurità della natura, si trova espressa in questa frase di Pierio Valeriano: «Quippe cum hieroglyphice lo-
"Ibid., p. 12.
"Ibid., p. JI. "Ibid., p. 23.
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qui nihil aliud sit, quam diuinarum humanarumque rerum naturam aperire»27. E sono appunto i Hieroglyphica a osservare, nella loro Epistola nuncupatoria: «Nec deerit occasio recte sentientibus, qui accomodate ad religionem nostram haec retulerint et exposuerint. Nec etiam arborum et herbarum consideratio nobis odosa est, cum B. Paulus et ante eum Dauid ex rerum creatarum cognitione, Dei magnitudinem et dignitatem intellegi tradant. Quae cum ita sin t, quis nostrum tam torpescenti, ac terrenis faecibusque immerso erit animo, qui se non innumeris obstrictum a Deo beneficiis fateatur, cum se hominem creatum uideat, et omnia quae coelo, aere, aqua, terraque continent, hominis causa generata esse»28. In quell'«hominis causa» non bisognerà pensare alla teleologia illuministica, per cui la felicità umana era il fine supremo della natura, ma a una teleologia barocca affatto diversa. Essa non è rivolta alla felicità terrena o al bene morale delle creature, ma, unicamente, alla loro misteriosa edificazione. Per il Barocco infatti il fine della natura è l'espressione del suo significato, la rappresentazione emblematica del suo senso, che in quanto allegorico è inguaribilmente diverso dalla sua realizzazione storica. Negli esempi e nelle catastrofi morali la storia valeva solo come momento materiale dell'emblematica. Quel che prevale è il volto rigido della natura significante, e una volta per tutte la storia dovrà restare racchiusa nell'oggetto fatale. L'allegoria medievale è cristiano-didattica, in senso mistico e storico-naturale il Barocco risale invece all'antichità. All'antichità egizia, e poi ben presto a quella greca. Lo scopritore dei suoi segreti tesori inventivi era considerato Ludovico da Feltre, «detto "il Morto" per la sua attività "grottesca" di scopritore sotterraneo. Al pittore antico che, in base al citatissimo passo di Plinio sulla pittura decorativa, era ritenuto il classico del grottesco, al "pittore di balconi" Serapione, si richiamò infine, attraverso la mediazione di un omonimo anacoreta, la personificazione letteraria dell'elemento sotterraneo-fantastico, segreto-spettrale (nei Serapionsbriider [l fratelli di San Serapione] di E. T. A. Hoffmann). Perché già allora l'effetto enigmatico-misterioso sembra accompagnarsi al sotterraneo-misterioso nell'origine del "grottesco" dalle rovine sepolte e dalle catacombe. Esso non deriverebbe da "grotta" in senso letterale, ma dal senso di "nascosto", "scavato", espresso dalle immagini della caverna e della
"PIERIO VALERIANO, Hieroglyphica, Basileae 1556, frontespizio. "Ibid., f. 4·
146 Il dramma barocco tedesco
grotta ... Ancora nel XVIII secolo c'era per questo l'espressione verkrochen [«raggrinzito»]. L'idea dell"'enigmatico" era dunque presente fin dall'inizio»29
• Winckelmann non è del tutto estraneo a questà concezione. Per quanto egli si opponga recisamente ai principi stilistici dell'allegoria barocca, la sua teoria rimane per molti aspetti molto affine agli autori anteriori. Borinski lo vede con molta chiarezza nel Versuch einer Allegorie [Saggio di una allegoria]. «Proprio qui Winckelmann è ancora tutto preso dall'universale credenza rinascimentale nella sapientia veterum, nel legame spirituale tra la verità originaria e l'arte, tra scienza intellettuale e archeologia ... Egli cerca nell'allegoria genuina "degli antichi", "insufflata" dalla pienezza dell'ispirazione omerica, la panacea psichica contro lo sterile, eterno ripetersi di scene martirologiche e mitologiche nell'arte dei moderni ... Solo questa allegoria insegna agli artisti a "inventare": cosa che lo pone alla stessa altezza del poeta»30
• Cosf la semplice edificazione si stacca dall'allegorico ancora piu radicalmente che nel Barocco.
Quanto piu lo sviluppo dell'emblematica si ramificò, tanto piu questa espressione si fece impenetrabile. Il linguaggio figurale egizio si intrecciò con quello greco e con quello cristiano. Per il favore dimostratole dalla teologia, un'opera significativa è il Polyhistor symbolicusl1, redatto da quello stesso gesuita Caussin, di cui Gryphius tradusse dal latino la Felicitas. D'altra parte, nessuna scrittura piu di questo codice cifrato comprensibile solo ai dotti poteva apparire adatta a mascherare le massime dell'alta politica e della vera saggezza di vita. Nel suo saggio su Johann Valentin Andreae, Herder ha avanzato addirittura l'ipotesi che tale scrittura abbia offerto un asilo sicuro a certi pensieri che davanti ai principi non si voleva chiamare per nome. La tesi di Opitz suona piu paradossale. Poiché da un lato egli concepisce l'esoterismo teologico di questa forma espressiva come il radicalizzarsi di un'origine elitaria della poesia, dall'altro però egli ritiene che essa sia stata introdotta per ragioni di comprensibilità universale. Sulla frase dell'Art poétique di Delbene- «La poésie n'était au premier age qu'une théologie allégorique»- egli ha· coniato la celebre formula del secondo capitolo della Deutsche Poeterey: «La poesia non è stata all'inizio nient'al-
"BORINSKI, Die Antike in Poetik und Kunsttheorie cit., vol. I, p. 189. •• Ibid., vol. II, pp. 208 sg. "Cfr. NICOLAS cAussiN, Polyhistor symbolicus, electorum symbolorum et parabolarum
historicarum stromata, XII libris complectens, Coloniae 1623.
Allegoria e dramma barocco (x) 147
tro che teologia mascherata». Ma altrove leggiamo: «Poiché il mondo primo e selvaggio era troppo rozzo e incolto per poter cogliere e comprendere rettamente le dottrine della saggezza e delle cose celesti, alcuni uomini saggi dovettero nascondere e travestire in rime e favole, che la gente comune è piu incline ad ascoltare, ciò che inventavano per l'edificazione del timor di Dio, dei buoni costumi e della condotta»32
• Questa concezione rimase determinante e anche in Harsdorffer, forse il piu coerente fra gli allegoristi, è pr~prio essa a fondare la teoria di questa forma espressiva. E poiché essa si insediò in tutti gli ambiti, piu vasti o piu ristretti, della vita culturale, dalla teologia alla filosofia della natura e alla morale, fino all'araldica, alla letteratura celebrativa e al linguaggio amoroso, il suo repertorio di oggetti intuitivi è pressoché illimitato. Per ogni idea, il momento espressivo coincide con una vera eruzione di immagini, e le metafore che le fissano si presentano come una massa caotica e dispersa. Cosi, in questo stile si rappresenta il sublime. « Universa rerum natura materiam praebet huic philosophiae (se. imaginum) nec qvicquam ista protulit, qvod non in emblema abire possit, ex cujus contemplatione utilem virtutum doctrinam in vita civili capere liceat: adeo ut qvemadmodum Historiae ex Numismatibus, ita Morali philosophiae ex Emblematis lux inferatur»33
•
Questa similitudine è particolarmente felice. La natura infatti, che negli emblemi porta l'impronta della storia, e ne è anzi lo scenario, ha qualcosa di numismatico. Lo stesso autore - uno dei redattori degli Acta eruditorum- dice in un altro passo: «Quamvis rem symbolis et emblematibus praebere materiam, nec quic quam in hoc universo existere, quod non idoneum iis argumentum suppeditet, supra in Actis ... fui t monitum; cum primum philosophiae imaginum tomum superiori anno edito enarraremus. Cujus assertionis alter hic tomug34, qui hoc anno prodiit, egregia praebet documenta· a naturalibus et artificialibus rebus, elementis, igne, montibus igni: vomis, tormentis, pulverariis et aliis machinis bellicis, chymicis item
"oPrrz, Prosodia Germanica cit., p. 2. [Weil elle erste und rawe welt grober und ungeschlachter war ;ùs das sie hetten elle Iehren von weiliheit und himmlischen dingen recht fassen und. verstehen konnen so haben weise Miinner was sie zu erbawung der gottesfurcht guter s1tten und wandels erfunden in.Reime und Fabeln welche sonderlich der gemeine Pofel zu horen geneigt ist verstecken und verbergen miissen].
" Comunicazione anonima su CLAUDE FRANçors MENESTRIBR, La philosophie des images (cfr. nota seguente), in Acta eruditorum, anno MDCLXXXUI publicata, Lipsiae x683, p. 17· . ,. Cfr. ID., La philosophie des images, Paris 1682. Inoltre: ID., Devises des princes, cava
liers, dames, scavans, et autres personnages illustres de l'Europe, Paris x683.
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grotta ... Ancora nel XVIII secolo c'era per questo l'espressione verkrochen [«raggrinzito»]. L'idea dell"'enigmatico" era dunque presente fin dall'inizio»29
• Winckelmann non è del tutto estraneo a questà concezione. Per quanto egli si opponga recisamente ai principi stilistici dell'allegoria barocca, la sua teoria rimane per molti aspetti molto affine agli autori anteriori. Borinski lo vede con molta chiarezza nel Versuch einer Allegorie [Saggio di una allegoria]. «Proprio qui Winckelmann è ancora tutto preso dall'universale credenza rinascimentale nella sapientia veterum, nel legame spirituale tra la verità originaria e l'arte, tra scienza intellettuale e archeologia ... Egli cerca nell'allegoria genuina "degli antichi", "insufflata" dalla pienezza dell'ispirazione omerica, la panacea psichica contro lo sterile, eterno ripetersi di scene martirologiche e mitologiche nell'arte dei moderni ... Solo questa allegoria insegna agli artisti a "inventare": cosa che lo pone alla stessa altezza del poeta»30
• Cosf la semplice edificazione si stacca dall'allegorico ancora piu radicalmente che nel Barocco.
Quanto piu lo sviluppo dell'emblematica si ramificò, tanto piu questa espressione si fece impenetrabile. Il linguaggio figurale egizio si intrecciò con quello greco e con quello cristiano. Per il favore dimostratole dalla teologia, un'opera significativa è il Polyhistor symbolicusl1, redatto da quello stesso gesuita Caussin, di cui Gryphius tradusse dal latino la Felicitas. D'altra parte, nessuna scrittura piu di questo codice cifrato comprensibile solo ai dotti poteva apparire adatta a mascherare le massime dell'alta politica e della vera saggezza di vita. Nel suo saggio su Johann Valentin Andreae, Herder ha avanzato addirittura l'ipotesi che tale scrittura abbia offerto un asilo sicuro a certi pensieri che davanti ai principi non si voleva chiamare per nome. La tesi di Opitz suona piu paradossale. Poiché da un lato egli concepisce l'esoterismo teologico di questa forma espressiva come il radicalizzarsi di un'origine elitaria della poesia, dall'altro però egli ritiene che essa sia stata introdotta per ragioni di comprensibilità universale. Sulla frase dell'Art poétique di Delbene- «La poésie n'était au premier age qu'une théologie allégorique»- egli ha· coniato la celebre formula del secondo capitolo della Deutsche Poeterey: «La poesia non è stata all'inizio nient'al-
"BORINSKI, Die Antike in Poetik und Kunsttheorie cit., vol. I, p. 189. •• Ibid., vol. II, pp. 208 sg. "Cfr. NICOLAS cAussiN, Polyhistor symbolicus, electorum symbolorum et parabolarum
historicarum stromata, XII libris complectens, Coloniae 1623.
Allegoria e dramma barocco (x) 147
tro che teologia mascherata». Ma altrove leggiamo: «Poiché il mondo primo e selvaggio era troppo rozzo e incolto per poter cogliere e comprendere rettamente le dottrine della saggezza e delle cose celesti, alcuni uomini saggi dovettero nascondere e travestire in rime e favole, che la gente comune è piu incline ad ascoltare, ciò che inventavano per l'edificazione del timor di Dio, dei buoni costumi e della condotta»32
• Questa concezione rimase determinante e anche in Harsdorffer, forse il piu coerente fra gli allegoristi, è pr~prio essa a fondare la teoria di questa forma espressiva. E poiché essa si insediò in tutti gli ambiti, piu vasti o piu ristretti, della vita culturale, dalla teologia alla filosofia della natura e alla morale, fino all'araldica, alla letteratura celebrativa e al linguaggio amoroso, il suo repertorio di oggetti intuitivi è pressoché illimitato. Per ogni idea, il momento espressivo coincide con una vera eruzione di immagini, e le metafore che le fissano si presentano come una massa caotica e dispersa. Cosi, in questo stile si rappresenta il sublime. « Universa rerum natura materiam praebet huic philosophiae (se. imaginum) nec qvicquam ista protulit, qvod non in emblema abire possit, ex cujus contemplatione utilem virtutum doctrinam in vita civili capere liceat: adeo ut qvemadmodum Historiae ex Numismatibus, ita Morali philosophiae ex Emblematis lux inferatur»33
•
Questa similitudine è particolarmente felice. La natura infatti, che negli emblemi porta l'impronta della storia, e ne è anzi lo scenario, ha qualcosa di numismatico. Lo stesso autore - uno dei redattori degli Acta eruditorum- dice in un altro passo: «Quamvis rem symbolis et emblematibus praebere materiam, nec quic quam in hoc universo existere, quod non idoneum iis argumentum suppeditet, supra in Actis ... fui t monitum; cum primum philosophiae imaginum tomum superiori anno edito enarraremus. Cujus assertionis alter hic tomug34, qui hoc anno prodiit, egregia praebet documenta· a naturalibus et artificialibus rebus, elementis, igne, montibus igni: vomis, tormentis, pulverariis et aliis machinis bellicis, chymicis item
"oPrrz, Prosodia Germanica cit., p. 2. [Weil elle erste und rawe welt grober und ungeschlachter war ;ùs das sie hetten elle Iehren von weiliheit und himmlischen dingen recht fassen und. verstehen konnen so haben weise Miinner was sie zu erbawung der gottesfurcht guter s1tten und wandels erfunden in.Reime und Fabeln welche sonderlich der gemeine Pofel zu horen geneigt ist verstecken und verbergen miissen].
" Comunicazione anonima su CLAUDE FRANçors MENESTRIBR, La philosophie des images (cfr. nota seguente), in Acta eruditorum, anno MDCLXXXUI publicata, Lipsiae x683, p. 17· . ,. Cfr. ID., La philosophie des images, Paris 1682. Inoltre: ID., Devises des princes, cava
liers, dames, scavans, et autres personnages illustres de l'Europe, Paris x683.
148 Il dramma barocco tedesco
instrumentis, subterraneis cuniculis, fumo luminaribus, igne sacro, aere et variis avium generibus deprompta symbola et apposita lemmata exhibens»3'. Basterà una sola testimonianza a dimostrare fino a che punto ci si spinse in questa direzione. Nella Ars heraldica di Bockler si legge: «Delle foglie. Di rado si trovano foglie sugli stemmi, ma laddove si ritrovano esse portano il significato della verità, poiché in qualche modo sono simili alla lingua e al cuore»36
•
«Delle nuvole. Sf come le nuvole planano alte sopra a se medesime (!),e di lassu rovesciano pioggia feconda, da cui il campo, e i frutti e gli uomini sono rinfrescati e ristorati, cosi anche un animo nobile, nelle cose della virtU deve per cosi dire salire in alto, e inoltre, coi suoi doni, aver cura di servire alla patria»37
• «l cavalli bianchi significano la pace trionfante, dopo la guerra, e insieme anche la velocità»38• Ma la cosa piu sorprendente è un sistema completo di geroglifica cromatica, a cui questo libro rimanda come a una combinatoria di colori raggruppati a coppie: «Rosso su argento, chiedono vendetta»39
, «Blu ... su rosso, scortesia»40, «Nero ... su por
pora, costante devozione»41• «Le molteplici oscurità del rapporto
tra significato e segno ... non scoraggiavano ma anzi invitavano a utilizzare come simboli qualità sempre piu remote dell'oggetto significante, al punto da superare in astruseria gli stessi egizi. A ciò si aggiungeva la forza dogmatica dei significati tramandati dagli antichi, cosicché un'unica medesima cosa può simboleggiare altrettanto bene una virtU come un vizio, e quindi, in definitiva, tutto» 42
•
Quest'ultima circostanza porta alle antinomie dell'allegorico, la cui trattazione dialettica non può essere rimandata se si vuole evocare l'immagine del dramma barocco. Ogni personaggio, ogni
"Comunicazione anonima su MENESTRIER, La philosophie des images eit., p. IJI. •• GEORG ANDREAS séicKLER, An hera/Jica, Das ist: Die Hoch-Edle Teutsche Adels-Kunst,
Niirnbetg r688, p. 1J"I. [Von Blattetn. Man findet selten Bliitter in den Wappen wo sie abet gefunden werden so fiihren sie die Deutung der Warheit weilen sie etlicher Massen der Zungen und dem Hetzen gleichen].
"Ibid., p. 140. [Von Wolcken. Gleichwie die Wolcken sich iibersich (!)indie Hohe schwingen hetnach fruchtbaren Regen herab giessen davon das Feld Friicht und Menschen etfrischet und erquicket werden also soli auch ein Adeliches Gemiith in Tugend-Sachen gleichsam in die Hohe aufsteigen alsdenn mit seinen Gaben dem Vattetland zu dienen be-flissen seyn]. .
"Ibid., p. 109. [Die weise (!) Pferde bedeuten den obsiegenden Frieden nach geen-digtem Krieg und zugleich auch die Geschwindigkeit].
"Ibid., p. 81. [Roth zu Silber Vetlangen sich zu riichen]. "'Ibid., p. 8z. [Blau ... iu Roth Unhoflichkeit]. 41 Ibid., p. 83. [Schwartz ... zu Purpur bestiindige Andacht]. "GIEHLOW, Die Hieroglyphenkunde cit., p. 127.
Allegoria e dramma barocco (I) 149
cosa, ogni situazione può significare qualsiasi altra cosa. Questa possibilità equivale a un giudizio distruttivo, benché giusto,' sul mondo profano: esso viene caratterizzato come un mondo in cui i dettagli a rigore non contano nulla. Eppure, soprattutto per chi ha presente l'esegesi allegorica della Scrittura, è innegabile che quegli oggetti significanti acquistino, proprio col loro continuo rimandare ad altro, un potere che li fa apparire incommensurabili c~n le cose profane e che può sollevarli su un piano piu alto, sul ptano del sacro. Di conseguenza, nella concezione allegorica il mondo profano viene al tempo stesso innalzato di rango e svalutato. Questa dialettica religiosa sostanziale ha, come suo correlato formale, la dialettica di convenzione ed espressione. Perché l'allegoria è le due cose insieme, e queste sono per natura contraddittorie. Ma se la dottrina barocca concepiva la storia in generale come un accadere creato, l'allegoria in particolare, pur essendo convenzionale come ogni scrittura, è anche creata come lo è la Scrittura sacra. L'allegoria del xvn secolo non è convenzione dell'espressione ma espressione della convenzione. Espressione, anche, dell' autorità: segretamente per la dignità della sua origine, pubblicamente per il suo ambito di validità. Ed è di nuovo la stessa antinomia, quella che s'incontra sul piano figurativo nel conflitto tra la freddezza di una tecnica pronta per l'uso e l'espressività eruttiva dell'allegoresi. Anche qui la soluzione è dialettica, e sta nell'essenza stessa della scrittura. Della lingua rivelata, infatti, si può pensare senza contraddizione un uso vivente, libero, in cui essa non perderebbe nulla della sua dignità. Non cosi della sua scrittura, quale appunto l'allegoria aspirava ad essere. La sacralità della scrittura è inseparabile dalla sua codificazione rigorosa. Perché ogni scrittura sacra si fissa in blocchi di senso, i quali alla fine mirano a costituirne o formarne uno solo ed immutabile. Perciò la scrittura alfabetica, in quanto combinazione di atomi scritturali si allontana al massimo dalla scrittura per agglomerati sacrali. Que: sti ultimi si imprimono invece nella forma geroglifica. Se la scrittura vuole assicurarsi del proprio carattere sacrale - e allora non potrà sottrarsi al conflitto tra valore sacrale e comprensibilj.tà profana - essa tenderà agli agglomerati, ossia al geroglifico. E quanto accade nel Barocco. Da un punto di vista esterno e stilistico -nella cirasticità dèlla frase come nella metafora sovraccarica - lo scritto tende all'immagine. Non è possibile pensare qualcosa di piu lontano dal simbolo artistico, dal simbolo plastico, dall'immagine della totalità organica, di questo frammento amorfo che è l'ideo-
148 Il dramma barocco tedesco
instrumentis, subterraneis cuniculis, fumo luminaribus, igne sacro, aere et variis avium generibus deprompta symbola et apposita lemmata exhibens»3'. Basterà una sola testimonianza a dimostrare fino a che punto ci si spinse in questa direzione. Nella Ars heraldica di Bockler si legge: «Delle foglie. Di rado si trovano foglie sugli stemmi, ma laddove si ritrovano esse portano il significato della verità, poiché in qualche modo sono simili alla lingua e al cuore»36
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«Delle nuvole. Sf come le nuvole planano alte sopra a se medesime (!),e di lassu rovesciano pioggia feconda, da cui il campo, e i frutti e gli uomini sono rinfrescati e ristorati, cosi anche un animo nobile, nelle cose della virtU deve per cosi dire salire in alto, e inoltre, coi suoi doni, aver cura di servire alla patria»37
• «l cavalli bianchi significano la pace trionfante, dopo la guerra, e insieme anche la velocità»38• Ma la cosa piu sorprendente è un sistema completo di geroglifica cromatica, a cui questo libro rimanda come a una combinatoria di colori raggruppati a coppie: «Rosso su argento, chiedono vendetta»39
, «Blu ... su rosso, scortesia»40, «Nero ... su por
pora, costante devozione»41• «Le molteplici oscurità del rapporto
tra significato e segno ... non scoraggiavano ma anzi invitavano a utilizzare come simboli qualità sempre piu remote dell'oggetto significante, al punto da superare in astruseria gli stessi egizi. A ciò si aggiungeva la forza dogmatica dei significati tramandati dagli antichi, cosicché un'unica medesima cosa può simboleggiare altrettanto bene una virtU come un vizio, e quindi, in definitiva, tutto» 42
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Quest'ultima circostanza porta alle antinomie dell'allegorico, la cui trattazione dialettica non può essere rimandata se si vuole evocare l'immagine del dramma barocco. Ogni personaggio, ogni
"Comunicazione anonima su MENESTRIER, La philosophie des images eit., p. IJI. •• GEORG ANDREAS séicKLER, An hera/Jica, Das ist: Die Hoch-Edle Teutsche Adels-Kunst,
Niirnbetg r688, p. 1J"I. [Von Blattetn. Man findet selten Bliitter in den Wappen wo sie abet gefunden werden so fiihren sie die Deutung der Warheit weilen sie etlicher Massen der Zungen und dem Hetzen gleichen].
"Ibid., p. 140. [Von Wolcken. Gleichwie die Wolcken sich iibersich (!)indie Hohe schwingen hetnach fruchtbaren Regen herab giessen davon das Feld Friicht und Menschen etfrischet und erquicket werden also soli auch ein Adeliches Gemiith in Tugend-Sachen gleichsam in die Hohe aufsteigen alsdenn mit seinen Gaben dem Vattetland zu dienen be-flissen seyn]. .
"Ibid., p. 109. [Die weise (!) Pferde bedeuten den obsiegenden Frieden nach geen-digtem Krieg und zugleich auch die Geschwindigkeit].
"Ibid., p. 81. [Roth zu Silber Vetlangen sich zu riichen]. "'Ibid., p. 8z. [Blau ... iu Roth Unhoflichkeit]. 41 Ibid., p. 83. [Schwartz ... zu Purpur bestiindige Andacht]. "GIEHLOW, Die Hieroglyphenkunde cit., p. 127.
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cosa, ogni situazione può significare qualsiasi altra cosa. Questa possibilità equivale a un giudizio distruttivo, benché giusto,' sul mondo profano: esso viene caratterizzato come un mondo in cui i dettagli a rigore non contano nulla. Eppure, soprattutto per chi ha presente l'esegesi allegorica della Scrittura, è innegabile che quegli oggetti significanti acquistino, proprio col loro continuo rimandare ad altro, un potere che li fa apparire incommensurabili c~n le cose profane e che può sollevarli su un piano piu alto, sul ptano del sacro. Di conseguenza, nella concezione allegorica il mondo profano viene al tempo stesso innalzato di rango e svalutato. Questa dialettica religiosa sostanziale ha, come suo correlato formale, la dialettica di convenzione ed espressione. Perché l'allegoria è le due cose insieme, e queste sono per natura contraddittorie. Ma se la dottrina barocca concepiva la storia in generale come un accadere creato, l'allegoria in particolare, pur essendo convenzionale come ogni scrittura, è anche creata come lo è la Scrittura sacra. L'allegoria del xvn secolo non è convenzione dell'espressione ma espressione della convenzione. Espressione, anche, dell' autorità: segretamente per la dignità della sua origine, pubblicamente per il suo ambito di validità. Ed è di nuovo la stessa antinomia, quella che s'incontra sul piano figurativo nel conflitto tra la freddezza di una tecnica pronta per l'uso e l'espressività eruttiva dell'allegoresi. Anche qui la soluzione è dialettica, e sta nell'essenza stessa della scrittura. Della lingua rivelata, infatti, si può pensare senza contraddizione un uso vivente, libero, in cui essa non perderebbe nulla della sua dignità. Non cosi della sua scrittura, quale appunto l'allegoria aspirava ad essere. La sacralità della scrittura è inseparabile dalla sua codificazione rigorosa. Perché ogni scrittura sacra si fissa in blocchi di senso, i quali alla fine mirano a costituirne o formarne uno solo ed immutabile. Perciò la scrittura alfabetica, in quanto combinazione di atomi scritturali si allontana al massimo dalla scrittura per agglomerati sacrali. Que: sti ultimi si imprimono invece nella forma geroglifica. Se la scrittura vuole assicurarsi del proprio carattere sacrale - e allora non potrà sottrarsi al conflitto tra valore sacrale e comprensibilj.tà profana - essa tenderà agli agglomerati, ossia al geroglifico. E quanto accade nel Barocco. Da un punto di vista esterno e stilistico -nella cirasticità dèlla frase come nella metafora sovraccarica - lo scritto tende all'immagine. Non è possibile pensare qualcosa di piu lontano dal simbolo artistico, dal simbolo plastico, dall'immagine della totalità organica, di questo frammento amorfo che è l'ideo-
Il dramma barocco tedesco
gramma allegorico. In essa il baroc~o si di~ostra w; pendant perfetto del Classicismo, quel ant che fmora si voleva riconoscere solo nel Romanticismo. Né va respinta la tentazione di cercare la costante che li attraversa. In entrambi - nel Romanticismo come nel Barocco - non si tratta tanto di un correttivo del Classicismo, quanto di un corre~tivo dell' ar~e come tale .. E. a. quel cont:astato preludio del Classicismo che fu~ Barocco è difficile n~gar~, m q';le,st' opera di rettifica, una superiore concretezza, anzi un autorita piu alta e una validità piu duratura. Se il Romanticismo, in nome dell'infinità della forma e dell'idea, potenzia criticamente la forma compiuta43 , la profondità dello sguardo allegorico trasforma in un sol colpo le cose e le opere in scrittura eccitante. Uno sguardo che è ancora penetrante nella Descrizione del tors? di E;co!; al ~elvedere di Roma di Winckelmann44
: nel modo anticlassico m cw lo percorre pezzo per pezzo, particolare ~ p~_icolare. E r:on ~.caso si tratta di un torso. Nel campo dell mtwz10ne allegorica l Immagine è frammento, runa. La sua bellezza simbolica si volatilizza, perché a colpirla è la luce della scienza divina. La falsa app_arenza della totalità si spegne. Poiché l' eidos si oscura, entra m campo la metafora, e il cosmo che vi è contenuto si inaridisce. Nelle rebus inaridite, che ancora rimang~no, è presente un senso che si lascia cogliere solo da colui che medita, rimuginando. Cogliere la non-libertà, l'incompiutezza e la fragilità della natura sensibil~, del bello naturale al classicismo non era dato. Ma sono proprio questi i caratteri che l'allegoria barocca propone, nascosti sotto la sua pompa sfarzosa, con una insistenza fino a quel punto ignota. Una percezione radicale della problematicità d~:arte -.n~n era solo un'affettazione di casta ma uno scrupolo religioso a limitarne la pratica alle «ore libere» - si presenta come contraccolpo della sua autoglorificazione rinascimentale. Se gli artisti e i pensatori dell'età classica non si sono occupati di quella che per loro era pura parodia, alcune tesi dell'.estetica neokan~iana_posso~o dare un'idea dell!asprezza della controversia. La dialettica dell espressione allegorica vi è misconosciuta e sospettata di «ambiguità». «L'ambiguità, la molteplicità di senso, è il trat~o ~ondament~e dell'allegoria; l'allegoria, il Barocco, vanno org~gliosi della loro ricchezza di significati. Ma questa ambiguità è la ricchezza dello spre-
"'Cfr. BENJAMIN, Der Begriff der Kunstkritik cit., p. 105: . •• • • .. JOHANN JOACHIM WINCKELMANN, V ersuch einer Allegone besonders for die Kumt, Letp-
zig 1866, pp. 143 sgg.
Allegoria e dramma barocco (I)
co; la natura invece, secondo le regole della vecchia metafisica come pure secondo quelle della meccanica, è vincolata non in ultimo alla legge dell'economia. L'ambiguità è perciò dovunque in contraddizione con la purezza e l'unità del significato»45
• Non meno dottrinarie le argomentazioni di un allievo di Hermann Cohen, Carl Horst, che nella sua analisi della «problematica barocca» avrebbe dovuto attenersi a un punto di vista piu concreto. Ad ogni modo, dell'allegoria vi si dice che essa «dà sempre a riconoscere un "superamento dei confini dell'altro genere", uno sconfinare delle "arti figurative" nel campo rappresentativo di quelle "discorsive". E questa violazione di confini - prosegue l'autore - si vendica spietatamente soprattutto nella cultura del sentimento, che concerne le "arti figurative" pure piu di quelle discorsive, e che avvicina le prime alla musica ... In quel freddo intreccio delle piu diverse modalità espressive e di intenzioni concettose ... il sentimento e la comprensione artistica vengono mortificati e violentati. Ed è quanto accade con l'allegoria nel campo delle arti "figurative". Si potrebbe definire la sua irruzione come un attacco grossolano contro l'ordine costituito della legalità artistica. Eppure nel suo ambito essa ha regnato incontrastata, e i piu grandi artisti le hanno dedicato le proprie opere»46
• Questo semplice fatto avrebbe dovuto ovviamente suggerire una diversa considerazione dell'allegoria. Ma lo stile adialettico della scuola neokantiana non è in grado di cogliere la sintesi che nella scrittura allegorica risulta dalla lotta fra le intenzioni della teologia e dell'arte, non già nel senso di una pace duratura, ma nel senso di una tregua Dei fra le due prospettive in conflitto.
· Se nel dramma barocco la storia emigra sulla scena, essa lo fa come scrittura. Sul volto della natura sta scritta la parola «storia» nei caratteri della caducità. La fisionomia allegorica della storianatura, che il dramma barocco trasporta sulla scena, è realmente presente come rovina. Con essa, la storia si è ridotta materialmente al palcoscenico. E, beninteso, la storia cosf conformata non appare come il processo di una vita eterna, ma come il progredire di una inarrestabile decadenza. In questo modo l'allegoria si pone al di là della bellezza. Le allegorie sono nel regno del pensiero quel che sono le rovine nel regno delle cose. Di qui il culto barocco del-
"HERMANN COHEN, Asthetik des reinen Gefohls, Berlin 1912, vol. II), p. 305. "CARL HORST, Barockprobleme, Miinchen 1912, pp. 39 sgg.; cfr. anche pp. 41 sgg.
Il dramma barocco tedesco
gramma allegorico. In essa il baroc~o si di~ostra w; pendant perfetto del Classicismo, quel ant che fmora si voleva riconoscere solo nel Romanticismo. Né va respinta la tentazione di cercare la costante che li attraversa. In entrambi - nel Romanticismo come nel Barocco - non si tratta tanto di un correttivo del Classicismo, quanto di un corre~tivo dell' ar~e come tale .. E. a. quel cont:astato preludio del Classicismo che fu~ Barocco è difficile n~gar~, m q';le,st' opera di rettifica, una superiore concretezza, anzi un autorita piu alta e una validità piu duratura. Se il Romanticismo, in nome dell'infinità della forma e dell'idea, potenzia criticamente la forma compiuta43 , la profondità dello sguardo allegorico trasforma in un sol colpo le cose e le opere in scrittura eccitante. Uno sguardo che è ancora penetrante nella Descrizione del tors? di E;co!; al ~elvedere di Roma di Winckelmann44
: nel modo anticlassico m cw lo percorre pezzo per pezzo, particolare ~ p~_icolare. E r:on ~.caso si tratta di un torso. Nel campo dell mtwz10ne allegorica l Immagine è frammento, runa. La sua bellezza simbolica si volatilizza, perché a colpirla è la luce della scienza divina. La falsa app_arenza della totalità si spegne. Poiché l' eidos si oscura, entra m campo la metafora, e il cosmo che vi è contenuto si inaridisce. Nelle rebus inaridite, che ancora rimang~no, è presente un senso che si lascia cogliere solo da colui che medita, rimuginando. Cogliere la non-libertà, l'incompiutezza e la fragilità della natura sensibil~, del bello naturale al classicismo non era dato. Ma sono proprio questi i caratteri che l'allegoria barocca propone, nascosti sotto la sua pompa sfarzosa, con una insistenza fino a quel punto ignota. Una percezione radicale della problematicità d~:arte -.n~n era solo un'affettazione di casta ma uno scrupolo religioso a limitarne la pratica alle «ore libere» - si presenta come contraccolpo della sua autoglorificazione rinascimentale. Se gli artisti e i pensatori dell'età classica non si sono occupati di quella che per loro era pura parodia, alcune tesi dell'.estetica neokan~iana_posso~o dare un'idea dell!asprezza della controversia. La dialettica dell espressione allegorica vi è misconosciuta e sospettata di «ambiguità». «L'ambiguità, la molteplicità di senso, è il trat~o ~ondament~e dell'allegoria; l'allegoria, il Barocco, vanno org~gliosi della loro ricchezza di significati. Ma questa ambiguità è la ricchezza dello spre-
"'Cfr. BENJAMIN, Der Begriff der Kunstkritik cit., p. 105: . •• • • .. JOHANN JOACHIM WINCKELMANN, V ersuch einer Allegone besonders for die Kumt, Letp-
zig 1866, pp. 143 sgg.
Allegoria e dramma barocco (I)
co; la natura invece, secondo le regole della vecchia metafisica come pure secondo quelle della meccanica, è vincolata non in ultimo alla legge dell'economia. L'ambiguità è perciò dovunque in contraddizione con la purezza e l'unità del significato»45
• Non meno dottrinarie le argomentazioni di un allievo di Hermann Cohen, Carl Horst, che nella sua analisi della «problematica barocca» avrebbe dovuto attenersi a un punto di vista piu concreto. Ad ogni modo, dell'allegoria vi si dice che essa «dà sempre a riconoscere un "superamento dei confini dell'altro genere", uno sconfinare delle "arti figurative" nel campo rappresentativo di quelle "discorsive". E questa violazione di confini - prosegue l'autore - si vendica spietatamente soprattutto nella cultura del sentimento, che concerne le "arti figurative" pure piu di quelle discorsive, e che avvicina le prime alla musica ... In quel freddo intreccio delle piu diverse modalità espressive e di intenzioni concettose ... il sentimento e la comprensione artistica vengono mortificati e violentati. Ed è quanto accade con l'allegoria nel campo delle arti "figurative". Si potrebbe definire la sua irruzione come un attacco grossolano contro l'ordine costituito della legalità artistica. Eppure nel suo ambito essa ha regnato incontrastata, e i piu grandi artisti le hanno dedicato le proprie opere»46
• Questo semplice fatto avrebbe dovuto ovviamente suggerire una diversa considerazione dell'allegoria. Ma lo stile adialettico della scuola neokantiana non è in grado di cogliere la sintesi che nella scrittura allegorica risulta dalla lotta fra le intenzioni della teologia e dell'arte, non già nel senso di una pace duratura, ma nel senso di una tregua Dei fra le due prospettive in conflitto.
· Se nel dramma barocco la storia emigra sulla scena, essa lo fa come scrittura. Sul volto della natura sta scritta la parola «storia» nei caratteri della caducità. La fisionomia allegorica della storianatura, che il dramma barocco trasporta sulla scena, è realmente presente come rovina. Con essa, la storia si è ridotta materialmente al palcoscenico. E, beninteso, la storia cosf conformata non appare come il processo di una vita eterna, ma come il progredire di una inarrestabile decadenza. In questo modo l'allegoria si pone al di là della bellezza. Le allegorie sono nel regno del pensiero quel che sono le rovine nel regno delle cose. Di qui il culto barocco del-
"HERMANN COHEN, Asthetik des reinen Gefohls, Berlin 1912, vol. II), p. 305. "CARL HORST, Barockprobleme, Miinchen 1912, pp. 39 sgg.; cfr. anche pp. 41 sgg.
Il dramma barocco tedesco
le rovine. Ne è consapevole Borinski, che è peraltro piu preci.so nella relazione dei fatti di quanto non sia esauriente nella loro spiegazione: «<l frontone crollato, le colonne spezzate, sono li ad attestare il prodigio di un edificio sacro sopravvissuto alle forze piu elementari della distruzione, il fulmine, il terremoto. La rovina artificiale appare qui come l'ultima erede di un'antichità che suJ terreno moderno è vista ormai di fatto come un puro campo di macerie» 47 • Una nota dice: «Si segua il diffondersi di questa tendenza nell'uso rinascimentale di ambientare la Nascita di Cristo e l'Adorazione dei pastori non piu in una stalla, come nel Medioevo, ma tra le rovine di un tempio antico. Se in un Domenico Ghirlandaio (Firenze, Accademia), le rovine consistono ancora in frammenti fastosi magnificamente conservati, esse raggiungono ora il loro vero fine - quello di servire come sfondo pittorico di un passato splendore- nelle plastiche e pittoresche scene di Presepio»48
•
Ben oltre le reminiscenze anticheggianti, si impone qui una sensibilità stilistica affatto nuova. Quel che vediamo giacere a pezzi, come frammento insigne, come rovina: è questa la materia piu nobile della creazione barocca. Perché il tratto comune a queste composizioni poetiche è di ammassare frammenti senza scopo preciso, e, nell'attesa inesausta del miracolo, prendere un accumulo di stereotipi per un crescendo di intensità. I letterati barocchi devono aver visto l'opera d'arte come un prodigio in questo senso. E d'altra parte, che il prodigio potesse apparire come il risultato calcolabile dell'accumulo non è una contraddizione in termini, nello stesso senso in cui la coscienza di un alchimista vedeva nel prodigio dell' opus risultato delle sue ricette teoriche sottili. La pratica degli adepti assomiglia alla sperimentazione dei poeti barocchi.I:e rovine lasciate dal mondo antico sono per loro, pezzo per pezzo, gli elementi con cui comporre la nuova totalità. O meglio: con cui costruirla. Giacché la visione completa di questa nuova totalità è appunto la rovina. A padroneggiare con disinvoltura gli elementi antichi in un edificio che, senza congiungerli in un tutto, si dimostri superiore, distruggendole, alle antiche armonie, servirà una tecnica basata nei suoi dettagli sull'uso degli oggetti, dei fiori retorici, delle regole. La poesia dovrà chiamarsi An inveniendi. La figura dell'uomo di genio, del maestro nell'an inveniendi, era quella di un uomo capace di giocare sovranamente coi modelli. La «fan-
"BORINSKI Die Antike in Poetik und Kunsttheorie cit., vol. I, pp. 193 sgg. 48 Ibid., pp: 305 sgg., nota. .
Allegoria e dramma barocco (I) 153
tasia», la facoltà creativa nel senso moderno, era ignota come criterio di distinzione intellettuale. «Del fatto che finora nessuno nella poesia tedesca possa anche solo eguagliare il nostro Opitz, e tanto meno essergli superiore (cosa che non potrà accadere nemmeno in futuro), la causa principale è che, oltre alle sue eccezionali doti di natura, egli è esperto sia nelle lettere latine che in quelle greche, e che egli stesso sa poi esprimersi e inventare cosf bene»49
• Ma la lingua tedesca, cosf come la vedevano i grammatici del tempo, è in questo senso solo un'altra «natura» accanto ai modelli antichi. «La natura della lingua - cosf Hankamer illustra la propria concezione - contiene tutti i misteri della natura materiale». Il poeta «non le apporta nuove energie, non crea nessuna nuova verità dall'anima autocreativa che si esprime»50
• Il poeta non può nascondere la sua attività combinatoria a meno che non voglia far tacere il tutto, giacché proprio la messa in mostra della sua costruzione era al centro degli effetti perseguiti. Di qui l'ostentazione della fattura, che, specialmente in Calder6n, affiora allo scoperto come la struttura muraria di un edificio dall'intonaco scrostato. Cosf, se si vuole, an_che per i poeti di quest'epoca la natura è rimasta la grande maestra. Ma ad essi la natura non appare nel bocciolo e nel fiore, ma nella maturità estrema e nella decadenza delle sue creature. La natura si mostra ad essi come un'eterna caducità, in cui soltanto lo sguardo saturnino di quelle generazioni riconosceva la storia. Nei suoi monumenti, nelle rovine, dimorano, secondo Agrippa Nettesheim, gli animali di Saturno. Con la dec.adenza, e solo e unicamente con essa, l'accadere storico si contrae ed entra nella scena. La quintessenza di quel disfacimento è l'estremo opposto della natura trasfigurata quale la concepiva il primo Rinascimento. Di questo concetto .rinascimentale Burdach ha mostrato che esso «non era affatto il nostro». «Esso resta ancora a lungo dipendente dall'uso linguistico e dal pensiero del Medioevo, benché la quotazione del termine e del concetto di "natu-
"AUGUST BùCHNER, Wegweiser zur deutschen Tichtkunst [Guida di A. B. all'arte poetica tedesca], Jehna, s. d. [x663], pp. So sgg.; cit. in BORCHERDT, Augustus Buchner cit., p. 8x. [DaB bishero unsern Opitius niemand in der teutschen Poeterey nur gleichkommen, viel weniger iiberlegen sein konnen (welches auch ins kiinftige nicht geschehen wird), ist die vornehmste Ursache, daB neben der sonderbaren Geschicklichkeit der trefflichen Natur, so in ihm ist, er in der Latiner und Griechen Schriften sowohl (!) belesen und selbe so artig auszudriicken und inventieren weill].
50 PAUL HANKAMER, Die Sprache. Ihr Begriff und ihre Deutung im sechzehnten und sieb~ zehnten Jahrhundert, ein Beitrag zur Frage der literarhistorischen Gliederung des Zeitraums, Bonn 1927, p. 135·
Il dramma barocco tedesco
le rovine. Ne è consapevole Borinski, che è peraltro piu preci.so nella relazione dei fatti di quanto non sia esauriente nella loro spiegazione: «<l frontone crollato, le colonne spezzate, sono li ad attestare il prodigio di un edificio sacro sopravvissuto alle forze piu elementari della distruzione, il fulmine, il terremoto. La rovina artificiale appare qui come l'ultima erede di un'antichità che suJ terreno moderno è vista ormai di fatto come un puro campo di macerie» 47 • Una nota dice: «Si segua il diffondersi di questa tendenza nell'uso rinascimentale di ambientare la Nascita di Cristo e l'Adorazione dei pastori non piu in una stalla, come nel Medioevo, ma tra le rovine di un tempio antico. Se in un Domenico Ghirlandaio (Firenze, Accademia), le rovine consistono ancora in frammenti fastosi magnificamente conservati, esse raggiungono ora il loro vero fine - quello di servire come sfondo pittorico di un passato splendore- nelle plastiche e pittoresche scene di Presepio»48
•
Ben oltre le reminiscenze anticheggianti, si impone qui una sensibilità stilistica affatto nuova. Quel che vediamo giacere a pezzi, come frammento insigne, come rovina: è questa la materia piu nobile della creazione barocca. Perché il tratto comune a queste composizioni poetiche è di ammassare frammenti senza scopo preciso, e, nell'attesa inesausta del miracolo, prendere un accumulo di stereotipi per un crescendo di intensità. I letterati barocchi devono aver visto l'opera d'arte come un prodigio in questo senso. E d'altra parte, che il prodigio potesse apparire come il risultato calcolabile dell'accumulo non è una contraddizione in termini, nello stesso senso in cui la coscienza di un alchimista vedeva nel prodigio dell' opus risultato delle sue ricette teoriche sottili. La pratica degli adepti assomiglia alla sperimentazione dei poeti barocchi.I:e rovine lasciate dal mondo antico sono per loro, pezzo per pezzo, gli elementi con cui comporre la nuova totalità. O meglio: con cui costruirla. Giacché la visione completa di questa nuova totalità è appunto la rovina. A padroneggiare con disinvoltura gli elementi antichi in un edificio che, senza congiungerli in un tutto, si dimostri superiore, distruggendole, alle antiche armonie, servirà una tecnica basata nei suoi dettagli sull'uso degli oggetti, dei fiori retorici, delle regole. La poesia dovrà chiamarsi An inveniendi. La figura dell'uomo di genio, del maestro nell'an inveniendi, era quella di un uomo capace di giocare sovranamente coi modelli. La «fan-
"BORINSKI Die Antike in Poetik und Kunsttheorie cit., vol. I, pp. 193 sgg. 48 Ibid., pp: 305 sgg., nota. .
