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sezione VI; sentenza 16 dicembre 1999, causa C-101/98; Pres. Schintgen, Avv. gen. Saggio (concl....

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sezione VI; sentenza 16 dicembre 1999, causa C-101/98; Pres. Schintgen, Avv. gen. Saggio (concl. conf.); Union Deutsche Lebensmittelwerke GmbH c. Schutzverband gegen Unwesen in der Wirtschaft e V. Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 5 (MAGGIO 2000), pp. 211/212-217/218 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194801 . Accessed: 25/06/2014 08:25 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.208 on Wed, 25 Jun 2014 08:25:51 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezione VI; sentenza 16 dicembre 1999, causa C-101/98; Pres. Schintgen, Avv. gen. Saggio(concl. conf.); Union Deutsche Lebensmittelwerke GmbH c. Schutzverband gegen Unwesen inder Wirtschaft e V.Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 5 (MAGGIO 2000), pp. 211/212-217/218Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194801 .

Accessed: 25/06/2014 08:25

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PARTE QUARTA

o in un comune limitrofo, è atta ad ostacolare gli scambi intra

comunitari.

32. - Il giudice a quo afferma tuttavia che la normativa na

zionale è volta a tutelare l'approvvigionamento in loco a favore

delle imprese locali, finalità che, senza di essa, verrebbe pregiu dicata in un paese che, come l'Austria, ha una orografia tal

mente complessa. Si deve pertanto esaminare se la detta norma

tiva sia giustificata per tale motivo.

33. - A tal proposito occorre anzitutto ricordare che obiettivi

di natura puramente economica non possono giustificare un osta

colo al principio fondamentale della libera circolazione delle merci

(v. sentenza 28 aprile 1998, causa C-120/95, Decker, Racc. pag.

1-1831, punto 39; Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 727). 34. - D'altra parte, benché non si possa escludere che la ne

cessità di evitare il deteriorarsi delle condizioni di approvvigio namento in loco in regioni relativamente isolate di uno Stato

membro può, a talune condizioni, giustificare un ostacolo agli scambi intracomunitari, una disposizione come quella su cui verte

il processo a quo, la quale si applica su tutto il territorio nazio

nale, è in ogni caso sproporzionata rispetto al detto scopo. 35. - Il governo austriaco ha tuttavia affermato che l'obietti

vo di garantire l'approvvigionamento in loco nelle situazioni li

mite generate dalla complessa orografia austriaca è perseguito dall'art. 53 bis, n. 1, della GewO, che autorizza i macellai, for

nai e alimentaristi a praticare il commercio ambulante, mentre

la restrizione contenuta nell'art. 53 bis, n. 2, della GewO è mo

tivata da considerazioni di igiene. 36. - A questo proposito va osservato che la tutela della salu

te, pur rientrando nel novero dei motivi che possono giustifica re deroghe all'art. 30 del trattato, è un obiettivo raggiungibile mediante provvedimenti che hanno effetti sugli scambi intraco

munitari meno restrittivi di quelli di una disposizione nazionale

come l'art. 53 bis, n. 2, della GewO, a esempio mediante nor

me relative agli impianti frigoriferi dei veicoli utilizzati.

37. - Pertanto la questione sollevata va risolta nel senso che l'art. 30 del trattato osta alla normativa nazionale che disponga che i fornai, macellai e alimentaristi possono praticare il com

mercio ambulante in una data circoscrizione amministrativa, co me ad esempio un Verwaltungsbezirk austriaco, solo se esercita no la loro attività commerciale anche all'interno di un esercizio

stabile, nel quale mettono in vendita anche le merci oggetto del commercio ambulante, situato in tale circoscrizione ammi

nistrativa o in un comune limitrofo.

Per questi motivi, la corte (quinta sezione), pronunciandosi sulla questione sottopostale dall'Oberster Gerichtshof con ordi

nanza 30 giugno 1998, dichiara:

L'art. 30 del trattato Ce (divenuto, in seguito a modifica, art. 28 Ce) osta alla normativa nazionale che disponga che i

fornai, macellai e alimentaristi possono praticare il commercio

ambulante in una data circoscrizione amministrativa, come ad

esempio un Verwaltungsbezirk austriaco, solo se esercitano la loro attività commerciale anche all'interno di un esercizio stabi

le, nel quale mettono in vendita anche le merci oggetto del com

mercio ambulante, situato in tale circoscrizione amministrativa

o in un comune limitrofo.

Il Foro Italiano — 2000.

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; se

zione VI; sentenza 16 dicembre 1999, causa C-101/98; Pres.

Schintgen, Aw. gen. Saggio (conci, conf.); Union Deutsche

Lebensmittelwerke GmbH c. Schutzverband gegen Unwesen

in der Wirtschaft e V.

Unione europea — Ce — Prodotti dietetici — Utilizzazione del

la denominazione «formaggio» — Domanda di pronunzia pre

giudiziale (Trattato Ce, art. 234; regolamento 2 luglio 1987

n. 1898/87/Cee del consiglio, relativo alla protezione della

denominazione del latte e dei prodotti lattiero-caseari all'atto

della loro commercializzazione, art. 3; direttiva 3 maggio 1989

n. 89/398/Cee del consiglio, relativa al ravvicinamento delle

legislazioni degli Stati membri concernenti i prodotti alimen

tari destinati ad un'alimentazione particolare, art. 3).

L'art. 3, n. 1, del regolamento (Cee) del consiglio 2 luglio 1987

n. 1898, relativo alla protezione della denominazione del latte

e dei prodotti lattiero-caseari all'atto della loro commercializ

zazione, in combinato disposto con l'art. 3, n. 2, della diretti

va del consiglio 3 maggio 1989 n. 89/398/Cee, relativa al rav

vicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti

i prodotti alimentari destinati ad un 'alimentazione particola

re, dev'essere interpretato nel senso che un prodotto lattiero

caseario, nel quale la materia grassa del latte sia stata sosti

tuita da materia grassa vegetale per motivi dietetici, non può essere denominato «formaggio». (1)

Per quanto riguarda prodotti derivati dal latte nei quali un com

ponente naturale di quest'ultimo sia stato sostituito da una

sostanza estranea, l'utilizzazione di una denominazione come

«formaggio dietetico all'olio vegetale (o formaggio dietetico

a pasta molle contenente olio vegetale) per un'alimentazione a base di materie grasse di sostituzione» non è autorizzata

neppure quando tale denominazione venga integrata con l'ap

posizione sulle confezioni di indicazioni descrittive quali «que sto formaggio dietetico è ricco di acidi grassi polinsaturi» op

pure «questo formaggio dietetico è ideale per un'alimentazio

ne volta a tenere sotto controllo il colesterolo». (2)

1. - Con ordinanza 5 marzo 1998, pervenuta alla corte il 9

aprile seguente, il Bundesgerichtshof ha proposto, ai sensi del

l'art. 177 del trattato Ce (divenuto art. 234 Ce), due questioni

pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 3, n. 1, del re

golamento (Cee) del consiglio 2 luglio 1987 n. 1898, relativo

alla protezione della denominazione del latte e dei prodotti lattiero-caseari all'atto della loro commercializzazione (G.U. L

182, pag. 36; in prosieguo: il «regolamento») e dell'art. 3, n.

2, della direttiva del consiglio 3 maggio 1989 n. 89/398/Cee, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri

concernenti i prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione

particolare (G.U. L 186, pag. 27; in prosieguo: la «direttiva»). 2. - Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una con

troversia tra l'Union Deutsche Lebensmittelwerke GmbH (in pro

sieguo: l'«UDL»), un'impresa del settore alimentare, e lo Schutz

verband gegen Unwesen in der Wirtschaft eV (in prosieguo: lo

«Schutzverband»), un'associazione che ha lo scopo di tutelare la concorrenza, riguardo alla denominazione con la quale l'UDL

si propone di vendere due dei suoi prodotti.

La normativa comunitaria

3. - L'art. 2, nn. 2 e 3, del regolamento dispone: «2. Ai sensi del presente regolamento si intendono per 'pro

dotti lattiero-caseari' i prodotti derivati esclusivamente dal lat

te, fermo restando che possono essere aggiunte sostanze neces

sarie per la loro fabbricazione, purché esse non siano utilizzate

per sostituire totalmente o parzialmente uno qualsiasi dei com

ponenti del latte.