Allegoria e dramma barocco (I) 153
tasia», la facoltà creativa nel senso moderno, era ignota come criterio di distinzione intellettuale. «Del fatto che finora nessuno nella poesia tedesca possa anche solo eguagliare il nostro Opitz, e tanto meno essergli superiore (cosa che non potrà accadere nemmeno in futuro), la causa principale è che, oltre alle sue eccezionali doti di natura, egli è esperto sia nelle lettere latine che in quelle greche, e che egli stesso sa poi esprimersi e inventare cosf bene»49
• Ma la lingua tedesca, cosf come la vedevano i grammatici del tempo, è in questo senso solo un'altra «natura» accanto ai modelli antichi. «La natura della lingua - cosf Hankamer illustra la propria concezione - contiene tutti i misteri della natura materiale». Il poeta «non le apporta nuove energie, non crea nessuna nuova verità dall'anima autocreativa che si esprime»50
• Il poeta non può nascondere la sua attività combinatoria a meno che non voglia far tacere il tutto, giacché proprio la messa in mostra della sua costruzione era al centro degli effetti perseguiti. Di qui l'ostentazione della fattura, che, specialmente in Calder6n, affiora allo scoperto come la struttura muraria di un edificio dall'intonaco scrostato. Cosf, se si vuole, an_che per i poeti di quest'epoca la natura è rimasta la grande maestra. Ma ad essi la natura non appare nel bocciolo e nel fiore, ma nella maturità estrema e nella decadenza delle sue creature. La natura si mostra ad essi come un'eterna caducità, in cui soltanto lo sguardo saturnino di quelle generazioni riconosceva la storia. Nei suoi monumenti, nelle rovine, dimorano, secondo Agrippa Nettesheim, gli animali di Saturno. Con la dec.adenza, e solo e unicamente con essa, l'accadere storico si contrae ed entra nella scena. La quintessenza di quel disfacimento è l'estremo opposto della natura trasfigurata quale la concepiva il primo Rinascimento. Di questo concetto .rinascimentale Burdach ha mostrato che esso «non era affatto il nostro». «Esso resta ancora a lungo dipendente dall'uso linguistico e dal pensiero del Medioevo, benché la quotazione del termine e del concetto di "natu-
"AUGUST BùCHNER, Wegweiser zur deutschen Tichtkunst [Guida di A. B. all'arte poetica tedesca], Jehna, s. d. [x663], pp. So sgg.; cit. in BORCHERDT, Augustus Buchner cit., p. 8x. [DaB bishero unsern Opitius niemand in der teutschen Poeterey nur gleichkommen, viel weniger iiberlegen sein konnen (welches auch ins kiinftige nicht geschehen wird), ist die vornehmste Ursache, daB neben der sonderbaren Geschicklichkeit der trefflichen Natur, so in ihm ist, er in der Latiner und Griechen Schriften sowohl (!) belesen und selbe so artig auszudriicken und inventieren weill].
50 PAUL HANKAMER, Die Sprache. Ihr Begriff und ihre Deutung im sechzehnten und sieb~ zehnten Jahrhundert, ein Beitrag zur Frage der literarhistorischen Gliederung des Zeitraums, Bonn 1927, p. 135·
154 Il dramma barocco tedesco
ra" sia visibilmente salita. In ogni caso, la teora dell'arte fra il XIV
e il XVI secolo intende per "imitazione della natura" l'imitazione della natura plasmata da Dio»51
• Ma la natura~ cui. s'ifl;prime l'immagine del corso storico è la natura caduta. ~ ~nclinazto~e del barocco all'apoteosi è in controcanto alla sua vlSlone peculiare delle cose. Nell'onnipotenza del loro significa:e alle_gorico, qu~ste ~?rtano il marchio del troppo-terreno. Non st trasftgurano mat dallt~terno. Di qui il loro illuminarsi nella luce teatrale dell' apote~s~ .. Non è forse mai esistita una poesia il cui illusionismo virtuoststl· co abbia espulso piu radicalmente dalle proprie. opere l' apparc;nza che trasfigura, e attraverso la quale ~ temP? s~ tent~ya a ragtone di determinare l'essenza della creat1v1tà arttsttca. L mapparenza di tutta la lirica barocca può essere definita come una delle su~ caratteristiche piu rigorose. E nel dramma le cose non stanno diver-samente.
So muB man durch den T od in jenes Leben dringen Das UfiS Aegyptens Nacht in Gosems Tag verkehrt Und den beperlten Rock der Ewigkeit gewehr~2•
Cosf, attingendo al repertorio teatrale, Hallmann dipinge la vita eterna. L'ostinata fedeltà all'oggetto vanifica la rappresentazione dell'amore. La parola ha una lascivia stralunata, perduta nell'immagine.
Ein schones W eib ist ja, die tausend Zierden mahlen, Ein unverzehrlich Tisch, dèr ibrer viel macht satt. Ein unverseigend Quell, das allzeit Wasser hat, J a siisse Libes-Milch; W enn gleich in hundert Rohre Der linde Zukker rinnt. Es ist der Unhold Lehre, Des schelen Neides Art, wenn andern man verwehrt Die Speise, die sie labt, sich aber nicht verzehr~3 •
Nelle opere tipicamente barocche il contenuto è messo a nudo senza residui. Anche nelle forme minori di poesia, la loro pretesa è opprimente. E manca ogni interesse per il piccolo, per il segre-
"BURDACH, Reformatìon cit., p. 278. . "HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schiiferspiele cit. (Mana~ne, p. 90) [V,472]); [C?·
si attraverso la morte si deve penetrare in quella vita, l Che a no1 trasforma la notte d Egttt~ nel giorno di Gosem, l E concede la veste carica di peri~ d~' eternità].
"LOHENSTEIN, Riimische Trauerspiele cit., p. 50. (Agrzppzna,,II, 380 ~gg.). [U?a h~a donna, che mille ornamenti dipingono, l Una tavola mconsumabile, eh; dt sé moltl sazta! l Una fonte inestinguibile, che dà sempre a~q~, l E ~i dolce l~tte 4 amore; anch~ s~ m cento canne l Si riversa il dolce zucchero. E una dottrina malvagta, l E una forma di bteca invidia, rifiutare ad altri l D cibo, che li ristora, ma che non si consuma].
Allegoria e dramma barocco (I) 155
to. Si cerca di sostituirlo, sontuosamente e vanamente, con l'enigma e con l'allusione. Nella vera opera d'arte il piacere sa rendersi impalpabile, vivere nell'istante, svanire, rinnovarsi. L'opera d'arte barocca non vuoi far altro che durare, e si aggrappa con tutti i suoi organi all'eterno. Solo cosf si può capire la dolcezza liberatoda che sedusse il lettore delle prime Tà'ndeleyen [Scherzi amorosi] agli inizi del nuovo secolo, e si può capire come le cineserie del Rococò abbiano preso il posto della ieratica Bisanzio. Se il critico barocco presenta l'opera d'arte totale come il vertice nella gerarchia estetica del tempo e come l'ideale stesso del dramma baroccd\ egli non fa che rafforzare in altro modo questo spirito di gravità. Harsdorffer, da esperto allegorista, è fra i molti teorici del tempo quello che si è pronunciato con piu decisione a favore di un intreccio fra tutte le arti. Perché appunto ciò è richiesto dal predominio della concezione allegorica. Sia pure con qualche esagerazione polemica, Winckelmann chiarisce questo stato di cose quando osserva: «Vana è ... la speranza di coloro i quali credono che l'allegoria si debba spingere a un punto tale da poter trasporre un'ode in pittura»55
• A ciò si aggiunge un altro elemento, piu sconcertante. Ed è il modo in cui le composizioni poetiche del tempo vengono introdotte: dediche, prefazioni e poscritti di mano propria e altrui, certificati e referenze con cui presentarsi ai maestri sono la regola. Come una cornice sovraccarica esse racchiudono senza eccezione le edizioni piu importanti e quelle integrali. Perché lo sguardo capace di appagarsi della cosa stessa era raro. Si pensava di appropriarsi delle opere d'arte cogliendole nel bel mezzo delle loro relazioni mondane, e occuparsi di queste era una faccenda assai meno indiscreta di quanto sarebbe divenuto piu tardi. La lettura di quei testi-cornice era obbligatoria e formativa. Come correlato di questa concezione presso il pubblico va intesa la diffusione, la mancanza di segreti e l'ampiezza dei prodotti. Essi si sentono meno destinati a crescere e a diffondersi nel tempo che ad occupare lo spazio presente, terreno. E in un certo senso trovano qui la propria ricompensa. Eppure proprio per questo la critica si svolge con rara evidenza nella loro lunga durata. Essi sono predisposti fin dall'inizio a quella scomposizione critica che il corso del tempo avrebbe esercitato su di essi. La bellezza non ha nulla da dire a colui che non sa. E per costui il dramma barocco te-
"Cfr. KOUTZ, Johann Christian Hallmanns Dramen cit., pp. x66 sgg. "WINCKELMANN, Versuch einer Allegorie besonders fiir die Kumt cit., p. 19.
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ra" sia visibilmente salita. In ogni caso, la teora dell'arte fra il XIV
e il XVI secolo intende per "imitazione della natura" l'imitazione della natura plasmata da Dio»51
• Ma la natura~ cui. s'ifl;prime l'immagine del corso storico è la natura caduta. ~ ~nclinazto~e del barocco all'apoteosi è in controcanto alla sua vlSlone peculiare delle cose. Nell'onnipotenza del loro significa:e alle_gorico, qu~ste ~?rtano il marchio del troppo-terreno. Non st trasftgurano mat dallt~terno. Di qui il loro illuminarsi nella luce teatrale dell' apote~s~ .. Non è forse mai esistita una poesia il cui illusionismo virtuoststl· co abbia espulso piu radicalmente dalle proprie. opere l' apparc;nza che trasfigura, e attraverso la quale ~ temP? s~ tent~ya a ragtone di determinare l'essenza della creat1v1tà arttsttca. L mapparenza di tutta la lirica barocca può essere definita come una delle su~ caratteristiche piu rigorose. E nel dramma le cose non stanno diver-samente.
So muB man durch den T od in jenes Leben dringen Das UfiS Aegyptens Nacht in Gosems Tag verkehrt Und den beperlten Rock der Ewigkeit gewehr~2•
Cosf, attingendo al repertorio teatrale, Hallmann dipinge la vita eterna. L'ostinata fedeltà all'oggetto vanifica la rappresentazione dell'amore. La parola ha una lascivia stralunata, perduta nell'immagine.
Ein schones W eib ist ja, die tausend Zierden mahlen, Ein unverzehrlich Tisch, dèr ibrer viel macht satt. Ein unverseigend Quell, das allzeit Wasser hat, J a siisse Libes-Milch; W enn gleich in hundert Rohre Der linde Zukker rinnt. Es ist der Unhold Lehre, Des schelen Neides Art, wenn andern man verwehrt Die Speise, die sie labt, sich aber nicht verzehr~3 •
Nelle opere tipicamente barocche il contenuto è messo a nudo senza residui. Anche nelle forme minori di poesia, la loro pretesa è opprimente. E manca ogni interesse per il piccolo, per il segre-
"BURDACH, Reformatìon cit., p. 278. . "HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schiiferspiele cit. (Mana~ne, p. 90) [V,472]); [C?·
si attraverso la morte si deve penetrare in quella vita, l Che a no1 trasforma la notte d Egttt~ nel giorno di Gosem, l E concede la veste carica di peri~ d~' eternità].
"LOHENSTEIN, Riimische Trauerspiele cit., p. 50. (Agrzppzna,,II, 380 ~gg.). [U?a h~a donna, che mille ornamenti dipingono, l Una tavola mconsumabile, eh; dt sé moltl sazta! l Una fonte inestinguibile, che dà sempre a~q~, l E ~i dolce l~tte 4 amore; anch~ s~ m cento canne l Si riversa il dolce zucchero. E una dottrina malvagta, l E una forma di bteca invidia, rifiutare ad altri l D cibo, che li ristora, ma che non si consuma].
Allegoria e dramma barocco (I) 155
to. Si cerca di sostituirlo, sontuosamente e vanamente, con l'enigma e con l'allusione. Nella vera opera d'arte il piacere sa rendersi impalpabile, vivere nell'istante, svanire, rinnovarsi. L'opera d'arte barocca non vuoi far altro che durare, e si aggrappa con tutti i suoi organi all'eterno. Solo cosf si può capire la dolcezza liberatoda che sedusse il lettore delle prime Tà'ndeleyen [Scherzi amorosi] agli inizi del nuovo secolo, e si può capire come le cineserie del Rococò abbiano preso il posto della ieratica Bisanzio. Se il critico barocco presenta l'opera d'arte totale come il vertice nella gerarchia estetica del tempo e come l'ideale stesso del dramma baroccd\ egli non fa che rafforzare in altro modo questo spirito di gravità. Harsdorffer, da esperto allegorista, è fra i molti teorici del tempo quello che si è pronunciato con piu decisione a favore di un intreccio fra tutte le arti. Perché appunto ciò è richiesto dal predominio della concezione allegorica. Sia pure con qualche esagerazione polemica, Winckelmann chiarisce questo stato di cose quando osserva: «Vana è ... la speranza di coloro i quali credono che l'allegoria si debba spingere a un punto tale da poter trasporre un'ode in pittura»55
• A ciò si aggiunge un altro elemento, piu sconcertante. Ed è il modo in cui le composizioni poetiche del tempo vengono introdotte: dediche, prefazioni e poscritti di mano propria e altrui, certificati e referenze con cui presentarsi ai maestri sono la regola. Come una cornice sovraccarica esse racchiudono senza eccezione le edizioni piu importanti e quelle integrali. Perché lo sguardo capace di appagarsi della cosa stessa era raro. Si pensava di appropriarsi delle opere d'arte cogliendole nel bel mezzo delle loro relazioni mondane, e occuparsi di queste era una faccenda assai meno indiscreta di quanto sarebbe divenuto piu tardi. La lettura di quei testi-cornice era obbligatoria e formativa. Come correlato di questa concezione presso il pubblico va intesa la diffusione, la mancanza di segreti e l'ampiezza dei prodotti. Essi si sentono meno destinati a crescere e a diffondersi nel tempo che ad occupare lo spazio presente, terreno. E in un certo senso trovano qui la propria ricompensa. Eppure proprio per questo la critica si svolge con rara evidenza nella loro lunga durata. Essi sono predisposti fin dall'inizio a quella scomposizione critica che il corso del tempo avrebbe esercitato su di essi. La bellezza non ha nulla da dire a colui che non sa. E per costui il dramma barocco te-
"Cfr. KOUTZ, Johann Christian Hallmanns Dramen cit., pp. x66 sgg. "WINCKELMANN, Versuch einer Allegorie besonders fiir die Kumt cit., p. 19.
Il dramma barocco tedesco
desco è ostico come poche altre cose. La sua apparenza si è spenta perché era la piu rozza: Quel che dura, è il dettaglio curioso dei rimandi allegorici: un oggetto del sapere, che si annida fra quegli ammassi concettosi di rovine. La critica è mortificazione delle opere. Ora, l'essenza di questa produzione letteraria viene incontro a tale principio piu di qualunque altra. Mortificazione delle opere: non dunque - romanticamente - un risvegliare la coscienza nell'opera vivente'6, ma un trasferire il sapere in esse, le opere morte. La bellezza che dura è un oggetto del sapere. E ci si potrebbe chiedere se la bellezza che dura possa chiamarsi ancora cosf: resta fermo che non vi è nulla di bello che non sia anche oggetto di un sapere possibile. La filosofia non può contestare il fatto di ridestare, proprio lei, la bellezza dell'opera. «La scienza non può condurre a un godimento ingenuo dell'opera d'arte, cosi come i geologi e i botanici non possono risvegliare la sensibilità per un bel paesaggio»17: questa affermazione è tanto discutibile quanto è sbagliato il paragone che dovrebbe sorreggerla. Il geologo e il botanico possono servire benissimo allo scopo. Anzi, senza intuire in qualche modo la vita del dettaglio attraverso la struttura, ogni aspirazione alla bellezza rimane pura fantasia. Stru,ttura e dettaglio sono sempre, in definitiva, carichi di storicità. E compito della critica filosofica mostrare che la funzione della forma artistica è appunto questa: trasformare i dati storici che stanno alla base di ogni opera significativa in contenuti di verità. Questa metamorfosi dei dati di fatto in contenuti di verità fa sf che l'affievolirsi, decennio dopo decennio, del fascino originario dell'opera, diventi il germe di una nuova nascita, in cui ogni bellezza effimera viene completamente a cadere e l'opera si afferma come rovina. Nella costruzione allegorica del dramma barocco tedesco si delineano distintamente fin dall'inizio le forme in rovina dell'opera d'arte giunta alla sua salvezza.
Alla metamorfosi della storia in natura, che sta alla base dell'allegorico, veniva ampiamente incontro anche la storia della salvezza. Per quanto essa venisse interpretata in termini mondani, ritardanti, poche volte ciò si è spinto all'estremo come in Sigmund von Birken. La sua poetica fornisce «come esempi di composizioni battesimali, nuziali e funebri, di poemi encomiastici ed augu-
56 Cfr. BENJ~. Der Begriff der Kunstkritik cit., pp. 5.3 sgg. "PETERSEN, Der Aufbau der Literaturgeschichte cit., p. n.
Allegoria e dramma barocco (I)
rali, canzoni sulla nascita e la morte di Cristo, sulle sue nozze spi. rituali con l'anima, sulla sua gloria e la sua vittoria »'8• L'« attimo» mistico diventa l' «ora» attuale: il simbolico si stravolge in allegorico. Dal processo della storia della salvezza si isola l'eterno, e quel che resta è un'immagine vivente, esposta a tutti gli interventi della regia. Ciò corrisponde nel modo piu intimo alla maniera dilatoria, pivagante, voluttuosamente esitante, della formatività barocca. E stato osser'i(ato giustamente da Hausenstein che nelle apoteosi pittoriche il primo piano suol essere trattato con un realismo estremo, cosf da rendere piu credibili gli oggetti piu remoti del campo visivo. Quel primo piano cosf in evidenza cerca di raccogliere in sé tutto l'accadere mondano, non solo per accrescere la tensione fra immanenza e trascendenza, ma anche per conferire a quest'ultima il tnaggior rigore possibile, di farla apparire esclusiva e implacabile. E un gesto di una forza innegabile, quello per cui Cristo stesso viene trasferito nel transitorio, nel quotidiano, nel precario. A questo punto interviene con decisione lo Sturm und Drang e scrive con Merck «che il grand'uomo non ne viene diminuito in nulla, se noi sappiamo che è nato in una stalla e che era avvolto in fasce tra un bue e un asino»'9
•. E dopotutto, quel che vi è in questo gesto di irritante o di sorprendente è proprio il suo carattere barocco. Dove il simbolo riassorbe in sé l'uomo, dal fondo dell'essere l'allegorico va incontro.all'intenzione sulla sua strada e la colpisce in fronte. Nella lirica barocca ritroviamo lo stesso movimento peculiare. Nelle sue composizioni non vi è «alcun movimento progressivo, ma come un gonfiarsi dall'interno»60
• Per arginare questa inclinazione deve intervenire e svilupparsi con sempre nuove sorprese l'elemento allegorico. Il simbolo invece, conformemente alla visione dei mitologi romantici, rimane ostinatamente lo stesso. Quale contrasto fra i versi uniformi dei libri di emblemi, la vanitas vanitatum vanitas, e la prassi alla moda dei versi incalzanti che prende piede verso la metà del secolo! Le allegorie invecchiano perché lo sconcertante appartiene alla loro essenza. Se l'oggetto diventa allegorico sotto lo sguardo della melanconia, se questa lascia scorrere la vita via da esso e l'oggetto rimane come morto, ma assicurato in eterno, eccolo affidato alle mani dell'allegorista, nella buona e nella cattiva sorte. Ossia:
" STRICH, Der lyrische Stil des siebzehnten ]ahrhunderts cit., p. 26. ,. JOHANN HEINRICH MERCK, Ausgewiihlte Schri/ten zur schi:inen Literatur und Kunst, a eu·
radi A. Stahr, Oldenburg 1840, p. ,308. .. STRICH, Der /yrische Sti/ des siebzehnten ]ahrhunderts cit., p . .39·
Il dramma barocco tedesco
desco è ostico come poche altre cose. La sua apparenza si è spenta perché era la piu rozza: Quel che dura, è il dettaglio curioso dei rimandi allegorici: un oggetto del sapere, che si annida fra quegli ammassi concettosi di rovine. La critica è mortificazione delle opere. Ora, l'essenza di questa produzione letteraria viene incontro a tale principio piu di qualunque altra. Mortificazione delle opere: non dunque - romanticamente - un risvegliare la coscienza nell'opera vivente'6, ma un trasferire il sapere in esse, le opere morte. La bellezza che dura è un oggetto del sapere. E ci si potrebbe chiedere se la bellezza che dura possa chiamarsi ancora cosf: resta fermo che non vi è nulla di bello che non sia anche oggetto di un sapere possibile. La filosofia non può contestare il fatto di ridestare, proprio lei, la bellezza dell'opera. «La scienza non può condurre a un godimento ingenuo dell'opera d'arte, cosi come i geologi e i botanici non possono risvegliare la sensibilità per un bel paesaggio»17: questa affermazione è tanto discutibile quanto è sbagliato il paragone che dovrebbe sorreggerla. Il geologo e il botanico possono servire benissimo allo scopo. Anzi, senza intuire in qualche modo la vita del dettaglio attraverso la struttura, ogni aspirazione alla bellezza rimane pura fantasia. Stru,ttura e dettaglio sono sempre, in definitiva, carichi di storicità. E compito della critica filosofica mostrare che la funzione della forma artistica è appunto questa: trasformare i dati storici che stanno alla base di ogni opera significativa in contenuti di verità. Questa metamorfosi dei dati di fatto in contenuti di verità fa sf che l'affievolirsi, decennio dopo decennio, del fascino originario dell'opera, diventi il germe di una nuova nascita, in cui ogni bellezza effimera viene completamente a cadere e l'opera si afferma come rovina. Nella costruzione allegorica del dramma barocco tedesco si delineano distintamente fin dall'inizio le forme in rovina dell'opera d'arte giunta alla sua salvezza.
Alla metamorfosi della storia in natura, che sta alla base dell'allegorico, veniva ampiamente incontro anche la storia della salvezza. Per quanto essa venisse interpretata in termini mondani, ritardanti, poche volte ciò si è spinto all'estremo come in Sigmund von Birken. La sua poetica fornisce «come esempi di composizioni battesimali, nuziali e funebri, di poemi encomiastici ed augu-
56 Cfr. BENJ~. Der Begriff der Kunstkritik cit., pp. 5.3 sgg. "PETERSEN, Der Aufbau der Literaturgeschichte cit., p. n.
Allegoria e dramma barocco (I)
rali, canzoni sulla nascita e la morte di Cristo, sulle sue nozze spi. rituali con l'anima, sulla sua gloria e la sua vittoria »'8• L'« attimo» mistico diventa l' «ora» attuale: il simbolico si stravolge in allegorico. Dal processo della storia della salvezza si isola l'eterno, e quel che resta è un'immagine vivente, esposta a tutti gli interventi della regia. Ciò corrisponde nel modo piu intimo alla maniera dilatoria, pivagante, voluttuosamente esitante, della formatività barocca. E stato osser'i(ato giustamente da Hausenstein che nelle apoteosi pittoriche il primo piano suol essere trattato con un realismo estremo, cosf da rendere piu credibili gli oggetti piu remoti del campo visivo. Quel primo piano cosf in evidenza cerca di raccogliere in sé tutto l'accadere mondano, non solo per accrescere la tensione fra immanenza e trascendenza, ma anche per conferire a quest'ultima il tnaggior rigore possibile, di farla apparire esclusiva e implacabile. E un gesto di una forza innegabile, quello per cui Cristo stesso viene trasferito nel transitorio, nel quotidiano, nel precario. A questo punto interviene con decisione lo Sturm und Drang e scrive con Merck «che il grand'uomo non ne viene diminuito in nulla, se noi sappiamo che è nato in una stalla e che era avvolto in fasce tra un bue e un asino»'9
•. E dopotutto, quel che vi è in questo gesto di irritante o di sorprendente è proprio il suo carattere barocco. Dove il simbolo riassorbe in sé l'uomo, dal fondo dell'essere l'allegorico va incontro.all'intenzione sulla sua strada e la colpisce in fronte. Nella lirica barocca ritroviamo lo stesso movimento peculiare. Nelle sue composizioni non vi è «alcun movimento progressivo, ma come un gonfiarsi dall'interno»60
• Per arginare questa inclinazione deve intervenire e svilupparsi con sempre nuove sorprese l'elemento allegorico. Il simbolo invece, conformemente alla visione dei mitologi romantici, rimane ostinatamente lo stesso. Quale contrasto fra i versi uniformi dei libri di emblemi, la vanitas vanitatum vanitas, e la prassi alla moda dei versi incalzanti che prende piede verso la metà del secolo! Le allegorie invecchiano perché lo sconcertante appartiene alla loro essenza. Se l'oggetto diventa allegorico sotto lo sguardo della melanconia, se questa lascia scorrere la vita via da esso e l'oggetto rimane come morto, ma assicurato in eterno, eccolo affidato alle mani dell'allegorista, nella buona e nella cattiva sorte. Ossia:
" STRICH, Der lyrische Stil des siebzehnten ]ahrhunderts cit., p. 26. ,. JOHANN HEINRICH MERCK, Ausgewiihlte Schri/ten zur schi:inen Literatur und Kunst, a eu·
radi A. Stahr, Oldenburg 1840, p. ,308. .. STRICH, Der /yrische Sti/ des siebzehnten ]ahrhunderts cit., p . .39·
Il dramma barocco tedesco
quell'oggetto è ormai del tutto incapace di irradiare un significato, un senso; il suo significato sarà quello che l'allegorista gli assegna. Egli lo inserisce e lo cala profondamente nell'oggetto: e la situazione non è psicologica ma antologica. Nelle sue mani la cosa diventa qualcos'altro, per mezzo di essa egli parla d'altro, e la cosa diventa allora la chiave per accedere al regrio di un sapere segreto, per cui l'allegorista la venera come emblema. Nasce di qui il carattere scritturale dell'allegoria. Essa è uno schema, e in quanto schema non può andare perduto perché è qualcosa di fisso: immagine fissata e segno fissante a un tempo. L'ideale barocco del sapere, l'accumulo, il cui monumento sono le grandi sale delle biblioteche, si realizza nell'ideogramma. Quasi come in Cina, l'ideogramma non è soltanto segno di ciò che occorre sapere, ma oggetto di sapere in proprio. Anche per questa via, l'allegoria giunse coi romantici a un princ~pio di consapevolezza. Soprattutto con Baader. Nel suo scritto Uberden EinflujS der Zeichen der Gedanken au/ deren Erzeugung und Gestaltung [Sopra l'influsso dei segni del pensiero sulla loro produzione e formazione] si dice: «Com'è noto, dipende solo da noi usare un qualsiasi oggetto naturale come segno convenzionale del pensiero, come vediamo nella scrittura simbolica e geroglifica, e questo oggetto assume un nuovo carattere solo se vogliamo comunicare per mezzo di esso non i suoi contrassegni naturali, ma quelli che noi stessi gli abbiamo per cosf dire prestato»61. Il commento è fornito da una nota a questo passo: «C'è una buona ragione nel fatto che tutto ciò che vediamo nella natura esterna ci appaia come scrittura, come una sorta di linguaggio per segni a cui manca peraltro l'essenziale, la pronuncia: quest'ultima, in definitiva, dev'essere venuta all'uomo da qualche altra parte»62
• «Da qualche altra parte» va dunque a prenderla l'allegorista, senza evitare affatto l'arbitrio in cui si manifesta perentoriamente il suo potere. La folla di cifre che l'allegorista trovava nel mondo creaturale, profondamente plas~ato dalla storia, giustifica le proteste di Cohen sullo «spreco». E certo possibile che esso non corrisponda alle leggi di natura: ma la voluttà con cui il significato domina, come un fosco ~ultano, l'harem delle cose, ne dà un'espressione incomparabile. E proprio del sadico umiliare il proprio oggetto e quindi - o in questo modo - soddisfarlo. Cosf procede l'allegorista in questo periodo ebbro di violenze immaginarie
61 FRANZ VON BAADER, Sammt/iche Werke, Leipzig 1851, vol. II, p. 129. ., Ibid.
Allegoria e dramma barocco (I) 159
ed effettive. Ciò si fa valere persino nella pittura religiosa. Il« colpo d'occhio» che la pittura barocca sviluppa «in uno schema ... del tutto indipendente dalla situazione effettuale del momento»6), tradisce e svaluta le cose in modo indicibile. La funzione dell'ideografia barocca non è tanto di svelare le cose quanto di denudarle. L'emblematista non mostra l'essenza nascosta «dietro l'immagine»64. Nella forma della scrittura, della divisa, che nei libri di emblemi è strettamente connessa alla figura, egli ne trascina l'essenza di fronte all'immagine. Perché in fondo anche il dramma barocco, cresciuto nella sfera allegorica, è per la sua forma un dramma destinato alla lettura. T al e cognizione non dice nulla sul valore e la possibilità della sua messa in scena. Essa però mette in chiaro che lo spettatore ideale di questi drammi si immergeva in essi in un atteggiamento meditativo, e perlomeno simile alla lettura; e si comprende perché le situazioni sceniche non cambino troppo spesso ma all'improvviso, come cambia l'aspetto della pagina quando si sfoglia un libro. E si capisce perché, quasi intuendo vagamente e controvoglia la legge di questi drammi, la vecchia critica letteraria si ostinasse ad affermare che essi non erano mai stati rappresentati.
Questa tesi era certamente erronea. Se è vero che l'allegoria è l'unico, e poderoso, divertissement che sia dato al melanconico. Certo, la solennità ostentatoria con cui l'oggetto banale sembra emergere dalla profondità dell'allegoria cede subito il passo al suo sconsolato volto quotidiano, e alla partecipazione meditabonda del malato al singolo particolare, alla singola minuzia, fa seguito la delusione: !'.emblema, svuotato, viene lasciato cadere, secondo un ritmo che l'osservatore speculativo ritroverebbe, significativamente, nel comportamento delle scimmie. E tuttavia, i particolari amorfi con cui si dà l'allegoria continuano ad affollarsi senza sosta. Se infatti la regola dice che «ogni cosa» va «considerata per se stessa, cosi» potrà «crescere l'intelligenza e svilupparsi la finezza del gusto»6', l'oggetto adeguato di una tale intenzione sarà presente in ogni momento. Nei suoi Gespriichspielen [Dialoghi], Harsdorffer fonda addirittura un genere particolare, appellandosi al fatto «che, secondo ]dc. rx, 8, in luogo degli animali delle fa-
61 HiiBsCHER, Barock als Gestaltung antithetischen Lebensge/iihls cit., p. 560. 64 Ibid., p. 555· ., COHN, Gesellscha/tsideale und Gesellschaftsroman des z7.]ahrhunderts cit., p. 23.
Il dramma barocco tedesco
quell'oggetto è ormai del tutto incapace di irradiare un significato, un senso; il suo significato sarà quello che l'allegorista gli assegna. Egli lo inserisce e lo cala profondamente nell'oggetto: e la situazione non è psicologica ma antologica. Nelle sue mani la cosa diventa qualcos'altro, per mezzo di essa egli parla d'altro, e la cosa diventa allora la chiave per accedere al regrio di un sapere segreto, per cui l'allegorista la venera come emblema. Nasce di qui il carattere scritturale dell'allegoria. Essa è uno schema, e in quanto schema non può andare perduto perché è qualcosa di fisso: immagine fissata e segno fissante a un tempo. L'ideale barocco del sapere, l'accumulo, il cui monumento sono le grandi sale delle biblioteche, si realizza nell'ideogramma. Quasi come in Cina, l'ideogramma non è soltanto segno di ciò che occorre sapere, ma oggetto di sapere in proprio. Anche per questa via, l'allegoria giunse coi romantici a un princ~pio di consapevolezza. Soprattutto con Baader. Nel suo scritto Uberden EinflujS der Zeichen der Gedanken au/ deren Erzeugung und Gestaltung [Sopra l'influsso dei segni del pensiero sulla loro produzione e formazione] si dice: «Com'è noto, dipende solo da noi usare un qualsiasi oggetto naturale come segno convenzionale del pensiero, come vediamo nella scrittura simbolica e geroglifica, e questo oggetto assume un nuovo carattere solo se vogliamo comunicare per mezzo di esso non i suoi contrassegni naturali, ma quelli che noi stessi gli abbiamo per cosf dire prestato»61. Il commento è fornito da una nota a questo passo: «C'è una buona ragione nel fatto che tutto ciò che vediamo nella natura esterna ci appaia come scrittura, come una sorta di linguaggio per segni a cui manca peraltro l'essenziale, la pronuncia: quest'ultima, in definitiva, dev'essere venuta all'uomo da qualche altra parte»62
• «Da qualche altra parte» va dunque a prenderla l'allegorista, senza evitare affatto l'arbitrio in cui si manifesta perentoriamente il suo potere. La folla di cifre che l'allegorista trovava nel mondo creaturale, profondamente plas~ato dalla storia, giustifica le proteste di Cohen sullo «spreco». E certo possibile che esso non corrisponda alle leggi di natura: ma la voluttà con cui il significato domina, come un fosco ~ultano, l'harem delle cose, ne dà un'espressione incomparabile. E proprio del sadico umiliare il proprio oggetto e quindi - o in questo modo - soddisfarlo. Cosf procede l'allegorista in questo periodo ebbro di violenze immaginarie
61 FRANZ VON BAADER, Sammt/iche Werke, Leipzig 1851, vol. II, p. 129. ., Ibid.
Allegoria e dramma barocco (I) 159
ed effettive. Ciò si fa valere persino nella pittura religiosa. Il« colpo d'occhio» che la pittura barocca sviluppa «in uno schema ... del tutto indipendente dalla situazione effettuale del momento»6), tradisce e svaluta le cose in modo indicibile. La funzione dell'ideografia barocca non è tanto di svelare le cose quanto di denudarle. L'emblematista non mostra l'essenza nascosta «dietro l'immagine»64. Nella forma della scrittura, della divisa, che nei libri di emblemi è strettamente connessa alla figura, egli ne trascina l'essenza di fronte all'immagine. Perché in fondo anche il dramma barocco, cresciuto nella sfera allegorica, è per la sua forma un dramma destinato alla lettura. T al e cognizione non dice nulla sul valore e la possibilità della sua messa in scena. Essa però mette in chiaro che lo spettatore ideale di questi drammi si immergeva in essi in un atteggiamento meditativo, e perlomeno simile alla lettura; e si comprende perché le situazioni sceniche non cambino troppo spesso ma all'improvviso, come cambia l'aspetto della pagina quando si sfoglia un libro. E si capisce perché, quasi intuendo vagamente e controvoglia la legge di questi drammi, la vecchia critica letteraria si ostinasse ad affermare che essi non erano mai stati rappresentati.
Questa tesi era certamente erronea. Se è vero che l'allegoria è l'unico, e poderoso, divertissement che sia dato al melanconico. Certo, la solennità ostentatoria con cui l'oggetto banale sembra emergere dalla profondità dell'allegoria cede subito il passo al suo sconsolato volto quotidiano, e alla partecipazione meditabonda del malato al singolo particolare, alla singola minuzia, fa seguito la delusione: !'.emblema, svuotato, viene lasciato cadere, secondo un ritmo che l'osservatore speculativo ritroverebbe, significativamente, nel comportamento delle scimmie. E tuttavia, i particolari amorfi con cui si dà l'allegoria continuano ad affollarsi senza sosta. Se infatti la regola dice che «ogni cosa» va «considerata per se stessa, cosi» potrà «crescere l'intelligenza e svilupparsi la finezza del gusto»6', l'oggetto adeguato di una tale intenzione sarà presente in ogni momento. Nei suoi Gespriichspielen [Dialoghi], Harsdorffer fonda addirittura un genere particolare, appellandosi al fatto «che, secondo ]dc. rx, 8, in luogo degli animali delle fa-
61 HiiBsCHER, Barock als Gestaltung antithetischen Lebensge/iihls cit., p. 560. 64 Ibid., p. 555· ., COHN, Gesellscha/tsideale und Gesellschaftsroman des z7.]ahrhunderts cit., p. 23.
x6o n dramma baiocco tedesco
vole esopiche si può far agire e dare la parola a oggetti inanimati -la foresta, l'albero, la pietra- mentre ancora un altro genere può nascere facendo delle parole, delle sillabe e delle lettere dei veri personaggi»66
• In quest'ultima direzione ha dato alta prova di sé Christian Gryphius, il figlio di Andreas, nel suo dramma didattico Der deutschen Sprache unterschiedene Alter [Le diverse età della lingua tedesca]. Questa frammentazione grafica è un principio base della concezione allegorica. Tanto piu che nel Barocco vediamo il personaggio allegorico cedere il passo agli emblemi, i quali si offrono perlopiu allo sguardo nel malinconico squallore della dispersione. Buona parte del V ersuch einer Allegorie di Winckelmann va inteso come un atto di rivolta contro questo stile. «La semplicità consiste nell'abbozzare un quadro che sappia esprimere la cosa significata col minor numero possibile di segni, e questa è la peculiarità dell'allegoria nelle epoche migliori degli antichi. Nelle epoche piu tarde si cominciò a combinare piu concetti con altrettanti segni in un'unica figura, come sono quelle divinità che chiamano Panthei, e che portano gli attributi di tutti gli dèi ... La migliore e piu perfetta allegoria di un concetto, o di piu concetti, va concepita o rappresentata in un'unica figura»67
• Cosf parla l'aspirazione a quella totalità simbolica che l'umanesimo venerava nella figura umana. Ma nell'immagine allegorica le cose in quanto opere frammentarie hanno uno sguardo fisso. I veri teorici in questo campo non ebbero mai simpatia per esse, neppure fra i romantici. Venivano soppesate contro il simbolo e venivano trovate troppo leggere. «Il simbolo ... tedesco manca del tutto di quella significativa dignità. Esso doveva restare perciò limitato a una sfera ... inferiore, e doveva rimanere completamente escluso dall'espressione simbolica»68
• A proposito di questa frase di Creuzer, Gorres commenta: «Se Lei dichiara che il simbolo mistico è quello formale, in cui lo spirito cerca di eliminare la forma e di distruggere il corpo, mentre il simbolo plastico sarebbe la pura linea intermedia fra spirito e natura, manca ancora l'opposto del primo, il simbolo reale, dove la forma corporea inghiotte la sua anima, e questo potrebbe essere benissimo il posto dell'emblema e del simbolo tedesco nella sua accezione limitativa»69
• La collocazione
66 TITrMANN, Die Niimberger Dichterschule cit., p. 94· 67 WINCKELMANN, Versuch einer Allegorie besonders/iirdie Kunst cit., p. 27; cfr. anche
CREUZER, Symbolik und Mythologie cit., pp. 67 e 109 sg. "Ibid., p. 64. "Ibid., p. I47.
Allegoria e dramma baiocco (I) I6I
romantica di questi due autori era troppo poco solida perché la didattica razionale di cui questa forma sembrava sospetta non li rendesse ostili; è vero d'altronde che il carattere grossolano, lambiccato, popolaresco che contraddistingue molti dei loro prodotti' non doveva dispiacere almeno a Gorres. Ad ogni modo, egli non è venuto in chiaro su questo punto. Ed è ancor oggi addirittura ovvio che nel primato del cosale sul personale, del frammento sulla totalità, l'allegoria si contrappone polarmente al simbolo, e appunto perciò con ugual forza. La personificazione allegorica ha sempre tratto in inganno su questo punto: che il suo compito non è di personificare la cosa, ma piuttosto di potenziarne il ruolo mettendola nei panni di un personaggio. Qui Cysarz ha visto con molto acume. «11 Barocco volgarizza la vecchia mitologia, immettendo figure (non anime) in ogni cosa: è l'ultimo gradino dell'esteriorizzazione dopo l'estetizzazione ovidiana e la profanazione neolatina dei contenuti ieratici di fede. Di una spiritualizzazione del corporeo non vi è la minima traccia. L'intera natura viene personificata, ma non per interiorizzarla, bensf al contrario per svuotarla della sua anima»70
• La grevità e la goffaggine che venivano addossate ora all'imperizia degli artisti ora all'ottusità dei committenti è necessaria all'allegoria. Tanto piu notevole è il fatto che Novalis, il cui congedo dagli ideali classici è senza paragone piu deciso che nei romantici tardi, nei pochi passi in cui sfiora l'argomento fornisca indicazioni profonde sull'essenza dell'allegoria. Chi legga con· attenzione l'appunto che segue vedrà rinascere di colpo l' intérieur tipico del poeta del '5 oo, il poeta-cortigiano, esperto nei segreti di stato e carico di incombenze: «Anche gli affari si possono trattare poeticamente ... Un certo arcaismo dello stile, una corretta disposizione delle masse, un lieve accenno all'allegoria, una certa preziosità, devozione e meraviglia che tralucono dal g(\· nere di scrittura- ecco alcuni tratti essenziali di quest'arte»71
• E in questo spirito che la prassi barocca si rivolge agli oggetti. Che il genio romantico comunichi con lo spirito barocco proprio sul terreno dell'allegoria è attestato poi con uguale chiarezza da quest'altro frammento: «Composizioni poetiche dal bel suono e piene di belle parole, ma anche prive di senso e di qualunque nesso- comprensibili, al massimo, alcune singole strofe - come frammenti di cose diversissime. Tutt'al piu la vera poesia può avere un senso al-
70 CYSARZ, Deutsche Barockdichtung cit., p. 3 r. 71 NOVAUS, Schriften cit., vol. III, p. 5·
x6o n dramma baiocco tedesco
vole esopiche si può far agire e dare la parola a oggetti inanimati -la foresta, l'albero, la pietra- mentre ancora un altro genere può nascere facendo delle parole, delle sillabe e delle lettere dei veri personaggi»66
• In quest'ultima direzione ha dato alta prova di sé Christian Gryphius, il figlio di Andreas, nel suo dramma didattico Der deutschen Sprache unterschiedene Alter [Le diverse età della lingua tedesca]. Questa frammentazione grafica è un principio base della concezione allegorica. Tanto piu che nel Barocco vediamo il personaggio allegorico cedere il passo agli emblemi, i quali si offrono perlopiu allo sguardo nel malinconico squallore della dispersione. Buona parte del V ersuch einer Allegorie di Winckelmann va inteso come un atto di rivolta contro questo stile. «La semplicità consiste nell'abbozzare un quadro che sappia esprimere la cosa significata col minor numero possibile di segni, e questa è la peculiarità dell'allegoria nelle epoche migliori degli antichi. Nelle epoche piu tarde si cominciò a combinare piu concetti con altrettanti segni in un'unica figura, come sono quelle divinità che chiamano Panthei, e che portano gli attributi di tutti gli dèi ... La migliore e piu perfetta allegoria di un concetto, o di piu concetti, va concepita o rappresentata in un'unica figura»67
• Cosf parla l'aspirazione a quella totalità simbolica che l'umanesimo venerava nella figura umana. Ma nell'immagine allegorica le cose in quanto opere frammentarie hanno uno sguardo fisso. I veri teorici in questo campo non ebbero mai simpatia per esse, neppure fra i romantici. Venivano soppesate contro il simbolo e venivano trovate troppo leggere. «Il simbolo ... tedesco manca del tutto di quella significativa dignità. Esso doveva restare perciò limitato a una sfera ... inferiore, e doveva rimanere completamente escluso dall'espressione simbolica»68
• A proposito di questa frase di Creuzer, Gorres commenta: «Se Lei dichiara che il simbolo mistico è quello formale, in cui lo spirito cerca di eliminare la forma e di distruggere il corpo, mentre il simbolo plastico sarebbe la pura linea intermedia fra spirito e natura, manca ancora l'opposto del primo, il simbolo reale, dove la forma corporea inghiotte la sua anima, e questo potrebbe essere benissimo il posto dell'emblema e del simbolo tedesco nella sua accezione limitativa»69
• La collocazione
66 TITrMANN, Die Niimberger Dichterschule cit., p. 94· 67 WINCKELMANN, Versuch einer Allegorie besonders/iirdie Kunst cit., p. 27; cfr. anche
CREUZER, Symbolik und Mythologie cit., pp. 67 e 109 sg. "Ibid., p. 64. "Ibid., p. I47.