(1-2) Sulla produzione di formaggio (nella specie, grana padano), da ultimo, v. Pret. Crema 22 gennaio 1999, Foro it., 1999, II, 737, con nota di richiami.

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

Sono riservate unicamente ai prodotti lattiero-caseari: — le denominazioni che figurano nell'allegato, — le denominazioni a norma dell'art. 5 della direttiva

79/112/Cee del consiglio del 18 dicembre 1978, relativa al rav

vicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'e

tichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati

al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità, modificata

da ultimo dalla direttiva 85/7/Cee, effettivamente utilizzate per

i prodotti lattiero-caseari.

3. La denominazione 'latte' e le denominazioni utilizzate per

designare i prodotti lattiero-caseari possono essere usate anche

insieme ad uno o più termini per designare prodotti composti

in cui nessun elemento sostituisce o intende sostituire un com

ponente qualsiasi del latte e di cui il latte o un prodotto lattiero

caseario costituisce una parte fondamentale, per la quantità o

per l'effetto che caratterizza il prodotto». 4. - L'art. 3 del regolamento prevede:

«1. Le denominazioni di cui all'art. 2 non possono essere

utilizzate per prodotti diversi da quelli di cui al medesimo ar

ticolo.

Tuttavia, la presente disposizione non si applica alla designa

zione di prodotti la cui natura esatta è chiara per uso tradizio

nale, e/o qualora le denominazioni siano chiaramente utilizzate

per descrivere una qualità caratteristica del prodotto.

2. Per quanto riguarda un prodotto diverso da quelli di cui

all'art. 2, non possono essere utilizzati etichette, documenti com

merciali, materiale pubblicitario, altra forma di pubblicità, quale

definita all'art. 2, punto 1), della direttiva 84/450/Cee, né alcu

na forma di presentazione che indichi, implichi o suggerisca che

il prodotto in questione è un prodotto lattiero-caseario.

Tuttavia, per un prodotto contenente latte o prodotti lattiero

caseari, il termine 'latte' o le denominazioni di cui all'art. 2,

par. 2, 2° comma, possono essere utilizzati unicamente per de

scrivere le materie prime di base e per elencare gli ingredienti

in conformità della direttiva 79/112/Cee».

5. - L'allegato del regolamento contiene, tra le denominazio

ni previste all'art. 2, n. 2, 2° comma, primo trattino, la deno

minazione «formaggio». 6. - Ai sensi dell'art. 1 della direttiva:

«1. La presente direttiva riguarda i prodotti alimentari desti

nati ad un'alimentazione particolare.

2. a) I prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione par

ticolare sono prodotti alimentari che, per la loro particolare com

posizione o per il particolare processo di fabbricazione, si di

stinguono nettamente dai prodotti alimentari di consumo cor

rente, sono adatti all'obiettivo nutrizionale indicato e sono

commercializzati in modo da indicare che sono conformi a tale

obiettivo.

b) Un'alimentazione particolare deve rispondere alle esigenze

nutrizionali particolari:

i) di alcune categorie di persone il cui processo di assimila

zione o il cui metabolismo è perturbato, o

il) di alcune categorie di persone che si trovano in condizioni

fisiologiche particolari per cui possono trarre benefici particola

ri dall'ingestione controllata di talune sostanze negli alimenti,

oppure

iii) dei lattanti o bambini nella prima infanzia, in buona

salute».

7. - L'art. 3 della direttiva così stabilisce:

«1. La natura o la composizione dei prodotti di cui all'art.

I deve essere tale che detti prodotti siano adeguati all'obiettivo

nutrizionale particolare al quale sono destinati.

2. I prodotti definiti all'art. 1 devono inoltre rispondere alle

disposizioni obbligatorie applicabili al prodotto alimentare di

consumo corrente, salvo per quanto concerne le modifiche ap

portate a tali prodotti per renderli conformi alle definizioni di

cui all'art. 1».

8. - Ai sensi dell'art. 7, nn. 1 e 2, della direttiva:

«1. La direttiva 79/112/Cee del consiglio del 18 dicembre 1978, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri

concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti ali

mentari, nonché la relativa pubblicità, modificata da ultimo dalla

direttiva 89/395/Cee, si applica ai prodotti di cui all'art. 1, alle

condizioni seguenti.

II Foro Italiano — 2000.

2. La denominazione con cui un prodotto è venduto deve

essere accompagnata dall'indicazione delle sue caratteristiche nu

trizionali particolari. Tuttavia, per i prodotti di cui all'art. 1,

par. 2, lett. b), punto iii), questa indicazione è sostituita dall'in

dicazione della loro destinazione».

9. - L'art. 2, n. 1, lett. a), della direttiva del consiglio 18

dicembre 1978 n. 79/112/Cee, relativa al ravvicinamento delle

legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la

presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore

finale, nonché la relativa pubblicità (G.U. 1979 L 33, pag. 1), prevede:

«L'etichettatura e le relative modalità di realizzazione non

devono:

a) essere tali da indurre in errore l'acquirente, specialmente:

i) per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimen

tare e in particolare la natura, l'identità, le qualità, la composi

zione, la quantità, la conservazione, l'origine o la provenienza,

il modo di fabbricazione o di ottenimento,

l'i) attribuendo al prodotto alimentare effetti o proprietà che

non possiede,

ili) suggerendogli che il prodotto alimentare possiede caratte

ristiche particolari, quando tutti i prodotti alimentari analoghi

possiedono caratteristiche identiche».

10. - L'art. 5, n. 1, della direttiva 79/112, come modificato

dalla direttiva del consiglio 14 giugno 1989 n. 89/395/Cee (G.U.

L 186, pag. 17), stabilisce che: «La denominazione di vendita di un prodotto alimentare è

la denominazione prevista dalle disposizioni legislative, regola

mentari o amministrative ad esso applicabili o, in mancanza

di essa, il nome consacrato dall'uso nello Stato membro nel

quale il prodotto alimentare è venduto al consumatore finale

ed alle collettività, o una descrizione di esso e, se necessario,

dalla sua utilizzazione, sufficientemente precisa per consentire

all'acquirente di conoscerne la natura effettiva e di distinguerlo

dai prodotti con i quali potrebbe essere confuso».

La controversia nella causa principale e le questioni pregiudiziali

11. - L'UDL è un'impresa dell'industria alimentare che pro

duce soprattutto formaggio e prodotti derivati dal formaggio,

fra cui quelli destinati ad un'alimentazione particolare o dieteti

ca. Essa smercia, in particolare con la marca Becel, alimenti

nei quali i grassi animali contenenti acidi grassi saturi sono so

stituiti da grassi vegetali ricchi di acidi grassi polinsaturi, che

hanno la caratteristica di fare abbassare il tasso di colesterolo.

12. - Dall'inizio degli anni novanta, l'UDL commercializza

con la denominazione «pasta per tartine dietetica», due prodot

ti della marca Becel che essa avrebbe intenzione di vendere in

futuro con la denominazione «Aperitivo olandese - Formaggio

dietetico all'olio vegetale per un'alimentazione a base di materie

grasse di sostituzione» e «Formaggio dietetico a pasta molle

contenente olio vegetale per un'alimentazione a base di materie

grasse di sostituzione». L'UDL si propone, peraltro, di far fi

gurare sulla confezione, quanto al primo di tali prodotti, la scritta

«questo formaggio dietetico è ricco di acidi grassi polinsaturi»,

e, per il secondo, la scritta «questo formaggio dietetico è ideale

per un'alimentazione volta a tenere sotto controllo il colesterolo».

13. - Considerando illegittime le nuove denominazioni e indi

cazioni descrittive che l'UDL intende apporre sui due prodotti

della marca Becel, poiché il formaggio è un prodotto lattiero

caseario mentre, nella composizione di questi ultimi, la materia

grassa del latte è integralmente sostituita da grassi vegetali, lo

Schutzverband citava in giudizio l'UDL dinanzi al Landgericht di Amburgo, affinché venisse vietato a tale impresa, da un lato,

di utilizzare la denominazione «formaggio» per tali prodotti e,

dall'altro, di apporre sulla confezione di questi ultimi le dette

scritte. La domanda veniva respinta dal Landgericht ma accolta

dal giudice d'appello. L'UDL ha proposto un ricorso per cassa

zione «revisione» dinanzi al Bundesgerichtshof, il quale, rite nendo che nella controversia fossero sorte questioni di interpre

tazione del diritto comunitario, ha deciso di sospendere il pro

cedimento e di sottoporre alla corte le due seguenti questioni

pregiudiziali:

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PARTE QUARTA

«1) Se l'art. 3, n. 1, del regolamento (Cee) del consiglio 2

luglio 1987 n. 1898, relativo alla protezione della denominazio

ne del latte e dei prodotti lattiero-caseari all'atto della loro com

mercializzazione, anche in considerazione della disciplina di cui

all'art. 3, n. 2, della direttiva del consiglio 3 maggio 1989 n.