Allegoria e dramma baiocco (I) I6I
romantica di questi due autori era troppo poco solida perché la didattica razionale di cui questa forma sembrava sospetta non li rendesse ostili; è vero d'altronde che il carattere grossolano, lambiccato, popolaresco che contraddistingue molti dei loro prodotti' non doveva dispiacere almeno a Gorres. Ad ogni modo, egli non è venuto in chiaro su questo punto. Ed è ancor oggi addirittura ovvio che nel primato del cosale sul personale, del frammento sulla totalità, l'allegoria si contrappone polarmente al simbolo, e appunto perciò con ugual forza. La personificazione allegorica ha sempre tratto in inganno su questo punto: che il suo compito non è di personificare la cosa, ma piuttosto di potenziarne il ruolo mettendola nei panni di un personaggio. Qui Cysarz ha visto con molto acume. «11 Barocco volgarizza la vecchia mitologia, immettendo figure (non anime) in ogni cosa: è l'ultimo gradino dell'esteriorizzazione dopo l'estetizzazione ovidiana e la profanazione neolatina dei contenuti ieratici di fede. Di una spiritualizzazione del corporeo non vi è la minima traccia. L'intera natura viene personificata, ma non per interiorizzarla, bensf al contrario per svuotarla della sua anima»70
• La grevità e la goffaggine che venivano addossate ora all'imperizia degli artisti ora all'ottusità dei committenti è necessaria all'allegoria. Tanto piu notevole è il fatto che Novalis, il cui congedo dagli ideali classici è senza paragone piu deciso che nei romantici tardi, nei pochi passi in cui sfiora l'argomento fornisca indicazioni profonde sull'essenza dell'allegoria. Chi legga con· attenzione l'appunto che segue vedrà rinascere di colpo l' intérieur tipico del poeta del '5 oo, il poeta-cortigiano, esperto nei segreti di stato e carico di incombenze: «Anche gli affari si possono trattare poeticamente ... Un certo arcaismo dello stile, una corretta disposizione delle masse, un lieve accenno all'allegoria, una certa preziosità, devozione e meraviglia che tralucono dal g(\· nere di scrittura- ecco alcuni tratti essenziali di quest'arte»71
• E in questo spirito che la prassi barocca si rivolge agli oggetti. Che il genio romantico comunichi con lo spirito barocco proprio sul terreno dell'allegoria è attestato poi con uguale chiarezza da quest'altro frammento: «Composizioni poetiche dal bel suono e piene di belle parole, ma anche prive di senso e di qualunque nesso- comprensibili, al massimo, alcune singole strofe - come frammenti di cose diversissime. Tutt'al piu la vera poesia può avere un senso al-
70 CYSARZ, Deutsche Barockdichtung cit., p. 3 r. 71 NOVAUS, Schriften cit., vol. III, p. 5·
Il dramma barocco tedesco
legorico in grande ed esercitare un effetto diretto, come la musica ecc. La natura è perciò puramente poetica, e cosi la stanza di un mago o di un fisico, la camera di un bambino, un ripostiglio o una dispensa» 72
• Questo riferire l'allegorico alla frammentarietà, al disordine e al sovraccarico che regna nel gabinetto del mago o nel laboratorio dell'alchimista, non deve essere considerato casuale. Le opere diJean Paul, il piu grande allegorista fra i poeti tedeschi, non sono forse appunto come le camere dei bambini o degli spiriti? In nessuno meglio che in lui una vera storia della stilistica romantica potrebbe mostrare come il frammento e la stessa ironia siano metamorfosi dell'allegorico. Ma ci accontenteremo di questo: la tecnica del Romanticismo conduce da varie direzioni nel dominio dell'emblematica e dell'allegoria. L'allegoria- per formulare cosi i rapporti fra le due - porta con sé nella sua forma evoluta, quella barocca, un'intera corte: intorno all'immagine centrale, che nelle vere allegorie non manca mai come pendant alle perifasi concettuali, si raggruppa la folla degli emblemi. Essi sembrano disposti ad arbitrio: La «corte>> con/usa- che è il titolo di un dramma spagnolo - potrebbe essere lo schema dell'allegoria. La legge di questa corte si chiama «dispersione» e «collezione». Le cose sono raggruppate secondo il loro significato; il disinteresse per la loro esistenza reale torna poi a disperderle. Il disordine della messinscena allegorica è qui un contraltare del boudoir galante. Secondo la dialettica interna a questa forma espressiva, il fanatismo del raccogliere è bilanciato dalla !abilità della diposizione: particolarmente parados,sale è il sontuoso ripartirsi degli strumenti della penitenza o della violenza. Il fatto che, come ben dice Borinski dell'architettura barocca, «questo stile compensi la sua esuberanza costruttiva sul piano decorativo, o, per usare il suo linguaggio, "galante" »73
, ne fa un legittimo contemporaneo dell'allegoria. Ma anche la poetica barocca vuoi essere letta in termini di criticastilistica nel senso di questa osservazione. La sua teoria della «tragedia» riprende le singole leggi della tragedia classica come elementi senza vita e le ammassa intorno alla figura allegorica della musa tragica. Solo il fraintendimento classicistico del dramma, di cùi il Barocco si rese responsabile fraintendendo se stesso, poteva trasformare le «regole» della tragedia classica in quelle regole amorfe, obbligate ed emblematiche con cui crebbe la nuova forma. In
12 Ibid., vol. II, p. 308. 11 BORINSKI, Die Antike in Poetik und Kunsttheorieeit., vol. I, p. 192.
Allegoria e dramma barocco (I)
questa frammentazione o spezzettamento allegorico l'immagine della tragedia greca apparve come l'unico contrassegno possibile, come il contrassegno naturale della poesia «tragica» in generale. Le sue regole diventano rimandi pregnanti al dramma barocco, i suoi testi vengono letti come se fossero testi di drammi. In che misura ciò fosse e rimanesse possibile, ne danno un'idea adeguata le traduzioni da Sofocle di Holderlin risalenti al periodo tardo del poeta: quello che non a caso Hellingrath ha definito «barocco».
Il dramma barocco tedesco
legorico in grande ed esercitare un effetto diretto, come la musica ecc. La natura è perciò puramente poetica, e cosi la stanza di un mago o di un fisico, la camera di un bambino, un ripostiglio o una dispensa» 72
• Questo riferire l'allegorico alla frammentarietà, al disordine e al sovraccarico che regna nel gabinetto del mago o nel laboratorio dell'alchimista, non deve essere considerato casuale. Le opere diJean Paul, il piu grande allegorista fra i poeti tedeschi, non sono forse appunto come le camere dei bambini o degli spiriti? In nessuno meglio che in lui una vera storia della stilistica romantica potrebbe mostrare come il frammento e la stessa ironia siano metamorfosi dell'allegorico. Ma ci accontenteremo di questo: la tecnica del Romanticismo conduce da varie direzioni nel dominio dell'emblematica e dell'allegoria. L'allegoria- per formulare cosi i rapporti fra le due - porta con sé nella sua forma evoluta, quella barocca, un'intera corte: intorno all'immagine centrale, che nelle vere allegorie non manca mai come pendant alle perifasi concettuali, si raggruppa la folla degli emblemi. Essi sembrano disposti ad arbitrio: La «corte>> con/usa- che è il titolo di un dramma spagnolo - potrebbe essere lo schema dell'allegoria. La legge di questa corte si chiama «dispersione» e «collezione». Le cose sono raggruppate secondo il loro significato; il disinteresse per la loro esistenza reale torna poi a disperderle. Il disordine della messinscena allegorica è qui un contraltare del boudoir galante. Secondo la dialettica interna a questa forma espressiva, il fanatismo del raccogliere è bilanciato dalla !abilità della diposizione: particolarmente parados,sale è il sontuoso ripartirsi degli strumenti della penitenza o della violenza. Il fatto che, come ben dice Borinski dell'architettura barocca, «questo stile compensi la sua esuberanza costruttiva sul piano decorativo, o, per usare il suo linguaggio, "galante" »73
, ne fa un legittimo contemporaneo dell'allegoria. Ma anche la poetica barocca vuoi essere letta in termini di criticastilistica nel senso di questa osservazione. La sua teoria della «tragedia» riprende le singole leggi della tragedia classica come elementi senza vita e le ammassa intorno alla figura allegorica della musa tragica. Solo il fraintendimento classicistico del dramma, di cùi il Barocco si rese responsabile fraintendendo se stesso, poteva trasformare le «regole» della tragedia classica in quelle regole amorfe, obbligate ed emblematiche con cui crebbe la nuova forma. In
12 Ibid., vol. II, p. 308. 11 BORINSKI, Die Antike in Poetik und Kunsttheorieeit., vol. I, p. 192.
Allegoria e dramma barocco (I)
questa frammentazione o spezzettamento allegorico l'immagine della tragedia greca apparve come l'unico contrassegno possibile, come il contrassegno naturale della poesia «tragica» in generale. Le sue regole diventano rimandi pregnanti al dramma barocco, i suoi testi vengono letti come se fossero testi di drammi. In che misura ciò fosse e rimanesse possibile, ne danno un'idea adeguata le traduzioni da Sofocle di Holderlin risalenti al periodo tardo del poeta: quello che non a caso Hellingrath ha definito «barocco».
Allegoria e dramma barocco (n)
Ihr kraft beraubte Wort', ihr seid zerstiickte Stiick', Und seichte schattenstreif, allein, entweicht zu riik; Vermehlet mit Gemiihl ihr werdet zu gelassen, Wenn ein tief Sinnebild hilft das verborgne fassen.
FRANZ JULWS VON DEM KNESEBECK,
Dreystiindige Sinnbilder'.
Soltanto la conoscenza filosofica dell'allegoria, e in particolare la conoscenza dialettica della sua forma limite, è lo sfondo dal quale l'immagine del dramma barocco si stacca con colori ;rivaci e, se cosf è lecito esprimersi, belli: esso è l'unico sfondo a c.m non resti attaccato il grigio dei ritocchi. Nel coro e nell'interludio la struttura barocca del dramma emerge con tale evidenza che non poteva sfuggire del tutto agli osservatori. Ma appunto per ques~o. e.ssi rimasero i punti critici attraverso i quali _Penetrare nell'e~hf1c10 - che ambiva a presentarsi come u,n temp~o greco -:- P,er distruggerlo. Cosf Wackernagel: «<l coro e eredita e prol?net~ della scena greca: e solo su questa è la conseguenza: orgamca di premesse storiche. Da noi è mancata l'occasione su cui un tale coro P.otesse prender forma, e cosi i tentativi compiuti dai drammaturghi tedeschi del xvi e del xVII secolo ... per portar lo sulla scena tedesca non potevano avere che un esito infelice»2
• Se è indu?bia l'i~p~onta nazionale del dramma corale greco, altrettanto mdubb10 e che un'analoga impronta nazionale si manifesta nell'apparente imitazione del teatro greco propria del XVII ~ecol~. _Il cor? nel dramma barocco non è nulla di esteriore. Esso e anzi Il suo mterno, nello
1 FRANZ JULIUS VON DEM KNESEBECK, Dreystiindige Sinnbilder, Bra~nsch~eig 1643, ta
vola. [Parole private della forza, siete frammenti staccati l E povere stm~e d omb:a, ~a sole ritiratevi; l Associate a un dipinto sarete ammesse, l Se un profondo s1mbolo amt1 a cogliere l'occulto].
'WACKERNAGEL, UberdiedramatischePoesiecit., p. II.
Allegoria e dramma barocco (rr) I 65
stesso senso in cui il gruppo ad intaglio di un altare gotico si mostra come suo interno, dietro gli sportelli spalancati e adorni di storie dipinte. Nel coro, ovvero nell'interludio, l'allegoria non è piu variopinta, legata alla storia, ma pura e severa. Alla fine del quarto atto della Sophonisbe di Lohenstein si affrontano la Voluttà e la Virtu. Alla fine la Voluttà viene smascherata e si lascia dire dalla Virtu:
W ol! wk wolln bald des Engels Schonheit sehn! I eh muB dir den geborgten Rock ausziehen. Kan sich ein Bettler in was lirgers nehn? Wer wollte nicht fiir dieser Sclavin fliehen? Wirff aber auch den Bettler-Mantel weg. Schaut ist ein Schwein besudelter zu schauen? Dill ist ein Krebs- und dill ein Aussatz-Fleck. MuB dir nicht selbst fiir Schwer- und Eyter grauen? Der Wollust Kopff ist Schwan der Leib ein Schwein. LaBt uns die Schminck' im Antlitz auch vertilgen. Hier fault das Fleisch dort frillt die LauB sich ein So wandeln sich in Koth der W ollust Liljen. Noch nicht genug! zeuch auch die Lumpen aus; W as zeigt sich nun? Ein AaB ein todt Gerippe. Besieh' itzt auch der Wollust innres Haus: DaB man sie indie Schinder-Grube schippe!3
È l'antico motivo allegorico della Donna Mondo. Da questi passi caratteristici anche gli autori del secolo scorso hanno potuto farsi un'idea della situazione. «Nei Reyen- si legge in Conrad Milller - la pressione della contorta natura di Lohenstein sul suo genio linguistico si riduce, perché i ghirigori delle sue parole, che stranamente si svuotano nel tempio elegante della tragedia, coincidono qui con l'orpello bizzarro dell'allegoria» 4• E come nella parola, l'elemento allegorico si manifesta anche nelle figure e nelle
'LOHENSTEIN, Afrikanische Trauerspiele cit., p. 331 (Sophonisbe, IV, 563 sgg.). [Bene! Cosf vedremo tra pocp la bellezza dell'angelo! l Bisogna che le tolga la veste presa aprestito. l Può avvicinarsi un mendicante vestito peggio di cosi? l Chi non fuggirebbe davanti a questa schiava? l Ma butta via anche il mantello da mendicante. l Guarda: un maiale, a guardarlo, è forse piu lercio? l Questa è la chiazza di un tumore e questa della lebbra. l E non ti senti tu stessa inorridita di quel gonfiore e del pus? l Il volto della voluttà è quello di un cigno, il corpo di un maiale. l E togliamo dal volto i belletti. l Qua la carne marcisce, lf la zecca penetra divorando; l Cosf si mutano in escrementi i gigli della voluttà. l E non basta! Spogliati anche degli stracci, l Che cosa viene in luce? Una carogna, uno scheletro morto. l Ora guarda anche l'interno della voluttà: l Sf che la si trascini nel fosso delle carogne!]
• MULLER, Beitriige zum Leben und Dichten Daniel Caspers von Lohenstein cit., p. 94·
Allegoria e dramma barocco (n)
Ihr kraft beraubte Wort', ihr seid zerstiickte Stiick', Und seichte schattenstreif, allein, entweicht zu riik; Vermehlet mit Gemiihl ihr werdet zu gelassen, Wenn ein tief Sinnebild hilft das verborgne fassen.
FRANZ JULWS VON DEM KNESEBECK,
Dreystiindige Sinnbilder'.
Soltanto la conoscenza filosofica dell'allegoria, e in particolare la conoscenza dialettica della sua forma limite, è lo sfondo dal quale l'immagine del dramma barocco si stacca con colori ;rivaci e, se cosf è lecito esprimersi, belli: esso è l'unico sfondo a c.m non resti attaccato il grigio dei ritocchi. Nel coro e nell'interludio la struttura barocca del dramma emerge con tale evidenza che non poteva sfuggire del tutto agli osservatori. Ma appunto per ques~o. e.ssi rimasero i punti critici attraverso i quali _Penetrare nell'e~hf1c10 - che ambiva a presentarsi come u,n temp~o greco -:- P,er distruggerlo. Cosf Wackernagel: «<l coro e eredita e prol?net~ della scena greca: e solo su questa è la conseguenza: orgamca di premesse storiche. Da noi è mancata l'occasione su cui un tale coro P.otesse prender forma, e cosi i tentativi compiuti dai drammaturghi tedeschi del xvi e del xVII secolo ... per portar lo sulla scena tedesca non potevano avere che un esito infelice»2
• Se è indu?bia l'i~p~onta nazionale del dramma corale greco, altrettanto mdubb10 e che un'analoga impronta nazionale si manifesta nell'apparente imitazione del teatro greco propria del XVII ~ecol~. _Il cor? nel dramma barocco non è nulla di esteriore. Esso e anzi Il suo mterno, nello
1 FRANZ JULIUS VON DEM KNESEBECK, Dreystiindige Sinnbilder, Bra~nsch~eig 1643, ta
vola. [Parole private della forza, siete frammenti staccati l E povere stm~e d omb:a, ~a sole ritiratevi; l Associate a un dipinto sarete ammesse, l Se un profondo s1mbolo amt1 a cogliere l'occulto].
'WACKERNAGEL, UberdiedramatischePoesiecit., p. II.
Allegoria e dramma barocco (rr) I 65
stesso senso in cui il gruppo ad intaglio di un altare gotico si mostra come suo interno, dietro gli sportelli spalancati e adorni di storie dipinte. Nel coro, ovvero nell'interludio, l'allegoria non è piu variopinta, legata alla storia, ma pura e severa. Alla fine del quarto atto della Sophonisbe di Lohenstein si affrontano la Voluttà e la Virtu. Alla fine la Voluttà viene smascherata e si lascia dire dalla Virtu:
W ol! wk wolln bald des Engels Schonheit sehn! I eh muB dir den geborgten Rock ausziehen. Kan sich ein Bettler in was lirgers nehn? Wer wollte nicht fiir dieser Sclavin fliehen? Wirff aber auch den Bettler-Mantel weg. Schaut ist ein Schwein besudelter zu schauen? Dill ist ein Krebs- und dill ein Aussatz-Fleck. MuB dir nicht selbst fiir Schwer- und Eyter grauen? Der Wollust Kopff ist Schwan der Leib ein Schwein. LaBt uns die Schminck' im Antlitz auch vertilgen. Hier fault das Fleisch dort frillt die LauB sich ein So wandeln sich in Koth der W ollust Liljen. Noch nicht genug! zeuch auch die Lumpen aus; W as zeigt sich nun? Ein AaB ein todt Gerippe. Besieh' itzt auch der Wollust innres Haus: DaB man sie indie Schinder-Grube schippe!3
È l'antico motivo allegorico della Donna Mondo. Da questi passi caratteristici anche gli autori del secolo scorso hanno potuto farsi un'idea della situazione. «Nei Reyen- si legge in Conrad Milller - la pressione della contorta natura di Lohenstein sul suo genio linguistico si riduce, perché i ghirigori delle sue parole, che stranamente si svuotano nel tempio elegante della tragedia, coincidono qui con l'orpello bizzarro dell'allegoria» 4• E come nella parola, l'elemento allegorico si manifesta anche nelle figure e nelle
'LOHENSTEIN, Afrikanische Trauerspiele cit., p. 331 (Sophonisbe, IV, 563 sgg.). [Bene! Cosf vedremo tra pocp la bellezza dell'angelo! l Bisogna che le tolga la veste presa aprestito. l Può avvicinarsi un mendicante vestito peggio di cosi? l Chi non fuggirebbe davanti a questa schiava? l Ma butta via anche il mantello da mendicante. l Guarda: un maiale, a guardarlo, è forse piu lercio? l Questa è la chiazza di un tumore e questa della lebbra. l E non ti senti tu stessa inorridita di quel gonfiore e del pus? l Il volto della voluttà è quello di un cigno, il corpo di un maiale. l E togliamo dal volto i belletti. l Qua la carne marcisce, lf la zecca penetra divorando; l Cosf si mutano in escrementi i gigli della voluttà. l E non basta! Spogliati anche degli stracci, l Che cosa viene in luce? Una carogna, uno scheletro morto. l Ora guarda anche l'interno della voluttà: l Sf che la si trascini nel fosso delle carogne!]
• MULLER, Beitriige zum Leben und Dichten Daniel Caspers von Lohenstein cit., p. 94·
166 Il dramma barocco tedesco
scene. Ciò raggiunge il suo culmine negli interludi, con le loro qualità personificate, le Virtu ed i Vizi in carne ed ossa~ se~z~ ~fatto limitarsi ad essi. Poiché è chiaro che tutta una sene di tipi, come il Re, il Cortigiano, il Matto, hanno un significato allegor~co: Tornano qui a farsi valere le intuizioni di Novalis: «Le situaziOni sceniche vere e proprie, solo queste dovrebbero far parte del.teatro. I personaggi allegorici, i piu non vedo~o altro ~he 9ue~t1 ~ttorno a sè. I fanciulli sono speranze, le fanciulle desiden e nchieste »'. Con grande perspicacia, que~te parole rimandano ai ver~ rapporti tra messinscena e allegor~a. E vero pe:altro che l~ ~ue fi~: erano nel Barocco diverse e - m senso cnstlano e cortigiano - pm definite di come Novalis le dipinge. Le figure denunciano la loro portata allegorica nel rapporto labile e oscillante .fra la tram~ e il loro specifico significato morale. Nel Leo A"'!entus non v~ruamo a sapere se Balbo colpisce un colpevole o un mnoce~te. C~ basta sapere che è il Re. Né si potrebbe comprendere altrimenti c.ome personaggi di rilievo quasi n~o ?ossano entr~e.nel takle~u ~want dell'apoteosi allegorica. La Vrrtu tesse le lodi di MaSSirussa, che: è un misero omiciattolo. Il dramma barocco tedesco non ha mai saputo distribuire i tratti del personaggio allegorico nelle mille pieghe segrete di una veste alleg.orica, com~ ha fatto Calder~m. Né ha saputo accogliere la grande Interpretazione shakc:speari~na della figura allegorica in nuovi ruoli inediti. «Certe hgure di Shakespeare hanno il tratto fisiognomico dell'allegoria morale, del mo~ ral-play, ma soltanto l'occhio piu e.sercit~to potre~be. riconoscer: lo; riguardo a questo tratto allegonco essi vanno m grro, per cosi dire mascherati. Personaggi di questo genere sono Rosenkranz e Gulldenstern»7 • L'inapparenza dell'allegorico rimase preclusa al dramma barocco tedesco per la sua ossessiva serietà. L'arruolamento nel dramma profano conferisce all'allegorico la comicità, ma ove questa indossi i panni della serietà, si tratta allora senza accorgersene di una serietà mortale.
L'importanza crescente dell'interludio, che già ~el periodo intermedio di Gryphius prende il posto del coro prima della catastrofe drammatica8, coincide con la crescente invadenza della sua
'NOVAUS, Schriften cit., vol. III, p. 71. 'LOHENSTEIN, Afrikanische Trauerspiele cit . .' p. 331 (Sopfonis!'e,.IV, 585 sgg.). 'JUUUS LEOPOLD KLEIN, Geschichte des englischen Drama s, Le1pz1g 1876, v:oL II! p. 57· • Cfr. HANS sTEINBERG, Die Reyen in den Trauerspielen des Andreas Gryph1us, disserta-
zione, Gottingen 1914, p. 107.
Allegoria e dramma barocco (rr) 167
pompa allegorica. Essa raggiunge il suo culmine con Hallmann. «Come l'elemento ornamentale del discorso sovrasta quello costruttivo, il senso logico ... e si deforma in catacresi, cosi ... l' elemento ornamentale ripreso dallo stile retorico nella forma dell' exemplum, dell'antitesi o della metafora portati sulla scena finisce per mascherare la struttura dell'intero dramma»9
• Evidentemente questi interludi traggono dalle premesse della concezione allegorica il risultato a cui tendeva la parte precedente del dramma. Sia che, secondo il modello del dramma didattico dei gesuiti, venga svolto un exemplum allegorico, spiritualiter pertinente, tratto dalla storia antica - Hallmann: il Reyen di Didone in Adonis und Rosibella, il Reyen di Callisto nella Catharina - 10 sia che i cori, come preferisce Lohenstein, sviluppino una psicologia edificante delle passioni, sia invece, come in Gryphius, che prevalga in essi la riflessione religiosa: in tutti questi tipi l'evento drammatico non è concepito come qualcosa di unico, ma piuttosto come una catastrofe naturalmente necessaria, inscritta nel corso del mondo. Anche l'applicazione puntuale dell'allegoria non è però un acme del processo drammatico bensf un ampio interludio esegetico. Gli atti non scaturiscono l'uno dall'altro, ma si dispongono piuttosto «a terrazza» l'uno sull'altro. Il complesso drammatico è scandito in vasti piani dominabili con lo sguardo, dove il gradino dell'interludio diventa la base di una statuaria aggettante. «Alla citazione dell' exemplum nel discorso si affianca in parallelo la sua rappresentazione scenica come tableau vivant (Adone); tali exempla si affollano sulla scena l'uno accanto all'altro fino al numero di tre, di quattro e di sette (Adone). La stessa trasposizione scenica avviene anche per l'apostrofe retorica "guarda come ... " nelle apparizioni di spiriti»11
• Nella «rappresentazione silenziosa» la volontà di allegoria riporta nello spazio con tutto il suo vigore la parola che si perde per renderla accessibile a un'intuizione priva di fantasia. La compensazione per cosi dire atmosferica tra lo spazio visionario del personaggio drammatico e quello profano dello spettatore - un'audacia teatrale che perfino Shakespeare preferisce evitare -fa risaltare la tendenza di questi maestri minori, e tanto piu quanto piu il risultato è modesto. La descrizione visionaria del quadro vivente è un trionfo della drasticità barocca e della sua passione
'KOUTZ, ]ohann Christian Hallmanns Dramen cit., p. 182. 10 Ibid., pp. 102 e r68. 11 lbid., p. 168.
166 Il dramma barocco tedesco
scene. Ciò raggiunge il suo culmine negli interludi, con le loro qualità personificate, le Virtu ed i Vizi in carne ed ossa~ se~z~ ~fatto limitarsi ad essi. Poiché è chiaro che tutta una sene di tipi, come il Re, il Cortigiano, il Matto, hanno un significato allegor~co: Tornano qui a farsi valere le intuizioni di Novalis: «Le situaziOni sceniche vere e proprie, solo queste dovrebbero far parte del.teatro. I personaggi allegorici, i piu non vedo~o altro ~he 9ue~t1 ~ttorno a sè. I fanciulli sono speranze, le fanciulle desiden e nchieste »'. Con grande perspicacia, que~te parole rimandano ai ver~ rapporti tra messinscena e allegor~a. E vero pe:altro che l~ ~ue fi~: erano nel Barocco diverse e - m senso cnstlano e cortigiano - pm definite di come Novalis le dipinge. Le figure denunciano la loro portata allegorica nel rapporto labile e oscillante .fra la tram~ e il loro specifico significato morale. Nel Leo A"'!entus non v~ruamo a sapere se Balbo colpisce un colpevole o un mnoce~te. C~ basta sapere che è il Re. Né si potrebbe comprendere altrimenti c.ome personaggi di rilievo quasi n~o ?ossano entr~e.nel takle~u ~want dell'apoteosi allegorica. La Vrrtu tesse le lodi di MaSSirussa, che: è un misero omiciattolo. Il dramma barocco tedesco non ha mai saputo distribuire i tratti del personaggio allegorico nelle mille pieghe segrete di una veste alleg.orica, com~ ha fatto Calder~m. Né ha saputo accogliere la grande Interpretazione shakc:speari~na della figura allegorica in nuovi ruoli inediti. «Certe hgure di Shakespeare hanno il tratto fisiognomico dell'allegoria morale, del mo~ ral-play, ma soltanto l'occhio piu e.sercit~to potre~be. riconoscer: lo; riguardo a questo tratto allegonco essi vanno m grro, per cosi dire mascherati. Personaggi di questo genere sono Rosenkranz e Gulldenstern»7 • L'inapparenza dell'allegorico rimase preclusa al dramma barocco tedesco per la sua ossessiva serietà. L'arruolamento nel dramma profano conferisce all'allegorico la comicità, ma ove questa indossi i panni della serietà, si tratta allora senza accorgersene di una serietà mortale.
L'importanza crescente dell'interludio, che già ~el periodo intermedio di Gryphius prende il posto del coro prima della catastrofe drammatica8, coincide con la crescente invadenza della sua
'NOVAUS, Schriften cit., vol. III, p. 71. 'LOHENSTEIN, Afrikanische Trauerspiele cit . .' p. 331 (Sopfonis!'e,.IV, 585 sgg.). 'JUUUS LEOPOLD KLEIN, Geschichte des englischen Drama s, Le1pz1g 1876, v:oL II! p. 57· • Cfr. HANS sTEINBERG, Die Reyen in den Trauerspielen des Andreas Gryph1us, disserta-
zione, Gottingen 1914, p. 107.
Allegoria e dramma barocco (rr) 167
pompa allegorica. Essa raggiunge il suo culmine con Hallmann. «Come l'elemento ornamentale del discorso sovrasta quello costruttivo, il senso logico ... e si deforma in catacresi, cosi ... l' elemento ornamentale ripreso dallo stile retorico nella forma dell' exemplum, dell'antitesi o della metafora portati sulla scena finisce per mascherare la struttura dell'intero dramma»9
• Evidentemente questi interludi traggono dalle premesse della concezione allegorica il risultato a cui tendeva la parte precedente del dramma. Sia che, secondo il modello del dramma didattico dei gesuiti, venga svolto un exemplum allegorico, spiritualiter pertinente, tratto dalla storia antica - Hallmann: il Reyen di Didone in Adonis und Rosibella, il Reyen di Callisto nella Catharina - 10 sia che i cori, come preferisce Lohenstein, sviluppino una psicologia edificante delle passioni, sia invece, come in Gryphius, che prevalga in essi la riflessione religiosa: in tutti questi tipi l'evento drammatico non è concepito come qualcosa di unico, ma piuttosto come una catastrofe naturalmente necessaria, inscritta nel corso del mondo. Anche l'applicazione puntuale dell'allegoria non è però un acme del processo drammatico bensf un ampio interludio esegetico. Gli atti non scaturiscono l'uno dall'altro, ma si dispongono piuttosto «a terrazza» l'uno sull'altro. Il complesso drammatico è scandito in vasti piani dominabili con lo sguardo, dove il gradino dell'interludio diventa la base di una statuaria aggettante. «Alla citazione dell' exemplum nel discorso si affianca in parallelo la sua rappresentazione scenica come tableau vivant (Adone); tali exempla si affollano sulla scena l'uno accanto all'altro fino al numero di tre, di quattro e di sette (Adone). La stessa trasposizione scenica avviene anche per l'apostrofe retorica "guarda come ... " nelle apparizioni di spiriti»11
• Nella «rappresentazione silenziosa» la volontà di allegoria riporta nello spazio con tutto il suo vigore la parola che si perde per renderla accessibile a un'intuizione priva di fantasia. La compensazione per cosi dire atmosferica tra lo spazio visionario del personaggio drammatico e quello profano dello spettatore - un'audacia teatrale che perfino Shakespeare preferisce evitare -fa risaltare la tendenza di questi maestri minori, e tanto piu quanto piu il risultato è modesto. La descrizione visionaria del quadro vivente è un trionfo della drasticità barocca e della sua passione
'KOUTZ, ]ohann Christian Hallmanns Dramen cit., p. 182. 10 Ibid., pp. 102 e r68. 11 lbid., p. 168.
168 Il dramma barocco tedesco
per le antitesi: «L'azione e i Reyen sono due mondi separati, es~i si distinguono come sogno e realtà»12
• ~C?sf la tec~ca dra:nmatlca di Andreas Gryphius è tale, che nell aztone e nel Reyen il mondo reale delle cose e degli eventi è nettam~nte :eparat? ~al.mondo ideale dei significati e delle cause»n. Se e ~ec~to. s~rvtrsl di questi due enunciati come di due premesse, non e dtfftcile conc~uder~ che il mondo che si rende percepibile nei Reyen è quello det sogru e dei significati. L'esperienza dell'~nità dei due mondi è la prerogativa del melanconico. ~a davan~1 allo sgu~do d~ suo sp~tta:ore ideale anche la separazwne radicale fra aztone e mterludio vtene mend. Qua e là il legame affiora nel co: so. stes~o dell'evento drammatico. Come quando, nel Reyen, Agrtppma s1 trova salvata dalle sirene. Mai però in modo piu be~o ed efficace che .nelle vesti di un dormiente rappresentato. nell mtermez~o dopo il. IV atto del Papinian, dall'imperatore Basstan?.. Durante il ~onno,. il Reyen interviene a svolgere la sua parte. «L rmpe:atore s1 s:v-eB!i~ ~se ne va tristemente» 14 • «Come poi il poeta, per il quale gli ~pmtt erano realtà, abbia pensato il legame tra queste e le ~egorte, r.esta un.a domanda oziosa»15 osserva ingiustamente Stemberg. Gli spettri, come le allegorie piu profonde, sono apparizioni dal regno ?el lutto: colui che è in lutto, e medita sui segni e sul fut~o, ha il ~ot~re di attrarli. Meno chiaro è il caso in cui ad apparue son? gli spiriti di personaggi viventi. Nel primo Reyen del dramma di L.oh~nstein «l'anima di Sofonisba» viene incontro alle sue passtOnl
16,
mentre nel canovaccio di Hallmann per la Liberata17 e nell' Ado~is und Rosibel!tP si tratta solo di un travestimento. Quando Gryphius evoca uno spirito con le fattezz~,di OliJ:?pi~1~, abbiamo una nuova variante del motivo. Tutto c10 non stgniftca naturalmente un puro «non senso», seco~do l'oss~rvaz~one di ~erckhoffi~, ma fornisce piuttosto una curtosa testtmoruanza ~ quel f~n~ttsmo che moltiplica sul piano allegorico anche la cosa smgola, il smgolo per-
" STEINBERG Die Reyen in den Trauerspielen des Andreas Gryphiu_s cit., P· 76. "HUBSCHER: Barock als Gestaltung antithetischen Lebens~efuhls ~1t.,. P· ~57: " GRYPHWS, Trauerspiele eit., p. 599 (Amilius Paulus Paptmanus, mdicaztom per la mes-
sinscena). d G h' · 6 "S'.l'EINBERG, Die Reyen in den Trauerspie(en ~sAn reas ryp tus ctt.! P· 7 · 16 Cfr. LOHENSTEIN,Afrikanische Trauersptelectt., pp. ~75 sgg. (Sophomsbe, I, 513 sgg.). 17 Cfr. KOLITZ, Johann Christian Hallmanns Dramen ctt., p. I33·
18 Ibid., p. III. . d c ,. de IV ) 1' Cfr. GRYPHIUS, Trauerspiele cit., pp. 310 sgg. (Ca~t~ un emz. , .' I sgg. · 20 AUGUST KERCKHOFFS, Daniel Casper von Lohenstem s Traueo/zele mtt besonderer
Berncksichtigung der Cleopatra. Ein Beitrag zur Geschichte des Dramas zm XVII. Jahrhundert, Paderborn 1877, p. 52.
Allegoria e dramma barocco (n) 169
sonaggio. Un' allegorizzazione ancora piu bizzarra si trova forse in un'indicazione contenuta nella Sophia di Hallmann: se è vero che non sono due morti ma due apparizioni della morte quelle figure che «come due morti muniti di frecce ... eseguono un triste balletto inframmezzato a gesti crudeli all'indirizzo di Sofia»21
• Scene come questa sono affini a certe rappresentazioni emblematiche. Gli Emblemata selectiora hanno ad esempio una tavola22 in cui si vede una rosa al tempo stesso mezzo fiorita e mezzo appassita, mentre, nello stesso paesaggio, il sole sorge e tramonta insieme. «L'essenza del Barocco è la simultaneità delle sue azioni»23
, scrive Hausenstein, un po' brutalmente ma non senza una certa intuizione della verità. Infatti, per rendere presente il tempo nello spazio - e che cos'è la sua secolarizzazione se non la sua metamorfosi nel presente? - la simultaneizzazione dell'accadere è il procedimento piu radicale. La duplicità di significato e realtà sirispecchia nell' àllestimento della scena. n sipario intermedio permetteva di alternare scene ambientate sul proscenio con altre che si estendevano all'intero palco. E la «pompa, che non si esitava ad ostentare ... poteva essere dispiegata solo sulla parte posteriore del palcoscenico»24
• Ora, poiché la situazione non poteva risolversi senza l'apoteosi conclusiva, i dettagli dell'intreccio potevano rifugiarsi nello spazio angusto del proscenio, ma la soluzione avveniva nella pienezza allegorica. La ~tessa suddivisione attraversa la struttura tettonica dell'insieme. E stato accennato che l'armatura classicistica di questi drammi è in contrasto col loro stile espressivo. Hausenstein si imbatte in un fatto analogo, e afferma che la matematica determina la forma esterna dell'edificio nel castello e nella casa, fino a un certo grado anche nella chiesa, mentre lo stile dell'interno lascia il campo libero all'immaginazione25
• D'altra parte, se c'è qualcosa in questi drammi che provoca sorpresa erapimento, e che va sottolineato contro la trasparenza della trama classicistica, a ciò non è estraneo l'esotismo che governa la scelta dei temi. Il dramma barocco stimola piu della tragedia la libera invenzione della trama poetica. Se qui abbiamo fatto riferimento al
21 HALLMANN, Trauer- Freuden- und Schiiferspiele eit., Die himmlische Liebe oder die bestiindige Miirterin Sophia [L'amore celeste ovvero l'eroica martire Sofia], p. 69 (indicazioni per la messinscena). [ ... zwey Todte mit Pfeilen ... ein hochst trauriges Ballet nebst untergemischten grausamen Geberden gegen die Sophie tantzen].
"Cfr. Emblemata selectiora, Amstelaedarni 1704, tav. 15. "HAUSENSTEIN, Vom Geist des Barock eit., p. 9· ,. FLEMMING, Andreas Gryphius und die Buhne cit., p. IJI. "Cfr. HAUSENSTEIN, Vom Geist des Barock cit., p. 71.
168 Il dramma barocco tedesco
per le antitesi: «L'azione e i Reyen sono due mondi separati, es~i si distinguono come sogno e realtà»12
• ~C?sf la tec~ca dra:nmatlca di Andreas Gryphius è tale, che nell aztone e nel Reyen il mondo reale delle cose e degli eventi è nettam~nte :eparat? ~al.mondo ideale dei significati e delle cause»n. Se e ~ec~to. s~rvtrsl di questi due enunciati come di due premesse, non e dtfftcile conc~uder~ che il mondo che si rende percepibile nei Reyen è quello det sogru e dei significati. L'esperienza dell'~nità dei due mondi è la prerogativa del melanconico. ~a davan~1 allo sgu~do d~ suo sp~tta:ore ideale anche la separazwne radicale fra aztone e mterludio vtene mend. Qua e là il legame affiora nel co: so. stes~o dell'evento drammatico. Come quando, nel Reyen, Agrtppma s1 trova salvata dalle sirene. Mai però in modo piu be~o ed efficace che .nelle vesti di un dormiente rappresentato. nell mtermez~o dopo il. IV atto del Papinian, dall'imperatore Basstan?.. Durante il ~onno,. il Reyen interviene a svolgere la sua parte. «L rmpe:atore s1 s:v-eB!i~ ~se ne va tristemente» 14 • «Come poi il poeta, per il quale gli ~pmtt erano realtà, abbia pensato il legame tra queste e le ~egorte, r.esta un.a domanda oziosa»15 osserva ingiustamente Stemberg. Gli spettri, come le allegorie piu profonde, sono apparizioni dal regno ?el lutto: colui che è in lutto, e medita sui segni e sul fut~o, ha il ~ot~re di attrarli. Meno chiaro è il caso in cui ad apparue son? gli spiriti di personaggi viventi. Nel primo Reyen del dramma di L.oh~nstein «l'anima di Sofonisba» viene incontro alle sue passtOnl
16,
mentre nel canovaccio di Hallmann per la Liberata17 e nell' Ado~is und Rosibel!tP si tratta solo di un travestimento. Quando Gryphius evoca uno spirito con le fattezz~,di OliJ:?pi~1~, abbiamo una nuova variante del motivo. Tutto c10 non stgniftca naturalmente un puro «non senso», seco~do l'oss~rvaz~one di ~erckhoffi~, ma fornisce piuttosto una curtosa testtmoruanza ~ quel f~n~ttsmo che moltiplica sul piano allegorico anche la cosa smgola, il smgolo per-
" STEINBERG Die Reyen in den Trauerspielen des Andreas Gryphiu_s cit., P· 76. "HUBSCHER: Barock als Gestaltung antithetischen Lebens~efuhls ~1t.,. P· ~57: " GRYPHWS, Trauerspiele eit., p. 599 (Amilius Paulus Paptmanus, mdicaztom per la mes-
sinscena). d G h' · 6 "S'.l'EINBERG, Die Reyen in den Trauerspie(en ~sAn reas ryp tus ctt.! P· 7 · 16 Cfr. LOHENSTEIN,Afrikanische Trauersptelectt., pp. ~75 sgg. (Sophomsbe, I, 513 sgg.). 17 Cfr. KOLITZ, Johann Christian Hallmanns Dramen ctt., p. I33·
18 Ibid., p. III. . d c ,. de IV ) 1' Cfr. GRYPHIUS, Trauerspiele cit., pp. 310 sgg. (Ca~t~ un emz. , .' I sgg. · 20 AUGUST KERCKHOFFS, Daniel Casper von Lohenstem s Traueo/zele mtt besonderer
Berncksichtigung der Cleopatra. Ein Beitrag zur Geschichte des Dramas zm XVII. Jahrhundert, Paderborn 1877, p. 52.
Allegoria e dramma barocco (n) 169
sonaggio. Un' allegorizzazione ancora piu bizzarra si trova forse in un'indicazione contenuta nella Sophia di Hallmann: se è vero che non sono due morti ma due apparizioni della morte quelle figure che «come due morti muniti di frecce ... eseguono un triste balletto inframmezzato a gesti crudeli all'indirizzo di Sofia»21
• Scene come questa sono affini a certe rappresentazioni emblematiche. Gli Emblemata selectiora hanno ad esempio una tavola22 in cui si vede una rosa al tempo stesso mezzo fiorita e mezzo appassita, mentre, nello stesso paesaggio, il sole sorge e tramonta insieme. «L'essenza del Barocco è la simultaneità delle sue azioni»23
, scrive Hausenstein, un po' brutalmente ma non senza una certa intuizione della verità. Infatti, per rendere presente il tempo nello spazio - e che cos'è la sua secolarizzazione se non la sua metamorfosi nel presente? - la simultaneizzazione dell'accadere è il procedimento piu radicale. La duplicità di significato e realtà sirispecchia nell' àllestimento della scena. n sipario intermedio permetteva di alternare scene ambientate sul proscenio con altre che si estendevano all'intero palco. E la «pompa, che non si esitava ad ostentare ... poteva essere dispiegata solo sulla parte posteriore del palcoscenico»24
• Ora, poiché la situazione non poteva risolversi senza l'apoteosi conclusiva, i dettagli dell'intreccio potevano rifugiarsi nello spazio angusto del proscenio, ma la soluzione avveniva nella pienezza allegorica. La ~tessa suddivisione attraversa la struttura tettonica dell'insieme. E stato accennato che l'armatura classicistica di questi drammi è in contrasto col loro stile espressivo. Hausenstein si imbatte in un fatto analogo, e afferma che la matematica determina la forma esterna dell'edificio nel castello e nella casa, fino a un certo grado anche nella chiesa, mentre lo stile dell'interno lascia il campo libero all'immaginazione25
• D'altra parte, se c'è qualcosa in questi drammi che provoca sorpresa erapimento, e che va sottolineato contro la trasparenza della trama classicistica, a ciò non è estraneo l'esotismo che governa la scelta dei temi. Il dramma barocco stimola piu della tragedia la libera invenzione della trama poetica. Se qui abbiamo fatto riferimento al
21 HALLMANN, Trauer- Freuden- und Schiiferspiele eit., Die himmlische Liebe oder die bestiindige Miirterin Sophia [L'amore celeste ovvero l'eroica martire Sofia], p. 69 (indicazioni per la messinscena). [ ... zwey Todte mit Pfeilen ... ein hochst trauriges Ballet nebst untergemischten grausamen Geberden gegen die Sophie tantzen].
"Cfr. Emblemata selectiora, Amstelaedarni 1704, tav. 15. "HAUSENSTEIN, Vom Geist des Barock eit., p. 9· ,. FLEMMING, Andreas Gryphius und die Buhne cit., p. IJI. "Cfr. HAUSENSTEIN, Vom Geist des Barock cit., p. 71.
170 n dramma barocco tedesco
dramma barocco borghese, si potrebbe andare oltre in questo senso e ricordare il primo titolo di Sturm und Drang di Klinger. Lo scrittore aveva chiamato questo dramma Der Wirrwarr [La confusione]. Già il dramma barocco, con i suoi equivoci e i suoi intrighi, andava in questa direzione. Qui si può toccar; con mano come ciò abbia a che fare precisamente con l'allegona. In una complicata configurazione, il senso dell'azione drammatica viene fuori come fossero le lettere di un monogramma. Birken chiama « balletto» un certo tipo di Singspiel, «con ciò alludendo al fatto che la disposizione delle figure sulla scena e la pompa del décor esteriore rappresenta in esso la cosa piu essenziale. Un tale balletto non è altro che un quadro allegorico eseguito con figure viventi e nell'alternarsi delle scene. Quel che si dice non vuoi essere affatto· un dialogo; è solo una spiegazione dei vari quadri, proveniente dai quadri stessi»26
•
Queste osservazioni, se rinunciamo ai casi estremi, valgono anche per il dramma barocco. Che si tratti, in essi, della messa in scena di una tipologia allegorica, risulta chiaro anche solo dalla ~onsuetudine del doppio titolo. E varrebbe la pena di ~omand~s1 p~ quale ragione sia solo Lohenstein a non saperne mente. Dt questi titoli il primo si riferisce all'argomento, l'altro all'alle.goria. Riprendendo l'uso linguistic? mediev~e, la forma allego~tca ~ppare trionfante. «Come Catertna ha pnma mostrato la v1ttona dell' amor sacro sulla morte, cosi questi mostrano il trionfo o l' apoteosi della morte sull'amore terreno»27
, si legge nell'indice di Cardenio und Celinde. «Lo scopo primario di questo dramma pastorale - osserva Hallmann a proposito di Adonis und Rosibella - è l'amore sensato e trionfante sulla morte»28
• «La virtU che trionfa» è il sopratitolo del Soliman di Haugwitz. La moda recente di questa forma espressiva yeniva dall'Italia, dove i «trionfi» ?omina: vano le processioni. E probabile che la ~otevole. tr~duztone de1 Trion/f9, apparsa a Kothen nel 1643, abbta contrtbruto al successo di questo schema. L'Italia, terra d'origine dell'emblematica,
26 TITTMANN, Die Niìmberger Dichterschule cit., p. 184. . . · "GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 269 (~io und C~linde) .. [W1e nun. Cathaxme den
sieg der heiligen liebe uber den tod vorhin gewtesen, so zetgen cliese den trmmph oder das sieges-gepriinge des todes iiber clie irdische li~be].. . . . . .
"HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schii/ersptele ctt., p. 3· [ ... 1st dte Smnretche und iiber den Todt triumphierende Liebe].
"Cfr. FRANCESCO ?ETRARCA, Sechs Triumphi oder Siegesprachten, Cothen x643·
Allegoria e dramma barocco (n)
dettava legge da sempre in queste cose. O, per dirla con le parole di Hallmann: «Gli italiani, come eccellono in tutte le invenzioni cosf hanno dimostrato la loro arte ... nella raffigurazione emble~ matica della infelicità umana>Y0
• Non di rado i discorsi dei dialoghi sono pure didascalie, chiamate ad illustrare la costellazione allegorica in cui si incontrano le varie figure. In breve: la sentenza dichiara il carattere allegorico della .scena, come sua didascalia. In questo senso è appropriato definirle dei« bei motti aggiunti»}!, come le chiama Klai nella prefazione al dramma su Erode. Certe indicazioni relative alloro impiego sono ancora dello Scaligero. «Le sentenze didascaliche e riflessive sono per cosf dire le colonne portanti del dramma barocco; esse però non devono essere pronunciate da servitori e da gente di basso, rango ma dai personaggi piu nobili e piu anziani»32
• Non solo le divise propriamente emblematiche", ma interi discorsi suonano qua e là come si trovassero fin dall'inizio sotto un'incisione allegorica. Cosf i versi d'ingresso dell'eroe nel Papinian:
W er iiber alle steigt und von den stoltzen h oh Der reichen ehre schaut, wie schlecht der povel geh, Wie unter ihm ein reich in lichten flammen krache, Wie dort der wellen schaum sich in die felder mache Und hier der himmel zorn, mit blitz und knall vermischt, In thiirm und tempel fahr, und was die nacht erfrischt, Der heisse tag verbrenn, und seine sieges-zeichen Sieht hier und dar verschriinckt mit vielmahl tausend leichen, Hat wol (ich geb es nach) viel iiber die gemein. Ach! aber ach! wie leicht nimmt ihn der schwindel ein'4•
,. HALLMANN, Leichreden cit., p. 124. [Die Italianer gleich wie sie in allen Erfindungen excelliren: also haben sie nichts weniger in Emblematischer Entschattung (der) Menschlichen Ungliickseligket ... ihre Kunst erwiesen].
"Herodes der Kindermorder, Nach Art eines Trauerspiels ausgebi!det und in Numberg Einer Teutschliebenden Gemeine vorgestellet durr:h ]ohann Kla;, Niirnberg 1645; cit. in TITTMANN, Die Niìmberger Dichterschule cit., p. 156.
"HARSDORFFER, Poetischer Trichtercit., 2, p. 8x. [Die Lehr- und Denkspriiche sind g:eichsam cles Trauerspiels Grundseulen; Solche aber miissen nicht von Dienern und germgen Leuten sondern von den fiirnemsten und iiltsten Personen angefiihret ... werden].
"Cfr. HAllMANN, Leichreden cit., p. 1: . "GRYPHlUS, Trauerspielecit., p. 512 (Amilius Paulus Papinianus, I, x sgg.). [Chi su tut
tl ascende e dalla superba altezza l Dei ricchi onori guarda quanto misera sia la plebe, l Come sotto di lui un regno esploda in vivide fiaxnme, l Come là la schiuma delle onde allaghi i caxnpi l E qui la collera celeste, mischiata a fulmini e tuoni, l Penetri in torri e templi e come il caldo giorno l Bruci ciò che la notte rinfresca, e le proprie vittoriose insegne l Vede qua e là frammiste a migliaia cli cadaveri, l Costui ha (lo concedo) gran vantaggio sul volgo. l Ma, ahimè! Come è facile che lo colgano le vertigini!]
170 n dramma barocco tedesco
dramma barocco borghese, si potrebbe andare oltre in questo senso e ricordare il primo titolo di Sturm und Drang di Klinger. Lo scrittore aveva chiamato questo dramma Der Wirrwarr [La confusione]. Già il dramma barocco, con i suoi equivoci e i suoi intrighi, andava in questa direzione. Qui si può toccar; con mano come ciò abbia a che fare precisamente con l'allegona. In una complicata configurazione, il senso dell'azione drammatica viene fuori come fossero le lettere di un monogramma. Birken chiama « balletto» un certo tipo di Singspiel, «con ciò alludendo al fatto che la disposizione delle figure sulla scena e la pompa del décor esteriore rappresenta in esso la cosa piu essenziale. Un tale balletto non è altro che un quadro allegorico eseguito con figure viventi e nell'alternarsi delle scene. Quel che si dice non vuoi essere affatto· un dialogo; è solo una spiegazione dei vari quadri, proveniente dai quadri stessi»26
•
Queste osservazioni, se rinunciamo ai casi estremi, valgono anche per il dramma barocco. Che si tratti, in essi, della messa in scena di una tipologia allegorica, risulta chiaro anche solo dalla ~onsuetudine del doppio titolo. E varrebbe la pena di ~omand~s1 p~ quale ragione sia solo Lohenstein a non saperne mente. Dt questi titoli il primo si riferisce all'argomento, l'altro all'alle.goria. Riprendendo l'uso linguistic? mediev~e, la forma allego~tca ~ppare trionfante. «Come Catertna ha pnma mostrato la v1ttona dell' amor sacro sulla morte, cosi questi mostrano il trionfo o l' apoteosi della morte sull'amore terreno»27
, si legge nell'indice di Cardenio und Celinde. «Lo scopo primario di questo dramma pastorale - osserva Hallmann a proposito di Adonis und Rosibella - è l'amore sensato e trionfante sulla morte»28
• «La virtU che trionfa» è il sopratitolo del Soliman di Haugwitz. La moda recente di questa forma espressiva yeniva dall'Italia, dove i «trionfi» ?omina: vano le processioni. E probabile che la ~otevole. tr~duztone de1 Trion/f9, apparsa a Kothen nel 1643, abbta contrtbruto al successo di questo schema. L'Italia, terra d'origine dell'emblematica,
26 TITTMANN, Die Niìmberger Dichterschule cit., p. 184. . . · "GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 269 (~io und C~linde) .. [W1e nun. Cathaxme den
sieg der heiligen liebe uber den tod vorhin gewtesen, so zetgen cliese den trmmph oder das sieges-gepriinge des todes iiber clie irdische li~be].. . . . . .
"HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schii/ersptele ctt., p. 3· [ ... 1st dte Smnretche und iiber den Todt triumphierende Liebe].
"Cfr. FRANCESCO ?ETRARCA, Sechs Triumphi oder Siegesprachten, Cothen x643·
Allegoria e dramma barocco (n)
dettava legge da sempre in queste cose. O, per dirla con le parole di Hallmann: «Gli italiani, come eccellono in tutte le invenzioni cosf hanno dimostrato la loro arte ... nella raffigurazione emble~ matica della infelicità umana>Y0
• Non di rado i discorsi dei dialoghi sono pure didascalie, chiamate ad illustrare la costellazione allegorica in cui si incontrano le varie figure. In breve: la sentenza dichiara il carattere allegorico della .scena, come sua didascalia. In questo senso è appropriato definirle dei« bei motti aggiunti»}!, come le chiama Klai nella prefazione al dramma su Erode. Certe indicazioni relative alloro impiego sono ancora dello Scaligero. «Le sentenze didascaliche e riflessive sono per cosf dire le colonne portanti del dramma barocco; esse però non devono essere pronunciate da servitori e da gente di basso, rango ma dai personaggi piu nobili e piu anziani»32
• Non solo le divise propriamente emblematiche", ma interi discorsi suonano qua e là come si trovassero fin dall'inizio sotto un'incisione allegorica. Cosf i versi d'ingresso dell'eroe nel Papinian:
W er iiber alle steigt und von den stoltzen h oh Der reichen ehre schaut, wie schlecht der povel geh, Wie unter ihm ein reich in lichten flammen krache, Wie dort der wellen schaum sich in die felder mache Und hier der himmel zorn, mit blitz und knall vermischt, In thiirm und tempel fahr, und was die nacht erfrischt, Der heisse tag verbrenn, und seine sieges-zeichen Sieht hier und dar verschriinckt mit vielmahl tausend leichen, Hat wol (ich geb es nach) viel iiber die gemein. Ach! aber ach! wie leicht nimmt ihn der schwindel ein'4•
,. HALLMANN, Leichreden cit., p. 124. [Die Italianer gleich wie sie in allen Erfindungen excelliren: also haben sie nichts weniger in Emblematischer Entschattung (der) Menschlichen Ungliickseligket ... ihre Kunst erwiesen].
"Herodes der Kindermorder, Nach Art eines Trauerspiels ausgebi!det und in Numberg Einer Teutschliebenden Gemeine vorgestellet durr:h ]ohann Kla;, Niirnberg 1645; cit. in TITTMANN, Die Niìmberger Dichterschule cit., p. 156.
"HARSDORFFER, Poetischer Trichtercit., 2, p. 8x. [Die Lehr- und Denkspriiche sind g:eichsam cles Trauerspiels Grundseulen; Solche aber miissen nicht von Dienern und germgen Leuten sondern von den fiirnemsten und iiltsten Personen angefiihret ... werden].
"Cfr. HAllMANN, Leichreden cit., p. 1: . "GRYPHlUS, Trauerspielecit., p. 512 (Amilius Paulus Papinianus, I, x sgg.). [Chi su tut
tl ascende e dalla superba altezza l Dei ricchi onori guarda quanto misera sia la plebe, l Come sotto di lui un regno esploda in vivide fiaxnme, l Come là la schiuma delle onde allaghi i caxnpi l E qui la collera celeste, mischiata a fulmini e tuoni, l Penetri in torri e templi e come il caldo giorno l Bruci ciò che la notte rinfresca, e le proprie vittoriose insegne l Vede qua e là frammiste a migliaia cli cadaveri, l Costui ha (lo concedo) gran vantaggio sul volgo. l Ma, ahimè! Come è facile che lo colgano le vertigini!]
172 Il dramma barocco tedesco
Quello che nella pittura barocca è l'effetto di luce, è qui la sentenza: essa brilla con la sua luce cruda nel buio dell'intreccio allegorico. E anche qui c'è un ponte che collega l'~~goria con antiche forme espressive. Se Wilken, nel suo scritto Uber die kritische Behandlung der geistlichen Spie/e [Sopra la considerazione critica dei drammi ecclesiastici] paragona le didascalie di questi drammi a quei cartigli che «negli antichi dipinti venivanç> associati alle immagini dei personaggi, uscendo dalle loro bocche »35
, la stessa cosa si può dire di molti passi dei drammi barocchi. Venticinque anni fa R. M. Meyer poteva ancora scrivere: «Ci disturba vedere, nei dipinti degli antichi maestri, quei cartigli che pendono dalla bocca dei personaggi ... e ci fa quasi rabbrividire l'idea che un tempo tutte le figure prodotte dalle mani di un artista portavano in bocca un cartiglio del genere, una scritta che l'osservatore doveva leggere come una lettera, per poi dimenticarsi del suo messaggero. E tuttavia non possiamo ... perdere di vista una cosa: che questa concezione quasi infantile del singolo particolare poggiava su una grandiosa concezione d'insieme»36
• Ora, questa rivalutazione estemporanea non solo è fatta a malincuore, ma è anche ben lontana da una comprensione effettiva della cosa, come dimostra l' autore stesso spiegando che questa concezione proverrebbe dai «tempi arcaici», quando «tutto era animato». Al contrario- e si tratterà di mostrar lo - rispetto al simbolo l'allegoria occidentale è una forma tarda, basata su contrasti culturali molto pregnanti. La sentenza allegorica può essere paragonata al cartiglio. Ma si potrebbe anche definirla come una cornice, come uno schema obbligato, a cui l'azione, sempre rinnovandosi, si adatta di volta in volta per apparirvi come soggetto emblematico. Ciò che contraddistingue il dramma barocco non è dunque affatto l'immobilità o anche solo la lentezza dell'azione - « au lieu du mouvement on rencontre l'immobilité»37, osserva Wysocki- ma il ritmo intermittente di un costante indugiare, di un repentino rovesciamento e di un rinnovato irrigidirsi.
Quanto piu un verso vuole qualificarsi come sentenza, tanto piu il poeta farà ricorso a nomi di cose, che corrispondano a una descrizione emblematica del concetto. L'oggetto, il cui significa-
"ERNST WILKEN, Oberdie kritische Behandlung der geistlichen Spie/e, Halle 1873, p. ro. •• MEYER, Oberdas Verstiindnis von Kunstwerken cit., p. 367. "WYSOCKI, Andreas Gryphius et la tragédie allemande au xvzr' siècle ci t., p. 61.
Allegoria e dramma barocco (n) l7 3
to è già implicito nel dramma barocco, prima che il dramma del . destino lo porti ufficialmente alla luce, esce dallo stato di latenza già nel xvm secolo nella forma della metafora emblematica. In una storia dello stile di quest'epoca - come quella progettata ma non rea!!zzata da Erich Schmidt'8
- si potrebbe riempire un sontuoso cap1tolo con le testimonianze di questa maniera figurativa. In tutti questi esempi, la metaforica proliferante e il «carattere esclusivamente sensibile» dei personaggi39 tradiscono l'inclinazione all'espressione allegorica, ma non vanno attribuiti invece a una presun~a «sensualità poetica», perché proprio il linguaggio di questi test!, anche quello poetico, evita una continua accentuazione dell'elemento metaforico su cui pure esso poggia. E viceversa, voler vedere in quella maniera «alla moda» di parlare un principio teso a «spogliare ... la lingua di una parte del suo contenuto sensibile, e a renderla piu astratta», un principio «che si manifesta in tutti i tentativi di mettere la lingua al servizio di un uso sociale piu raffinato»40
, è altrettanto sbagliato: l'errore è quello di estendere un principio valido per il linguaggio dei bellimbusti à la mode alla «moda» della grande poesia dell'epoca. Poiché la preziosità di questa forma espressiva, come del Barocco in generale, consiste in gran parte nella predilezione per i termini dal significato concreto. E la mania da un lato di farne costantemente uso, dall'altro di mostrare l'antitesi elegante è cosf spiccata, che se proprio il termine astratto appare inevitabile, gli verrà abbinato quasi sempre un termine concreto, nella fort;na di un neologismo. Per esempio: il «fulmine della calunnia» [Verleumbdungs-Blitz]4
\· il «veleno della superbia» [Hof/ahrst-Gifft]42
, i «cedri dell'innocenza» [Unschulds-Zedern]43 il «sangue dell'amicizia» [Freundschaffts-Blut]44
• Oppure: ' So weil auch Mariamn' als eine Natter beiBt Und mehr die Zwietrachts-Gall' als Friedens-Zucker liebet45
•
Il pendant trionfante di questa concezione si ha in quei passi dove un organismo vivente viene analizzato nei disiecta membra
"Cfr. SCHMIDT, recensione a BOBERTAG cit., p. 414. "KERCKHOFFS, Daniel Casper Lohenstein cit., p. 89. .., FRITZ SCHRAMM, Schlagworte der Alamodezeit, StraBburg 1914, p. 2; cfr. anche
pp. 31 sgg. :~NN, Trauer-, Freuden- und Schii/erspiele ci t. (Mariamne, p. 41 [III, roJ]).
Ibid., p. 42 (III, I 55). . 43 Ibid., p. 44 (III, 207). "'Ibid., p. 45 (III, 226). . "Ibid., p. 5 (I, 126 sg.). [Cosf, poiché anche Marianna morde come una vipera l E pre
ferisce la bile della discordia allo zucchero della pace].
172 Il dramma barocco tedesco
Quello che nella pittura barocca è l'effetto di luce, è qui la sentenza: essa brilla con la sua luce cruda nel buio dell'intreccio allegorico. E anche qui c'è un ponte che collega l'~~goria con antiche forme espressive. Se Wilken, nel suo scritto Uber die kritische Behandlung der geistlichen Spie/e [Sopra la considerazione critica dei drammi ecclesiastici] paragona le didascalie di questi drammi a quei cartigli che «negli antichi dipinti venivanç> associati alle immagini dei personaggi, uscendo dalle loro bocche »35
, la stessa cosa si può dire di molti passi dei drammi barocchi. Venticinque anni fa R. M. Meyer poteva ancora scrivere: «Ci disturba vedere, nei dipinti degli antichi maestri, quei cartigli che pendono dalla bocca dei personaggi ... e ci fa quasi rabbrividire l'idea che un tempo tutte le figure prodotte dalle mani di un artista portavano in bocca un cartiglio del genere, una scritta che l'osservatore doveva leggere come una lettera, per poi dimenticarsi del suo messaggero. E tuttavia non possiamo ... perdere di vista una cosa: che questa concezione quasi infantile del singolo particolare poggiava su una grandiosa concezione d'insieme»36
• Ora, questa rivalutazione estemporanea non solo è fatta a malincuore, ma è anche ben lontana da una comprensione effettiva della cosa, come dimostra l' autore stesso spiegando che questa concezione proverrebbe dai «tempi arcaici», quando «tutto era animato». Al contrario- e si tratterà di mostrar lo - rispetto al simbolo l'allegoria occidentale è una forma tarda, basata su contrasti culturali molto pregnanti. La sentenza allegorica può essere paragonata al cartiglio. Ma si potrebbe anche definirla come una cornice, come uno schema obbligato, a cui l'azione, sempre rinnovandosi, si adatta di volta in volta per apparirvi come soggetto emblematico. Ciò che contraddistingue il dramma barocco non è dunque affatto l'immobilità o anche solo la lentezza dell'azione - « au lieu du mouvement on rencontre l'immobilité»37, osserva Wysocki- ma il ritmo intermittente di un costante indugiare, di un repentino rovesciamento e di un rinnovato irrigidirsi.
Quanto piu un verso vuole qualificarsi come sentenza, tanto piu il poeta farà ricorso a nomi di cose, che corrispondano a una descrizione emblematica del concetto. L'oggetto, il cui significa-
"ERNST WILKEN, Oberdie kritische Behandlung der geistlichen Spie/e, Halle 1873, p. ro. •• MEYER, Oberdas Verstiindnis von Kunstwerken cit., p. 367. "WYSOCKI, Andreas Gryphius et la tragédie allemande au xvzr' siècle ci t., p. 61.
Allegoria e dramma barocco (n) l7 3
to è già implicito nel dramma barocco, prima che il dramma del . destino lo porti ufficialmente alla luce, esce dallo stato di latenza già nel xvm secolo nella forma della metafora emblematica. In una storia dello stile di quest'epoca - come quella progettata ma non rea!!zzata da Erich Schmidt'8
- si potrebbe riempire un sontuoso cap1tolo con le testimonianze di questa maniera figurativa. In tutti questi esempi, la metaforica proliferante e il «carattere esclusivamente sensibile» dei personaggi39 tradiscono l'inclinazione all'espressione allegorica, ma non vanno attribuiti invece a una presun~a «sensualità poetica», perché proprio il linguaggio di questi test!, anche quello poetico, evita una continua accentuazione dell'elemento metaforico su cui pure esso poggia. E viceversa, voler vedere in quella maniera «alla moda» di parlare un principio teso a «spogliare ... la lingua di una parte del suo contenuto sensibile, e a renderla piu astratta», un principio «che si manifesta in tutti i tentativi di mettere la lingua al servizio di un uso sociale piu raffinato»40
, è altrettanto sbagliato: l'errore è quello di estendere un principio valido per il linguaggio dei bellimbusti à la mode alla «moda» della grande poesia dell'epoca. Poiché la preziosità di questa forma espressiva, come del Barocco in generale, consiste in gran parte nella predilezione per i termini dal significato concreto. E la mania da un lato di farne costantemente uso, dall'altro di mostrare l'antitesi elegante è cosf spiccata, che se proprio il termine astratto appare inevitabile, gli verrà abbinato quasi sempre un termine concreto, nella fort;na di un neologismo. Per esempio: il «fulmine della calunnia» [Verleumbdungs-Blitz]4
\· il «veleno della superbia» [Hof/ahrst-Gifft]42
, i «cedri dell'innocenza» [Unschulds-Zedern]43 il «sangue dell'amicizia» [Freundschaffts-Blut]44
• Oppure: ' So weil auch Mariamn' als eine Natter beiBt Und mehr die Zwietrachts-Gall' als Friedens-Zucker liebet45
•
Il pendant trionfante di questa concezione si ha in quei passi dove un organismo vivente viene analizzato nei disiecta membra
"Cfr. SCHMIDT, recensione a BOBERTAG cit., p. 414. "KERCKHOFFS, Daniel Casper Lohenstein cit., p. 89. .., FRITZ SCHRAMM, Schlagworte der Alamodezeit, StraBburg 1914, p. 2; cfr. anche
pp. 31 sgg. :~NN, Trauer-, Freuden- und Schii/erspiele ci t. (Mariamne, p. 41 [III, roJ]).
Ibid., p. 42 (III, I 55). . 43 Ibid., p. 44 (III, 207). "'Ibid., p. 45 (III, 226). . "Ibid., p. 5 (I, 126 sg.). [Cosf, poiché anche Marianna morde come una vipera l E pre
ferisce la bile della discordia allo zucchero della pace].
174 Il dramma barocco tedesco
dell'allegoria, come ad esempio in un quadro della vita di corte che troviamo in Hallmann.
Es hat Theodoric auch auff dem Meer geschlfft W o statt der Wellen Eill; cles Saltzes heimlich Gifft Der Ruder Schwerd und Beil; der Seegel Spinnewebeni Der Ancker falsches Bley cles Nachens GlaB umgeben4
•
«Ogni idea- osserva molto giustamente Cysarz- per quanto astratta viene stampata in un'immagine, e quest'immagine a sua volta, per quanto concreta, viene ritagliata in parole»47 . Nessuno, fra i drammaturghi dell'epoca, soggiace a questa maniera come Hallmann. Essa finisce per guastargli la trama concettuale dei dialoghi. Non appena infatti si accenna una disputa, subito l'uno o l'altro dei dialoganti la trasforma in una similitudine, la quale prolifera con piu o meno varianti. Osservando che «il palazzo della Virtu non può ospitare la Voluttà», Sohemo offende gravemente Erode, ma quest'ultimo, ben lontano dal cogliere l'offesa, sprofonda di già nell'allegoria: «Si vede anche la verbena fiorire accanto alle nobili rose»48
• Cosi, varie volte, i concetti si dissolvono in immagini49. Vari storici della letteratura hanno segnalato gli accostamenti linguistici abnormi a cui soprattutto Hallmann indulge nella sua caccia ai «concetti»50
•
Mund und Gemùthe stehn in einem Meineids-Kasten Dem hitz'ger Eifer nun die Riegello.B gemachr1
•
Seht wie dem Pheroras das traur'ge Sterbe-Kleid Im Gifft-Glas wird gereicht'2•
Imfall die Warheit kan der Greuel-That erhell'n DaB Mariamnens Mund unreine Milch gesogen
46 Ibid., (Theodoricus Veronensis, p. 102 [V, 285 sgg.]). [Anche Teodorico ha navigato sul mare, l Dove invece delle onde, ghiaccio; invece del sole, un veleno segreto; l Invece dei remi, la spada e la scUie; delle vele, ragnatele; l Dell'ancora, perfido piombo, circondano il vetro della navicella].
47 [Citazione non reperibile]. "HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schiiferspiele cit. (Mariamne, p. 65 [IV, 397 sg.]).
[Man siehet Eisen-Kraut bey edlen Rosen bli.ihn]. "Ibid., p. 57 [IV, 132 sgg.]. "Cfr. STACHEL, Seneca und das deutsche Renaissancedrama cit., pp. 336 sgg. "HAll.MANN, Trauer-, Freuden, und Schiiferspiele cit. (Mariamne, p. 42 [III, x6o sg.]).
[Bocca ed animo stanno in uno scrigno di spergiUii l A cui l'ardente zelo ha ora aperto i chiavistelli].
"Ibid., p. 101 rv, 826 sg.). [Guardate, come a Perora la triste veste mortuaria l Viene porta in un bicchiere di veleno].
Allegoria e dramma barocco (n) I75
Aus Tyridat~ns Brust so werde stracks vollzogen Was Gott und Recht befihlt und Rath und Konig schleu.Br3
•
Certe parol'e, in Hallmann ad esempio la parola <<cometa», trovano un'applicazione allegorica grottesca. Per descrivere le sciagure che stanno avvenendo nel palazzo di Gerusalemme, Aniipatro osserva che «le comete si accoppiano nel castello di Salem»54
•
In certi punti questo magina di immagini sembra addirittura sfuggire al controllo, e il discorso poetico sembra perdersi in una fuga senza freni. Un caso esemplare lo troviamo ancora in Hallmann:
Die Frauen-List
W enn meine Schlang' in edlen Rosen lieget Und Ziingelnd saugt den Wei.Bheits-vollen Safft Wird Simson auch von Delilen besieget Und schnell beraubt der ùberird'schen Krafft: Hat}oseph gleich der }uno Fahn getragen Herodes ihn gekù.Bt auff seinem Wagen So schaut doch wie ein Molch55 di.B Karten-Blat zerritzt Weil ihm sein Eh-Schatz selbst durch List die Bahre schnitzr6
•
Nella Maria Stuarda di Haugwitz, una cameriera - che sta par-lando di Dio - osserva alla regina:
Er treibt die See von unsern Hertzen DaB derer W ellen stoltzer Gu.B Uns offt erziehlet heisse Schmertzen Doch ist es nur der Wunder-Flu.B Durch dessen unbegreifflichs regen Sich unsers UngliiCks Kranckheit legen57
•
Tutto ciò è non meno oscuro e non meno allusivo dei «salmi» di un Quirinus Kuhlmann. La critica razionalistica, che rifiuta que-
"Ibid., p. 76 (V, 78). [Nel caso che possa venire in luce la verità del misfatto l Che la bocca~ Marianna ha succhiato impuro latte l Dal petto di Tiridate, si compia tosto l Quatito Iddio e la legge comandano, e il coilsiglio ed il re decidono].
1<1 Ibid., Mariamne, p. 62 (IV, 296); cfr. ancheMariamne, p. 12 (!, 351); pp. 38 sg. (III, 3.2 e 59); p. 76 rv, 83) e p. 91 rv, 516); Sophia, p. 9 (!, z6o); cfr. HALLMANN, Leichreden Clt., p. 497.
"[Probabilmente per Dolch («pugnale»)]. ,. Mariamne, p. r6 (I, 449 sgg.). [L'astuzia delle donne:Quatido la mia serpe sta tra le
nobili rose, l E guizzat~do sugge il succo pieno di saggezza, l Anche Sat1sone è vinto da Dalila, l E presto orbato della forza sovrumatia: l Se Giuseppe ha portato la bat~diera di Giunone l Ed Erode l'ha baciato sul suo cocchio, l Guardate, come un pugnale incide questa carta l Perché la sua dolce metà gli intaglia con astuzia la bara].
,., HAUGWITZ, Prodromus Poeticus cit. (Maria Stuar®, p. 35 [Il, 125 sgg.]). [Egli agita il mare _dei nostri cuori, l Cosicché il superbo fiotto di quelle onde l Spesso ci procUia aspri dolor1, l Ma è soltanto il fiume prodigioso, l Per il cui incomprensibile moto, l Si placano i mali della nostra sventUia]. .
174 Il dramma barocco tedesco
dell'allegoria, come ad esempio in un quadro della vita di corte che troviamo in Hallmann.
Es hat Theodoric auch auff dem Meer geschlfft W o statt der Wellen Eill; cles Saltzes heimlich Gifft Der Ruder Schwerd und Beil; der Seegel Spinnewebeni Der Ancker falsches Bley cles Nachens GlaB umgeben4
•
«Ogni idea- osserva molto giustamente Cysarz- per quanto astratta viene stampata in un'immagine, e quest'immagine a sua volta, per quanto concreta, viene ritagliata in parole»47 . Nessuno, fra i drammaturghi dell'epoca, soggiace a questa maniera come Hallmann. Essa finisce per guastargli la trama concettuale dei dialoghi. Non appena infatti si accenna una disputa, subito l'uno o l'altro dei dialoganti la trasforma in una similitudine, la quale prolifera con piu o meno varianti. Osservando che «il palazzo della Virtu non può ospitare la Voluttà», Sohemo offende gravemente Erode, ma quest'ultimo, ben lontano dal cogliere l'offesa, sprofonda di già nell'allegoria: «Si vede anche la verbena fiorire accanto alle nobili rose»48
• Cosi, varie volte, i concetti si dissolvono in immagini49. Vari storici della letteratura hanno segnalato gli accostamenti linguistici abnormi a cui soprattutto Hallmann indulge nella sua caccia ai «concetti»50
•
Mund und Gemùthe stehn in einem Meineids-Kasten Dem hitz'ger Eifer nun die Riegello.B gemachr1
•
Seht wie dem Pheroras das traur'ge Sterbe-Kleid Im Gifft-Glas wird gereicht'2•
Imfall die Warheit kan der Greuel-That erhell'n DaB Mariamnens Mund unreine Milch gesogen
46 Ibid., (Theodoricus Veronensis, p. 102 [V, 285 sgg.]). [Anche Teodorico ha navigato sul mare, l Dove invece delle onde, ghiaccio; invece del sole, un veleno segreto; l Invece dei remi, la spada e la scUie; delle vele, ragnatele; l Dell'ancora, perfido piombo, circondano il vetro della navicella].
47 [Citazione non reperibile]. "HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schiiferspiele cit. (Mariamne, p. 65 [IV, 397 sg.]).
[Man siehet Eisen-Kraut bey edlen Rosen bli.ihn]. "Ibid., p. 57 [IV, 132 sgg.]. "Cfr. STACHEL, Seneca und das deutsche Renaissancedrama cit., pp. 336 sgg. "HAll.MANN, Trauer-, Freuden, und Schiiferspiele cit. (Mariamne, p. 42 [III, x6o sg.]).
[Bocca ed animo stanno in uno scrigno di spergiUii l A cui l'ardente zelo ha ora aperto i chiavistelli].
"Ibid., p. 101 rv, 826 sg.). [Guardate, come a Perora la triste veste mortuaria l Viene porta in un bicchiere di veleno].
Allegoria e dramma barocco (n) I75
Aus Tyridat~ns Brust so werde stracks vollzogen Was Gott und Recht befihlt und Rath und Konig schleu.Br3
•
Certe parol'e, in Hallmann ad esempio la parola <<cometa», trovano un'applicazione allegorica grottesca. Per descrivere le sciagure che stanno avvenendo nel palazzo di Gerusalemme, Aniipatro osserva che «le comete si accoppiano nel castello di Salem»54
•
In certi punti questo magina di immagini sembra addirittura sfuggire al controllo, e il discorso poetico sembra perdersi in una fuga senza freni. Un caso esemplare lo troviamo ancora in Hallmann:
Die Frauen-List
W enn meine Schlang' in edlen Rosen lieget Und Ziingelnd saugt den Wei.Bheits-vollen Safft Wird Simson auch von Delilen besieget Und schnell beraubt der ùberird'schen Krafft: Hat}oseph gleich der }uno Fahn getragen Herodes ihn gekù.Bt auff seinem Wagen So schaut doch wie ein Molch55 di.B Karten-Blat zerritzt Weil ihm sein Eh-Schatz selbst durch List die Bahre schnitzr6
•
Nella Maria Stuarda di Haugwitz, una cameriera - che sta par-lando di Dio - osserva alla regina:
Er treibt die See von unsern Hertzen DaB derer W ellen stoltzer Gu.B Uns offt erziehlet heisse Schmertzen Doch ist es nur der Wunder-Flu.B Durch dessen unbegreifflichs regen Sich unsers UngliiCks Kranckheit legen57
•
Tutto ciò è non meno oscuro e non meno allusivo dei «salmi» di un Quirinus Kuhlmann. La critica razionalistica, che rifiuta que-
"Ibid., p. 76 (V, 78). [Nel caso che possa venire in luce la verità del misfatto l Che la bocca~ Marianna ha succhiato impuro latte l Dal petto di Tiridate, si compia tosto l Quatito Iddio e la legge comandano, e il coilsiglio ed il re decidono].
1<1 Ibid., Mariamne, p. 62 (IV, 296); cfr. ancheMariamne, p. 12 (!, 351); pp. 38 sg. (III, 3.2 e 59); p. 76 rv, 83) e p. 91 rv, 516); Sophia, p. 9 (!, z6o); cfr. HALLMANN, Leichreden Clt., p. 497.
"[Probabilmente per Dolch («pugnale»)]. ,. Mariamne, p. r6 (I, 449 sgg.). [L'astuzia delle donne:Quatido la mia serpe sta tra le
nobili rose, l E guizzat~do sugge il succo pieno di saggezza, l Anche Sat1sone è vinto da Dalila, l E presto orbato della forza sovrumatia: l Se Giuseppe ha portato la bat~diera di Giunone l Ed Erode l'ha baciato sul suo cocchio, l Guardate, come un pugnale incide questa carta l Perché la sua dolce metà gli intaglia con astuzia la bara].
,., HAUGWITZ, Prodromus Poeticus cit. (Maria Stuar®, p. 35 [Il, 125 sgg.]). [Egli agita il mare _dei nostri cuori, l Cosicché il superbo fiotto di quelle onde l Spesso ci procUia aspri dolor1, l Ma è soltanto il fiume prodigioso, l Per il cui incomprensibile moto, l Si placano i mali della nostra sventUia]. .
I 76 Il dramma barocco tedesco
sto tipo di composizio~, pole~z.za contr~ la lo~o allegoresi linguistica. «Quale oscuntà geroglifica ed erugmatlca ~esa su tut~a l'espressione»'8, si dice di un passo della Cleopatra. di Lohenstem nella Critische Abhandlung von der Natur, den Abstchten und dem Gebrauche der Gleichnisse di Breitinger.
Er hiillet elle Begriff' in Gleichni.B und Figur als einen Kerker ein59
osserva nello stesso senso Bodmer a proposito di Hofmannswaldau.
In effetti questa poesia era inca~ace di li?erar.e _nel suono ~iv? della lingua il senso profondo confmato nel suoi tdeogrammt significativi. Il suo linguaggio è pieno di sfarzo materiale. Mai è stata composta una poesia meno alata. Né si può dire che la reinterpretazione della tragedia classica sia piu ostica della nuova forma dell'inno che intendeva eguagliare il volo- per quanto oscuro e barocco ~ di Pindaro. Al dramma barocco tedesco non è dato -per dirla con Baader - di dar voce ai suoi geroglifici. Perché la sua scrittura non si trasfigura in suono: il suo mondo rimane concentrato su se stesso, tutto teso a sviluppare la propria cupa vitalità. Scrittura e suono si contrappongono in una polarità piena di tensione. Il loro rapporto fonda una dialettica, alla luce della quale la «ridondanza» si legittima come gesto linguistico calcolato e ~ostrlittivo. A dire il vero, questa visione della cosa- nella sua ricchezza e felicità - appare del tutto ovvia a chi risalga direttamente alle fonti. Solo piu tardi, quando la vertigine di fronte alla profondità dell'abisso travolse le forze ~el pensie~o. i~dagat?-te, l'ampollosità poté diventare lo spauracchio della stilisttca eptgonale. La frattura tra ideografia significante ed ebbrezza del suono come una fenditura che attraversi il solido massiccio del sigrrlficato, costringe lo sguardo ad immerg~rsi nella profondi t~ del linguaggio. E sebbene il Barocco non abbta conoscmto una nflessione filosofica su questo tema, gli scritti di Bohme forniscono cenni rilevanti in proposito. Jakob Bohme, uno dei piu grandi allego-
"BREITINGER Critische Abhandlimgvon der Naturcit., p. 224; cfr. p. 462; cfr. inoltre JOHANN JACOB BO~MER, Critische Betrachtungen uber die .Poetischen. Gemit~lde D_er D_!c?ter [Osservazioni critiche di}. J.Bodmer a proposito delle pttture poetiche det poett], Zurtch· Leipzig 1741, pp. 107 e 425 sgg. . . .. . . .
"JOHANN JACOB BODMER, Gedichte m gere:mten Versen, Zurtch 1754, p. 32. [Chmde t concetti in simi!itudini e figure l come in un carcere].
Allegoria e dramma barocco (n) I 77
risti, quando viene a parlare del linguaggio tiene in alta considerazione il valore del suono rispetto alla muta profondità. È lui a sviluppare la dottrina della lingua «sensuale» o «naturale». E tale lingua - ciò è decisivo - non è il farsi suono del mondo allegorico, che resta al contrario relegato nel silenzio. «Barocco linguistico» e «Barocco figurativo»- per usare le formule coniate da Cysarz - sono fondati polarmente l'uno nell'altro. La tensione tra parola e scrittura è nel Barocco smisurata. La parola è, per cosf dire, l'estasi della creatura, è denudamento, dismisura, impotenza davanti a Dio; mentre la scrittura è il suo raccogliersi, è dignità superiorità, onnipotenza sulle cose del mondo. Cosi almeno nd dramma barocco, mentre· la visione piu cordiale di Bohme offre una visione piu positiva del linguaggio fonetico. «La Parola eterna ossia il suono o la voce di Dio, che è uno spirito, si è introdotta nelle forme ovvero in una parola espressa o in un suono con la generazione del grande Mysterium; e quale è in se stesso il gioco gioioso dello spirito nella generazione eterna, tale è lo strumento, ossia la forma espressa in se stessa, che il suono vivente guida, e percuote con la sua eterna volontà spirituale, cosf da farla risuonare ed echeggiare, come un organo a molte voci è mosso da un'unica aria, in modo che ogni voce, anzi ogni canna emette la propria nota»60
• «Tutto ciò che si dice, si scrive o si insegna di Dio, senza la conoscenza della segnatura è muto e privo di senso, perché viene dalla vanità della storia, da un'altra bocca, dove lo spirito senza conoscenza è muto: ma se lo spirito dischiude la segnatura, allora esso comprende l'altra bocca, e comprende inoltre come lo spirito ... si sia rivelato nel suono con la voce ... E cosi dalla forma esterna di tutte le creature, dai loro impulsi e desideri, dal suono che emettono, dalla loro voce o lingua, si conosce lo spirito nascosto ... Ogni cosa ha la sua bocca per manifestarsi. E questa è la lingua naturale, da cui ogni cosa parla secondo la sua proprietà, e sempre si manifesta»61
• Il linguaggio fonetico è dunque l'ambito
60 JACOB BOHME, De signatura rerum, Amsterdam 1682, p. 208. (Das ewige Wort oder Gottliche Hall oder Stimme welche ein Geist ist das hat sich in Formungen als in ein auBgesprochen Wort oder Hall rnit der Gebiìhrung cles grossen Mysterii eingefiihret und wie das Freuden-spiel im Geiste der ewigen Gebahrung in sich selber ist also ist auch der W erckzeug als die auBgesprochene Form in sich selber welches der lebendige Hall fi.ihret und rnit seinem eigenen ewigen Willen-geist schlliget da.B.es lautet und hallet gleich wie eine Orgel von vielen Stimmèn rnit einer einigen Lufft getrieben wird da.B eine jede Stimme ja eine jede Pfeiffe ihren Thon gibt].
"Ibid., pp. 5, 8 sgg. [Alles was von Gott geredet geschrieben oder gelehret wird ohne die Erkiintniill der Signatur, das ist stumm und ohne Verstand darm es kommt nur aus
I 76 Il dramma barocco tedesco
sto tipo di composizio~, pole~z.za contr~ la lo~o allegoresi linguistica. «Quale oscuntà geroglifica ed erugmatlca ~esa su tut~a l'espressione»'8, si dice di un passo della Cleopatra. di Lohenstem nella Critische Abhandlung von der Natur, den Abstchten und dem Gebrauche der Gleichnisse di Breitinger.
Er hiillet elle Begriff' in Gleichni.B und Figur als einen Kerker ein59
osserva nello stesso senso Bodmer a proposito di Hofmannswaldau.
In effetti questa poesia era inca~ace di li?erar.e _nel suono ~iv? della lingua il senso profondo confmato nel suoi tdeogrammt significativi. Il suo linguaggio è pieno di sfarzo materiale. Mai è stata composta una poesia meno alata. Né si può dire che la reinterpretazione della tragedia classica sia piu ostica della nuova forma dell'inno che intendeva eguagliare il volo- per quanto oscuro e barocco ~ di Pindaro. Al dramma barocco tedesco non è dato -per dirla con Baader - di dar voce ai suoi geroglifici. Perché la sua scrittura non si trasfigura in suono: il suo mondo rimane concentrato su se stesso, tutto teso a sviluppare la propria cupa vitalità. Scrittura e suono si contrappongono in una polarità piena di tensione. Il loro rapporto fonda una dialettica, alla luce della quale la «ridondanza» si legittima come gesto linguistico calcolato e ~ostrlittivo. A dire il vero, questa visione della cosa- nella sua ricchezza e felicità - appare del tutto ovvia a chi risalga direttamente alle fonti. Solo piu tardi, quando la vertigine di fronte alla profondità dell'abisso travolse le forze ~el pensie~o. i~dagat?-te, l'ampollosità poté diventare lo spauracchio della stilisttca eptgonale. La frattura tra ideografia significante ed ebbrezza del suono come una fenditura che attraversi il solido massiccio del sigrrlficato, costringe lo sguardo ad immerg~rsi nella profondi t~ del linguaggio. E sebbene il Barocco non abbta conoscmto una nflessione filosofica su questo tema, gli scritti di Bohme forniscono cenni rilevanti in proposito. Jakob Bohme, uno dei piu grandi allego-
"BREITINGER Critische Abhandlimgvon der Naturcit., p. 224; cfr. p. 462; cfr. inoltre JOHANN JACOB BO~MER, Critische Betrachtungen uber die .Poetischen. Gemit~lde D_er D_!c?ter [Osservazioni critiche di}. J.Bodmer a proposito delle pttture poetiche det poett], Zurtch· Leipzig 1741, pp. 107 e 425 sgg. . . .. . . .
"JOHANN JACOB BODMER, Gedichte m gere:mten Versen, Zurtch 1754, p. 32. [Chmde t concetti in simi!itudini e figure l come in un carcere].
Allegoria e dramma barocco (n) I 77
risti, quando viene a parlare del linguaggio tiene in alta considerazione il valore del suono rispetto alla muta profondità. È lui a sviluppare la dottrina della lingua «sensuale» o «naturale». E tale lingua - ciò è decisivo - non è il farsi suono del mondo allegorico, che resta al contrario relegato nel silenzio. «Barocco linguistico» e «Barocco figurativo»- per usare le formule coniate da Cysarz - sono fondati polarmente l'uno nell'altro. La tensione tra parola e scrittura è nel Barocco smisurata. La parola è, per cosf dire, l'estasi della creatura, è denudamento, dismisura, impotenza davanti a Dio; mentre la scrittura è il suo raccogliersi, è dignità superiorità, onnipotenza sulle cose del mondo. Cosi almeno nd dramma barocco, mentre· la visione piu cordiale di Bohme offre una visione piu positiva del linguaggio fonetico. «La Parola eterna ossia il suono o la voce di Dio, che è uno spirito, si è introdotta nelle forme ovvero in una parola espressa o in un suono con la generazione del grande Mysterium; e quale è in se stesso il gioco gioioso dello spirito nella generazione eterna, tale è lo strumento, ossia la forma espressa in se stessa, che il suono vivente guida, e percuote con la sua eterna volontà spirituale, cosf da farla risuonare ed echeggiare, come un organo a molte voci è mosso da un'unica aria, in modo che ogni voce, anzi ogni canna emette la propria nota»60
• «Tutto ciò che si dice, si scrive o si insegna di Dio, senza la conoscenza della segnatura è muto e privo di senso, perché viene dalla vanità della storia, da un'altra bocca, dove lo spirito senza conoscenza è muto: ma se lo spirito dischiude la segnatura, allora esso comprende l'altra bocca, e comprende inoltre come lo spirito ... si sia rivelato nel suono con la voce ... E cosi dalla forma esterna di tutte le creature, dai loro impulsi e desideri, dal suono che emettono, dalla loro voce o lingua, si conosce lo spirito nascosto ... Ogni cosa ha la sua bocca per manifestarsi. E questa è la lingua naturale, da cui ogni cosa parla secondo la sua proprietà, e sempre si manifesta»61
• Il linguaggio fonetico è dunque l'ambito
60 JACOB BOHME, De signatura rerum, Amsterdam 1682, p. 208. (Das ewige Wort oder Gottliche Hall oder Stimme welche ein Geist ist das hat sich in Formungen als in ein auBgesprochen Wort oder Hall rnit der Gebiìhrung cles grossen Mysterii eingefiihret und wie das Freuden-spiel im Geiste der ewigen Gebahrung in sich selber ist also ist auch der W erckzeug als die auBgesprochene Form in sich selber welches der lebendige Hall fi.ihret und rnit seinem eigenen ewigen Willen-geist schlliget da.B.es lautet und hallet gleich wie eine Orgel von vielen Stimmèn rnit einer einigen Lufft getrieben wird da.B eine jede Stimme ja eine jede Pfeiffe ihren Thon gibt].
"Ibid., pp. 5, 8 sgg. [Alles was von Gott geredet geschrieben oder gelehret wird ohne die Erkiintniill der Signatur, das ist stumm und ohne Verstand darm es kommt nur aus
178 Il dramma barocco tedesco
della manifestazione libera, originaria della creatura, mentre la scrittura allegorica cattura le cose negli intrecci eccentrici del significa- · to. Questa lingua, che in Bohme è quella dei beati, nei versi del dramma barocco quella delle creature cadute, è considerata, in quanto naturale, non dal punto di vista della sua espressione ma della sua genesi. «Intorno alle parole c'è questa antica controversia, se esse, in quanto segni esterni del nostro interno concetto siano per natura o per elezione, naturali o arbitrarie, cp{loet o Woet: e per quanto . riguarda le parole nelle lingue principali, ciò viene attribuito dai dotti a un singolare effetto di natura»62
• Naturalmente tra le «lingue principali» primeggiava il «tedesco, lingua dei capi e degli eroi», come è definito per la prima volta nella Geschichtklitterung di Fischart del 1575. La sua derivazione diretta dall'ebraico era teoria diffusa, e nemmeno la piu radicale. Altri facevano addirittura risalire l'ebraico, il greco e il latino al tedesco. In Germania, dice Borinski, si «dimostrava storicamente, a partire dalla Bibbia, che in origine il mondo intero, e quindi anche l'antichità classica, era tedesco»6
'. Cosf da un lato si cercava di appro-priarsi delle culture piu remote, dall'altro ci si preoccupava di mascherare l'artificiosità di questo atteggiamento e di raggiungere una drastica riduzione della prospettiva storica. Tutto si trova esposto nello stesso spazio senza atmosfera. Ma per quanto riguarda la riduzione dei fenomeni fonetici a uno stato linguistico originario, ne abbiamo due versioni, una spiritualistica e una naturalistica. La teoria di Bohme e la prassi della scuola di Norimberga rappresentano i due estremi. Ed entrambi trovano uno spunto ovviamente solo oggettivo nello Scaligero. Si tratta di un passo della Poetica decisamente curioso: «In A, latitudo. In I, longitudo. In E, profunditas. In O, coarctatio ... Multum potest ad animi suspensionem, quae in
einem historischen W ahn von einem andern Mund daran der Geist ohne Erkantniill stumm ist: So ihm aber der Geist die Signatur eroffnet so verstehet er des andern Mund und versteht ferner wie sich der Geist ... im Hall mi t der Stimme ha t offenbahret ... Dann an der iiusserlichen Gestaltniill aller Creaturen an ihrem Trieb und Begierde item, an ihrem auBgehenden Hall Stimm oder Sprache kennet man den verborgegen Geist ... Ein jedes Ding hat seinen Mund zur Offenbahrung. Und das ist die Natur-sprache daraus jedes Ding aus seiner Eigenschafft redet und sich immer selber offenbahret].