89/398/Cee, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti i prodotti alimentari destinati ad un'a

limentazione particolare, vada interpretato nel senso che un pro dotto lattiero-caseario, nel quale per motivi dietetici è stata so

stituita la materia grassa naturale con grasso vegetale non possa denominarsi formaggio.

2) Qualora la questione sub 1) venga risolta affermativamen

te: se abbia rilevanza il fatto che la denominazione 'formaggio dietetico all'olio vegetale (oppure formaggio dietetico a pasta molle contenente olio vegetale) per un'alimentazione a base di

materie grasse di sostituzione' sulla confezione da indicazioni

descrittive come 'questo formaggio dietetico è ricco di acidi po linsaturi' (. . .) oppure 'questo formaggio dietetico è ideale per un'alimentazione volta a tenere sotto controllo il colesterolo'».

Sulla prima questione

14. - Prima di risolvere tale questione, occorre esaminare se

l'art. 3, n. 1, del regolamento si applichi ai prodotti alimentari

destinati ad un'alimentazione particolare. 15. - A tal proposito, occorre constatare che i rispettivi obiet

tivi del regolamento e della direttiva sono diversi e che quest'ul tima non esclude l'applicazione del detto regolamento ai pro dotti alimentari destinati ad un'alimentazione particolare. In

fatti, mentre il regolamento mira a proteggere la denominazione

del latte e dei prodotti lattiero-caseari, alla luce della loro com

posizione naturale, nell'interesse dei produttori e dei consuma

tori, l'oggetto della direttiva è la fissazione di norme di etichet tatura e di presentazione precise dei prodotti che rientrano nel

suo campo d'applicazione, per garantire che la natura e la com

posizione di questi ultimi siano adeguati all'obiettivo nutrizio

nale particolare al quale essi sono destinati.

16. - Inoltre, contrariamente a quanto sostiene l'UDL, non

discende affatto dall'art. 3, n. 2, della direttiva, in combinato

disposto con il regolamento, che il diritto comunitario non solo

non osti a che la variante dietetica di un prodotto alimentare

sia designata con la stessa denominazione di vendita del prodot to corrente corrispondente, ma addirittura imponga l'uso di que st'ultima per la designazione di tale variante.

17. - Infatti, come sostiene il governo tedesco, dalla formula

zione dell'art. 3, n. 2, della direttiva risulta che tale disposizio ne attiene alle sole «modifiche» apportate ai prodotti e riguarda

quindi soltanto la composizione di questi ultimi e non la loro denominazione.

18. - Tale interpretazione è corroborata dalla formulazione del quarto 'considerando' della direttiva dal quale risulta che le deroghe alle disposizioni generali o particolari applicabili ai

prodotti alimentari sono necessarie solo nei limiti in cui tali di

sposizioni non permettano che la composizione o l'elaborazione di un prodotto alimentare sia modificata al fine di conseguire l'obiettivo nutrizionale specifico perseguito dai prodotti che rien trano nell'ambito di applicazione della direttiva.

19. - Emerge dalle considerazioni svolte in precedenza che la denominazione dei prodotti alimentari destinati ad un'alimen

tazione particolare è disciplinata dal regolamento e che, di con

seguenza, essi possono essere designati con la denominazione

generica dei prodotti di consumo corrente loro corrispondenti solo qualora la loro composizione, pur essendo modificata per essere conforme all'obiettivo nutrizionale particolare, non sia in contrasto con le disposizioni relative alla protezione della detta

denominazione.