62 KNESEBECK, Dreystiindige Sinnbilder cit., Kumer Vorbericht an den Teutschliebenden und geneigten Leser [Breve nota preliminare per il lettore amante del tedesco e ben disposto], f. aa/bb. [Von der Wortern ist diese alte Streitfrage oh dieselbige (!) als iiusserliche Anzeigungen unsers inwendigen Sinnbegriffs weren von Natur oder Chur natiirlich oder willkUhrlich qruoeL oder itéoeL: Und wird von den Gelahrten was die Worter in den Haupt· spracheri betrifft dieses einer sonderbaren natiirlichen Wirckung zugeschrieben].
"BORINSKI, Die Antike in Poetik und Kunsttheorie cit., vol. II, p. x8.
Allegoria e dramma barocco (n) 179
Vot~, .in Re~?ione: praesertim cum producitur, vt dij. etiam cum corripi~: PI~. Et ad tractum omnem denique designandum, Littora, .~It~~· l:Ituus, I t! Ira, Mitis, Diues, Ciere, Dicere, Diripiunt ... DIJ, PIJ.' Itt: D;on sme manifestissima spiritus profectione. Lituus non s~e ~on~, quem significa t, s~tudine ... P, tamen quandam quaent fumttatem. Agnosco erum in Piget, pudet, poenitet, pax, pugna, pes, paruus, pono, pauor, piger, aliquam fictionem. Parce metu, c~nstantiam. quandam insinuat. Et Pastor plenius, quam Castor. sic Plenum Ipsum, et Purum Pasco et alia eiusmodi. '!· v~o plurimum sese ostentat: Est enÌm lite;a sonitus explic~trtx, fit namque. SOt;J-US aut per S, aut per R, aut per T. Tuba, tomn-_u, tundo. Sed m fme. t~etsi maximam verborum claudit apud Latinos par_tem, ta~en In 11~, qu~e sonum afferunt, affert ipsum quoque so~ no_n mm~s. Ru~It -~rum plus rumpit, quam Rumpo»64 •
Le speculaz10ru fonetiche di Bohme sono analoghe, anche se indipendenti dallo Scaligero. Egli sente la lingua delle creature «non come un regno delle parole ... ma risolta nelle voci e nei suoni»~. «La A era per lui la prima lettera, quella che esce dal cuore la I era il centro dell'amore supremo, la R, poiché "raspa crepita; stride", ha il carattere della sorgente del fuoco, la S er; per lui il fuoco ~~ro~>66 • Si può avanzare un'ipotesi: l'evidenza che queste descnziOru possedevano allora era dovuta in parte alla vitalità dei dialetti, ancora in piena fioritura ovunque. I tentativi di normalizzazione intrapresi dalle Sprachgesellscha/ten si limitavano infatti al tedesco scritto. Sull'altro versante la lingua creaturale veniva descritta, naturalisticamente, come un prodotto onomatopeico. La poetic~ di Buchner ~ in questo senso esemplar~, ma non fa altro che sviluppare le tes1 del suo maestro Opitz67 • E vero che, secondo Buchner, una vera e propria onomatopea non si addice alla dignità del dramma68
• Ma si può dire che proprio il pathos è il suono naru:ale. del dr.~mma barocco .. La scuola di Norimberga è quella che si spinge pm lontano. Klat afferma che «non vi è nessuna parola in tedesco la quale non esprima ciò che significa mediante una "particolare similitudine" »69
• Harsdorffer formula la stessa te-
: SCALIGERO, Poetices libri septem cit., pp. 478 e 481 (IV, 47). HANKAMER, Die Sprache ci t., p. I 59·
66 JOSEF NADLER, ~iteratu~schichte der Deutschen Stiimme und Landscha/ten, Regens
burg61I9IJ, vol. II: DzeNeustiìmmevon.;;oo,dieAitstiimmevon z6oo-z78o, p. 78. . Cfr .. anche GEORG PHILIPP HARSDORFPER, Schumchriftfur Die Teutsche Spracharbeit m Frauenzzmmer Gespriichspiele I, Niirnberg 1644, p. 12. '
68 Cfr. BORCHERDT, Augustus Buchner cit., pp. 84 sg. e 77, nota 2.
'"TITTMANN, Die Numberger Dichterschulecit., p. 228.
178 Il dramma barocco tedesco
della manifestazione libera, originaria della creatura, mentre la scrittura allegorica cattura le cose negli intrecci eccentrici del significa- · to. Questa lingua, che in Bohme è quella dei beati, nei versi del dramma barocco quella delle creature cadute, è considerata, in quanto naturale, non dal punto di vista della sua espressione ma della sua genesi. «Intorno alle parole c'è questa antica controversia, se esse, in quanto segni esterni del nostro interno concetto siano per natura o per elezione, naturali o arbitrarie, cp{loet o Woet: e per quanto . riguarda le parole nelle lingue principali, ciò viene attribuito dai dotti a un singolare effetto di natura»62
• Naturalmente tra le «lingue principali» primeggiava il «tedesco, lingua dei capi e degli eroi», come è definito per la prima volta nella Geschichtklitterung di Fischart del 1575. La sua derivazione diretta dall'ebraico era teoria diffusa, e nemmeno la piu radicale. Altri facevano addirittura risalire l'ebraico, il greco e il latino al tedesco. In Germania, dice Borinski, si «dimostrava storicamente, a partire dalla Bibbia, che in origine il mondo intero, e quindi anche l'antichità classica, era tedesco»6
'. Cosf da un lato si cercava di appro-priarsi delle culture piu remote, dall'altro ci si preoccupava di mascherare l'artificiosità di questo atteggiamento e di raggiungere una drastica riduzione della prospettiva storica. Tutto si trova esposto nello stesso spazio senza atmosfera. Ma per quanto riguarda la riduzione dei fenomeni fonetici a uno stato linguistico originario, ne abbiamo due versioni, una spiritualistica e una naturalistica. La teoria di Bohme e la prassi della scuola di Norimberga rappresentano i due estremi. Ed entrambi trovano uno spunto ovviamente solo oggettivo nello Scaligero. Si tratta di un passo della Poetica decisamente curioso: «In A, latitudo. In I, longitudo. In E, profunditas. In O, coarctatio ... Multum potest ad animi suspensionem, quae in
einem historischen W ahn von einem andern Mund daran der Geist ohne Erkantniill stumm ist: So ihm aber der Geist die Signatur eroffnet so verstehet er des andern Mund und versteht ferner wie sich der Geist ... im Hall mi t der Stimme ha t offenbahret ... Dann an der iiusserlichen Gestaltniill aller Creaturen an ihrem Trieb und Begierde item, an ihrem auBgehenden Hall Stimm oder Sprache kennet man den verborgegen Geist ... Ein jedes Ding hat seinen Mund zur Offenbahrung. Und das ist die Natur-sprache daraus jedes Ding aus seiner Eigenschafft redet und sich immer selber offenbahret].
62 KNESEBECK, Dreystiindige Sinnbilder cit., Kumer Vorbericht an den Teutschliebenden und geneigten Leser [Breve nota preliminare per il lettore amante del tedesco e ben disposto], f. aa/bb. [Von der Wortern ist diese alte Streitfrage oh dieselbige (!) als iiusserliche Anzeigungen unsers inwendigen Sinnbegriffs weren von Natur oder Chur natiirlich oder willkUhrlich qruoeL oder itéoeL: Und wird von den Gelahrten was die Worter in den Haupt· spracheri betrifft dieses einer sonderbaren natiirlichen Wirckung zugeschrieben].
"BORINSKI, Die Antike in Poetik und Kunsttheorie cit., vol. II, p. x8.
Allegoria e dramma barocco (n) 179
Vot~, .in Re~?ione: praesertim cum producitur, vt dij. etiam cum corripi~: PI~. Et ad tractum omnem denique designandum, Littora, .~It~~· l:Ituus, I t! Ira, Mitis, Diues, Ciere, Dicere, Diripiunt ... DIJ, PIJ.' Itt: D;on sme manifestissima spiritus profectione. Lituus non s~e ~on~, quem significa t, s~tudine ... P, tamen quandam quaent fumttatem. Agnosco erum in Piget, pudet, poenitet, pax, pugna, pes, paruus, pono, pauor, piger, aliquam fictionem. Parce metu, c~nstantiam. quandam insinuat. Et Pastor plenius, quam Castor. sic Plenum Ipsum, et Purum Pasco et alia eiusmodi. '!· v~o plurimum sese ostentat: Est enÌm lite;a sonitus explic~trtx, fit namque. SOt;J-US aut per S, aut per R, aut per T. Tuba, tomn-_u, tundo. Sed m fme. t~etsi maximam verborum claudit apud Latinos par_tem, ta~en In 11~, qu~e sonum afferunt, affert ipsum quoque so~ no_n mm~s. Ru~It -~rum plus rumpit, quam Rumpo»64 •
Le speculaz10ru fonetiche di Bohme sono analoghe, anche se indipendenti dallo Scaligero. Egli sente la lingua delle creature «non come un regno delle parole ... ma risolta nelle voci e nei suoni»~. «La A era per lui la prima lettera, quella che esce dal cuore la I era il centro dell'amore supremo, la R, poiché "raspa crepita; stride", ha il carattere della sorgente del fuoco, la S er; per lui il fuoco ~~ro~>66 • Si può avanzare un'ipotesi: l'evidenza che queste descnziOru possedevano allora era dovuta in parte alla vitalità dei dialetti, ancora in piena fioritura ovunque. I tentativi di normalizzazione intrapresi dalle Sprachgesellscha/ten si limitavano infatti al tedesco scritto. Sull'altro versante la lingua creaturale veniva descritta, naturalisticamente, come un prodotto onomatopeico. La poetic~ di Buchner ~ in questo senso esemplar~, ma non fa altro che sviluppare le tes1 del suo maestro Opitz67 • E vero che, secondo Buchner, una vera e propria onomatopea non si addice alla dignità del dramma68
• Ma si può dire che proprio il pathos è il suono naru:ale. del dr.~mma barocco .. La scuola di Norimberga è quella che si spinge pm lontano. Klat afferma che «non vi è nessuna parola in tedesco la quale non esprima ciò che significa mediante una "particolare similitudine" »69
• Harsdorffer formula la stessa te-
: SCALIGERO, Poetices libri septem cit., pp. 478 e 481 (IV, 47). HANKAMER, Die Sprache ci t., p. I 59·
66 JOSEF NADLER, ~iteratu~schichte der Deutschen Stiimme und Landscha/ten, Regens
burg61I9IJ, vol. II: DzeNeustiìmmevon.;;oo,dieAitstiimmevon z6oo-z78o, p. 78. . Cfr .. anche GEORG PHILIPP HARSDORFPER, Schumchriftfur Die Teutsche Spracharbeit m Frauenzzmmer Gespriichspiele I, Niirnberg 1644, p. 12. '
68 Cfr. BORCHERDT, Augustus Buchner cit., pp. 84 sg. e 77, nota 2.
'"TITTMANN, Die Numberger Dichterschulecit., p. 228.
180 Il dramma barocco tedesco
si alla rovescia. «La natura parla in tutte le cose, che danno un suono di sé, la nostra lingua tedesca e perciò molti hanno voluto sostenere che Adamo, il primo uomo, non poté chiamare gli uccelli e gli altri animali della terra se non con le nostre parole, poiché egli esprimeva in modo conforme alla natura ogni proprietà innata e di per sé sonora; e non vi è perciò da meravigliarsi che le radici della nostra lingua coincidano in massima parte con quelle della lingua sacra»70 • Di qui egli deduceva il compito della lirica tedesca, ossia «catturare questa lingua della natura in parole e in ritmi. Per lui come anche per Birken tale lirica era addirittura un compito religioso, perché è Dio che si manifesta ... nello stormire delle foreste e nel rombo dell'uragano»71
• Idee analoghe ritornano nello Sturm und Drang. «La lingua universale dei popoli è fatta di lacrime e sospiri; io comprendo anche l'inerme ottentotto, e, com'è vero che sono nato a Taranto, non sarò mai sordo con Dio ... La polvere ha una volontà, ecco il mio pensiero piu sublime verso il Creatore, e l'impulso onnipotente alla libertà mi appare anche nel contorcersi di una mosca»72
• Questa è la filosofia della creatura e del suo linguaggio, sciolta dal contesto dell'allegoria.
Far derivare il verso alessandrino del dramma barocco da quella rigorosa distinzione fra le due parti che spesso conduce a una vera antitesi, non è del tutto sufficiente. Non meno caratteristico è il contrasto fra la struttura logica - se si vuole: classicistica - della facciata e la sfrenatezza fonetica che regna al suo interno. Se è vero, per usare le parole di Omeis, che lo «stilus tragico ... è riempito di parole sontuose, altisonanti»7~. Se di fronte alle proporzioni colossali dell'architettura e della pittura barocca si è potuto parlare, in entrambi i casi, di una «spazialità illusionistica»74
, la pittoricità del verso alessandrino nel dramma barocco assolve la stessa funzione. La sentenza - per quanto l'azione a cui si riferisce pos-
70 HARSOORFFER, Schutzschrift for die deutsche Spracharbeit ci t., p. I 4· [Die Natur redet in allen Dingen welche ein Geton von sich geben unsere Teutsche Sprache und daher haben etliche wiihnen wollen der erste Mensch Adam habe das Gefliigel und alle Thier auf Erden nicht anderst als mit unseren Worten nennen konnen weil er jedes eingeborene selbstlautende Eigenschafft Naturmiillig ausgedruket; und ist sich deswegen nicht zu verwundern daE unsere Stammworter meisten Theils mit der heiligen Sprache gleichstimmig sindJ.
71 STRICH,.Der lyrische Stil des siebzehnten Jahrhunderts cit., pp. 45 sgg. 72 LEISEWITZ, Siimmtliche Schriften cit., pp. 45 sgg. (Julius von Tarent, II, 5). " MAGNUS DANIEL OMEIS, Griindliche Anleitung zur Teutschen accuraten Reim- und Di
chtkunst, Niirnberg 1704; cit. in POPP, Uber den Begriff des Dramas in den deutschen Poetiken des I7.]ahrhunderts ci t., p. 45·
"BORINSKI, Die Antike in Poetik und Kunsttheorie cit., vol. I, p. 190.
Allegoria e dramma barocco (rr)
sa irrigidirsi nell'immobilità- deve dare almeno l'illusione del movimento, e in ciò consiste una necessità tecnica del pathos. La forza peculiare che inerisce alle sentenze, come ai versi in genere è messa in evidenza da Harsdorffer. «Perché questi drammi ven~ono scritti perlopiu in metri obbligati? Risposta: perché gli animi siano violentemente commossi,. è d'uso per i drammi e per lè favole pastorali l'edificio delle rime, il quale costringe come una tromba la parola e la voce, cosf da accrescerne l' efficacia»7
'. E poiché la sentenza, che si attacca spesso non liberamente al repertorio di immagini, porta spesso il pensiero su binari remoti tanto piu notevole diventa l'elemento fonetico. Era inevitabile ~he anche l'analisi stilistica dell'alessandrino soggiacesse all'errore comune della vecchia filologia, quello cioè di scambiare spunti e suggestioni classiche per indizi decisivi della sua essenza. Tipica - e senz' altro condivisibile nella sua prima parte - è la seguente osservazione del lavoro di Werner Richter, Liebeskamp/z63o und Schaubiihne z67o [Tenzone d'amore I63o e scena teatrale .I67o]: «Il valore artistico peculiare dei grandi drammaturghi del xvrr secolo è strettamente connesso all'originalità creativa del loro stile verbale. Assai piu della caratterizzazione dei personaggi o della forma compositiva ... ciò che contraddistingue la tragedia del xvrr secolo è quanto essa riesce ad ottenere con i suoi artifici retorici, che in ultima istanza risalgono sempre all'antichità. Ma la concisione immaginosa e la complessità dei periodi e delle figure stilistiche non solo ripugnava alla memoria degli attori, ma erano cosf radic~te nel mondo formale, del tutto eterogeneo, dell' ~ntichità, che la dtstanza dalla lingua popolare risultava infinita ... E un peccato non ... possedere documenti che ci illustrino le reazioni dello spettatore comune»76
• Se anche il linguaggio di questi drammi fosse stato accessibile solo a un pubblico erudito, gli illetterati potevano sempre divertirsi con le pantomime. Ma la ridondanza corrispondeva agli impulsi espressivi dell'epoca, e questi impulsi sono in genere senza paragone piu forti della partecipazione intellettuale a una trama comprensibile fin nei dettagli. I gesuiti, che
'' H.AR~DORFFER, Poetischer Trichter cit., 2, pp. 78 sg. [Warum solche Spiele meistentheils m gebundner Rede geschrieben werden? Antwort: weil die Gemiither eifferigst sollen bewegt werden ist zu den Trauer- und Hirtenspielen das Reimgebiiud briiuchlich welches gleich einer Trompeten die Wort und Stimme einzwenget daE sie so viel gros· sern Nachdruk haben].
76 WERNER RICHTER, Liebeskamp/ r6 30 und Schaubiihne r67o. Ein Beitrag zur deutschen Theatergeschichte des .siebzehnten Jahrhunderts, Berlin 19Io, pp. 170 sgg.
180 Il dramma barocco tedesco
si alla rovescia. «La natura parla in tutte le cose, che danno un suono di sé, la nostra lingua tedesca e perciò molti hanno voluto sostenere che Adamo, il primo uomo, non poté chiamare gli uccelli e gli altri animali della terra se non con le nostre parole, poiché egli esprimeva in modo conforme alla natura ogni proprietà innata e di per sé sonora; e non vi è perciò da meravigliarsi che le radici della nostra lingua coincidano in massima parte con quelle della lingua sacra»70 • Di qui egli deduceva il compito della lirica tedesca, ossia «catturare questa lingua della natura in parole e in ritmi. Per lui come anche per Birken tale lirica era addirittura un compito religioso, perché è Dio che si manifesta ... nello stormire delle foreste e nel rombo dell'uragano»71
• Idee analoghe ritornano nello Sturm und Drang. «La lingua universale dei popoli è fatta di lacrime e sospiri; io comprendo anche l'inerme ottentotto, e, com'è vero che sono nato a Taranto, non sarò mai sordo con Dio ... La polvere ha una volontà, ecco il mio pensiero piu sublime verso il Creatore, e l'impulso onnipotente alla libertà mi appare anche nel contorcersi di una mosca»72
• Questa è la filosofia della creatura e del suo linguaggio, sciolta dal contesto dell'allegoria.
Far derivare il verso alessandrino del dramma barocco da quella rigorosa distinzione fra le due parti che spesso conduce a una vera antitesi, non è del tutto sufficiente. Non meno caratteristico è il contrasto fra la struttura logica - se si vuole: classicistica - della facciata e la sfrenatezza fonetica che regna al suo interno. Se è vero, per usare le parole di Omeis, che lo «stilus tragico ... è riempito di parole sontuose, altisonanti»7~. Se di fronte alle proporzioni colossali dell'architettura e della pittura barocca si è potuto parlare, in entrambi i casi, di una «spazialità illusionistica»74
, la pittoricità del verso alessandrino nel dramma barocco assolve la stessa funzione. La sentenza - per quanto l'azione a cui si riferisce pos-
70 HARSOORFFER, Schutzschrift for die deutsche Spracharbeit ci t., p. I 4· [Die Natur redet in allen Dingen welche ein Geton von sich geben unsere Teutsche Sprache und daher haben etliche wiihnen wollen der erste Mensch Adam habe das Gefliigel und alle Thier auf Erden nicht anderst als mit unseren Worten nennen konnen weil er jedes eingeborene selbstlautende Eigenschafft Naturmiillig ausgedruket; und ist sich deswegen nicht zu verwundern daE unsere Stammworter meisten Theils mit der heiligen Sprache gleichstimmig sindJ.
71 STRICH,.Der lyrische Stil des siebzehnten Jahrhunderts cit., pp. 45 sgg. 72 LEISEWITZ, Siimmtliche Schriften cit., pp. 45 sgg. (Julius von Tarent, II, 5). " MAGNUS DANIEL OMEIS, Griindliche Anleitung zur Teutschen accuraten Reim- und Di
chtkunst, Niirnberg 1704; cit. in POPP, Uber den Begriff des Dramas in den deutschen Poetiken des I7.]ahrhunderts ci t., p. 45·
"BORINSKI, Die Antike in Poetik und Kunsttheorie cit., vol. I, p. 190.
Allegoria e dramma barocco (rr)
sa irrigidirsi nell'immobilità- deve dare almeno l'illusione del movimento, e in ciò consiste una necessità tecnica del pathos. La forza peculiare che inerisce alle sentenze, come ai versi in genere è messa in evidenza da Harsdorffer. «Perché questi drammi ven~ono scritti perlopiu in metri obbligati? Risposta: perché gli animi siano violentemente commossi,. è d'uso per i drammi e per lè favole pastorali l'edificio delle rime, il quale costringe come una tromba la parola e la voce, cosf da accrescerne l' efficacia»7
'. E poiché la sentenza, che si attacca spesso non liberamente al repertorio di immagini, porta spesso il pensiero su binari remoti tanto piu notevole diventa l'elemento fonetico. Era inevitabile ~he anche l'analisi stilistica dell'alessandrino soggiacesse all'errore comune della vecchia filologia, quello cioè di scambiare spunti e suggestioni classiche per indizi decisivi della sua essenza. Tipica - e senz' altro condivisibile nella sua prima parte - è la seguente osservazione del lavoro di Werner Richter, Liebeskamp/z63o und Schaubiihne z67o [Tenzone d'amore I63o e scena teatrale .I67o]: «Il valore artistico peculiare dei grandi drammaturghi del xvrr secolo è strettamente connesso all'originalità creativa del loro stile verbale. Assai piu della caratterizzazione dei personaggi o della forma compositiva ... ciò che contraddistingue la tragedia del xvrr secolo è quanto essa riesce ad ottenere con i suoi artifici retorici, che in ultima istanza risalgono sempre all'antichità. Ma la concisione immaginosa e la complessità dei periodi e delle figure stilistiche non solo ripugnava alla memoria degli attori, ma erano cosf radic~te nel mondo formale, del tutto eterogeneo, dell' ~ntichità, che la dtstanza dalla lingua popolare risultava infinita ... E un peccato non ... possedere documenti che ci illustrino le reazioni dello spettatore comune»76
• Se anche il linguaggio di questi drammi fosse stato accessibile solo a un pubblico erudito, gli illetterati potevano sempre divertirsi con le pantomime. Ma la ridondanza corrispondeva agli impulsi espressivi dell'epoca, e questi impulsi sono in genere senza paragone piu forti della partecipazione intellettuale a una trama comprensibile fin nei dettagli. I gesuiti, che
'' H.AR~DORFFER, Poetischer Trichter cit., 2, pp. 78 sg. [Warum solche Spiele meistentheils m gebundner Rede geschrieben werden? Antwort: weil die Gemiither eifferigst sollen bewegt werden ist zu den Trauer- und Hirtenspielen das Reimgebiiud briiuchlich welches gleich einer Trompeten die Wort und Stimme einzwenget daE sie so viel gros· sern Nachdruk haben].
76 WERNER RICHTER, Liebeskamp/ r6 30 und Schaubiihne r67o. Ein Beitrag zur deutschen Theatergeschichte des .siebzehnten Jahrhunderts, Berlin 19Io, pp. 170 sgg.
n dramma barocco tedesco
di pubblico s'intendevano pi~ di chiuJ?-qu7 alt~o, ~on ~i :i~~7lgeva: no certo con i loro spettacoli a un uditono dt soli laumsu . Essi potevano attenersi all'antica verità: l'efficacia di una tesi dipende cosf poco dalla sua trasparenza, che può anzi risultare accresciuta dalla sua oscurità.
I principi linguistici e le consuetudini di questi poeti :ne~tono in luce un motivo fondamentale della conceztone allegorica m un punto senz' altro sorprendente. Negli anagrammi, nelle espressioni onomatopeiche e in molti altri artifici retorici di altro genere l~ parola, la sillaba e il suono insuperbiscono,_si emancipano da ogm contesto di senso, come pura cosa sfruttabile allegoncamente. La lingua barocca è continuamente scossa dalle ribellioni dei su~i elementi. E il passo seguente, tratto dal dramma su Erode di Calder6n, è solo in apparenza - in virru della sua ~te - superio:e ~ molti passi affini, soprattutto di G~yp~us. Maria~a, la_ ~oglie_ di Erode, scorge per caso i frammenti dt una lettera m cm ~ marito ordina di ucciderla, ove lui dovesse morire, allo scopo di proteggere il suo onore minacciato. Mari~na raccoglie_ i framt?enti _ca: duti per terra e cerca di spiegarsene il contenuto m alcum verst di grande pregnanza espressiva.
Dice a parte de esta suerte: «muerte» es la primera palabra que he topado; «honor» contiene esta; «Mari'ene» aqui se escribe; Cielos, valedme! Que dicen mucho en tres veces, Mari'ene, honor y muerte ... Mas que dudo? Ya me advertien los dobleces del papel, adonde estan los dobleces, llamandose unos a otros78
•
Le parole per quanto isolate, risultano fatali. Si è anzi tentati di dire: prop~io il fatto che quelle parole, cosf isolate, continuino a significare qualcosa, conferisce alloro significato residuo un che
n Cfr. FLEMMING, Geschichte des Jesuitentheaters cit., pp. 270 sgg. . 78 CALDERON Obras Completas, cit. (El mayor monstruo, II), p. 478. [(La lettera) dice
qualcosa del gen~e: l «morte» è la prima pasola l in cui mi sono imbattuta; e qui l c'è scritto «onore»; qui invece c'è scritto l «Marianna». Cielo, ai_utami!. l G~~c~é molto è ~etto in tre pasole: l Marianna, onore e morte .. ; l E ancora dubito? G1à. tru md1cano Ile p1eghe della lettera, l chiamandosi l'una con l'altra, l dove stanno le doppiezze).
Allegoria e dramma barocco (n)
di minaccioso. La lingua viene spezzata in modo tale da ~ssumere nei suoi frammenti un'espressione diversa e piu intensa. E stato il Barocco a introdurre l'uso della maiuscola nell'ortografiatedesca. Ora, ciò non deriva solo da una ricerca di solennità, ma anche dal principio frammentante, dissociante, proprio della visione allegorica. Non c'è dubbio che molte parole scritte con l'iniziale maiuscola avessero all'inizio, per il lettore, un'impronta allegorica. La lingua cosf frammentata abdica alla pura funzione comunicativa per innalzare quei frammenti, come oggetti nati a una nuova vita, alla dignità di figure allegoriche, accanto agli Dèi, ai Fiumi, alle Virru e via dicendo. Tutto ciò è particolarmente drastico, come si diceva, nel giovane Gryphius. E se il passo incomparabile di Calder6n non trova equivalenti nell'opera del tedesco, l'energia di Andreas Gryphius non sfigura accanto all'eleganza dello spagnolo. È infatti sorprendente la sua arte di mettere a confronto i personaggi come fossero frammenti di un unico discorso. Cosi nella seconda parte del Leo Armenius:
LEO Di.B hauB wird stehn, dafern des hauses feinde fallen. THEODOSIA W o nicht ihr fall verletzt, die dieses hauB umwallen. LEO Umwallen mit dem schwerdt. THEODOSIA Mit dem'sie uns beschiitzt. LEO Das sie auf uns gezuckt. THEonosiA Die unsern stuhl gestiitze9.
Là dove il dialogo si fa duro e serrato, questi frammenti discorsivi tendono ad accumularsi con particolare insistenza. Essi sono in Gryphius piu frequenti che negli autori piu tardi80
, e insieme ai bruschi laconismi si adattano bene al quadro stilistico complessivo dei suoi drammi: poiché gli uni come gli altri suscitano l'impressione dello spezzato e del caotico. Se questa tecnica si presta con felicità all'espressione delle emozioni teatrali, essa non è affatto limitata al dramma. Nella seguente affermazione di Schiebella troviamo ad esempio come principio dell'oratoria pastorale: «Ancora oggi talvolta un cristiano devoto riceve una gocciolina di consolazi<1ne (anche solo una parolina da un cantico spirituale o da una predica edificante), e la trangugia (per cosf dire) con tale a p-
19 GRYPmus, Trauerspiele cit., p. 62 (Leo Armenius, II, 455 sgg.). [Leone: Questa casa stasà in piedi, purché cadano i nemici della casa. l Teodosia: Purché la loro caduta non colpisca coloro che questa casa circondano. l Leone: La circondano con la spada. l Teodosia: Con cui ci hanno protetto. l Leone: Che hanno vibrato contro di noi. l Teodosia: Loro che proteggevano il nostro seggio].
"'Cfr. STACHEL, Seneca und das deutsche Renaissancedrama cit., p. 261.
n dramma barocco tedesco
di pubblico s'intendevano pi~ di chiuJ?-qu7 alt~o, ~on ~i :i~~7lgeva: no certo con i loro spettacoli a un uditono dt soli laumsu . Essi potevano attenersi all'antica verità: l'efficacia di una tesi dipende cosf poco dalla sua trasparenza, che può anzi risultare accresciuta dalla sua oscurità.
I principi linguistici e le consuetudini di questi poeti :ne~tono in luce un motivo fondamentale della conceztone allegorica m un punto senz' altro sorprendente. Negli anagrammi, nelle espressioni onomatopeiche e in molti altri artifici retorici di altro genere l~ parola, la sillaba e il suono insuperbiscono,_si emancipano da ogm contesto di senso, come pura cosa sfruttabile allegoncamente. La lingua barocca è continuamente scossa dalle ribellioni dei su~i elementi. E il passo seguente, tratto dal dramma su Erode di Calder6n, è solo in apparenza - in virru della sua ~te - superio:e ~ molti passi affini, soprattutto di G~yp~us. Maria~a, la_ ~oglie_ di Erode, scorge per caso i frammenti dt una lettera m cm ~ marito ordina di ucciderla, ove lui dovesse morire, allo scopo di proteggere il suo onore minacciato. Mari~na raccoglie_ i framt?enti _ca: duti per terra e cerca di spiegarsene il contenuto m alcum verst di grande pregnanza espressiva.
Dice a parte de esta suerte: «muerte» es la primera palabra que he topado; «honor» contiene esta; «Mari'ene» aqui se escribe; Cielos, valedme! Que dicen mucho en tres veces, Mari'ene, honor y muerte ... Mas que dudo? Ya me advertien los dobleces del papel, adonde estan los dobleces, llamandose unos a otros78
•
Le parole per quanto isolate, risultano fatali. Si è anzi tentati di dire: prop~io il fatto che quelle parole, cosf isolate, continuino a significare qualcosa, conferisce alloro significato residuo un che
n Cfr. FLEMMING, Geschichte des Jesuitentheaters cit., pp. 270 sgg. . 78 CALDERON Obras Completas, cit. (El mayor monstruo, II), p. 478. [(La lettera) dice
qualcosa del gen~e: l «morte» è la prima pasola l in cui mi sono imbattuta; e qui l c'è scritto «onore»; qui invece c'è scritto l «Marianna». Cielo, ai_utami!. l G~~c~é molto è ~etto in tre pasole: l Marianna, onore e morte .. ; l E ancora dubito? G1à. tru md1cano Ile p1eghe della lettera, l chiamandosi l'una con l'altra, l dove stanno le doppiezze).
Allegoria e dramma barocco (n)
di minaccioso. La lingua viene spezzata in modo tale da ~ssumere nei suoi frammenti un'espressione diversa e piu intensa. E stato il Barocco a introdurre l'uso della maiuscola nell'ortografiatedesca. Ora, ciò non deriva solo da una ricerca di solennità, ma anche dal principio frammentante, dissociante, proprio della visione allegorica. Non c'è dubbio che molte parole scritte con l'iniziale maiuscola avessero all'inizio, per il lettore, un'impronta allegorica. La lingua cosf frammentata abdica alla pura funzione comunicativa per innalzare quei frammenti, come oggetti nati a una nuova vita, alla dignità di figure allegoriche, accanto agli Dèi, ai Fiumi, alle Virru e via dicendo. Tutto ciò è particolarmente drastico, come si diceva, nel giovane Gryphius. E se il passo incomparabile di Calder6n non trova equivalenti nell'opera del tedesco, l'energia di Andreas Gryphius non sfigura accanto all'eleganza dello spagnolo. È infatti sorprendente la sua arte di mettere a confronto i personaggi come fossero frammenti di un unico discorso. Cosi nella seconda parte del Leo Armenius:
LEO Di.B hauB wird stehn, dafern des hauses feinde fallen. THEODOSIA W o nicht ihr fall verletzt, die dieses hauB umwallen. LEO Umwallen mit dem schwerdt. THEODOSIA Mit dem'sie uns beschiitzt. LEO Das sie auf uns gezuckt. THEonosiA Die unsern stuhl gestiitze9.
Là dove il dialogo si fa duro e serrato, questi frammenti discorsivi tendono ad accumularsi con particolare insistenza. Essi sono in Gryphius piu frequenti che negli autori piu tardi80
, e insieme ai bruschi laconismi si adattano bene al quadro stilistico complessivo dei suoi drammi: poiché gli uni come gli altri suscitano l'impressione dello spezzato e del caotico. Se questa tecnica si presta con felicità all'espressione delle emozioni teatrali, essa non è affatto limitata al dramma. Nella seguente affermazione di Schiebella troviamo ad esempio come principio dell'oratoria pastorale: «Ancora oggi talvolta un cristiano devoto riceve una gocciolina di consolazi<1ne (anche solo una parolina da un cantico spirituale o da una predica edificante), e la trangugia (per cosf dire) con tale a p-
19 GRYPmus, Trauerspiele cit., p. 62 (Leo Armenius, II, 455 sgg.). [Leone: Questa casa stasà in piedi, purché cadano i nemici della casa. l Teodosia: Purché la loro caduta non colpisca coloro che questa casa circondano. l Leone: La circondano con la spada. l Teodosia: Con cui ci hanno protetto. l Leone: Che hanno vibrato contro di noi. l Teodosia: Loro che proteggevano il nostro seggio].
"'Cfr. STACHEL, Seneca und das deutsche Renaissancedrama cit., p. 261.
1 84 Il dramma baxocco tedesco
petito che essa lo tocca intimament.e ~ dà frutto, e lo ri~to.r~ in t~le misura che egli deve ammettere v1 sia sotto qualcosa di divmo» . Non a caso questa figura retorica affida la ricezione delle parole, per cosi dire, al senso del gusto. L'elemento vocale è e resta ~er il Barocco puramente sensibile; il significato è di casa nella s~ri~tura. E la parola sonora è visitata da esso come da una malattia mevitabile: eccola allora interrompersi nel suo fluire, il sentimento pronto a sgorgare si blocca ed evoca il lutto. Il significato si presenta qui, e si presenterà ancora in seguito, come il fondamento della tristezza. Ma l'antitesi fra suono e significato raggiungerebbe il suo estremo ave riuscisse a produrli entrambi con un solo gesto senza fonderli peraltro in un tutto organico. Questo problema teo~ico è risolto da una scena che spicca come il pezzo forte di una Haupt- und Staatsaktion viennese, per il resto priva di interesse. Nella Glorreiche Marter ]oannes von Nepomuck, la scena quattordicesima del primo atto mostra uno degli intriganti (Zytho) nell'atto di fare eco ai discorsi mitologici della sua vittima (Quido), ma rispondendo a quei discorsi con presagi di morte82
• Il rovesciarsi della pura sonorità del linguaggio creaturale nell'ironia gravida di significato che risuona dalla bocca dell'intrig~nte la dice lunga sul rapporto fra questo ruolo e il linguaggio. L'int:igante è~ sign~re dei significati: questi inter~ompono il fluss? mnocu~ d1. u,f! liz:guaggio nàturale onomatope1co per generare il lutto, di cu1l mtr.Igante è colpevole insieme ad essi. Ora, se è pro~ri~ l'eco, os~Ia l'ambito del puro gioco sonoro, ad essere per cosi dire aggredita dal significato, ciò dovrà valere come una dimostrazione della sensibilità linguistica propria dell'epoca. A tale scopo era anche prevista una forma retorica precisa. «Un procedimento molto "ammodo" e molto gradito è l'eco, che ripete le ultime due o tre sillabe di una strofa, spesso !asciandone cadere una lettera; in modo tale da suonare come risposta, monito o profezia»83
• Questo gioco, e gli altri affini, che venivano presi cosi facilm~t;te per e.soti~~· parla dunque il linguaggio della cosa stessa. Qm il gesto lingmstl-
"sCHIEBEL Neuerbauter Schausaal cit., p. 358. [Noch heutiges Tages bekommt manchmal ein ~dachtiger Christ ein Tropfflein Trostes (auch wohl ein Wortgen nur aus einem geistreichen Liede oder erbaulichen Predigt) das schlingt er (gleichsam) so appetitlich hinunter daB es ihm wohl gedeyet inniglich afficiret und dermassen erquicket daB er bekennen muB es stecke was Gottliches darunter].
82 Cfr. Die Glorreiche Marter Joannes von Nepomuck; cit. in WEISS, Die Wiener Hauptuiul Staatsactionen cit., pp. 148 sgg.
" [Passo non reperibile in TITTMANN, Die Niimberger Dichterschule cit.].
Allegoria e dramma baxocco (n) 185
co della ridondanza è cosi poco smentito che essi anzi potrebbero illustrarne la formula. Il linguaggio, che da una parte cerca di far valere i suoi diritti nella pienezza della sonorità creaturale, dall'altro, nella fuga degli alessandrini, si vede legato a una logicità forzata. Questa è la legge stilistica della ridondanza, la formula delle «parole asiatiche»84 dei drammi barocchi. Il gesto che cerca cosf di incorporarsi il significato fa tutt'uno con la violenta deformazione della storia. Assumere, nel linguaggio come nella vita, la sola tipologia del movimento creaturale, e nondimeno esprimere l'intera tradizione culturale che va dal mondo classico all'Europa cristiana: ecco l'idea straordinaria che anche nel dramma barocco non si è mai rinnegata. Il suo modo di esprimersi, estremamente artificioso, poggia dunque sulla stessa nostalgia estrema per la natura che è propria del dramma pastorale. D'altra parte, questo stesso modo di esprimersi che si limita a rappresentare - a rappresentare la natura del linguaggio-, e che evita per quanto possibile la comunicazione profana, è cortese, elevato. Di un vero superamento del Barocco, di una conciliazione fra suono e significato, non si può parlare forse prima di Klopstock, grazie a quella che A. W. Schlegel ha chiamato la tendenza «grammaticale» delle sue odi. La sua ridondanza si basa assai meno sul suono e sull'immagine che sulla composizione, sulla posizione delle parole.
La tensione fonetica che si riscontra nella lingua del xvn secolo porta direttamente alla musica come controparte del discorso significativo. Se è vero che tutte le radici del dramma barocco si intrecciano con quelle del dramma pastorale, ciò avviene anche in questo caso. Quell'elemento che nel dramma barocco si insedia fin dall'inizio nella forma danzante del Reyen, e poi sempre piu in quella del coro parlato in stile oratorio, nel dramma pastorale appare senz' altro come operistico. La «passione per l'organico»8
', di cui si è parlato da tempo a proposito del Barocco figurativo, non è cosi facile da circoscrivere in ambito poetico. E va comunque sottolineato che, con quella formulazione, non si deve pensare tanto alla fortna esterna, quanto all'intima e segreta strutturazione dell'organico. E da questo interno che proviene la voce, e, a ben guardare, sta proprio in suo potere, se si vuole, il momento organico della poesia, come si può studiarlo soprattutto in Hallmann, negli episodi in stile oratoriale. Egli scrive:
84 HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schiiferspie/e cit., p. I. "HAUSENSTEIN, Vom Geist des Barock cit., p. 14.
1 84 Il dramma baxocco tedesco
petito che essa lo tocca intimament.e ~ dà frutto, e lo ri~to.r~ in t~le misura che egli deve ammettere v1 sia sotto qualcosa di divmo» . Non a caso questa figura retorica affida la ricezione delle parole, per cosi dire, al senso del gusto. L'elemento vocale è e resta ~er il Barocco puramente sensibile; il significato è di casa nella s~ri~tura. E la parola sonora è visitata da esso come da una malattia mevitabile: eccola allora interrompersi nel suo fluire, il sentimento pronto a sgorgare si blocca ed evoca il lutto. Il significato si presenta qui, e si presenterà ancora in seguito, come il fondamento della tristezza. Ma l'antitesi fra suono e significato raggiungerebbe il suo estremo ave riuscisse a produrli entrambi con un solo gesto senza fonderli peraltro in un tutto organico. Questo problema teo~ico è risolto da una scena che spicca come il pezzo forte di una Haupt- und Staatsaktion viennese, per il resto priva di interesse. Nella Glorreiche Marter ]oannes von Nepomuck, la scena quattordicesima del primo atto mostra uno degli intriganti (Zytho) nell'atto di fare eco ai discorsi mitologici della sua vittima (Quido), ma rispondendo a quei discorsi con presagi di morte82
• Il rovesciarsi della pura sonorità del linguaggio creaturale nell'ironia gravida di significato che risuona dalla bocca dell'intrig~nte la dice lunga sul rapporto fra questo ruolo e il linguaggio. L'int:igante è~ sign~re dei significati: questi inter~ompono il fluss? mnocu~ d1. u,f! liz:guaggio nàturale onomatope1co per generare il lutto, di cu1l mtr.Igante è colpevole insieme ad essi. Ora, se è pro~ri~ l'eco, os~Ia l'ambito del puro gioco sonoro, ad essere per cosi dire aggredita dal significato, ciò dovrà valere come una dimostrazione della sensibilità linguistica propria dell'epoca. A tale scopo era anche prevista una forma retorica precisa. «Un procedimento molto "ammodo" e molto gradito è l'eco, che ripete le ultime due o tre sillabe di una strofa, spesso !asciandone cadere una lettera; in modo tale da suonare come risposta, monito o profezia»83
• Questo gioco, e gli altri affini, che venivano presi cosi facilm~t;te per e.soti~~· parla dunque il linguaggio della cosa stessa. Qm il gesto lingmstl-
"sCHIEBEL Neuerbauter Schausaal cit., p. 358. [Noch heutiges Tages bekommt manchmal ein ~dachtiger Christ ein Tropfflein Trostes (auch wohl ein Wortgen nur aus einem geistreichen Liede oder erbaulichen Predigt) das schlingt er (gleichsam) so appetitlich hinunter daB es ihm wohl gedeyet inniglich afficiret und dermassen erquicket daB er bekennen muB es stecke was Gottliches darunter].
82 Cfr. Die Glorreiche Marter Joannes von Nepomuck; cit. in WEISS, Die Wiener Hauptuiul Staatsactionen cit., pp. 148 sgg.
" [Passo non reperibile in TITTMANN, Die Niimberger Dichterschule cit.].
Allegoria e dramma baxocco (n) 185
co della ridondanza è cosi poco smentito che essi anzi potrebbero illustrarne la formula. Il linguaggio, che da una parte cerca di far valere i suoi diritti nella pienezza della sonorità creaturale, dall'altro, nella fuga degli alessandrini, si vede legato a una logicità forzata. Questa è la legge stilistica della ridondanza, la formula delle «parole asiatiche»84 dei drammi barocchi. Il gesto che cerca cosf di incorporarsi il significato fa tutt'uno con la violenta deformazione della storia. Assumere, nel linguaggio come nella vita, la sola tipologia del movimento creaturale, e nondimeno esprimere l'intera tradizione culturale che va dal mondo classico all'Europa cristiana: ecco l'idea straordinaria che anche nel dramma barocco non si è mai rinnegata. Il suo modo di esprimersi, estremamente artificioso, poggia dunque sulla stessa nostalgia estrema per la natura che è propria del dramma pastorale. D'altra parte, questo stesso modo di esprimersi che si limita a rappresentare - a rappresentare la natura del linguaggio-, e che evita per quanto possibile la comunicazione profana, è cortese, elevato. Di un vero superamento del Barocco, di una conciliazione fra suono e significato, non si può parlare forse prima di Klopstock, grazie a quella che A. W. Schlegel ha chiamato la tendenza «grammaticale» delle sue odi. La sua ridondanza si basa assai meno sul suono e sull'immagine che sulla composizione, sulla posizione delle parole.
La tensione fonetica che si riscontra nella lingua del xvn secolo porta direttamente alla musica come controparte del discorso significativo. Se è vero che tutte le radici del dramma barocco si intrecciano con quelle del dramma pastorale, ciò avviene anche in questo caso. Quell'elemento che nel dramma barocco si insedia fin dall'inizio nella forma danzante del Reyen, e poi sempre piu in quella del coro parlato in stile oratorio, nel dramma pastorale appare senz' altro come operistico. La «passione per l'organico»8
', di cui si è parlato da tempo a proposito del Barocco figurativo, non è cosi facile da circoscrivere in ambito poetico. E va comunque sottolineato che, con quella formulazione, non si deve pensare tanto alla fortna esterna, quanto all'intima e segreta strutturazione dell'organico. E da questo interno che proviene la voce, e, a ben guardare, sta proprio in suo potere, se si vuole, il momento organico della poesia, come si può studiarlo soprattutto in Hallmann, negli episodi in stile oratoriale. Egli scrive:
84 HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schiiferspie/e cit., p. I. "HAUSENSTEIN, Vom Geist des Barock cit., p. 14.
x86 Il dramma barocco tedesco
PALLADIUS Der zuckersiisse Tantz ist Gottern selbst geweiht! ANTONIUS Der zuckersiisse Tantz verzuckert alles Leid! SVETONIUS Der zuckersiisse Tantz beweget Stein' und Eisen! JULIANUS Der zuckersiisse Tantz muB Plato selber preisen! SEPTITIUS Der zuckersiisse Tantz besieget alle Lust! HONORIUS Der zuckersiisse Tantz erquicket Seel' und Brust
86!