20. - Per quanto riguarda la questione se la denominazione

«formaggio» possa essere usata per designare un prodotto nel

quale la materia grassa del latte sia stata sostituita dalla materia

grassa vegetale, occorre rammentare anzitutto che, ai sensi del l'art. 2, n. 2, del regolamento e del suo allegato, la denomina

zione «formaggio» è riservata soltanto ai «prodotti lattiero

caseari», i quali sono «prodotti derivati esclusivamente dal lat

II Foro Italiano — 2000.

te, fermo restando che possono essere aggiunte sostanze neces

sarie per la loro fabbricazione, purché esse non siano utilizzate

per sostituire totalmente o parzialmente uno qualsiasi dei com

ponenti del latte».

21. - Occorre inoltre rilevare che lo stesso articolo dispone, al suo n. 3, che «le denominazioni utilizzate per designare i

prodotti lattiero-caseari possono essere usate anche insieme ad

uno o più termini per designare prodotti composti in cui nessun

elemento sostituisce o intende sostituire un componente qualsia si del latte e di cui il latte o un prodotto lattiero-caseario costi

tuisce una parte fondamentale, per la quantità o per l'effetto

che caratterizza il prodotto». 22. - Emerge chiaramente dalla formulazione di tali disposi

zioni che un prodotto lattiero-caseario, nel quale un componen te qualsiasi del latte sia stato sostituito, anche solo parzialmen

te, non può essere designato con una delle denominazioni di

cui all'art. 2, n. 2, 2° comma, primo trattino, del regolamento. 23. - Di conseguenza, prodotti derivati dal latte, come quelli

controversi nella causa a qua, in cui un componente del latte, nella fattispecie la materia grassa animale, è stato interamente

sostituito da un'altra sostanza, vale a dire la materia grassa ve

getale, non rientrano nella categoria dei «prodotti lattiero

caseari», come definita all'art. 2, n. 2, del regolamento e, ai

sensi dell'art. 3, n. 1, di quest'ultimo, non possono essere desi

gnati con la denominazione «formaggio». 24. - Alla luce delle considerazioni di cui sopra, occorre risol

vere la prima questione dichiarando che l'art. 3, n. 1, del rego

lamento, in combinato disposto con l'art. 3, n. 2, della diretti

va, dev'essere interpretato nel senso che un prodotto lattiero

caseario, nel quale la materia grassa del latte sia stata sostituita

da materia grassa vegetale per motivi dietetici, non può essere

denominato «formaggio».

Sulla seconda questione

25. - Per risolvere tale questione, occorre rammentare che, ai sensi dell'art. 3, n. 2, del regolamento, applicabile a prodotti diversi da quelli previsti all'art. 2 di quest'ultimo, come i pro dotti di cui trattasi nella causa a qua, «non possono essere uti

lizzati etichette, documenti commerciali, materiale pubblicita

rio, altra forma di pubblicità (. . .) né alcuna forma di presen tazione che indichi, implichi o suggerisca che il prodotto in

questione è un prodotto lattiero-caseario».

26. - Ebbene, come ha rilevato giustamente il governo elleni

co, l'utilizzazione della denominazione «formaggio dietetico»

per designare prodotti come quelli di cui trattasi nella causa

principale può dare l'impressione al consumatore che si tratti

di prodotti che beneficiano della denominazione «prodotti lattiero-caseari» ai sensi del regolamento, il che non è, e le indi

cazioni descrittive che l'UDL si propone di aggiungere sulla con

fezione non sono tali da far scomparire tale impressione né da

eliminare il rischio di confusione che ne risulta.

27. - Infatti, tali indicazioni descrittive non soltanto non pre cisano chiaramente che la materia grassa del latte è stata inte

gralmente sostituita dalla materia grassa vegetale, ma esse au mentano persino il rischio di confusione nella mente del consu matore in quanto suggeriscono, in violazione dell'art. 3, n. 2, del regolamento, con l'uso illegittimo del termine «formaggio», che i detti prodotti sono prodotti lattiero-caseari.

28. - Di conseguenza, occorre constatare che l'utilizzazione

di indicazioni descrittive, come quelle che figurano al punto 12

della presente sentenza, non influisce sul divieto di usare la de

nominazione «formaggio dietetico» per designare prodotti nei

quali uno qualunque dei componenti del latte sia stato sostitui

to da un'altra sostanza.

29. - Tale constatazione non è rimessa in discussione dall'ar

gomento fatto valere dall'UDL secondo il quale il divieto di usare il termine «formaggio» per designare prodotti derivati dal latte nei quali un componente naturale sia stato sostituito da

una sostanza estranea, persino nel caso in cui sulle confezioni

figurino indicazioni descrittive, è in contrasto con il principio di proporzionalità.