Per ragioni stilistiche si dovrà supporre che questi passi venissero recitati in coro"'. Cosi Flemming può dire di Gryphius: «Non ci si poteva aspettare troppo dalle parti secondarie. yer~iò egli le f~ parlare poco, preferisce raccoglierle nel coro, e c~s1 otttene effett~ artistici importanti che non avrebbe potuto raggtungere con partl singole di tipo naturalistico. Cosi l' arti~ta p~ga .a v.an~~gi? d~~· ef: fetto artistico i vincoli posti dal matenale» . St penst al gmdict, al
congiurati e alle comparse del Leo Armeniu~, ai co~igi~ni ~ella Catharina, alle vergini della Julia. Andava tnoltre m direz~one dell'opera l'ouverture musicale, che !?recedeva l? ~pettacolo fra 1 g~suiti e i protestanti. Anche gli insertl coreograftct, come pure lo sttle «coreografico» (in senso piu profondo) degli intrighi, non sono estranei a questo sviluppo, che ali~ fine. del secolo porter~ il.dr~ma a risolversi nell'opera. I nesst a cw queste osservaz10ru st rtchiamano sono stati sviluppati da Nietzsche nella Nascita della tr~gedia. La sua preoccupazione era di contrapporre adeguatamente il Gesamtkunstwerk wagneriano all'opera giocosa quale si era andata preparando nel Barocco. Egli le dichiara guerra col. rifiuto del re: citativo. E cosi egli appoggia quella forma che cornspondeva cos1 profondamente a una tendenza alla moda, q~ella di ridar vit~ al suono originario della creatura. «Era consentito abbandonarsi al sogno di un ritorno agli esordi paradisiaci dell:umanit~, nei qu~ anche la musica fosse necessariamente dotata di quella msuperabtle purezza e potenza e innocenza, di cui i poeti sapevano parlare in modo cosi commovente nei loro poemi pastorali ... Il recitativo significava appunto il rinvenimento del linguaggio di quell'uomo pri-
.. HAU.MANN Trauer- Freuden· und Schliferspiele cit. (Sophìa, p. 70 [IV, 18.5 sgg.]; cfr. p. 4 [l, xo8 sgg.]J. [Pallacllo: La danza dolce co~e zuc0exo è consacrata.agli stessi Dèi! l Antonio: La danza dolce come zucchero addolcisce ogru dolore! l Svetomo: La danza dol· ce come zucchero muove la pietra e il fexro! l Giuliano: La danza dolce ~ome zuc.ch7ro de; ve lodarla lo stesso Platone! l Septizio: La danza dolce come zucchero vmce ogru piacere. l Onorio: La danza dolce come zucchero placa l'anima e il petto!]
87 Cfr. RICHARD MARIA WERNER, ]ohann Christian Hallmann a_ls Dramatiker, ~ «Zeit· schrift fiir die osterreichischen Gymnasien», L (1899), p. 691. D1 p~ere co~trano è !io~ST STEGER, ]ohann Christian Hallmann. Seìn Leben und seìne Werke, dissertazione, Letpzig I909,P·89. .
88 FLEMMING, Andreas Gryphius und die Biihne cit., p. 401.
Allegoria e dramma barocco (rr)
mordiale, il melodramma il ritrovamento del paese di quell'essere idillicamente o eroicamente buono, il quale in tutte le sue azioni segue, insieme, un istinto artistico naturale, canta sempre almeno un poco qualunque cosa abbia da dire, per poi subito cantare a piena voce al piu leggero moto del sentimento ... L'uomo artisticamente impotente si costruisce un genere d'arte posticcia, precisamente perché è un uomo congenitamente non-artista. Appunto perché non ha alcun sentore della profondità dionisiaca della musica, egli trasforma a sua volta il godimento musicale ìn una retorica intellettuale della passione verseggiata e suonata nello stile rappresentativo, e in un voluttuoso diletto delle arti del canto; poiché non può contemplare alcuna visione intima, chiama a suo servigio i macchinisti e gli artisti decorativi; poiché non sa concepire la vera natura dell'artista, rievoca secondo il proprio gusto "l'uomo artistico originario", vale a dire l'uomo che nella sua passione canta e verseggia»89. Benché il confronto con la tragedia- e tanto piu con quella musicale- sia inadeguato alla comprensione dell'opera, è innegabile che, dal punto di vista della poesia e in particolare del dramma barocco, l'opera appaia come il prodotto di una decadenza. Il significato e l'intreccio perdono il loro peso e la loro funzione bloccante, e la trama operistica - come pure il suo linguaggio - scivolano via senza resistenze fino a sfociare nella banalità. Insieme al blocco svanisce anche il lutto, l'anima dell'opera, e se si svuota la compagine drammatica si svuota anche quella scenica: e poiché l'allegoria, se non scompare del tutto, si riduce a un sordo ornamento, la scena dovrà cercarsi una nuova giustificazione.
Il gusto voluttuoso del puro suono ha la sua parte nella decadenza del dramma barocco. Cionondimeno- e non per volontà degli autori, ma per la sua stessa essenza - la musica è intimamente connessa al dramma allegorico. Perlomeno ciò verrebbe insegnato dalla filosofia della musica dei romantici, che converrà qui chiamare in causa, legati al Barocco da un'affinità elettiva. In essa, e solo in essa, troveremmo la sintesi di quella contrapposizione che il Barocco teneva accuratamente irrisolta, e comprenderemmo insieme le buone ragioni di quella antitesi. Se non altro, è proprio questa visione romantica del dramma barocco a sollevare la questione perché mai in Shakespeare e in Calder6n la musica non svolga un ruolo puramente teatrale. Perché è appunto questo che accade. Cosi, le osservazioni seguenti del geniale Johann Wilhelm
"NIETZSCHE, Die Geburtder Trag&Jie cit., pp. 132 sgg.; trad. it. cit., pp. 158 sgg.
x86 Il dramma barocco tedesco
PALLADIUS Der zuckersiisse Tantz ist Gottern selbst geweiht! ANTONIUS Der zuckersiisse Tantz verzuckert alles Leid! SVETONIUS Der zuckersiisse Tantz beweget Stein' und Eisen! JULIANUS Der zuckersiisse Tantz muB Plato selber preisen! SEPTITIUS Der zuckersiisse Tantz besieget alle Lust! HONORIUS Der zuckersiisse Tantz erquicket Seel' und Brust
86!
Per ragioni stilistiche si dovrà supporre che questi passi venissero recitati in coro"'. Cosi Flemming può dire di Gryphius: «Non ci si poteva aspettare troppo dalle parti secondarie. yer~iò egli le f~ parlare poco, preferisce raccoglierle nel coro, e c~s1 otttene effett~ artistici importanti che non avrebbe potuto raggtungere con partl singole di tipo naturalistico. Cosi l' arti~ta p~ga .a v.an~~gi? d~~· ef: fetto artistico i vincoli posti dal matenale» . St penst al gmdict, al
congiurati e alle comparse del Leo Armeniu~, ai co~igi~ni ~ella Catharina, alle vergini della Julia. Andava tnoltre m direz~one dell'opera l'ouverture musicale, che !?recedeva l? ~pettacolo fra 1 g~suiti e i protestanti. Anche gli insertl coreograftct, come pure lo sttle «coreografico» (in senso piu profondo) degli intrighi, non sono estranei a questo sviluppo, che ali~ fine. del secolo porter~ il.dr~ma a risolversi nell'opera. I nesst a cw queste osservaz10ru st rtchiamano sono stati sviluppati da Nietzsche nella Nascita della tr~gedia. La sua preoccupazione era di contrapporre adeguatamente il Gesamtkunstwerk wagneriano all'opera giocosa quale si era andata preparando nel Barocco. Egli le dichiara guerra col. rifiuto del re: citativo. E cosi egli appoggia quella forma che cornspondeva cos1 profondamente a una tendenza alla moda, q~ella di ridar vit~ al suono originario della creatura. «Era consentito abbandonarsi al sogno di un ritorno agli esordi paradisiaci dell:umanit~, nei qu~ anche la musica fosse necessariamente dotata di quella msuperabtle purezza e potenza e innocenza, di cui i poeti sapevano parlare in modo cosi commovente nei loro poemi pastorali ... Il recitativo significava appunto il rinvenimento del linguaggio di quell'uomo pri-
.. HAU.MANN Trauer- Freuden· und Schliferspiele cit. (Sophìa, p. 70 [IV, 18.5 sgg.]; cfr. p. 4 [l, xo8 sgg.]J. [Pallacllo: La danza dolce co~e zuc0exo è consacrata.agli stessi Dèi! l Antonio: La danza dolce come zucchero addolcisce ogru dolore! l Svetomo: La danza dol· ce come zucchero muove la pietra e il fexro! l Giuliano: La danza dolce ~ome zuc.ch7ro de; ve lodarla lo stesso Platone! l Septizio: La danza dolce come zucchero vmce ogru piacere. l Onorio: La danza dolce come zucchero placa l'anima e il petto!]
87 Cfr. RICHARD MARIA WERNER, ]ohann Christian Hallmann a_ls Dramatiker, ~ «Zeit· schrift fiir die osterreichischen Gymnasien», L (1899), p. 691. D1 p~ere co~trano è !io~ST STEGER, ]ohann Christian Hallmann. Seìn Leben und seìne Werke, dissertazione, Letpzig I909,P·89. .
88 FLEMMING, Andreas Gryphius und die Biihne cit., p. 401.
Allegoria e dramma barocco (rr)
mordiale, il melodramma il ritrovamento del paese di quell'essere idillicamente o eroicamente buono, il quale in tutte le sue azioni segue, insieme, un istinto artistico naturale, canta sempre almeno un poco qualunque cosa abbia da dire, per poi subito cantare a piena voce al piu leggero moto del sentimento ... L'uomo artisticamente impotente si costruisce un genere d'arte posticcia, precisamente perché è un uomo congenitamente non-artista. Appunto perché non ha alcun sentore della profondità dionisiaca della musica, egli trasforma a sua volta il godimento musicale ìn una retorica intellettuale della passione verseggiata e suonata nello stile rappresentativo, e in un voluttuoso diletto delle arti del canto; poiché non può contemplare alcuna visione intima, chiama a suo servigio i macchinisti e gli artisti decorativi; poiché non sa concepire la vera natura dell'artista, rievoca secondo il proprio gusto "l'uomo artistico originario", vale a dire l'uomo che nella sua passione canta e verseggia»89. Benché il confronto con la tragedia- e tanto piu con quella musicale- sia inadeguato alla comprensione dell'opera, è innegabile che, dal punto di vista della poesia e in particolare del dramma barocco, l'opera appaia come il prodotto di una decadenza. Il significato e l'intreccio perdono il loro peso e la loro funzione bloccante, e la trama operistica - come pure il suo linguaggio - scivolano via senza resistenze fino a sfociare nella banalità. Insieme al blocco svanisce anche il lutto, l'anima dell'opera, e se si svuota la compagine drammatica si svuota anche quella scenica: e poiché l'allegoria, se non scompare del tutto, si riduce a un sordo ornamento, la scena dovrà cercarsi una nuova giustificazione.
Il gusto voluttuoso del puro suono ha la sua parte nella decadenza del dramma barocco. Cionondimeno- e non per volontà degli autori, ma per la sua stessa essenza - la musica è intimamente connessa al dramma allegorico. Perlomeno ciò verrebbe insegnato dalla filosofia della musica dei romantici, che converrà qui chiamare in causa, legati al Barocco da un'affinità elettiva. In essa, e solo in essa, troveremmo la sintesi di quella contrapposizione che il Barocco teneva accuratamente irrisolta, e comprenderemmo insieme le buone ragioni di quella antitesi. Se non altro, è proprio questa visione romantica del dramma barocco a sollevare la questione perché mai in Shakespeare e in Calder6n la musica non svolga un ruolo puramente teatrale. Perché è appunto questo che accade. Cosi, le osservazioni seguenti del geniale Johann Wilhelm
"NIETZSCHE, Die Geburtder Trag&Jie cit., pp. 132 sgg.; trad. it. cit., pp. 158 sgg.
I 88 fl dramma barOCCO tedesCO
Ritter potrebbero aprire una prospettiva, che sarebbe peraltro irresponsabile voler percorrere improvvisando. Bisognerebbe intraprendere un'indagine storico-filosofica di ampio respiro sui rapporti fra linguaggio, musica e scrittura. Quelli che citiamo sono alcuni passi di un lungo saggio, per cosf dire monologante, che ha la forma di una lettera sulle «figure sonore» di Chladni, e dalla quale affiorano, sotto la penna e quasi senza volerlo, una quantità di pensieri vigorosi o di intuizioni suggestive: «Sarebbe bello», osserva Richter a proposito di quelle linee che si disegnano su un disco di vetro coperto di sabbia, percuotendolo in modo da attenerne le varie note, «se quel che ci appare qui esternamente fosse anche l'esatto significato della figura sonora: figura di luce, scrittura di fuoco ... Ogni nota ha cosf immediatamente la sua lettera accan-to a sé ... Il rapporto cosf intimo tra parola e scrittura - il fatto che, parlando, scriviamo ... mi ha occupato a lungo. Mi. dico: come si trasforma per noi il pensiero, l'idea in parola? E abbiamo mai un pensiero, un'idea, senza il suo geroglifico, la sua lettera, la sua scrittura? Certamente è cosi; ma per il solito non ci pensiamo. Che però una volta, ai tempi di una natura umana piu vigorosa, ci si pensasse di piu, lo dimostra l'esistenza stessa di parola e scrittura. La loro simultaneità originaria, e ·assoluta, risiede nel fatto che lo stesso organo del linguaggio scrive, per poter parlare. Solo la lettera parla, o meglio, parola e scrittura sono in origine una cosa sola, e nessuna delle due è possibile senza l'altra ... Ogni figura sonora è una figura elettrica, e ogni figura elettrica è una figura sonora »90 • «Volevo ... dunque ritrovare o comunque cercare per via elettrica la scrittura originaria o naturale»91
• «L'intera creazione è realmente linguaggio, ed è creata letteralmente attraverso la parola, la parola creata e creatrice ... A questa parola è per? inseparabilmente congiunta la lettera, sia nel grande che nel plccolo»92. «In questa scrittura, o riscrittura, o trascrizione, rientrano in particolare tutte le arti figurative: architettura, scultura, pittura ecc. »9'. Con questa esposizione la virtuale teoria romantica dell'allegoria si chiude su una nota quasi interrogativa. E rispondere a quella domanda significherebbe riportare la divinazione di Ritter sotto concetti adeguati: avvicinare sf il linguaggio verbale a
"'JOHANN WILHELM RITI'ER, Fragmente aus dem Nachlasse eines ;ungen Physikers. Ein T a· schenbuch fur Freunde der Natur, Heidelberg 1810, pp. 227 sgg.; trad. it. Frammenti dall'ape· ra postuma di un giovane fisico, Roma 1988.
91 Ibid., p. 2JO. ., Ibid., p. 242. ., Ibid., p. 246.
Allegoria e dramma barocco (n) 189
quello scritto, ma non identificarli se non dialetticamente come tesi e antitesi; garantire al. termine medio della musica - l'ultima lingua universale dopo la costruzione della Torre - il posto centrale che le spetta, quello di antitesi; e studiare come la scrittura cresca a partire da essa, ma non immediatamente dal suono linguistico. Compiti che vanno ben oltre l'ambito delle intuizioni romantiche, come pure di un filosofare non teologico. Benché rimasta allo stato virtuale, questa teoria romantica dell'allegorico attesta in modo innegabile la parentela tra Barocco e Romanticismo. Inutile aggiungere che le trattazioni esplicite dell'allegoria, come quella di Friedrich Schlegel nel Gesprà'ch uber die Poesi~, non raggiungono la profondità dei passi di Ritter: conformemente al linguaggio vago di Schlegel, l'affermazione che ogni bellezza è allegoria non fa anzi altro che proporre il luogo comune classicistico secondo cui essa è simbolo. Diverso il caso di Ritter. Con la sua tesi che ogni immagine è ideogramma egli va direttamente al cuore della visione allegorica. Nel contesto dell'allegoria l'immagine è soltanto segnatura, monogramma dell'essere, e non l'essere stesso nel suo involucro. E tuttavia la scrittura non ha in sé nulla di ancillare, non cade durante la lettura come una scoria. Essa penetra nella cosa letta come la sua «figura». Gli stampatori, anzi i poeti del Barocco, hanno dedicato alla scrittura figurale la massima attenzione. Si sa che Lohenstein usava «riportare sulla carta, e nei suoi caratteri migliori, la didascalia dell'incisione "Castus amor Cygnis vehitur, Venus improba corvis"»95
• Herder ritiene- e ciò vale ancora oggi - che la letteratura barocca sia «quasi insuperata ... nella stampa e nelle ornamentazioni»%. L'idea dei rapporti fra linguaggio e scrittura, che fondano filosoficamente l' allegorico e che racchiudono in sé la soluzione della loro autentica tensione, non era dunque del tutto estranea al pensiero dell'epoca. In caso contrario infatti coglierebbe nel segno l'ipotesi, intelligente e illuminante, di Strich sui poemi calligrammatici, i quali «potrebbero fondarsi sulla concezione per cui la lunghezza variabile dei versi, se riproduce una forma organica, deve anche produrre un ritmo organicamente ascendente e discendente»97
• Va senz'al-
"'Cfr. FRIEDRICH SCHLEGEL, Seine prosaische Jugendschriften, a cura di J. Minor, Wien 1906, vol. II: Zur deutschen Literatur und Philosophie, p. 364; cfr. trad. it. in Dialogo sulla poesia, a cura di A. Lavagetto, Torino 1991, p. 46.
"MiiLLER, Beitriige zum Leben und Dichten Daniel Caspers von Lohenstein cit., p. 71. 96 HERDER, Siimtliche Werke cit., vol. XVI, p. 230 . "' STRICH, Der lyrische Sti/ des siebzehnten Jahrhunderts ci t., p. 42 .
I 88 fl dramma barOCCO tedesCO
Ritter potrebbero aprire una prospettiva, che sarebbe peraltro irresponsabile voler percorrere improvvisando. Bisognerebbe intraprendere un'indagine storico-filosofica di ampio respiro sui rapporti fra linguaggio, musica e scrittura. Quelli che citiamo sono alcuni passi di un lungo saggio, per cosf dire monologante, che ha la forma di una lettera sulle «figure sonore» di Chladni, e dalla quale affiorano, sotto la penna e quasi senza volerlo, una quantità di pensieri vigorosi o di intuizioni suggestive: «Sarebbe bello», osserva Richter a proposito di quelle linee che si disegnano su un disco di vetro coperto di sabbia, percuotendolo in modo da attenerne le varie note, «se quel che ci appare qui esternamente fosse anche l'esatto significato della figura sonora: figura di luce, scrittura di fuoco ... Ogni nota ha cosf immediatamente la sua lettera accan-to a sé ... Il rapporto cosf intimo tra parola e scrittura - il fatto che, parlando, scriviamo ... mi ha occupato a lungo. Mi. dico: come si trasforma per noi il pensiero, l'idea in parola? E abbiamo mai un pensiero, un'idea, senza il suo geroglifico, la sua lettera, la sua scrittura? Certamente è cosi; ma per il solito non ci pensiamo. Che però una volta, ai tempi di una natura umana piu vigorosa, ci si pensasse di piu, lo dimostra l'esistenza stessa di parola e scrittura. La loro simultaneità originaria, e ·assoluta, risiede nel fatto che lo stesso organo del linguaggio scrive, per poter parlare. Solo la lettera parla, o meglio, parola e scrittura sono in origine una cosa sola, e nessuna delle due è possibile senza l'altra ... Ogni figura sonora è una figura elettrica, e ogni figura elettrica è una figura sonora »90 • «Volevo ... dunque ritrovare o comunque cercare per via elettrica la scrittura originaria o naturale»91
• «L'intera creazione è realmente linguaggio, ed è creata letteralmente attraverso la parola, la parola creata e creatrice ... A questa parola è per? inseparabilmente congiunta la lettera, sia nel grande che nel plccolo»92. «In questa scrittura, o riscrittura, o trascrizione, rientrano in particolare tutte le arti figurative: architettura, scultura, pittura ecc. »9'. Con questa esposizione la virtuale teoria romantica dell'allegoria si chiude su una nota quasi interrogativa. E rispondere a quella domanda significherebbe riportare la divinazione di Ritter sotto concetti adeguati: avvicinare sf il linguaggio verbale a
"'JOHANN WILHELM RITI'ER, Fragmente aus dem Nachlasse eines ;ungen Physikers. Ein T a· schenbuch fur Freunde der Natur, Heidelberg 1810, pp. 227 sgg.; trad. it. Frammenti dall'ape· ra postuma di un giovane fisico, Roma 1988.
91 Ibid., p. 2JO. ., Ibid., p. 242. ., Ibid., p. 246.
Allegoria e dramma barocco (n) 189
quello scritto, ma non identificarli se non dialetticamente come tesi e antitesi; garantire al. termine medio della musica - l'ultima lingua universale dopo la costruzione della Torre - il posto centrale che le spetta, quello di antitesi; e studiare come la scrittura cresca a partire da essa, ma non immediatamente dal suono linguistico. Compiti che vanno ben oltre l'ambito delle intuizioni romantiche, come pure di un filosofare non teologico. Benché rimasta allo stato virtuale, questa teoria romantica dell'allegorico attesta in modo innegabile la parentela tra Barocco e Romanticismo. Inutile aggiungere che le trattazioni esplicite dell'allegoria, come quella di Friedrich Schlegel nel Gesprà'ch uber die Poesi~, non raggiungono la profondità dei passi di Ritter: conformemente al linguaggio vago di Schlegel, l'affermazione che ogni bellezza è allegoria non fa anzi altro che proporre il luogo comune classicistico secondo cui essa è simbolo. Diverso il caso di Ritter. Con la sua tesi che ogni immagine è ideogramma egli va direttamente al cuore della visione allegorica. Nel contesto dell'allegoria l'immagine è soltanto segnatura, monogramma dell'essere, e non l'essere stesso nel suo involucro. E tuttavia la scrittura non ha in sé nulla di ancillare, non cade durante la lettura come una scoria. Essa penetra nella cosa letta come la sua «figura». Gli stampatori, anzi i poeti del Barocco, hanno dedicato alla scrittura figurale la massima attenzione. Si sa che Lohenstein usava «riportare sulla carta, e nei suoi caratteri migliori, la didascalia dell'incisione "Castus amor Cygnis vehitur, Venus improba corvis"»95
• Herder ritiene- e ciò vale ancora oggi - che la letteratura barocca sia «quasi insuperata ... nella stampa e nelle ornamentazioni»%. L'idea dei rapporti fra linguaggio e scrittura, che fondano filosoficamente l' allegorico e che racchiudono in sé la soluzione della loro autentica tensione, non era dunque del tutto estranea al pensiero dell'epoca. In caso contrario infatti coglierebbe nel segno l'ipotesi, intelligente e illuminante, di Strich sui poemi calligrammatici, i quali «potrebbero fondarsi sulla concezione per cui la lunghezza variabile dei versi, se riproduce una forma organica, deve anche produrre un ritmo organicamente ascendente e discendente»97
• Va senz'al-
"'Cfr. FRIEDRICH SCHLEGEL, Seine prosaische Jugendschriften, a cura di J. Minor, Wien 1906, vol. II: Zur deutschen Literatur und Philosophie, p. 364; cfr. trad. it. in Dialogo sulla poesia, a cura di A. Lavagetto, Torino 1991, p. 46.
"MiiLLER, Beitriige zum Leben und Dichten Daniel Caspers von Lohenstein cit., p. 71. 96 HERDER, Siimtliche Werke cit., vol. XVI, p. 230 . "' STRICH, Der lyrische Sti/ des siebzehnten Jahrhunderts ci t., p. 42 .
I 90 Il dramma barocco tedesco
tro in questa direzione l'opinione di Birken, messa in bocca al Fioridano della Dannebergische Helden-Beut, secondo cui «ogni evento naturale in questo mondo potrebbe essere l'effetto o la materializzazione di m~' eco o di un suono cosmico, anche il movimento degli astri»98
• E qui che si realizza, sul piano della teoria del linguaggio, l'unità tra il Barocco linguistico e il Barocco figurativo.
"CYSARZ, Deutsche Barockdichtung cit., p. I 14.
Allegoria e dramma barocco (m)
Ja wenn der Hochste wird vom Kirch-Hof emdten ein, So werd ich Todten-Kopff ein Englisch Antlitz seyn.
DANIEL CASPEll VON LOHENSTEIN,
Redender Todten-Kopff Herrn Matthiius Machneri.
Tutte le argomentazioni, anche le piu audaci, che abbiamo fin qui svolto- con un metodo qua e là ancora vago, ancora impregnato di motivi storico-culturali - si raccolgono in realtà sotto la categoria dell'allegorico, e si condensano nel dramma barocco come nella propria idea. La rappresentazione può, anzi deve, insistere cosi a lungo sulla struttura allegorica di questa forma, perché è grazie ad essa che il dramma barocco può assimilare come proprio contenuto i materiali che gli provengono dal suo tempo. E in ultima analisi questo contenuto non può essere sviluppato se non in termini teologici, quei termini .a cui già la sola esposizione non ha potuto sottrarsi. Se la conclusione di questo studio parlerà senz' altro tale linguaggio, non si tratterà dunque di una f.!Ztaj3amç etç allo yévoç. Poiché l'allegoria come forma costitutiva del dramma barocco può essere risolta criticamente solo a partire da un dominio superiore, quello appunto teologico: all'interno di una considerazione puramente estetica l'ultima parola spetterebbe al paradosso. Che tale risoluzione, come sempre quella del profano in un ambito sacrale, debba compiersi sul terreno della storia, anzi di una teologia della storia, e solo dinamicamente, non staticamente nel senso di un'economia della salvezza già garantita, tutto ciò sarebbe acquisito, anche se il dramma tedesco dell'età barocca non rimandasse cosi chiaramente allo Sturm und Drang e al Romanticismo, e anche se la produzione drammaturgica piu recente
1 LOHENSTEIN, Blumen cit. (Hyacinthen cit.), p. 50. [E quando l'Altissimo ven:à a rac· cogliere la messe dal cimitero, l Io, teschio, sarò un volto d'angelo].
I 90 Il dramma barocco tedesco
tro in questa direzione l'opinione di Birken, messa in bocca al Fioridano della Dannebergische Helden-Beut, secondo cui «ogni evento naturale in questo mondo potrebbe essere l'effetto o la materializzazione di m~' eco o di un suono cosmico, anche il movimento degli astri»98
• E qui che si realizza, sul piano della teoria del linguaggio, l'unità tra il Barocco linguistico e il Barocco figurativo.
"CYSARZ, Deutsche Barockdichtung cit., p. I 14.
Allegoria e dramma barocco (m)
Ja wenn der Hochste wird vom Kirch-Hof emdten ein, So werd ich Todten-Kopff ein Englisch Antlitz seyn.
DANIEL CASPEll VON LOHENSTEIN,
Redender Todten-Kopff Herrn Matthiius Machneri.
Tutte le argomentazioni, anche le piu audaci, che abbiamo fin qui svolto- con un metodo qua e là ancora vago, ancora impregnato di motivi storico-culturali - si raccolgono in realtà sotto la categoria dell'allegorico, e si condensano nel dramma barocco come nella propria idea. La rappresentazione può, anzi deve, insistere cosi a lungo sulla struttura allegorica di questa forma, perché è grazie ad essa che il dramma barocco può assimilare come proprio contenuto i materiali che gli provengono dal suo tempo. E in ultima analisi questo contenuto non può essere sviluppato se non in termini teologici, quei termini .a cui già la sola esposizione non ha potuto sottrarsi. Se la conclusione di questo studio parlerà senz' altro tale linguaggio, non si tratterà dunque di una f.!Ztaj3amç etç allo yévoç. Poiché l'allegoria come forma costitutiva del dramma barocco può essere risolta criticamente solo a partire da un dominio superiore, quello appunto teologico: all'interno di una considerazione puramente estetica l'ultima parola spetterebbe al paradosso. Che tale risoluzione, come sempre quella del profano in un ambito sacrale, debba compiersi sul terreno della storia, anzi di una teologia della storia, e solo dinamicamente, non staticamente nel senso di un'economia della salvezza già garantita, tutto ciò sarebbe acquisito, anche se il dramma tedesco dell'età barocca non rimandasse cosi chiaramente allo Sturm und Drang e al Romanticismo, e anche se la produzione drammaturgica piu recente
1 LOHENSTEIN, Blumen cit. (Hyacinthen cit.), p. 50. [E quando l'Altissimo ven:à a rac· cogliere la messe dal cimitero, l Io, teschio, sarò un volto d'angelo].
192 Il dramma baiocco tedesco
non tentasse con tanta insistenza - e sia pure invano - di salvarne la parte migliore. La costruzione logica del suo contenuto dovrà prendere sul serio- e ciò s'intende- soprattutto i motivi piu ostici, quelli da cui sembra impossibile ricavare se non mere asserzioni di fatto. In particolare: come la mettiamo con le scene di orrore e di martirio che i drammi barocchi offrono a profusione? Com'è logico attendersi dal tenore asciutto e irriflesso della critica d'arte barocca, le fonti per una risposta diretta sono magre. Eccone comunque una nascosta ma preziosa: «lntegrum humanum corpus symbolicam iconem ingredi non posse, partem tamen corporis ei constituendae non esse ineptam»2
• Cosf leggiamo nel quadro di una controversia sulle norme dell'emblematica. E l'emblematista ortodosso non poteva pensarla diversamente: il corpo umano non può fare eccezione al decreto che ordina di smembrare l'organico, per ritrovare nelle sue schegge il vero significato, quello definitivo e scritturale. Anzi, dove potrebbe questa legge trovare un'applicazione piu trionfante che nell'uomo, il quale pianta in asso la sua physis convenzionale, provvista di coscienza, per ripartirla nelle molteplici regioni del significato? Non sempre l'emblematica e l'araldica hanno seguito incondizionatamente questa legge. Nella già citata Ars heraldica, dell'uomo si dice soltanto che «i capelli significano la molteplicità dei pensieri»3
, mentre gli «araldi» fanno regolarmente a pezzi il leone: «La testa, il petto, e tutta la parte anteriore significa magnanimità e coraggio, mentre la parte posteriore significa la forza, la collera e l'ira, che seguono il ruggito»4 • Tale vivisezione emblematica- trasportata sul piano di una qualità che riguarda pur sempre il corpo - detta a Opitz l'espressione preziosa del «maneggio della castità»', che egli attribuisce a Giuq}tta. E cosf Hallmann illustra tale virtU sull'esempio della pudica Agytha, il cui «organo riproduttivo» viene ritrovato incorrotto nella tomba molti anni dopo la sepoltura6
• Seil martirio applica al vivente una griglia emblematica, non è privo di importanza il fatto che il dolore fisico fosse sempre presente al drammaturgo come motivo dell'azione tout court. Non solo il dualismo cartesiano è barocco, ma lo è in sommo grado la teoria delle pas-
'Recensione anonima di MENESTRIER, La philosaphie des images cit., pp. 17 sgg. 'BOCKLER, An heraldica cit., p. ro2. [Die Haar bedeuten die vielfaltigen Gedancken]. 'Ibid., p. 104. [Das Haupt die Brust und das gantze vordere Theil bedeutet GroBmii-
tigkeit und Dapfferkeit das hintere aber die Stiircke Grimm und Zorn so dem Briillen folget].
'MARTIN OPITZ, Judith, BreB!aw x635, f. Aijv. [Handhabung der Keuschheit]. 6 Cfr. HALLMANN, Leichreden cit., p. 377· [Geburts-Glied].
Allegoria e dramma baiocco (m) I 9 3
sioni, come conseguenza della dottrina del rapporto psicofisico. Poiché infatti lo spirito in sé è pura ragione fedele a se stessa e sono gli influssi corporei a metterlo in contatto col mondo es;erno le sofferenze fisiche che esso patisce saranno una base emotiva piJ i~edi~t~ dei cosiddett~ conflitti tragici. Se poi, nella morte, lo sp~Ito si libera alla maruera appunto degli spiriti, anche il corpo si nappropria allora dei suoi diritti. Perché la cosa va da sé: l'allegorizzazione della physis può compiersi in modo energico soltanto sul cadavere. E i personaggi del dramma barocco muoiono perché soltanto cosf, come cadaveri, possono entrare nella loro patria allegorica. Non è per ottenere l'immortalità, ma in vista del cadavere, ~e essi vanno in rovina. «Ci lascia il suo cadavere come peg~w di un estrem~ favore»7
, dice la figlia di Carlo Stuart a proposito del padre, il quale a sua volta a\reva chiesto di farlo imbalsamare. Considerata dal punto di vista della morte la vita è produzione del cadavere. Non solo nella perdita di parti del corpo, non solo nei mutamenti del corpo che invecchia, ma in tutti i processi di secrezione e di purificazione vi è qualcosa di cadaverico che si stacca, pezzo per pezzo, dal corpo. E non è un caso che proprio le unghie ed i capelli, che vengono tagliati dal corpo come qualcosa di morto, continuino a crescere nel cadavere. C'è un memento mori che veglia nella physis, nella memoria stessa. L'uomo medievale e l'uomo barocco non sarebbero cosf compenetrati dalla morte se le loro preoccupazioni andassero unicamente alla fine della vita. Le poesie mortuarie .di un Lohenstein non sono, nella loro :ssenza,. una forma di manierismo, anche se non. è sbagliato considerarle m questa prospettiva. Alcuni singolari esempi di questo tema lirico si trovano già fra le primissime opere di Lohenstein. Già a scuola aveva dovuto celebrare, secondo un vecchio schema compositivo, «la passione di Cristo con poesie latine e tedesche, s?ddivise secondo le varie parti del corpo»8
• Lo stesso schema si ritrova nel Denck- und Danck-Altar [Altare commemorativo e di ringraziamento] che egli eresse alla madre morta. Nove strofe impietose descrivono le varie parti del corpo in via di decomposizione. Tali temi furono presenti anche a Gryphius, e certo il suo studio dell'anatomia, al quale rimase sempre fedele, fu influenzato non solo dai suoi interessi scientifici, ma anche da questi peculia-
· 7 GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 390 (Caralus Stuardus, II, 389 sg.). [Er liisst uns seine
leiche Zum pfande letzter gunst]. 8 MiiLLER, Beitriige zum Leben und Dichten Daniel Caspers van Lahenstein eit., p. 15. ·
192 Il dramma baiocco tedesco
non tentasse con tanta insistenza - e sia pure invano - di salvarne la parte migliore. La costruzione logica del suo contenuto dovrà prendere sul serio- e ciò s'intende- soprattutto i motivi piu ostici, quelli da cui sembra impossibile ricavare se non mere asserzioni di fatto. In particolare: come la mettiamo con le scene di orrore e di martirio che i drammi barocchi offrono a profusione? Com'è logico attendersi dal tenore asciutto e irriflesso della critica d'arte barocca, le fonti per una risposta diretta sono magre. Eccone comunque una nascosta ma preziosa: «lntegrum humanum corpus symbolicam iconem ingredi non posse, partem tamen corporis ei constituendae non esse ineptam»2
• Cosf leggiamo nel quadro di una controversia sulle norme dell'emblematica. E l'emblematista ortodosso non poteva pensarla diversamente: il corpo umano non può fare eccezione al decreto che ordina di smembrare l'organico, per ritrovare nelle sue schegge il vero significato, quello definitivo e scritturale. Anzi, dove potrebbe questa legge trovare un'applicazione piu trionfante che nell'uomo, il quale pianta in asso la sua physis convenzionale, provvista di coscienza, per ripartirla nelle molteplici regioni del significato? Non sempre l'emblematica e l'araldica hanno seguito incondizionatamente questa legge. Nella già citata Ars heraldica, dell'uomo si dice soltanto che «i capelli significano la molteplicità dei pensieri»3
, mentre gli «araldi» fanno regolarmente a pezzi il leone: «La testa, il petto, e tutta la parte anteriore significa magnanimità e coraggio, mentre la parte posteriore significa la forza, la collera e l'ira, che seguono il ruggito»4 • Tale vivisezione emblematica- trasportata sul piano di una qualità che riguarda pur sempre il corpo - detta a Opitz l'espressione preziosa del «maneggio della castità»', che egli attribuisce a Giuq}tta. E cosf Hallmann illustra tale virtU sull'esempio della pudica Agytha, il cui «organo riproduttivo» viene ritrovato incorrotto nella tomba molti anni dopo la sepoltura6
• Seil martirio applica al vivente una griglia emblematica, non è privo di importanza il fatto che il dolore fisico fosse sempre presente al drammaturgo come motivo dell'azione tout court. Non solo il dualismo cartesiano è barocco, ma lo è in sommo grado la teoria delle pas-
'Recensione anonima di MENESTRIER, La philosaphie des images cit., pp. 17 sgg. 'BOCKLER, An heraldica cit., p. ro2. [Die Haar bedeuten die vielfaltigen Gedancken]. 'Ibid., p. 104. [Das Haupt die Brust und das gantze vordere Theil bedeutet GroBmii-
tigkeit und Dapfferkeit das hintere aber die Stiircke Grimm und Zorn so dem Briillen folget].
'MARTIN OPITZ, Judith, BreB!aw x635, f. Aijv. [Handhabung der Keuschheit]. 6 Cfr. HALLMANN, Leichreden cit., p. 377· [Geburts-Glied].
Allegoria e dramma baiocco (m) I 9 3
sioni, come conseguenza della dottrina del rapporto psicofisico. Poiché infatti lo spirito in sé è pura ragione fedele a se stessa e sono gli influssi corporei a metterlo in contatto col mondo es;erno le sofferenze fisiche che esso patisce saranno una base emotiva piJ i~edi~t~ dei cosiddett~ conflitti tragici. Se poi, nella morte, lo sp~Ito si libera alla maruera appunto degli spiriti, anche il corpo si nappropria allora dei suoi diritti. Perché la cosa va da sé: l'allegorizzazione della physis può compiersi in modo energico soltanto sul cadavere. E i personaggi del dramma barocco muoiono perché soltanto cosf, come cadaveri, possono entrare nella loro patria allegorica. Non è per ottenere l'immortalità, ma in vista del cadavere, ~e essi vanno in rovina. «Ci lascia il suo cadavere come peg~w di un estrem~ favore»7
, dice la figlia di Carlo Stuart a proposito del padre, il quale a sua volta a\reva chiesto di farlo imbalsamare. Considerata dal punto di vista della morte la vita è produzione del cadavere. Non solo nella perdita di parti del corpo, non solo nei mutamenti del corpo che invecchia, ma in tutti i processi di secrezione e di purificazione vi è qualcosa di cadaverico che si stacca, pezzo per pezzo, dal corpo. E non è un caso che proprio le unghie ed i capelli, che vengono tagliati dal corpo come qualcosa di morto, continuino a crescere nel cadavere. C'è un memento mori che veglia nella physis, nella memoria stessa. L'uomo medievale e l'uomo barocco non sarebbero cosf compenetrati dalla morte se le loro preoccupazioni andassero unicamente alla fine della vita. Le poesie mortuarie .di un Lohenstein non sono, nella loro :ssenza,. una forma di manierismo, anche se non. è sbagliato considerarle m questa prospettiva. Alcuni singolari esempi di questo tema lirico si trovano già fra le primissime opere di Lohenstein. Già a scuola aveva dovuto celebrare, secondo un vecchio schema compositivo, «la passione di Cristo con poesie latine e tedesche, s?ddivise secondo le varie parti del corpo»8
• Lo stesso schema si ritrova nel Denck- und Danck-Altar [Altare commemorativo e di ringraziamento] che egli eresse alla madre morta. Nove strofe impietose descrivono le varie parti del corpo in via di decomposizione. Tali temi furono presenti anche a Gryphius, e certo il suo studio dell'anatomia, al quale rimase sempre fedele, fu influenzato non solo dai suoi interessi scientifici, ma anche da questi peculia-
· 7 GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 390 (Caralus Stuardus, II, 389 sg.). [Er liisst uns seine
leiche Zum pfande letzter gunst]. 8 MiiLLER, Beitriige zum Leben und Dichten Daniel Caspers van Lahenstein eit., p. 15. ·
x 94 Il dramma barocco tedesco
ri interessi emblematici. I modelli di queste descrizioni per il dramma sitrovavano nell'Ercole Eteo di Seneca, ma anche nella Fedra, nelle Troiane e cosf via. «<n un esercizio di dissezione anatomica, le singole parti del corpo vengono enumerate con un chiaro gusto della crudeltà»9 • Com'è noto, Seneca fu sempre un'autorità molto stimata per la drammaturgia dell'orrore, e varrebbe la pena di domandarsi se anche nei suoi drammi questi motivi poggino su presupposti analoghi. Per il dramma barocco del xvn secolo il cadavere diventa comunque l'oggetto emblematico per eccellenza. Senza di esso le apoteosi risultano pressoché impensabili. Esse «fanno pompa di pallidi cadaveri»10
, ed è compito del tiranno rifornirne la scena. Cosfla chiusa del Papinian, in cui si riconoscono tracce dell'influsso del dramma dei masnadieri sul tardo Gryphius, presenta il massacro della famiglia di Papiniano compiuto da Bassiano Caracalla. Il padre e due figli sono stati uccisi. «Le due salme vengono portate in scena su due catafalchi dai servi di Papiniano e messe l'una di fronte all'altra·. Plauzia non parla piu, ma passa, in preda al lutto, da una salma all'altra, ne bacia il capo e le mani, e infine crolla esanime sul cadavere di Papiniano e viene portata via dalle sue ancelle, dietro le salme»11
• Nel finale della Sophia di Hallmann, una volta consumato il martirio della fedele Cristina e delle sue figlie, si spalanca il retroscena «in cui viene mostrato il banchetto funebre ossia le tre teste delle figlie e tre calici colmi di sangue»12 • Il «banchetto funebre» era tenuto in grande consi~erazione. In Gryphius esso non viene ancora rappresentato, ma pmttosto raccontato.
Fiirst Meurab, blind von hass, getrotzt durch so vielleiden, Lie.B der entleibteh schaar die bleichen kopff abschneiden, Und als der hliupter reyh, diè ihn so hoch verletzt, Zu einem schaugericht auf seinen tisch gesetzt, Nam er, schier au.Ber sich, den dargereichten becher
• STACHEL Seneca und das deutsche Renaissancedrama cit., p. 25. 10 HALLM~, Trauer-,Freuden- undSchaferspiele cit. (Sophia, p. 73 [V, 28o]). [Mit blas
sen Leichen prangen]. 11 GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 6x4 (Amilius Paulus Papinianus, V,_i~dic;az!oni per la
messinscena). [Beyde leichen werden auf zweyen trauerbetten von Papmtaru dienern auf den schauplatz getragen und eÌD;ander ~egeniiber gestellet. ~lauria red~t ni~ts f:rner, sondern gehet hiichst-traurig von etner letche zu der andern, kiisset zuweilen die haupter und hiinde, bis sie zuletzt auf Papiniani leichnam ohnmiichtig sincket und durch ihre statsjungfern den leichen nachgetragen wird].
12 HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schii/erspiele ci t. (Sophia, p. 68, indicazioni per la messinscena). [ ... in welchem die T odtenmahlzeit gezeiget wird nehmlich die drey Kopfe der Kinder mit drey Gliisern Blut].
J (
\
\
Allegoria e dramma barocco (m) 195
Und schrie: di.B ist der kdch, den ich, der meinen racher Nu nicht mehr sclav, erwisch13 ! '
Piu tardi tali banchetti comparvero anche sulla scena, e siricorreva a tale scopo a un trucco italiano raccomandato da Harsdorffer e da Birken: attraverso un buco praticato nel piano di un tavolo, la cui tovaglia ricadeva fino a terra, compariva la testa di un attore. In certi casi queste esibizioni del corpo inanimato si trovano già all'inizio .del dramma. Le note di scena introduttive della Catharina von Georgien sono un esempio in questo senso1\ come pure la curiosa scenografia prevista da Hallmann per il primo atto dello Heraclius: «Un campo pieno dei cadaveri dell'esercito sconfitto dell'imperatore Maurizio, accanto ad alcuni rivoletti d'acqua sgorganti dalla vicina montagna»1'.
Non è un puro interesse antiquario quello che raccomanda di seguire le tr~cce che riportano, e con estrema chiarezza, di qui al Medioevo. E difficile infatti sopravvalutare l'importanza che riveste, per il Barocco, la conoscenza delle origini cristiane della visione allegorica. E pur avendo subito gli influssi piu svariati, queste tracce segnano il cammino percorso dal genio dell'allegoria anche nel mutare delle sue intenzioni. Spesso i poeti del xvn secolo si sono voltati indietro per assicurarsi di questo cammino. Per il Leidenden Christus, Harsdorffer rimandava l'allievo Klai alla Passione di Gregorio di Nazianzo16
• Anche Gryphius ha «tradotto quasi venti inni altomedievali ... nella sua lingua particolarmente adatta a questo stile solenne e tonante; e nutre un amore particolare per il piu grande fra gli innografi, Prudenzio»I7• Tra la cristianità barocca e quella medievale esiste una triplice parentela di f?t.to. La lotta con t:~ gli dèi pagani, il trionfo dell'allegoria, il martirlo della corpore1ta, sono ugualmente necessari per entrambe. Questi motivi sono strettamente legati fra loro. A quanto risulta,
".GRYP~s! Trauerspiele_ cit. (Catharina von Georgien, I, 649 sgg.). [ll.principe Meurab, Cieco di odto, furente di tanto dolore, l Alla schiera inanimata fece tagliare le pallide teste, I.E 9uando la f!Ja dell.e test~, ~he tanto l'avevano offeso, l Fu posata sul tavolo, per esser g.tudicata, l Egli, quasi fuori di sé, prese il calice offerto l E gridò: questo è il calice che io, vendicatore dei miei, l Or non piu schiavo, afferro!]