30. - A tal proposito occorre rammentare che secondo la co

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GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E STRANIERA

stante giurisprudenza della corte il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto comunitario, richie

de che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti

di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi

legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo

restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure

appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli in

convenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto

agli scopi perseguiti (v., in particolare, sentenze 13 novembre

1990, causa C-331/88, Fedesa e a., Racc. pag. 1-4023, punto

13, e 5 maggio 1998, causa C-180/96, Regno unito/Commissio

ne, Racc. pag. 1-2265, punto 96). 31. - Risulta pure da una giurisprudenza costante che, per

quanto riguarda il controllo giurisdizionale delle condizioni an

zidette, il legislatore comunitario dispone in materia di politica

agricola comune di un potere discrezionale corrispondente alle

responsabilità politiche che gli art. 40 del trattato Ce (divenuto, in seguito a modifica, art. 34 Ce), 41 e 42 del trattato Ce (dive

nuti art. 35 Ce e 36 Ce) e 43 del trattato Ce (divenuto, in segui to a modifica, art. 37 Ce) gli attribuiscono. Di conseguenza, solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in

tale ambito, in relazione allo scopo che l'istituzione competente

intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedi

mento (v. citate sentenze Fedesa e a., punto 14, e Regno uni

to/Commissione, punto 97). 32. - A tal proposito occorre, da un lato, constatare che,

come emerge dal terzo e dal sesto 'considerando' del regola

mento, l'obiettivo perseguito dal legislatore è di proteggere la

composizione naturale del latte e dei prodotti lattiero-caseari

nell'interesse dei produttori e dei consumatori della Comunità

e di evitare qualsiasi confusione nella mente di questi ultimi

tra i prodotti lattiero-caseari e gli altri prodotti alimentari, com

presi quelli che contengono in parte componenti del latte.

33. - D'altro lato, occorre rilevare che non è dimostrato che

l'utilizzazione della denominazione «formaggio» accompagnata

da indicazioni descrittive, come quelle di cui trattasi nella causa

principale, per designare prodotti in cui la materia grassa del

latte sia stata completamente sostituita dalla materia grassa ve

getale potrebbe impedire certamente qualsiasi confusione nella

mente del consumatore quanto alla composizione del prodotto

che intende acquistare. Per contro, una siffatta utilizzazione sa

rebbe manifestamente tale da compromettere la protezione del

la composizione naturale del latte e dei prodotti lattiero-caseari.

34. - Di conseguenza, il fatto che sia vietata l'utilizzazione

della denominazione «formaggio» per designare prodotti deri

vati dal latte nei quali un componente naturale di quest'ultimo

sia stato sostituito da una sostanza estranea, anche quando sul

le confezioni figurano indicazioni descrittive a tal proposito, non

costituisce una misura manifestamente inidonea al conseguimento

dello scopo perseguito e, pertanto, tale divieto non viola il prin

cipio di proporzionalità. 35. - Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la seconda

questione nel senso che per quanto riguarda prodotti derivati

dal latte nei quali un componente naturale di quest'ultimo sia

stato sostituito da una sostanza estranea, l'utilizzazione di una

denominazione come «formaggio dietetico all'olio vegetale (o

formaggio dietetico a pasta molle contenente olio vegetale) per

un'alimentazione a base di materie grasse di sostituzione» non

è autorizzata neppure quando tale denominazione venga inte

grata con l'apposizione sulle confezioni di indicazioni descritti

ve quali «questo formaggio dietetico è ricco di acidi grassi po

linsaturi» oppure «questo formaggio dietetico è ideale per un'a

limentazione volta a tenere sotto controllo il colesterolo».