"Ibid., p. 149 (Catharina von Georgien, I, indicazioni per la messinscena). u ~NN! T~uer:, ~reuden- und.Schiiferspiele cìt. (Die listige Rache oder der tapfere
He;aklius, p. Io, mdicazxoru per la messmscena). [Ein grosses Feld erfiillet mìt sehr vielen Letchen des geschlagenen Krieges-Heeres des Kaìsers Mauritii nebst etlìchen aus dem benachbarten Gebirge entspringenden Wiisserbiichlein].
16 Cfr. TITTMANN, Die Numberger Dichterschule cìt., p. 175. 17
MANHEIMER, Die Lyrik des Andreas Gryphius cìt., p. 139.
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ri interessi emblematici. I modelli di queste descrizioni per il dramma sitrovavano nell'Ercole Eteo di Seneca, ma anche nella Fedra, nelle Troiane e cosf via. «<n un esercizio di dissezione anatomica, le singole parti del corpo vengono enumerate con un chiaro gusto della crudeltà»9 • Com'è noto, Seneca fu sempre un'autorità molto stimata per la drammaturgia dell'orrore, e varrebbe la pena di domandarsi se anche nei suoi drammi questi motivi poggino su presupposti analoghi. Per il dramma barocco del xvn secolo il cadavere diventa comunque l'oggetto emblematico per eccellenza. Senza di esso le apoteosi risultano pressoché impensabili. Esse «fanno pompa di pallidi cadaveri»10
, ed è compito del tiranno rifornirne la scena. Cosfla chiusa del Papinian, in cui si riconoscono tracce dell'influsso del dramma dei masnadieri sul tardo Gryphius, presenta il massacro della famiglia di Papiniano compiuto da Bassiano Caracalla. Il padre e due figli sono stati uccisi. «Le due salme vengono portate in scena su due catafalchi dai servi di Papiniano e messe l'una di fronte all'altra·. Plauzia non parla piu, ma passa, in preda al lutto, da una salma all'altra, ne bacia il capo e le mani, e infine crolla esanime sul cadavere di Papiniano e viene portata via dalle sue ancelle, dietro le salme»11
• Nel finale della Sophia di Hallmann, una volta consumato il martirio della fedele Cristina e delle sue figlie, si spalanca il retroscena «in cui viene mostrato il banchetto funebre ossia le tre teste delle figlie e tre calici colmi di sangue»12 • Il «banchetto funebre» era tenuto in grande consi~erazione. In Gryphius esso non viene ancora rappresentato, ma pmttosto raccontato.
Fiirst Meurab, blind von hass, getrotzt durch so vielleiden, Lie.B der entleibteh schaar die bleichen kopff abschneiden, Und als der hliupter reyh, diè ihn so hoch verletzt, Zu einem schaugericht auf seinen tisch gesetzt, Nam er, schier au.Ber sich, den dargereichten becher
• STACHEL Seneca und das deutsche Renaissancedrama cit., p. 25. 10 HALLM~, Trauer-,Freuden- undSchaferspiele cit. (Sophia, p. 73 [V, 28o]). [Mit blas
sen Leichen prangen]. 11 GRYPHIUS, Trauerspiele cit., p. 6x4 (Amilius Paulus Papinianus, V,_i~dic;az!oni per la
messinscena). [Beyde leichen werden auf zweyen trauerbetten von Papmtaru dienern auf den schauplatz getragen und eÌD;ander ~egeniiber gestellet. ~lauria red~t ni~ts f:rner, sondern gehet hiichst-traurig von etner letche zu der andern, kiisset zuweilen die haupter und hiinde, bis sie zuletzt auf Papiniani leichnam ohnmiichtig sincket und durch ihre statsjungfern den leichen nachgetragen wird].
12 HALLMANN, Trauer-, Freuden- und Schii/erspiele ci t. (Sophia, p. 68, indicazioni per la messinscena). [ ... in welchem die T odtenmahlzeit gezeiget wird nehmlich die drey Kopfe der Kinder mit drey Gliisern Blut].
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Allegoria e dramma barocco (m) 195
Und schrie: di.B ist der kdch, den ich, der meinen racher Nu nicht mehr sclav, erwisch13 ! '
Piu tardi tali banchetti comparvero anche sulla scena, e siricorreva a tale scopo a un trucco italiano raccomandato da Harsdorffer e da Birken: attraverso un buco praticato nel piano di un tavolo, la cui tovaglia ricadeva fino a terra, compariva la testa di un attore. In certi casi queste esibizioni del corpo inanimato si trovano già all'inizio .del dramma. Le note di scena introduttive della Catharina von Georgien sono un esempio in questo senso1\ come pure la curiosa scenografia prevista da Hallmann per il primo atto dello Heraclius: «Un campo pieno dei cadaveri dell'esercito sconfitto dell'imperatore Maurizio, accanto ad alcuni rivoletti d'acqua sgorganti dalla vicina montagna»1'.
Non è un puro interesse antiquario quello che raccomanda di seguire le tr~cce che riportano, e con estrema chiarezza, di qui al Medioevo. E difficile infatti sopravvalutare l'importanza che riveste, per il Barocco, la conoscenza delle origini cristiane della visione allegorica. E pur avendo subito gli influssi piu svariati, queste tracce segnano il cammino percorso dal genio dell'allegoria anche nel mutare delle sue intenzioni. Spesso i poeti del xvn secolo si sono voltati indietro per assicurarsi di questo cammino. Per il Leidenden Christus, Harsdorffer rimandava l'allievo Klai alla Passione di Gregorio di Nazianzo16
• Anche Gryphius ha «tradotto quasi venti inni altomedievali ... nella sua lingua particolarmente adatta a questo stile solenne e tonante; e nutre un amore particolare per il piu grande fra gli innografi, Prudenzio»I7• Tra la cristianità barocca e quella medievale esiste una triplice parentela di f?t.to. La lotta con t:~ gli dèi pagani, il trionfo dell'allegoria, il martirlo della corpore1ta, sono ugualmente necessari per entrambe. Questi motivi sono strettamente legati fra loro. A quanto risulta,
".GRYP~s! Trauerspiele_ cit. (Catharina von Georgien, I, 649 sgg.). [ll.principe Meurab, Cieco di odto, furente di tanto dolore, l Alla schiera inanimata fece tagliare le pallide teste, I.E 9uando la f!Ja dell.e test~, ~he tanto l'avevano offeso, l Fu posata sul tavolo, per esser g.tudicata, l Egli, quasi fuori di sé, prese il calice offerto l E gridò: questo è il calice che io, vendicatore dei miei, l Or non piu schiavo, afferro!]
"Ibid., p. 149 (Catharina von Georgien, I, indicazioni per la messinscena). u ~NN! T~uer:, ~reuden- und.Schiiferspiele cìt. (Die listige Rache oder der tapfere
He;aklius, p. Io, mdicazxoru per la messmscena). [Ein grosses Feld erfiillet mìt sehr vielen Letchen des geschlagenen Krieges-Heeres des Kaìsers Mauritii nebst etlìchen aus dem benachbarten Gebirge entspringenden Wiisserbiichlein].
16 Cfr. TITTMANN, Die Numberger Dichterschule cìt., p. 175. 17
MANHEIMER, Die Lyrik des Andreas Gryphius cìt., p. 139.
I 96 Il dramma barocco tedesco
sotto l'aspetto storico-religioso essi sono anzi una sola cosa. Ed è sotto questo aspetto che l'origine dell'allegoria va chiarita. Se la dissoluzione del pantheon classico svolge un ruolo decisivo in questa origine, è altamente istruttivo il fatto che il suo ripristino da parte dell'umanesimo susciti nel xvn secolo la piu viva protesta. Rist Moscherosch, Zesen, Harsdorffer, Birken si scagliano contro l~ letteratura mitologizzante con lo zelo dei Padri latini, e Prudenzio, Giovenco, Venanzio Fortunato vengono citati come lodevoli esempi di una M usa castigata. Per Birken gli dèi pagani ~ono «veri demoni»18
, ed è senz'altro sorprendente come uno stile di pensiero millenario torni a risuonare in un passo di Hallmann, che certo non mirava a un colorito storico particolare. Nella disputa religiosa fra Sophia e l'imperatore Onorio si dice: «Giove non difende forse il trono imperiale?»; e Sophia replica: «Assai piu di Giove lo difende il vero Figlio di Dio! »19
• Questa prontezza combattiva, di sapore arcaico, è in realtà tipicamente barocca. Il mondo classico tornava infatti a minacciare il cristianesimo nella stessa forma in cui, sul suo finire, aveva cercato di imporsi e non senza successo alla nuova dottrina: ossia come gnosi. Col Rinascimento e favorite dagli studi neoplatonici, ripresero forza le correnti ~ccultistiche. Il movimento rosacrociano e l'alchimia si af. fiancano all'astrologia, l'antica eredità occidentale del paganesimo orientale. L'antichità europea era come scissa, e nella sua splendida ripresa umanistica tornava a vivere anche la sua oscura eredità medievale. Muovendo da uno stato d'animo affine, Warburg ha mostrato in modo affascinante come nel Rinascimento «i fenomeni celesti siano stati compresi in forma umana allo scopo di costringerne la forza demonica nello spazio di una figura»20
• Il Rinascimento rinnova la memoria figurale - e fino a che punto lo mostrano le scene di evocazione contenute nei drammi barocchi- ma nello stesso tempo risveglia una speculazione sulle immagini che per la genesi dello stile risulta forse ancor~ piu decisiva. E. la sua emblematistica si ricollega al mondo medievale. La fantasia allegorica barocca non produce nulla che non trovi in esso il proprio pendant. Tornano cosi in vita i mitografi allegoristi, a cui si era già rivolto l'interesse dei primi apologisti cristiani. All'età di sedici
•• Cfr. TI'ITMANN, Die Nurnberger Dichterschule cit., p. 46. [Wahre Teufel]. "HALLMANN, Trauer·, Freuden· und Schaferspiele cit. (Sophia, 229 sg.). [Beschiitzt
nicht]upiter den Kaiserlichen Thron? Vielmehr als]upiter ist.Go~es wahrer Sohn!] ·20 WARBURG, Heidnisch-antike Weissagung cit., p. 70; trad. 1t. c1t., p. 364.
Allegoria e dramma barocco (m) 197
a~ni. Grozio pubblica Marziano Capella. In un senso tutto paleocnstiano, nel coro del dramma barocco gli dèi antichi si trovano sullo stesso piano delle allegorie. E poiché il timore angoscioso per le potenze demoniche rende pàrticolarmente opprimente la sfera, sospe~ta, della corporeità, già il Medioevo si era preoccupato di esorcizzarla per via emblematica. «La nudità come emblema»: cosi si potrebbe intitolare la seguente esposizione di Bezold. «Solo nell'Aldilà i beati avrebbero partecipàto di una corporeità incorruttibile e del reciproco godimento della propria bellezza, esente da ogni impurità (Agostino, De civitate Dei, XXII, 24). Fino a quel momento la nudità restava un.segno impuro, come si conveniva d'altronde per gli dèi greci, che erano potenze infernali. Di conseguenza, quando il sapere medievale si imbatteva in figure svestite, esso cercava di interpretare questo fatto sconveniente con un simbolismo astruso e perlopiu ostile. Si leggano ad esempio le spiegazioni fornite da Fulgenzio e dai suoi successori riguardo al fatto che Venere, Cupido, Bacco ecc. vengono dipinti nudi: Venere, ad esempio, perché rispedisce a casa i suoi adoratori nudi e crudi, o perché la colpa della voluttà non si lascia dissimulare; Bacco invec~ perché i bevitori si denudano delle loro sostanze, o perché l'ubnaco non riesce a tenere per sé neànche i suoi pensieri piu s~greti ... Un poeta carolingio, W alahfrid Strabo, nella sua descriZione estremamente confusa di una scultura nuda si sforza di individuare i nessi piu lambiccati. Si tratta di una figura laterale del monumento equestre dorato di Teodorico ... «<l fatto ... che quella figura di "accompagnatore", nera e non dorata, appaia vestita della sola pelle, induce il poeta a formulare la stravagante ipotesi che la nudità valga come oltraggio alla "nudità" del tiranno ariano e perciò nudo di qualsiasi virtU»21
• Come risulta da questo passo, l'esegesi allegorica andava soprattutto in due direzioni: era destinata a fissare in termini cristiani la vera natura, demonica degli antichi dèi, e doveva servire alla mortificazione devota della carne. Per questo il Medioevo e il Barocco si compiacquero di immaginare gli idoli pagani come fossero composti delle ossa dei morti. Nella Vita Constantini Eusebio arriva a dire che le statue degli dèi erano fatte di crani e di tibie, e Miinnling sostiene che gli «egiziani» avrebbero «seppellito i morti dentro i loro idoli di legno».
21 FRIEDRICH VON BEZOLD, Das Fortleben der antiken Gotter im mitte!alterlichen Huma
nismus, Bonn-Leipzig 1922, pp. 31 sgg. Cfr. VINCENZO DI BEAUVA!S, Bibliotheca mundi cit., coli. 295 sg.
I 96 Il dramma barocco tedesco
sotto l'aspetto storico-religioso essi sono anzi una sola cosa. Ed è sotto questo aspetto che l'origine dell'allegoria va chiarita. Se la dissoluzione del pantheon classico svolge un ruolo decisivo in questa origine, è altamente istruttivo il fatto che il suo ripristino da parte dell'umanesimo susciti nel xvn secolo la piu viva protesta. Rist Moscherosch, Zesen, Harsdorffer, Birken si scagliano contro l~ letteratura mitologizzante con lo zelo dei Padri latini, e Prudenzio, Giovenco, Venanzio Fortunato vengono citati come lodevoli esempi di una M usa castigata. Per Birken gli dèi pagani ~ono «veri demoni»18
, ed è senz'altro sorprendente come uno stile di pensiero millenario torni a risuonare in un passo di Hallmann, che certo non mirava a un colorito storico particolare. Nella disputa religiosa fra Sophia e l'imperatore Onorio si dice: «Giove non difende forse il trono imperiale?»; e Sophia replica: «Assai piu di Giove lo difende il vero Figlio di Dio! »19
• Questa prontezza combattiva, di sapore arcaico, è in realtà tipicamente barocca. Il mondo classico tornava infatti a minacciare il cristianesimo nella stessa forma in cui, sul suo finire, aveva cercato di imporsi e non senza successo alla nuova dottrina: ossia come gnosi. Col Rinascimento e favorite dagli studi neoplatonici, ripresero forza le correnti ~ccultistiche. Il movimento rosacrociano e l'alchimia si af. fiancano all'astrologia, l'antica eredità occidentale del paganesimo orientale. L'antichità europea era come scissa, e nella sua splendida ripresa umanistica tornava a vivere anche la sua oscura eredità medievale. Muovendo da uno stato d'animo affine, Warburg ha mostrato in modo affascinante come nel Rinascimento «i fenomeni celesti siano stati compresi in forma umana allo scopo di costringerne la forza demonica nello spazio di una figura»20
• Il Rinascimento rinnova la memoria figurale - e fino a che punto lo mostrano le scene di evocazione contenute nei drammi barocchi- ma nello stesso tempo risveglia una speculazione sulle immagini che per la genesi dello stile risulta forse ancor~ piu decisiva. E. la sua emblematistica si ricollega al mondo medievale. La fantasia allegorica barocca non produce nulla che non trovi in esso il proprio pendant. Tornano cosi in vita i mitografi allegoristi, a cui si era già rivolto l'interesse dei primi apologisti cristiani. All'età di sedici
•• Cfr. TI'ITMANN, Die Nurnberger Dichterschule cit., p. 46. [Wahre Teufel]. "HALLMANN, Trauer·, Freuden· und Schaferspiele cit. (Sophia, 229 sg.). [Beschiitzt
nicht]upiter den Kaiserlichen Thron? Vielmehr als]upiter ist.Go~es wahrer Sohn!] ·20 WARBURG, Heidnisch-antike Weissagung cit., p. 70; trad. 1t. c1t., p. 364.
Allegoria e dramma barocco (m) 197
a~ni. Grozio pubblica Marziano Capella. In un senso tutto paleocnstiano, nel coro del dramma barocco gli dèi antichi si trovano sullo stesso piano delle allegorie. E poiché il timore angoscioso per le potenze demoniche rende pàrticolarmente opprimente la sfera, sospe~ta, della corporeità, già il Medioevo si era preoccupato di esorcizzarla per via emblematica. «La nudità come emblema»: cosi si potrebbe intitolare la seguente esposizione di Bezold. «Solo nell'Aldilà i beati avrebbero partecipàto di una corporeità incorruttibile e del reciproco godimento della propria bellezza, esente da ogni impurità (Agostino, De civitate Dei, XXII, 24). Fino a quel momento la nudità restava un.segno impuro, come si conveniva d'altronde per gli dèi greci, che erano potenze infernali. Di conseguenza, quando il sapere medievale si imbatteva in figure svestite, esso cercava di interpretare questo fatto sconveniente con un simbolismo astruso e perlopiu ostile. Si leggano ad esempio le spiegazioni fornite da Fulgenzio e dai suoi successori riguardo al fatto che Venere, Cupido, Bacco ecc. vengono dipinti nudi: Venere, ad esempio, perché rispedisce a casa i suoi adoratori nudi e crudi, o perché la colpa della voluttà non si lascia dissimulare; Bacco invec~ perché i bevitori si denudano delle loro sostanze, o perché l'ubnaco non riesce a tenere per sé neànche i suoi pensieri piu s~greti ... Un poeta carolingio, W alahfrid Strabo, nella sua descriZione estremamente confusa di una scultura nuda si sforza di individuare i nessi piu lambiccati. Si tratta di una figura laterale del monumento equestre dorato di Teodorico ... «<l fatto ... che quella figura di "accompagnatore", nera e non dorata, appaia vestita della sola pelle, induce il poeta a formulare la stravagante ipotesi che la nudità valga come oltraggio alla "nudità" del tiranno ariano e perciò nudo di qualsiasi virtU»21
• Come risulta da questo passo, l'esegesi allegorica andava soprattutto in due direzioni: era destinata a fissare in termini cristiani la vera natura, demonica degli antichi dèi, e doveva servire alla mortificazione devota della carne. Per questo il Medioevo e il Barocco si compiacquero di immaginare gli idoli pagani come fossero composti delle ossa dei morti. Nella Vita Constantini Eusebio arriva a dire che le statue degli dèi erano fatte di crani e di tibie, e Miinnling sostiene che gli «egiziani» avrebbero «seppellito i morti dentro i loro idoli di legno».
21 FRIEDRICH VON BEZOLD, Das Fortleben der antiken Gotter im mitte!alterlichen Huma
nismus, Bonn-Leipzig 1922, pp. 31 sgg. Cfr. VINCENZO DI BEAUVA!S, Bibliotheca mundi cit., coli. 295 sg.
I 98 Il dramma barocco tedesco
Ma il concetto di allegorico può rendere ?iustizia al dram.ma barocco solo a patto di precisare che e~so non s1 stacca solo dal Slflbolo teologico, ma anche dalla semplice P?I'ol~ ornamentale. L allegoria non nasce come arabesco scolastico ~ntor~o. alla rappre~ sentazione degli dèi antichi. Dell' element? ludic?, ~s1~volto egratuito che si suole attribuire alle sue manifes~azwru pm ~arde non era presente in origine se non il su? contr~Io. Se la Chies.a avesse potuto rimuovere con un colpo d1 ~ano il pantheon ~lass1co dalla memoria dei credenti l' allegoresi non sarebbe mal nata. Essa infatti non è un monum~nto epigonale a!la vittoria,,befl;SI la parqla destinata a bandire un residuo ancora m tatto dell anuca VIta. E vero che nei primi secoli dell'era cristiana ~ dè~ stessi most:ar:~ una tendenza all'astrattezza. «Nella misura m erula fede negli de1 dell'epoca classica si ~ffievoli~a, le ~agini d~~ dèi che ~i ~rana formate nella poes1a e nell arte ~vent~o pm libe:e, e s! ndu: cono a docili strumenti della fantasia poeuca. A partue dal poetl dell'età neroniana, anzi a partire da O;azio ~ da O~ridio, ~oi J?OSsiamo seguire questO processo che raggtunse il culmine n~ll ulumo periodo della scuola alessandrina: il suo rappresentante m assoluto piu significativo e piu decisivo per l'epoca s.egue~te è Non~o, nella letteratura latina è Claudio Claudiano, nauvo di Aless~dna. Tutto, ogni azione, ogni evento, si trad':"c~ ne~a lor.o opera .m un gioco di forze divine. Non c'è da mera~1gliars1 ~he m q';le~tl poeti venga concesso ampio spazi? an~e ~.conce~? astratti; 1 ~erso: naggi divini non ham;o per ~ssi 17n s~rufl~ato J?lU prof<?n.do di q':"e,l concetti essi sono diventati gli um e gli altri, semplici modalita dell'im~aginazione poetica>;22
, Cosf Usener. Tutto ciò è ';ln~ preparazione intensiva all'allegoria. Se però essa è qualcosa di pm del semplice volatilizzarsi di en~ità t~ologiche '?a vi~ piu astratte, ed . è anzi il loro stesso sopravvivere m un ambiente mc?ngruo o meglio ostile, bisognerà concludere ~e questa concezione tardoromana non è l'allegoria vera e propria. Proseguend~ per qu~sta.strada il mondo degli antichi dèi avrebbe dovuto estmguers1,. e mvece proprio l'allegoria li ha salvati: l'intuizione della caducità delle cose e la preoccupazione di salvarle trasportand<?le nell'eterfl;o è infatti uno dei moventi piu forti della conc~z10ne allegane~. Nell'arte come nella scienza e nello stato non VI era nulla, nel primo Medioevo, che si potesse affiancare alle rov~~ lascia t~ dall'antichità nei vari campi. La coscienza della caduc1ta scaturiva allora
"uSENER, Gotternamen cit., p. 366.
Allegoria e dramma barocco (m) 199
da una percezione immediata, allo stesso modo in cui alcuni secoli piu tardi la Guerra dei Trent'anni avrebbe proposto quella coscienza agli occhi dell'intera Europa. È però da notare che le devastazioni materiali piu terribili non costituiscono in questo senso un'esperienza piu amara di quanto lo sia il mutare delle norme giuridiche, con la loro pretesa eternità: un fenomeno, questo, che appare evidentissimo proprio in quelle epoche di transizione. L'allegoria si radica in modo piu duraturo proprio là dove il caduco e l'eterno entrano in collisione. Lo stesso Usener, nei Gotternamen [I nomi degli dèi], ha fornito lo spunto per tracciare con esattezza la linea di demarcazione fra la natura solo «apparentemente astratta» di certe antiche divinità e l'astrazione allegorica. «Dobbiamo dunque renderei conto del fatto che l'acuta sensibilità religiosa degli antichi poteva innalzare anche dei concetti astratti al rango di divinità. Se poi esse rimanevano spettrali e per cosi dire esangui, ciò dipende dal fatto che queste divinità particolari dovevano impallidire di fronte alle divinità personali: la trasparenza della parola»23
• Attraverso queste improvvisazioni religiose il terreno classico era in qualche modo già pronto ad accogliere l'allegoria: questa però è semente cristiana. L'elemento decisivo per l'elaborazione di questa forma di pensiero fu il fatto che gli idoli e i loro corpi non sembravano incarnare soltanto la caducità, ma anche la colpa. A causa della colpa, ciò che è allegoricamente significante non può piu trovare in sé la propria pienezza. La colpa non abita solo in colui che allegoricamente contempla, e che tradisce il mondo per la sua volontà di sapere, ma abita anche l'oggetto della sua contemplazione. Questa concezione, fondata sulla dottrina della caduta creaturale che trascina con sé la natura stes-
. sa, costituisce il fermento della profonda allegoresi occidentale, e la distingue cosi dalla retorica orientale di questa espressione. La natura caduta è in lutto perché è muta. Ma si andrebbe ancora piu a fondo rovesciando la frase: è la sua tristezza a renderla muta. C'è in ogni lutto una tendenza al mutismo, che è infinitamente di piu della semplice incapacità o del semplice rifiuto di parlare. Il soggetto della tristezza si sente conosciuto per intero dall'inconoscibile. Essere nominati - anche quando colui che nomina è un semidio oppure un santo - è sempre forse un presentimento di lutto. Ma ben piu di un presentimento è l'essere letti dalla lettura incerta dell'allegorista, e accedere al significato soltanto per mez-
"Ibid., pp. 368 sg.; cfr. anche pp. 316 sgg.
I 98 Il dramma barocco tedesco
Ma il concetto di allegorico può rendere ?iustizia al dram.ma barocco solo a patto di precisare che e~so non s1 stacca solo dal Slflbolo teologico, ma anche dalla semplice P?I'ol~ ornamentale. L allegoria non nasce come arabesco scolastico ~ntor~o. alla rappre~ sentazione degli dèi antichi. Dell' element? ludic?, ~s1~volto egratuito che si suole attribuire alle sue manifes~azwru pm ~arde non era presente in origine se non il su? contr~Io. Se la Chies.a avesse potuto rimuovere con un colpo d1 ~ano il pantheon ~lass1co dalla memoria dei credenti l' allegoresi non sarebbe mal nata. Essa infatti non è un monum~nto epigonale a!la vittoria,,befl;SI la parqla destinata a bandire un residuo ancora m tatto dell anuca VIta. E vero che nei primi secoli dell'era cristiana ~ dè~ stessi most:ar:~ una tendenza all'astrattezza. «Nella misura m erula fede negli de1 dell'epoca classica si ~ffievoli~a, le ~agini d~~ dèi che ~i ~rana formate nella poes1a e nell arte ~vent~o pm libe:e, e s! ndu: cono a docili strumenti della fantasia poeuca. A partue dal poetl dell'età neroniana, anzi a partire da O;azio ~ da O~ridio, ~oi J?OSsiamo seguire questO processo che raggtunse il culmine n~ll ulumo periodo della scuola alessandrina: il suo rappresentante m assoluto piu significativo e piu decisivo per l'epoca s.egue~te è Non~o, nella letteratura latina è Claudio Claudiano, nauvo di Aless~dna. Tutto, ogni azione, ogni evento, si trad':"c~ ne~a lor.o opera .m un gioco di forze divine. Non c'è da mera~1gliars1 ~he m q';le~tl poeti venga concesso ampio spazi? an~e ~.conce~? astratti; 1 ~erso: naggi divini non ham;o per ~ssi 17n s~rufl~ato J?lU prof<?n.do di q':"e,l concetti essi sono diventati gli um e gli altri, semplici modalita dell'im~aginazione poetica>;22
, Cosf Usener. Tutto ciò è ';ln~ preparazione intensiva all'allegoria. Se però essa è qualcosa di pm del semplice volatilizzarsi di en~ità t~ologiche '?a vi~ piu astratte, ed . è anzi il loro stesso sopravvivere m un ambiente mc?ngruo o meglio ostile, bisognerà concludere ~e questa concezione tardoromana non è l'allegoria vera e propria. Proseguend~ per qu~sta.strada il mondo degli antichi dèi avrebbe dovuto estmguers1,. e mvece proprio l'allegoria li ha salvati: l'intuizione della caducità delle cose e la preoccupazione di salvarle trasportand<?le nell'eterfl;o è infatti uno dei moventi piu forti della conc~z10ne allegane~. Nell'arte come nella scienza e nello stato non VI era nulla, nel primo Medioevo, che si potesse affiancare alle rov~~ lascia t~ dall'antichità nei vari campi. La coscienza della caduc1ta scaturiva allora
"uSENER, Gotternamen cit., p. 366.
Allegoria e dramma barocco (m) 199
da una percezione immediata, allo stesso modo in cui alcuni secoli piu tardi la Guerra dei Trent'anni avrebbe proposto quella coscienza agli occhi dell'intera Europa. È però da notare che le devastazioni materiali piu terribili non costituiscono in questo senso un'esperienza piu amara di quanto lo sia il mutare delle norme giuridiche, con la loro pretesa eternità: un fenomeno, questo, che appare evidentissimo proprio in quelle epoche di transizione. L'allegoria si radica in modo piu duraturo proprio là dove il caduco e l'eterno entrano in collisione. Lo stesso Usener, nei Gotternamen [I nomi degli dèi], ha fornito lo spunto per tracciare con esattezza la linea di demarcazione fra la natura solo «apparentemente astratta» di certe antiche divinità e l'astrazione allegorica. «Dobbiamo dunque renderei conto del fatto che l'acuta sensibilità religiosa degli antichi poteva innalzare anche dei concetti astratti al rango di divinità. Se poi esse rimanevano spettrali e per cosi dire esangui, ciò dipende dal fatto che queste divinità particolari dovevano impallidire di fronte alle divinità personali: la trasparenza della parola»23
• Attraverso queste improvvisazioni religiose il terreno classico era in qualche modo già pronto ad accogliere l'allegoria: questa però è semente cristiana. L'elemento decisivo per l'elaborazione di questa forma di pensiero fu il fatto che gli idoli e i loro corpi non sembravano incarnare soltanto la caducità, ma anche la colpa. A causa della colpa, ciò che è allegoricamente significante non può piu trovare in sé la propria pienezza. La colpa non abita solo in colui che allegoricamente contempla, e che tradisce il mondo per la sua volontà di sapere, ma abita anche l'oggetto della sua contemplazione. Questa concezione, fondata sulla dottrina della caduta creaturale che trascina con sé la natura stes-
. sa, costituisce il fermento della profonda allegoresi occidentale, e la distingue cosi dalla retorica orientale di questa espressione. La natura caduta è in lutto perché è muta. Ma si andrebbe ancora piu a fondo rovesciando la frase: è la sua tristezza a renderla muta. C'è in ogni lutto una tendenza al mutismo, che è infinitamente di piu della semplice incapacità o del semplice rifiuto di parlare. Il soggetto della tristezza si sente conosciuto per intero dall'inconoscibile. Essere nominati - anche quando colui che nomina è un semidio oppure un santo - è sempre forse un presentimento di lutto. Ma ben piu di un presentimento è l'essere letti dalla lettura incerta dell'allegorista, e accedere al significato soltanto per mez-
"Ibid., pp. 368 sg.; cfr. anche pp. 316 sgg.
200 Il dramma barocco tedesco
zo di essa. D'altra parte, quanto piu la natura e l'antichità erano sentite come colpevoli, tanto piu obbligata era la loro interpretazione allegorica, intesa come l'unica salvezza possibile. Infatti, proprio nella sua cosciente degradazione dell'oggetto, l'intenzione melanconica conserva una sua incomparabile fedeltà alla cosa. Ma la profezia di Prudenzio - «11 marmo risplenderà, puro da ogni sangue; i bronzi, che ora sono presi per idoli, si ergeranno senza colpa» - 24 milleduecento anni piu tardi non si è ancora avverata. Per il Barocco, e prima ancora per il Rinascimento, il marmo e i bronzi antichi continuavano a emanare quel brivido con cui Agostino aveva riconosciuto in essi, «per cosi dire, i corpi degli dèi». «Essi erano abitati da spiriti che potevano essere evocati, e che erano in grado di nuocere ai loro fedeli e adoratori, o viceversa di socidisfarne i desideri»25
• Oppure, come dice Warburg a proposito del Rinascimento: «La bellezza formale delle immagini divine e l' armonioso equilibrio tra la fede cristiana e quella pagana non devono farci dimenticare che anche nell'Italia del 1520, ossia all'epoca della piu libera creatività artistica, l'antichità era venerata quasi come un'erma bifronte, con un volto oscuro-demonico, che esigeva un culto superstizioso, e un volto olimpico-sereno che sollecitava una contemplazione di tipo estetico» 26
• I tre momenti decisivi nell'origine dell' allegoresi occidentale sono dunque non classici, anzi anticlassici: gli dèi si protendono in un mondo estraneo, diventano malvagi e diventano creature. Quella che rimane è la veste del dio, intorno alla quale, col passare del tempo, si raccolgono gli emblemi. E questa veste è creaturale come un corpo demoniaco. Curiosamente, la teologia ellenistica e illuministica di Evemero rappresenta in questo senso un aspetto della fede popolare in divenire. Giacché «in questo modo la riduzione degli dèi a semplici esseri umani si collegava sempre piu strettament:e all'idea che nei residui del loro culto, e soprattutto nelle loro immagini, continuassero ad operare forze magiche di natura maligna. La dimostrazione della loro completa impotenza era contraddetta dal fatto che satanici vicari si impadronivano delle loro discusse pre-
"' AURELIO P. CLEMENTE PRUDENZIO, Contra Symmacbum, I, 501 sg. (cit. in BEZOLD, Das Fortleben der antiken Gotter cit., p. 30).
25 AGOSTINO, De civitate Dei, VIII, 23: «Visibilia et contrectibilia simulacra velut corpora deorum esse asserit; inesse autem his quosdam spirirus invitatos, qui valeant aliquid sive ad nocendum sive ad desideria complenda eorum, a quibus eis divini honores et cultus obsequia deferuntur».
26 WARBURG, Heidnisch-antike Weissagung cit., p. 34; trad. it. cit., p. 338. . .
Allegoria e dramma barocco (m) 20I
• TI D'al rogattve» · tra parte, accanto agli emblemi e alle vesti riman-gono a~che le parole ed i ~orni, e nella misura in cui i contesti di· proverulnza vanno perduti essi danno origine a concetti in cui queste paro ~ assumono un nuovo contenuto, predisposto alla ra _ presentaziOne allegor!ca, come la Fortuna, Venere (in quanto Do~na-~ondo) e alt:e. L estinguersi delle figure e il loro ridursi a concetti è dunqu~ il presupposto per la metamorfosi allegorica del Paitheon classico m u_n mondo di creatm;e magico-concettuali. Su t .e presuppo.sto pog~Ia la concezione di Amore «come demone lascivo d~e alt e ?agh ~rtigli di pipistrello, come in Giotto», 0 la sopravvtven~a d1 esseri favolosi come i Fauni e i Centauri, le Sire?e e le ArJ?Ie, co~e !igure allegoriche nel quadro dell'inferno cristiano. «Dru tempi dt Winckelmann il mondo cl · b 'l d li dè' · . . . • assicamente no-I e eg I anttcht SI Identifica per noi a tal punto con l'antichità
tout court da farci ~mer:t~care che e~so. è una nuova invenzione def,a ct;Itura e dell erudtzi?ne umarusttca; in realtà questo lato «o Imptco» de~ mondo a~~Ico andava prima strappato a forza a qt;tell,~ «dem~ruaco» tradiziOnale. Sin dalla fine del mondo antico gli det P~~am app~tennero senza soluzione di continuità all'univelso r_eligtos~ dell Europa cristiana, e ne condizionarono a tal punto a vita pratica da configurare senza dubbio una sorta di regime parallelo ~ollerato .dalla Chiesa: quello dèlla cosmologia e so rattut~. ~eli ast:ologta pa~ana»28 • Agli antichi dèi nella loro es~nta cos Ita co:risponde l allegoria. Risulta allora calzante e iu P!ofonda di q.ua,~t? ~o n si pensi, l'affermazione che segue:'« Lapvicmanza d~gh det ~Insomma un'esigenza vitale importantissima per uno sviluppo vigoroso d eli' allegoresi»29.
La co?cezi~ne ~~gorica trae la sua origine dal confronto tra una physzs eh~ ,il cristi~nesimo vuole segnata dalla colpa e una na:a de~rum pm pura, Incorporata dal pantheon classico. Ora, se il . nasctmento ripo_rta in vita l'elemento pagano, e la Contro-
riforma quello cristiano era inevitabile che anche l'ali · · · . f • egoria si nn-no~~sse m quan~o orma d~lloro incontro. Per il dramma baroc-c? e Imp?rtante il fatto che il Medioevo avesse rivestito delle sem-bianze dt Satana lo stretto legame tra la materialità e il d · M ttu 'l emoruaco.
a sopra tto, 1 concentrarsi delle molteplici istanze pagane in
: BEZOLD, Das ~ortf:ben de;antike:z Gottercit., p. 5. WARBURG, Heidntsch-anttke Wezssagung cit. p. 5' trad it cit p
29 HORST, Barockprob/eme cit., p. 42 • ' ' . • ., • 314·
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zo di essa. D'altra parte, quanto piu la natura e l'antichità erano sentite come colpevoli, tanto piu obbligata era la loro interpretazione allegorica, intesa come l'unica salvezza possibile. Infatti, proprio nella sua cosciente degradazione dell'oggetto, l'intenzione melanconica conserva una sua incomparabile fedeltà alla cosa. Ma la profezia di Prudenzio - «11 marmo risplenderà, puro da ogni sangue; i bronzi, che ora sono presi per idoli, si ergeranno senza colpa» - 24 milleduecento anni piu tardi non si è ancora avverata. Per il Barocco, e prima ancora per il Rinascimento, il marmo e i bronzi antichi continuavano a emanare quel brivido con cui Agostino aveva riconosciuto in essi, «per cosi dire, i corpi degli dèi». «Essi erano abitati da spiriti che potevano essere evocati, e che erano in grado di nuocere ai loro fedeli e adoratori, o viceversa di socidisfarne i desideri»25
• Oppure, come dice Warburg a proposito del Rinascimento: «La bellezza formale delle immagini divine e l' armonioso equilibrio tra la fede cristiana e quella pagana non devono farci dimenticare che anche nell'Italia del 1520, ossia all'epoca della piu libera creatività artistica, l'antichità era venerata quasi come un'erma bifronte, con un volto oscuro-demonico, che esigeva un culto superstizioso, e un volto olimpico-sereno che sollecitava una contemplazione di tipo estetico» 26
• I tre momenti decisivi nell'origine dell' allegoresi occidentale sono dunque non classici, anzi anticlassici: gli dèi si protendono in un mondo estraneo, diventano malvagi e diventano creature. Quella che rimane è la veste del dio, intorno alla quale, col passare del tempo, si raccolgono gli emblemi. E questa veste è creaturale come un corpo demoniaco. Curiosamente, la teologia ellenistica e illuministica di Evemero rappresenta in questo senso un aspetto della fede popolare in divenire. Giacché «in questo modo la riduzione degli dèi a semplici esseri umani si collegava sempre piu strettament:e all'idea che nei residui del loro culto, e soprattutto nelle loro immagini, continuassero ad operare forze magiche di natura maligna. La dimostrazione della loro completa impotenza era contraddetta dal fatto che satanici vicari si impadronivano delle loro discusse pre-
"' AURELIO P. CLEMENTE PRUDENZIO, Contra Symmacbum, I, 501 sg. (cit. in BEZOLD, Das Fortleben der antiken Gotter cit., p. 30).
25 AGOSTINO, De civitate Dei, VIII, 23: «Visibilia et contrectibilia simulacra velut corpora deorum esse asserit; inesse autem his quosdam spirirus invitatos, qui valeant aliquid sive ad nocendum sive ad desideria complenda eorum, a quibus eis divini honores et cultus obsequia deferuntur».
26 WARBURG, Heidnisch-antike Weissagung cit., p. 34; trad. it. cit., p. 338. . .
Allegoria e dramma barocco (m) 20I
• TI D'al rogattve» · tra parte, accanto agli emblemi e alle vesti riman-gono a~che le parole ed i ~orni, e nella misura in cui i contesti di· proverulnza vanno perduti essi danno origine a concetti in cui queste paro ~ assumono un nuovo contenuto, predisposto alla ra _ presentaziOne allegor!ca, come la Fortuna, Venere (in quanto Do~na-~ondo) e alt:e. L estinguersi delle figure e il loro ridursi a concetti è dunqu~ il presupposto per la metamorfosi allegorica del Paitheon classico m u_n mondo di creatm;e magico-concettuali. Su t .e presuppo.sto pog~Ia la concezione di Amore «come demone lascivo d~e alt e ?agh ~rtigli di pipistrello, come in Giotto», 0 la sopravvtven~a d1 esseri favolosi come i Fauni e i Centauri, le Sire?e e le ArJ?Ie, co~e !igure allegoriche nel quadro dell'inferno cristiano. «Dru tempi dt Winckelmann il mondo cl · b 'l d li dè' · . . . • assicamente no-I e eg I anttcht SI Identifica per noi a tal punto con l'antichità
tout court da farci ~mer:t~care che e~so. è una nuova invenzione def,a ct;Itura e dell erudtzi?ne umarusttca; in realtà questo lato «o Imptco» de~ mondo a~~Ico andava prima strappato a forza a qt;tell,~ «dem~ruaco» tradiziOnale. Sin dalla fine del mondo antico gli det P~~am app~tennero senza soluzione di continuità all'univelso r_eligtos~ dell Europa cristiana, e ne condizionarono a tal punto a vita pratica da configurare senza dubbio una sorta di regime parallelo ~ollerato .dalla Chiesa: quello dèlla cosmologia e so rattut~. ~eli ast:ologta pa~ana»28 • Agli antichi dèi nella loro es~nta cos Ita co:risponde l allegoria. Risulta allora calzante e iu P!ofonda di q.ua,~t? ~o n si pensi, l'affermazione che segue:'« Lapvicmanza d~gh det ~Insomma un'esigenza vitale importantissima per uno sviluppo vigoroso d eli' allegoresi»29.
La co?cezi~ne ~~gorica trae la sua origine dal confronto tra una physzs eh~ ,il cristi~nesimo vuole segnata dalla colpa e una na:a de~rum pm pura, Incorporata dal pantheon classico. Ora, se il . nasctmento ripo_rta in vita l'elemento pagano, e la Contro-
riforma quello cristiano era inevitabile che anche l'ali · · · . f • egoria si nn-no~~sse m quan~o orma d~lloro incontro. Per il dramma baroc-c? e Imp?rtante il fatto che il Medioevo avesse rivestito delle sem-bianze dt Satana lo stretto legame tra la materialità e il d · M ttu 'l emoruaco.
a sopra tto, 1 concentrarsi delle molteplici istanze pagane in
: BEZOLD, Das ~ortf:ben de;antike:z Gottercit., p. 5. WARBURG, Heidntsch-anttke Wezssagung cit. p. 5' trad it cit p
29 HORST, Barockprob/eme cit., p. 42 • ' ' . • ., • 314·
202 n dramma 'barocco tedesco
una figura di Anticristo dai tratti teolo_gicamente rigorosi fa,si che proprio alla materia, piu che ai demoru, venga ~ssegna~a un apt:arenza oscura e soverchiante. E non solo il Medi?e~~ g~unse ~osi a confinare la ricerca intorno alla natura entro limiti r1st~ett1, ~a l'essenza diabolica della materia arriva a rendere sospetti perf~no i matematici. «Qualunque cosa essi pensino- spiega lo sc?lastico Enrico di Gand- è qualcosa di spazi~e (quantum), .o po~s1ede comunque un luogo nello ~pazio coi?e ~ ~u~to. Perciò. t:W pe:sone sono melanconiche, e diventano 1 miglior~ ma~eJ?aticl ma l peggiori metafisici»'0 • Se l'intenzione allegonc~ si 7~volg~ ~ mo?do delle cose creaturali, un mondo morto o tutt :Ù p1~ seiDiv~vo, l uomo non cade sotto il suo sguardo. Se essa s1 attiene urucamente agli emblemi, la metamorfosi repentina, la salve~za, no? sono p:nsabili. Irridendo ogni travestimento emblema~Ic<?, puo essere mvece che l'inconfondibile ghigno demoniaco af.hon d~ grembo ~el: la terra nella sua vitalità e nella sua nudità tr10nf~t~, p~r offrir~! cosi allo sguardo dell'allegorista. Il Medioevo ha mc1~o m ~n p~mo tempo i tratti spigolosi ed aguzzi di Satana sulla hgura m ongine piu distesa del demone pagano. La m~teria, c~eata secon?o la dottrina gnostico-manichea per «detartari~zare» il J?On~~· e destinata dunque ad accogliere in sé il demoruaco - a~fmche il. mondo, separandosi da essa, si mostri purificato.- ~cq~sta.co~c~enza, in Satana, della propria natura tartarica, ~e rrnd: il « sig~ihcato» allegorico e schernisce chiunque creda di pote7s1 calare Impunemente nelle sue profondità. Come dunque la tnstezz~ terrena appartiene all' allegoresi, cosi la voluttà inf~rnal~ a~p~t1ene alla sua brama vanificata dal trionfo della matena. DI qrulmfern~e spassosità dell'intrigante, il suo intellettualismo,. il suo sapere mtorno ai significati. La creatura muta è i~ grado ~.sperar~ nella salvezza attraverso il significato. La sottile ve~satilita ?ell uomo non~~ problemi con la parola, e mentre cerca di ~onfem: r:e~ calcolo pm abietto una sembianza umana alla propri~ matenalita, ess~ contrappone all' alleg<?ri~ta il sarcastico g~gno I~ern~e. In ess~ ~ mutismo della materia e superato. Proprio la nsata u~.fer~al<: : mf~tti la forma eccentrica e deformata che ha la matena di spmtualizzarsi. Essa diventa cosi spirituale che supera d'u~ balzo la parola, vuole spingersi oltre e sfoci~ nel fr~gore .~e~a nsata: Per quant? dall'esterno ciò possa apparire bestiale, lmtima follia la percep1-
•• ENRICO m GAND, Quodlibeta, Paris 1518, f. xxxxyr ('!uodl. II, quaest. 9}; cit. in PA·
NOFSKY,. sAXL, Durers «Melencolia 1» cit., p. 72; trad. 1t. Clt., p. 317 e nota.
Allegoria e dramma barocco (m) 203
sce come spiritualità. «Lucifero, principe delle tenebre, reggitore della profonda tristezza, signore della ruota celeste, duca dello zolfo, re dell'abisso» 31 non si lascia schernire. Julius Leopold Klein l<? chiama a ragione la «figura protoallegorica». E come questo stoneo della letteratura ha mostrato con argomenti eccellenti proprio uno dei piu poderosi personaggi di Shakespeare risulta' comprensibile solo a partire dall'allegoria, anzi a partire da Satana. «Al ruol? iniquo del vice si rifà ... il Riccardo III di Shakespeare, il Vice diventato buffoon-devil, che denuncia in modo sorprendente la sua evoluzione-derivazione dal diavolo dei Misteri medievali e dal Vice "moralizzante" e biforcuto del moral-play, legittimo erede di entrambi, il devii e il Vice, diventati ormai carne della sua carne e sangue def suo sangue». Lo attesta un'osservazione di passaggio: « "Gloucester (a parte): Come nei Misteri la figura dell'iniquo, cosi anch'io intendo due significati da una sola parola". Nel Riccardo III, il devii e il Vice si fondono in un eroe tragico di stampo guerresco e dal lignaggio storico preciso, com'egli stesso ammette tra le righe»32
• Ma un eroe tragico non è. Questo rapido excursus si gi~stifica piuttosto ricordando ancora una volta il fatto che per Ri~cardo III, come per A~eto e per le «tragedie» di Shakespeare m generale, solo la teona del dramma barocco può fornire i prolegomeni di una interpretazione adeguata. Perché l'elemento allegorico in Shakespeare va molto al di là delle forme della metafora, con cui Goethe volle identificarla. « Shakespeare è ricco di tropi meravigliosi che nascono da concetti personificati e che a noi non si adatterebbero affatto, ma che in lui sono perfettamente alloro P.os;? perch~ al s';lo te~po t?tta l'arte eFa dominata dall'allegoria» . Noval1s scnve pm decisamente: «E possibile trovare in un lavoro di Shakespeare un'idea arbitraria, un'allegoria ecc.»34 • Ma lo Sturm und Drang, che scopri Shakespeare per il pubblico tedesco, vede in lui soltanto l'elementare, non l'allegorico. Eppure Shakespeare è caratterizzato proprio dal fatto che i due aspetti in lui sono in sostanza una sola cosa. Ogni espressione elementare della creatura acquista significato attraverso la sua esistenza alle-
" [Lettera anonima su Lucifero contro Giovanni XXIII]' cit. in PAUL LEHMANN Die Parodie im. Mittelalter, Miinchen 1922, p. 97· [Lucifer Fiirst d~r finsternis regierer de~ tie· fen trawrigkeit keiser des Hellischen Spuls Hertzog des Schwebelwassers Konig des abgrunds].
"KLEIN, Geschichte des englischen Dram.a's cit., pp. 3 sgg. " GOETHE, Siim.tliche W erke ci t., vol. XXXVIII: Schri/ten zur Literatur, 3, p. 2 58 (Maxi
,.,t!'Jill -•-" .R..ç/;!,:x;~'"'h r:rad. lt. clt., p. 4\J. 1~ Nt'lVALnl, Sabri}ten dt., v-ol.lll, p. 13.
202 n dramma 'barocco tedesco
una figura di Anticristo dai tratti teolo_gicamente rigorosi fa,si che proprio alla materia, piu che ai demoru, venga ~ssegna~a un apt:arenza oscura e soverchiante. E non solo il Medi?e~~ g~unse ~osi a confinare la ricerca intorno alla natura entro limiti r1st~ett1, ~a l'essenza diabolica della materia arriva a rendere sospetti perf~no i matematici. «Qualunque cosa essi pensino- spiega lo sc?lastico Enrico di Gand- è qualcosa di spazi~e (quantum), .o po~s1ede comunque un luogo nello ~pazio coi?e ~ ~u~to. Perciò. t:W pe:sone sono melanconiche, e diventano 1 miglior~ ma~eJ?aticl ma l peggiori metafisici»'0 • Se l'intenzione allegonc~ si 7~volg~ ~ mo?do delle cose creaturali, un mondo morto o tutt :Ù p1~ seiDiv~vo, l uomo non cade sotto il suo sguardo. Se essa s1 attiene urucamente agli emblemi, la metamorfosi repentina, la salve~za, no? sono p:nsabili. Irridendo ogni travestimento emblema~Ic<?, puo essere mvece che l'inconfondibile ghigno demoniaco af.hon d~ grembo ~el: la terra nella sua vitalità e nella sua nudità tr10nf~t~, p~r offrir~! cosi allo sguardo dell'allegorista. Il Medioevo ha mc1~o m ~n p~mo tempo i tratti spigolosi ed aguzzi di Satana sulla hgura m ongine piu distesa del demone pagano. La m~teria, c~eata secon?o la dottrina gnostico-manichea per «detartari~zare» il J?On~~· e destinata dunque ad accogliere in sé il demoruaco - a~fmche il. mondo, separandosi da essa, si mostri purificato.- ~cq~sta.co~c~enza, in Satana, della propria natura tartarica, ~e rrnd: il « sig~ihcato» allegorico e schernisce chiunque creda di pote7s1 calare Impunemente nelle sue profondità. Come dunque la tnstezz~ terrena appartiene all' allegoresi, cosi la voluttà inf~rnal~ a~p~t1ene alla sua brama vanificata dal trionfo della matena. DI qrulmfern~e spassosità dell'intrigante, il suo intellettualismo,. il suo sapere mtorno ai significati. La creatura muta è i~ grado ~.sperar~ nella salvezza attraverso il significato. La sottile ve~satilita ?ell uomo non~~ problemi con la parola, e mentre cerca di ~onfem: r:e~ calcolo pm abietto una sembianza umana alla propri~ matenalita, ess~ contrappone all' alleg<?ri~ta il sarcastico g~gno I~ern~e. In ess~ ~ mutismo della materia e superato. Proprio la nsata u~.fer~al<: : mf~tti la forma eccentrica e deformata che ha la matena di spmtualizzarsi. Essa diventa cosi spirituale che supera d'u~ balzo la parola, vuole spingersi oltre e sfoci~ nel fr~gore .~e~a nsata: Per quant? dall'esterno ciò possa apparire bestiale, lmtima follia la percep1-
•• ENRICO m GAND, Quodlibeta, Paris 1518, f. xxxxyr ('!uodl. II, quaest. 9}; cit. in PA·
NOFSKY,. sAXL, Durers «Melencolia 1» cit., p. 72; trad. 1t. Clt., p. 317 e nota.
Allegoria e dramma barocco (m) 203
sce come spiritualità. «Lucifero, principe delle tenebre, reggitore della profonda tristezza, signore della ruota celeste, duca dello zolfo, re dell'abisso» 31 non si lascia schernire. Julius Leopold Klein l<? chiama a ragione la «figura protoallegorica». E come questo stoneo della letteratura ha mostrato con argomenti eccellenti proprio uno dei piu poderosi personaggi di Shakespeare risulta' comprensibile solo a partire dall'allegoria, anzi a partire da Satana. «Al ruol? iniquo del vice si rifà ... il Riccardo III di Shakespeare, il Vice diventato buffoon-devil, che denuncia in modo sorprendente la sua evoluzione-derivazione dal diavolo dei Misteri medievali e dal Vice "moralizzante" e biforcuto del moral-play, legittimo erede di entrambi, il devii e il Vice, diventati ormai carne della sua carne e sangue def suo sangue». Lo attesta un'osservazione di passaggio: « "Gloucester (a parte): Come nei Misteri la figura dell'iniquo, cosi anch'io intendo due significati da una sola parola". Nel Riccardo III, il devii e il Vice si fondono in un eroe tragico di stampo guerresco e dal lignaggio storico preciso, com'egli stesso ammette tra le righe»32
• Ma un eroe tragico non è. Questo rapido excursus si gi~stifica piuttosto ricordando ancora una volta il fatto che per Ri~cardo III, come per A~eto e per le «tragedie» di Shakespeare m generale, solo la teona del dramma barocco può fornire i prolegomeni di una interpretazione adeguata. Perché l'elemento allegorico in Shakespeare va molto al di là delle forme della metafora, con cui Goethe volle identificarla. « Shakespeare è ricco di tropi meravigliosi che nascono da concetti personificati e che a noi non si adatterebbero affatto, ma che in lui sono perfettamente alloro P.os;? perch~ al s';lo te~po t?tta l'arte eFa dominata dall'allegoria» . Noval1s scnve pm decisamente: «E possibile trovare in un lavoro di Shakespeare un'idea arbitraria, un'allegoria ecc.»34 • Ma lo Sturm und Drang, che scopri Shakespeare per il pubblico tedesco, vede in lui soltanto l'elementare, non l'allegorico. Eppure Shakespeare è caratterizzato proprio dal fatto che i due aspetti in lui sono in sostanza una sola cosa. Ogni espressione elementare della creatura acquista significato attraverso la sua esistenza alle-
" [Lettera anonima su Lucifero contro Giovanni XXIII]' cit. in PAUL LEHMANN Die Parodie im. Mittelalter, Miinchen 1922, p. 97· [Lucifer Fiirst d~r finsternis regierer de~ tie· fen trawrigkeit keiser des Hellischen Spuls Hertzog des Schwebelwassers Konig des abgrunds].
"KLEIN, Geschichte des englischen Dram.a's cit., pp. 3 sgg. " GOETHE, Siim.tliche W erke ci t., vol. XXXVIII: Schri/ten zur Literatur, 3, p. 2 58 (Maxi
,.,t!'Jill -•-" .R..ç/;!,:x;~'"'h r:rad. lt. clt., p. 4\J. 1~ Nt'lVALnl, Sabri}ten dt., v-ol.lll, p. 13.
204 Il dramma barocco tedesco
gorica, e tutto ciò che è allegorico acquista forza attraverso i dati elementari del mondo sensibile. Con l'estinguersi del momento allegorico svanisce anche la forza elementare del dramma, fino arinascere nello Sturm und Drang, e appunto nella forma del dramma barocco. Il Romanticismo torna a «sentire» l'allegorico. Ma poiché la sua attenzione si ferma a Shakespeare, non poteva essere piu di un presentimento. Infatti in Shakespeare il primato spetta all'elementare, in Calder6n all'allegorico. Prima di rifugiarsi nei terrori del lutto, Satana assolve il suo ufficio di tentatore. Egli inizia a un sapere che è il principio stesso del comportamento peccaminoso. E se la tesi socratica secondo cui la conoscenza del bene induce a fare il bene può essere forse discutibile, è invece tanto piu vero il contrario, riguardo alla conoscenza del male. Questa conoscenza non è un lumen naturale, una luce interiore che si accenda nella notte della tristezza, ma un bagliore sotterraneo che filtra dalle viscere della terra. Lo sguardo ribelle e penetrante di Satana si accende in colui che rimugina contemplandolo. Si conferma allora l'importanza dell'erudizione barocca per la letteratura drammatica. Solo per l'erudito, infatti, qualcosa può darsi come allegoria. D'altra parte, se la meditazione non si rivolge con pazienza alla verità ma tende senz'altro e ossessivamente, con tutto l'acume del suo sguardo, al sapere assoluto, è proprio ad essa che le cose si sottraggono nella loro semplicità di cose per ridursi davanti ad essa a rimandi allegorici e in seguito in polvere. L'intenzione allegorica è cosf contraria alla ricerca della verità che proprio in essa appare in piena luce la coincidenza tra la curiosità, rivolta al puro sapere, e la superba separatezza dell'uomo. «La spa: ventosa morte, orribile alchimista»3
': questa profonda metafora di Hallmann non poggia solo sul fenomeno della decomposizione. Il sapere magico, in cui l'alchimia rientra, minaccia l'adepto con l'isolamento e la morte spirituale. Come dimostrano l'alchimia e i rosacroce, o le evocazioni di spiriti nelle scene del teatro barocco, l'epoca barocca non era meno dedita alla magia del Rinascimento. Qualunque cosa essa tocchi, la sua mano la trasforma, come quella di Mida, in qualcosa di significativo. La metamorfosi è il suo elemento, e il suo schema è l'allegoria. E quanto meno la passione magica si limita al periodo barocco, tanto piu-essa ris\}lta adatta a segnalare un elemento barocco nelle forme piu tarde. E proprio essa a legittimare una consuetudine recente, che vuoi vedere unge-
"HALLMANN, Leichreden CÌt., p. 45·
Allegoria e dramma barocco (m) 205
sto bar?cc.o ne,I tardo Goethe co~e nel tardo Holderlin~ II sapere, e non l agire, e la forma ontologica peculiare del male. Ne conseg~e .che la tentazione. f~s~ca, intesa come voluttà, ingordigia, pigrizia puramente sensibili, non costituisce affatto la sua natura ultima e piu specifica. Questa si dischiude piuttosto con la fata Morgana di ~n regno d~lla sp~itualità assoluta, cioè senza Dio, quale solt~to il male puo esperrrla concretamente nel suo legame simmetrico con la materia. Lo stato d'animo che vi regna è il lutto che è insieme la matrice dell'allegoria e il suo contenuto. E ad es: s? corrispondono tre promesse sataniche originarie di natura spirituale. Il dramma barocco ne mostra la continua presenza ora nella figura del tiranno ora in quella dell'intrigante. Ciò che seduce è l'apparenza ~ella libertà: nell'indagare il proibito; l'apparenza dell'auto~~~a:. nell'escludersi ~alla comunità,dei devoti; l'apparenza dell infrmto: nel vuoto abisso del male. E proprio infatti di ogni virtu avere un fine di fronte a sé, e cioè il suo modello in Dio· mentre la. dannazione inaugura seinpre un progresso all'infinito: La teologia del male va quindi dedotta dalla caduta di Satana in cui questi motivi trovano conferma, assai piu che dai moniti 'coi quali la dottrina ecclesiastica è solita rappresentare il cacciatore di anime. La spiritualità assoluta, che è il significato di Satana si suidd~ eman~ipandosi dal sacro. La materia - qui svuotata di' anima - diventa il suo luogo naturale. La pura materialità e la spiritualità assoluta sono i due poli dell'ambito satanico: e la coscienza è la loro sintesi buffonesca, che scimmiotta quella autentica la sintesi della vita. E il suo speculare ostile alla vita, legato al 'mondo casale ~egli emblemi, si imbatte alla fine nel sapere propriamente demoruaco. Nel De civitate Dei di Agostino si dice che essi vengono «chiamati &af+toveç, perché questa parola greca indica il loro possesso delle scienze»36
• Ed estremamente spirituale suona il verdetto di spiritualità fanatica sulla bocca di Francesco d'Assisi il quale mostra la retta via a uno dei sùoi discepoli sprofondato' in studi troppo astrusi:« Unus solus daimon plus scit quam tu».
In quanto sapere l'istinto trascina giu nel vuoto abisso del male per assicurarsi l'infinito. Ma è anche l'abisso della meditazione senza fondo. I suoi dati non possono entrare nelle costellazioni filosofiche. E si squadernano perciò come un puro repertorio di eu-
"AGOSTINo, De civitate Dei, IX, 20: «Daemones enim dicuntur (quoniam vocabulum Graecum est) ad scientiam nominati».
204 Il dramma barocco tedesco
gorica, e tutto ciò che è allegorico acquista forza attraverso i dati elementari del mondo sensibile. Con l'estinguersi del momento allegorico svanisce anche la forza elementare del dramma, fino arinascere nello Sturm und Drang, e appunto nella forma del dramma barocco. Il Romanticismo torna a «sentire» l'allegorico. Ma poiché la sua attenzione si ferma a Shakespeare, non poteva essere piu di un presentimento. Infatti in Shakespeare il primato spetta all'elementare, in Calder6n all'allegorico. Prima di rifugiarsi nei terrori del lutto, Satana assolve il suo ufficio di tentatore. Egli inizia a un sapere che è il principio stesso del comportamento peccaminoso. E se la tesi socratica secondo cui la conoscenza del bene induce a fare il bene può essere forse discutibile, è invece tanto piu vero il contrario, riguardo alla conoscenza del male. Questa conoscenza non è un lumen naturale, una luce interiore che si accenda nella notte della tristezza, ma un bagliore sotterraneo che filtra dalle viscere della terra. Lo sguardo ribelle e penetrante di Satana si accende in colui che rimugina contemplandolo. Si conferma allora l'importanza dell'erudizione barocca per la letteratura drammatica. Solo per l'erudito, infatti, qualcosa può darsi come allegoria. D'altra parte, se la meditazione non si rivolge con pazienza alla verità ma tende senz'altro e ossessivamente, con tutto l'acume del suo sguardo, al sapere assoluto, è proprio ad essa che le cose si sottraggono nella loro semplicità di cose per ridursi davanti ad essa a rimandi allegorici e in seguito in polvere. L'intenzione allegorica è cosf contraria alla ricerca della verità che proprio in essa appare in piena luce la coincidenza tra la curiosità, rivolta al puro sapere, e la superba separatezza dell'uomo. «La spa: ventosa morte, orribile alchimista»3
': questa profonda metafora di Hallmann non poggia solo sul fenomeno della decomposizione. Il sapere magico, in cui l'alchimia rientra, minaccia l'adepto con l'isolamento e la morte spirituale. Come dimostrano l'alchimia e i rosacroce, o le evocazioni di spiriti nelle scene del teatro barocco, l'epoca barocca non era meno dedita alla magia del Rinascimento. Qualunque cosa essa tocchi, la sua mano la trasforma, come quella di Mida, in qualcosa di significativo. La metamorfosi è il suo elemento, e il suo schema è l'allegoria. E quanto meno la passione magica si limita al periodo barocco, tanto piu-essa ris\}lta adatta a segnalare un elemento barocco nelle forme piu tarde. E proprio essa a legittimare una consuetudine recente, che vuoi vedere unge-
"HALLMANN, Leichreden CÌt., p. 45·
Allegoria e dramma barocco (m) 205
sto bar?cc.o ne,I tardo Goethe co~e nel tardo Holderlin~ II sapere, e non l agire, e la forma ontologica peculiare del male. Ne conseg~e .che la tentazione. f~s~ca, intesa come voluttà, ingordigia, pigrizia puramente sensibili, non costituisce affatto la sua natura ultima e piu specifica. Questa si dischiude piuttosto con la fata Morgana di ~n regno d~lla sp~itualità assoluta, cioè senza Dio, quale solt~to il male puo esperrrla concretamente nel suo legame simmetrico con la materia. Lo stato d'animo che vi regna è il lutto che è insieme la matrice dell'allegoria e il suo contenuto. E ad es: s? corrispondono tre promesse sataniche originarie di natura spirituale. Il dramma barocco ne mostra la continua presenza ora nella figura del tiranno ora in quella dell'intrigante. Ciò che seduce è l'apparenza ~ella libertà: nell'indagare il proibito; l'apparenza dell'auto~~~a:. nell'escludersi ~alla comunità,dei devoti; l'apparenza dell infrmto: nel vuoto abisso del male. E proprio infatti di ogni virtu avere un fine di fronte a sé, e cioè il suo modello in Dio· mentre la. dannazione inaugura seinpre un progresso all'infinito: La teologia del male va quindi dedotta dalla caduta di Satana in cui questi motivi trovano conferma, assai piu che dai moniti 'coi quali la dottrina ecclesiastica è solita rappresentare il cacciatore di anime. La spiritualità assoluta, che è il significato di Satana si suidd~ eman~ipandosi dal sacro. La materia - qui svuotata di' anima - diventa il suo luogo naturale. La pura materialità e la spiritualità assoluta sono i due poli dell'ambito satanico: e la coscienza è la loro sintesi buffonesca, che scimmiotta quella autentica la sintesi della vita. E il suo speculare ostile alla vita, legato al 'mondo casale ~egli emblemi, si imbatte alla fine nel sapere propriamente demoruaco. Nel De civitate Dei di Agostino si dice che essi vengono «chiamati &af+toveç, perché questa parola greca indica il loro possesso delle scienze»36
• Ed estremamente spirituale suona il verdetto di spiritualità fanatica sulla bocca di Francesco d'Assisi il quale mostra la retta via a uno dei sùoi discepoli sprofondato' in studi troppo astrusi:« Unus solus daimon plus scit quam tu».
In quanto sapere l'istinto trascina giu nel vuoto abisso del male per assicurarsi l'infinito. Ma è anche l'abisso della meditazione senza fondo. I suoi dati non possono entrare nelle costellazioni filosofiche. E si squadernano perciò come un puro repertorio di eu-
"AGOSTINo, De civitate Dei, IX, 20: «Daemones enim dicuntur (quoniam vocabulum Graecum est) ad scientiam nominati».
206 Il dramma barocco tedesco
pa solennità nei libri di emblemi del Barocco. Il dramma barocco attinge a questo repertorio piu di ogni altra forma. Esso scambia le sue immagini fra loro trasformandole, interpretandole e approfondendole senza posa. Il principio dominante è quello del contrasto. Sarebbe però sbagliato, o perlomeno superficiale, riferire al puro piacere delle antitesi gli innumerevoli effetti per cui la sala del trono si trasforma in carcere, il letto del piacere in una tomba, la corona regale in una ghirlanda di cipressi sanguinanti, si tratti di effetti scenici o puramente verbali. Neppure il contrasto di essere e apparenza coglie esattamente la tecnica di queste metafore ed apoteosi. Lo schema di base è invece quello dell'emblema, dal quale scaturisce- per via di un sempre rinnovato artificio- il significato sensibile. Cosf la corona regale «significa» la ghirlanda di cipressi. Tra gli innumerevoli esempi di questo furore emblematico - e il loro inventario è stato fatto da tempo37 è forse insuperabile per il suo ostentato estremismo quel passo di Hallmann, là dove, «quando il cielo politico lampeggia», fa trasformare un' arpa nell'« ascia di un boia»38
• E nello stesso genere rientra questo passo delle sue Leichreden: «Perché se si considerano gli innumerevoli cadaveri di cui in parte la peste imperversante e in parte le armi della guerra hanno riempito non solo la nostra Germania ma quasi l'intera Europa, dobbiamo riconoscere che le nostre rose si sono trasformate in spine, i nostri gigli in ortiche, i nostri paradisi in cimiteri, e insomma l'intera nostra esistenza in un'immagine della morte. Spero pertanto che non mi si vorrà male se mi sono accinto a dischiudere anche il mio cimitero cartaceo su questo universale palcoscenico di morte»39
• Anche nei Reyen queste metamorfosi sono di casa40
• Come chi precipita corre il rischio di rovesciarsi, allo stesso modo l'intenzione allegorica si perderebbe di immagine in immagine nella vertigine del suo abisso senza fondo se proprio nelle sue immagini estreme non dovesse apparire che, in realtà, tutta la sua tenebra, la sua superbia, la sua lontananza
37 Cfr. STACHEL, Seneca und das deutsche Renaissancedrama cit., pp .. 3.36 sgg. '8 HALLMANN, Leichreden cit., p. 9· "Ibid., p. 3· [Denn betrachtet man die unziihlbahren Leichen womit theils die raa
sende Pest theils die Kriegerischen Waffen nicht nur unser Teutschland sondern fast gantz Europam erfiillet so miissen wir bekennen daiS unsere Rosen in Dornen unsre Lilgen in NeBeln unsre Paradise in Kirchhofe ja unser gantzes Wesen in ein Bildniill deB Todes verwandelt worden. Dannenhero wird mir hoffentlich nicht ungiitig gedeutet werden daB ich auf dieser allgemeinen Schaubi.ihne deE Todes auch meinen papirenen Kirchhoff zu eroffnen mich unterwunden].
40 Cfr. LOHENSTEIN, Romische Trauerspiele cit., p. 82 (Agrippina, IV). Cfr. anche m., Afrikanische Trauerspiele cit., p. 327 (Sophonisbe, IV).
Allegoria e dramma barocco (m) 207
da Dio sono mero autoinganno. Separare infatti quel tesoro di immagini in cui si compie questo salto nel luogo della salvezza da quell'altro, cupo, che significa morte e inferno, vorrebbe dire infatti fraintendere completamente l'allegorico. Proprio nell'ebbrezza dell'annientamento, là dove tutto quel che è terreno precipita in un ammasso di rovine, ciò che si svela non è tanto l'ideale dell'allegoria come abbassamento, quanto il suo limite. La perduta desolazione degli ossari, che troviamo come schema allegorico in infinite stampe e descrizioni dell'epoca, non è solo un'immagine dello squallore esistenziale. La caducità è in essa non tanto significata, rappresentata allegoricamente, quanto piuttosto offerta come allegoria, a sua volta significante. Come l'allegoria della resurrezione. Nei monumenti mortuari del Barocco- per una sorta di salto mortale all'indietro -la visione allegorica si capovolge in redenzione. I sette anni del suo sprofondamento sono solo un giorno. Perché anche il tempo infernale si secolarizza nello spazio, e quel mondo che si concedeva e si tradiva allo spirito di Satana è il mondo di Dio. L'allegorista si risveglia nel mondo di Dio.
Ja wenn der H&hste wird vom Kirch-Hof erndten ein So werd ich Todten-Kopff ein Englisch Antlitz seyn41
•
Si scioglie cosi la cifra del frammentario, dell'annientato, del disperso. E cosf, certo, l'allegoria finisce per perdere ciò che le era piu proprio: il sapere segreto, privilegiato, l'arbitrio sulle cose morte, la presunta infinità della disperazione. Tutto ciò si polverizza con quel balzo per cui lo sprofondamento allegorico deve sgombrare l'ultima fantasmagoria dell'oggettivo, e, abbandonata a se stessa, ritrovarsi non piu giocosamente in un mondo di cose terrene, ma, seriosamente, sotto il cielo. E appunto questa è l'essenza dello sprofondamento malinconico: che i suoi oggetti ultimi, nei quali esso credeva di toccare il fO\ldo, si capovolgono in allegorie, che il nulla in cui questi oggetti si rappresentano viene colmato e poi negato, e cosi l'intenzione allegorica alla vista delle nude ossa non si paralizza, ma trapassa repentinamente in resurrezione.
«Con le lacrime spargemmo il seme nei maggesi, e ce ne andammo tristi»42
• L'allegoria rimane a mani vuote. Il male assoluto, che essa custodiva come profondità duratura, esiste solo in es-
"LOHENSTEIN, Blumen cit., (Hyacinthen), p. 5o; cfr. p. 191, nota x. ol2 SIGMUND VON BIRKEN, Vie Fried-er/reute Teutonie, Niirnberg 1652, p. II4. [Mit Wei
nen streuten wir den Samen in die Brachen und giengen traurig aus].
206 Il dramma barocco tedesco
pa solennità nei libri di emblemi del Barocco. Il dramma barocco attinge a questo repertorio piu di ogni altra forma. Esso scambia le sue immagini fra loro trasformandole, interpretandole e approfondendole senza posa. Il principio dominante è quello del contrasto. Sarebbe però sbagliato, o perlomeno superficiale, riferire al puro piacere delle antitesi gli innumerevoli effetti per cui la sala del trono si trasforma in carcere, il letto del piacere in una tomba, la corona regale in una ghirlanda di cipressi sanguinanti, si tratti di effetti scenici o puramente verbali. Neppure il contrasto di essere e apparenza coglie esattamente la tecnica di queste metafore ed apoteosi. Lo schema di base è invece quello dell'emblema, dal quale scaturisce- per via di un sempre rinnovato artificio- il significato sensibile. Cosf la corona regale «significa» la ghirlanda di cipressi. Tra gli innumerevoli esempi di questo furore emblematico - e il loro inventario è stato fatto da tempo37 è forse insuperabile per il suo ostentato estremismo quel passo di Hallmann, là dove, «quando il cielo politico lampeggia», fa trasformare un' arpa nell'« ascia di un boia»38
• E nello stesso genere rientra questo passo delle sue Leichreden: «Perché se si considerano gli innumerevoli cadaveri di cui in parte la peste imperversante e in parte le armi della guerra hanno riempito non solo la nostra Germania ma quasi l'intera Europa, dobbiamo riconoscere che le nostre rose si sono trasformate in spine, i nostri gigli in ortiche, i nostri paradisi in cimiteri, e insomma l'intera nostra esistenza in un'immagine della morte. Spero pertanto che non mi si vorrà male se mi sono accinto a dischiudere anche il mio cimitero cartaceo su questo universale palcoscenico di morte»39
• Anche nei Reyen queste metamorfosi sono di casa40
• Come chi precipita corre il rischio di rovesciarsi, allo stesso modo l'intenzione allegorica si perderebbe di immagine in immagine nella vertigine del suo abisso senza fondo se proprio nelle sue immagini estreme non dovesse apparire che, in realtà, tutta la sua tenebra, la sua superbia, la sua lontananza
37 Cfr. STACHEL, Seneca und das deutsche Renaissancedrama cit., pp .. 3.36 sgg. '8 HALLMANN, Leichreden cit., p. 9· "Ibid., p. 3· [Denn betrachtet man die unziihlbahren Leichen womit theils die raa
sende Pest theils die Kriegerischen Waffen nicht nur unser Teutschland sondern fast gantz Europam erfiillet so miissen wir bekennen daiS unsere Rosen in Dornen unsre Lilgen in NeBeln unsre Paradise in Kirchhofe ja unser gantzes Wesen in ein Bildniill deB Todes verwandelt worden. Dannenhero wird mir hoffentlich nicht ungiitig gedeutet werden daB ich auf dieser allgemeinen Schaubi.ihne deE Todes auch meinen papirenen Kirchhoff zu eroffnen mich unterwunden].
40 Cfr. LOHENSTEIN, Romische Trauerspiele cit., p. 82 (Agrippina, IV). Cfr. anche m., Afrikanische Trauerspiele cit., p. 327 (Sophonisbe, IV).
Allegoria e dramma barocco (m) 207
da Dio sono mero autoinganno. Separare infatti quel tesoro di immagini in cui si compie questo salto nel luogo della salvezza da quell'altro, cupo, che significa morte e inferno, vorrebbe dire infatti fraintendere completamente l'allegorico. Proprio nell'ebbrezza dell'annientamento, là dove tutto quel che è terreno precipita in un ammasso di rovine, ciò che si svela non è tanto l'ideale dell'allegoria come abbassamento, quanto il suo limite. La perduta desolazione degli ossari, che troviamo come schema allegorico in infinite stampe e descrizioni dell'epoca, non è solo un'immagine dello squallore esistenziale. La caducità è in essa non tanto significata, rappresentata allegoricamente, quanto piuttosto offerta come allegoria, a sua volta significante. Come l'allegoria della resurrezione. Nei monumenti mortuari del Barocco- per una sorta di salto mortale all'indietro -la visione allegorica si capovolge in redenzione. I sette anni del suo sprofondamento sono solo un giorno. Perché anche il tempo infernale si secolarizza nello spazio, e quel mondo che si concedeva e si tradiva allo spirito di Satana è il mondo di Dio. L'allegorista si risveglia nel mondo di Dio.
Ja wenn der H&hste wird vom Kirch-Hof erndten ein So werd ich Todten-Kopff ein Englisch Antlitz seyn41
•
Si scioglie cosi la cifra del frammentario, dell'annientato, del disperso. E cosf, certo, l'allegoria finisce per perdere ciò che le era piu proprio: il sapere segreto, privilegiato, l'arbitrio sulle cose morte, la presunta infinità della disperazione. Tutto ciò si polverizza con quel balzo per cui lo sprofondamento allegorico deve sgombrare l'ultima fantasmagoria dell'oggettivo, e, abbandonata a se stessa, ritrovarsi non piu giocosamente in un mondo di cose terrene, ma, seriosamente, sotto il cielo. E appunto questa è l'essenza dello sprofondamento malinconico: che i suoi oggetti ultimi, nei quali esso credeva di toccare il fO\ldo, si capovolgono in allegorie, che il nulla in cui questi oggetti si rappresentano viene colmato e poi negato, e cosi l'intenzione allegorica alla vista delle nude ossa non si paralizza, ma trapassa repentinamente in resurrezione.
«Con le lacrime spargemmo il seme nei maggesi, e ce ne andammo tristi»42
• L'allegoria rimane a mani vuote. Il male assoluto, che essa custodiva come profondità duratura, esiste solo in es-
"LOHENSTEIN, Blumen cit., (Hyacinthen), p. 5o; cfr. p. 191, nota x. ol2 SIGMUND VON BIRKEN, Vie Fried-er/reute Teutonie, Niirnberg 1652, p. II4. [Mit Wei
nen streuten wir den Samen in die Brachen und giengen traurig aus].
208 Il dramma barocco tedesco
sa, è solo e unicamente allegoria, significa qualcos'altro da ciò che è. E precisamente, esso significa il non-essere di ciò che rappresenta. I vizi assoluti, rappresentati dai tiranni e dagli intriganti, sono allegorie. Essi non sono reali, e ricevono il proprio significato solo dallo sguardo soggettivo della melanconia: essi sono questo sguardo, annientato dai suoi prodotti, perché essi significano soltanto la sua cecità. Essi rimandano alla profondità abissale dell'intelligenza soggettiva, alla quale devono unicamente la propria esistenza. Attraverso la sua figura allegorica il male assoluto si rivela come un fenomeno soggettivo. L'enorme e antiartistica soggettività del Barocco fa qui tutt'uno con l'essenza teologica del soggettivo. La Bibbia introduce il male sotto la categoria del sapere. Ciò che il serpente promette al primo uomo è la «conoscenza del bene e del male»43
• Ma di Dio viene detto, subito dopo la creazione: «E Dio vide tutto quello che aveva fatto; ed ecco, era molto buono»44 • Dunque la conoscenza del male non ha oggetto. Questo oggetto non è nel mondo. Esso viene posto nell'uomo stesso col desiderio di sapere, o meglio col giudizio. La conoscenza del bene, in quanto conoscenza, è secondaria: essa risulta dalla prassi. La conoscenza del male è invece primaria proprio in quanto conoscenza: essa risulta dalla contemplazione. La conoscenza del bene e del male è dunque in contrasto con ogni sapere oggettivo. Riferita alla profondità del soggettivo, essa non è altro in sostanza che conoscenza del male. Essa è «chiacchiera» nel senso profondo in cui Kierkegaard intende la parola. In quanto tiionfo della soggettività e inizio del dominio arbitrario sulle cose, quella conoscenza è l'origine di ogni concezione allegorica. Nello stesso peccato originale l'unità di colpa e significato sorge davanti all'albero della conoscenza nella forma dell'astrazione. L'allegorico vive di astrazioni, in quanto astrazione - intesa come facoltà linguistica - esso è di casa nel peccato originale. Il Bene e il Male se ne stanno infatti, innominabili, senza nome, al di fuori di quella Lingua dei nomi in cui l'uomo paradisiaco ha dato un nome alle cose, per poi abbandonarle nell'abisso di quella interrogazione. Il nome è per la lingua solo il terreno in cui si radicano gli elementi concreti. Ma gli elementi astratti del linguaggio sono radicati nella parola giudicante, nel giudizio. E mentre nei tribunali terreni la soggettività oscillante si ancora con le pene alla realtà, ciò di cui si fa
4' Gn,m, 5·
44 Gn, I, 31.
Allegoria e dramma barocco (m) 209
gius~i~i~ nel tribunale c~leste è l'apparenza del male. Qui la sogg~t~lVlta r~a confessa tnonfa su ogni ingannevole oggettività del d1.ntto, e rientra, come opera dell' «altissima sapienza e 'l primo m G • f Il' . di' E a ore» , come m erno, ne onrupotenza vma. ssa non è ap-
parenza; e tantomeno è l'essere pieno, bensf il vero rispecchiarsi dell~ vuota so~gettività nel bene. Nel male ·assoluto la soggettività coglie la propna realtà e la vede come mero rispecchiamento di se stes~a in Dio. Nella visione allegorica è dunque la prospettiva soggettiva ad essere riassorbita senza residui nell'economia del tutto. Cosf le colonne di un altare barocco di Bamberga sono disposte esattamente come apparirebbero dal basso nel caso di una costruzione regolare. E cosf anche l'estasi piu ardente senza che una sola sc~n!illa vada perduta,, si s~va, si secolarizz~ com'è giusto nel quotidiano scarno. In un allucmazione, santa Teresa vede la Madonna spargere delle rose sul suo letto; lo riferisce al suo confessore, il quale replica: «Non le vedo». «La Madonna le ha portate a me», risponde la santa. In questo senso la soggettività confessata e messa in mostra diventa: la garante formale· del miracolo, in quru;to annuncia la st:ssa azione divina. E «non ,c'è un passaggio che il Barocco non chiuda con un miracolo»46
• «E l'idea aristoteli~a ?:J -6-au~-ta~oov! l'espressione artistica del miracolo (dei O"'l!J.E~a b1blic1), che a partire dalla Controriforma e soprattutto dal Concilio di Trento» domina anche l'architettura e la scultura: «quella eh~ si tratt.a di evocare, di tradurre e accentuare attraverso gli angeli sospesi delle decorazioni plastiche, è un'impressione di forze soprannaturali, di una carica poderosa che si libra in alto poggiando su se stessa ... Solo per rafforzare questa impressione vengono sottolineate dall'altra parte e fino all'esagerazione le leggi proprie delle regioni inferiori. Che cos'altro significherebbero altrimenti quei c~ntinui ~ichiami alla forza di gravità e al peso dei sostegni, quegh zoccoli enormi, i doppi e tripli ordini di colonne e di pilastri, quei. ~ontrafforti di sicurezza per reggere appena un balcone, che s1gruf1cato avrebbero se non quello di sottolineare dal basso il miracolo sospeso in alto mettendo in luce la fatica degli elementi di sostegno? Laponderaci6n mysteriosa, l'intervento di Dio nell'opera d'arte viene presupposto come possibile»47
• La soggettività, come un angelo caduto nell'abisso, viene raccolta dalle allegorie e
"'DANTE, Inferno, III, 6. 46 HAUSENSTEIN, Vom Geistdes Barock cit., p. 17· "'BORINSKI, Die Antike in Poetik und Kunsttheorie cit., vol. I, p. 193.
208 Il dramma barocco tedesco
sa, è solo e unicamente allegoria, significa qualcos'altro da ciò che è. E precisamente, esso significa il non-essere di ciò che rappresenta. I vizi assoluti, rappresentati dai tiranni e dagli intriganti, sono allegorie. Essi non sono reali, e ricevono il proprio significato solo dallo sguardo soggettivo della melanconia: essi sono questo sguardo, annientato dai suoi prodotti, perché essi significano soltanto la sua cecità. Essi rimandano alla profondità abissale dell'intelligenza soggettiva, alla quale devono unicamente la propria esistenza. Attraverso la sua figura allegorica il male assoluto si rivela come un fenomeno soggettivo. L'enorme e antiartistica soggettività del Barocco fa qui tutt'uno con l'essenza teologica del soggettivo. La Bibbia introduce il male sotto la categoria del sapere. Ciò che il serpente promette al primo uomo è la «conoscenza del bene e del male»43
• Ma di Dio viene detto, subito dopo la creazione: «E Dio vide tutto quello che aveva fatto; ed ecco, era molto buono»44 • Dunque la conoscenza del male non ha oggetto. Questo oggetto non è nel mondo. Esso viene posto nell'uomo stesso col desiderio di sapere, o meglio col giudizio. La conoscenza del bene, in quanto conoscenza, è secondaria: essa risulta dalla prassi. La conoscenza del male è invece primaria proprio in quanto conoscenza: essa risulta dalla contemplazione. La conoscenza del bene e del male è dunque in contrasto con ogni sapere oggettivo. Riferita alla profondità del soggettivo, essa non è altro in sostanza che conoscenza del male. Essa è «chiacchiera» nel senso profondo in cui Kierkegaard intende la parola. In quanto tiionfo della soggettività e inizio del dominio arbitrario sulle cose, quella conoscenza è l'origine di ogni concezione allegorica. Nello stesso peccato originale l'unità di colpa e significato sorge davanti all'albero della conoscenza nella forma dell'astrazione. L'allegorico vive di astrazioni, in quanto astrazione - intesa come facoltà linguistica - esso è di casa nel peccato originale. Il Bene e il Male se ne stanno infatti, innominabili, senza nome, al di fuori di quella Lingua dei nomi in cui l'uomo paradisiaco ha dato un nome alle cose, per poi abbandonarle nell'abisso di quella interrogazione. Il nome è per la lingua solo il terreno in cui si radicano gli elementi concreti. Ma gli elementi astratti del linguaggio sono radicati nella parola giudicante, nel giudizio. E mentre nei tribunali terreni la soggettività oscillante si ancora con le pene alla realtà, ciò di cui si fa
4' Gn,m, 5·
44 Gn, I, 31.
Allegoria e dramma barocco (m) 209
gius~i~i~ nel tribunale c~leste è l'apparenza del male. Qui la sogg~t~lVlta r~a confessa tnonfa su ogni ingannevole oggettività del d1.ntto, e rientra, come opera dell' «altissima sapienza e 'l primo m G • f Il' . di' E a ore» , come m erno, ne onrupotenza vma. ssa non è ap-
parenza; e tantomeno è l'essere pieno, bensf il vero rispecchiarsi dell~ vuota so~gettività nel bene. Nel male ·assoluto la soggettività coglie la propna realtà e la vede come mero rispecchiamento di se stes~a in Dio. Nella visione allegorica è dunque la prospettiva soggettiva ad essere riassorbita senza residui nell'economia del tutto. Cosf le colonne di un altare barocco di Bamberga sono disposte esattamente come apparirebbero dal basso nel caso di una costruzione regolare. E cosf anche l'estasi piu ardente senza che una sola sc~n!illa vada perduta,, si s~va, si secolarizz~ com'è giusto nel quotidiano scarno. In un allucmazione, santa Teresa vede la Madonna spargere delle rose sul suo letto; lo riferisce al suo confessore, il quale replica: «Non le vedo». «La Madonna le ha portate a me», risponde la santa. In questo senso la soggettività confessata e messa in mostra diventa: la garante formale· del miracolo, in quru;to annuncia la st:ssa azione divina. E «non ,c'è un passaggio che il Barocco non chiuda con un miracolo»46
• «E l'idea aristoteli~a ?:J -6-au~-ta~oov! l'espressione artistica del miracolo (dei O"'l!J.E~a b1blic1), che a partire dalla Controriforma e soprattutto dal Concilio di Trento» domina anche l'architettura e la scultura: «quella eh~ si tratt.a di evocare, di tradurre e accentuare attraverso gli angeli sospesi delle decorazioni plastiche, è un'impressione di forze soprannaturali, di una carica poderosa che si libra in alto poggiando su se stessa ... Solo per rafforzare questa impressione vengono sottolineate dall'altra parte e fino all'esagerazione le leggi proprie delle regioni inferiori. Che cos'altro significherebbero altrimenti quei c~ntinui ~ichiami alla forza di gravità e al peso dei sostegni, quegh zoccoli enormi, i doppi e tripli ordini di colonne e di pilastri, quei. ~ontrafforti di sicurezza per reggere appena un balcone, che s1gruf1cato avrebbero se non quello di sottolineare dal basso il miracolo sospeso in alto mettendo in luce la fatica degli elementi di sostegno? Laponderaci6n mysteriosa, l'intervento di Dio nell'opera d'arte viene presupposto come possibile»47
• La soggettività, come un angelo caduto nell'abisso, viene raccolta dalle allegorie e
"'DANTE, Inferno, III, 6. 46 HAUSENSTEIN, Vom Geistdes Barock cit., p. 17· "'BORINSKI, Die Antike in Poetik und Kunsttheorie cit., vol. I, p. 193.
2 I O fl dramma batOCCO tedeSCO
trattenuta in cielo, in Dio, dalla ponderaci6n mysteriosa. Certo è che l'apoteosi trasfigurante, come la conosciamo in Calder6n, non può essere allestita con le risorse banali del teatro ordinario, a base di Reyen, interludi e pantomime. Essa però risulta necessariamente dalla costellazione globale del significato, che verrà sottolineata con maggiore o minore insistenza. Lo scarso sviluppo dell'intreccio, che non si avvicina neppure da lontano a quelli dello Spagnolo, è il limite di fondo del dramma barocco tedesco. Solo l'intreccio sarebbe stato in grado di portare l'organizzazione della scena a quella totalità allegorica che, con l'immagine dell' apoteosi, introduce un elemento del tutto eterogeneo alle immagini della caducità, segnando insieme l'inizio e la fine del lutto. Loschema poderoso di questa forma va pensato fino alla fine: solo a questa condizione si può parlare dell'idea del dramma barocco tedesco. E poiché dalle rovine dei grandi edifici l'idea del loro disegno complesso parla in modo piu eloquente che da quei pochi ben conservati, il dramma tedesco dell'epoca barocca può aspirare a un'interpretazione. Nello spirito dell'allegoria esso è concepito fin dall'inizio come rovina, come frammento. Se altre forme risplendono magnifiche come il primo giorno, questa fissa nell'ultimo l'!mmagine del bello.
2 I O fl dramma batOCCO tedeSCO
trattenuta in cielo, in Dio, dalla ponderaci6n mysteriosa. Certo è che l'apoteosi trasfigurante, come la conosciamo in Calder6n, non può essere allestita con le risorse banali del teatro ordinario, a base di Reyen, interludi e pantomime. Essa però risulta necessariamente dalla costellazione globale del significato, che verrà sottolineata con maggiore o minore insistenza. Lo scarso sviluppo dell'intreccio, che non si avvicina neppure da lontano a quelli dello Spagnolo, è il limite di fondo del dramma barocco tedesco. Solo l'intreccio sarebbe stato in grado di portare l'organizzazione della scena a quella totalità allegorica che, con l'immagine dell' apoteosi, introduce un elemento del tutto eterogeneo alle immagini della caducità, segnando insieme l'inizio e la fine del lutto. Loschema poderoso di questa forma va pensato fino alla fine: solo a questa condizione si può parlare dell'idea del dramma barocco tedesco. E poiché dalle rovine dei grandi edifici l'idea del loro disegno complesso parla in modo piu eloquente che da quei pochi ben conservati, il dramma tedesco dell'epoca barocca può aspirare a un'interpretazione. Nello spirito dell'allegoria esso è concepito fin dall'inizio come rovina, come frammento. Se altre forme risplendono magnifiche come il primo giorno, questa fissa nell'ultimo l'!mmagine del bello.