Per questi motivi, la corte (sesta sezione), pronunciandosi sulle

questioni sottopostele dal Bundesgerichtshof con ordinanza 5

marzo 1998, dichiara:

1) L'art. 3, n. 1, del regolamento (Cee) del consiglio 2 luglio

1987 n. 1898, relativo alla protezione della denominazione del

latte e dei prodotti lattiero-caseari all'atto della loro commer

cializzazione, in combinato disposto con l'art. 3, n. 2, della

direttiva del consiglio 3 maggio 1989 n. 89/398/Cee, relativa

al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concer

nenti i prodotti alimentari destinati ad un'alimentazione parti

colare, dev'essere interpretato nel senso che un prodotto lattie

II Foro Italiano — 2000.

ro-caseario, nel quale la materia grassa del latte sia stata sosti

tuita da materia grassa vegetale per motivi dietetici, non può essere denominato «formaggio».

2) Per quanto riguarda prodotti derivati dal latte nei quali un componente naturale di quest'ultimo sia stato sostituito da

una sostanza estranea, l'utilizzazione di una denominazione co

me «formaggio dietetico all'olio vegetale (o formaggio dietetico

a pasta molle contenente olio vegetale) per un'alimentazione a

base di materie grasse di sostituzione» non è autorizzata neppu re quando tale denominazione venga integrata con l'apposizio ne sulle confezioni di indicazioni descrittive quali «questo for

maggio dietetico è ricco di acidi grassi polinsaturi» oppure «que

sto formaggio dietetico è ideale per un'alimentazione volta a

tenere sotto controllo il colesterolo».

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE; sen tenza 21 ottobre 1999, causa C-67/98; Pres. Rodriguez Igle

sias, Aw. gen. Fennelly; Questore di Verona c. Zenatti.

Unione europea — Ce — Libera prestazione di servizi — Scom

messe su eventi sportivi — Normativa nazionale restrittiva non

discriminatoria — Legittimità — Fattispecie (Trattato Ce, art.

46, 49, 55, 234).

Le disposizioni del trattato Ce relative alla libera prestazione dei servizi non ostano a una normativa nazionale, come quel la italiana, che riserva a determinati enti il diritto di esercitare

scommesse sugli eventi sportivi, ove tale normativa sia effet

tivamente giustificata da obiettivi di politica sociale tendenti

a limitare gli effetti nocivi di tali attività e ove le restrizioni da essa imposte non siano sproporzionate rispetto a tali obiet

tivi. (1)

(1) Con ordinanza 20 gennaio 1998, il Consiglio di Stato aveva sotto

posto alla Corte di giustizia una questione pregiudiziale tendente a veri

ficare la compatibilità con le disposizioni del trattato relative alla libera

prestazione dei servizi della normativa italiana che riserva l'esercizio

delle scommesse sulle competizioni sportive allo Stato o ad altro ente

concessionario, assoggettandolo altrimenti all'autorizzazione di polizia di cui all'art. 88 r.d. 773/31, «recante approvazione del testo unico

delle leggi di pubblica sicurezza» (in difetto della quale, l'esercizio delle

scommesse è sanzionato penalmente ai sensi dell'art. 4 1. 401/89). La

questione era stata sollevata nell'ambito del giudizio instaurato dinanzi

al Tar Veneto da un cittadino italiano cui il questore di Verona aveva

vietato la prosecuzione della sua attività di intermediario in Italia per una società inglese specializzata nell'accettazione di scommesse su even

ti sportivi stranieri (un c.d. allibratore), ritenendo siffatta attività non

autorizzarle ai sensi del ripetuto art. 88.

La pronuncia in epigrafe conferma l'orientamento «paternalistico» adottato dalla corte in tema di gioco d'azzardo sin dalla sentenza Schin

dler (24 marzo 1994, causa C-275/92, Foro it., 1994, IV, 521, con nota

di M. Coccia, «Rieri ne va plus»: la Corte di giustizia pone un freno alla libera circolazione dei giochi d'azzardo, che ne preconizzava l'effi

cacia «legittimante» rispetto alla disciplina italiana) ribadendo, in base

ad una (per certi versi opinabile, stante il diverso grado di «alcatorie

tà») valutazione delle scommesse quali «giochi d'azzardo analoghi alle

lotterie di cui alla sentenza Schindler», al pari di queste sottoposte alle

regole sulla libera prestazione dei servizi, ed in considerazione delle pe culiarità dei giochi d'azzardo, in primis et ante omnia, la loro potenzia lità «criminogena», l'ammissibilità delle restrizioni imposte dal legisla tore nazionale in subiecta materia, in quanto giustificate da ragioni di

politica sociale (per una recente sintesi di taglio generale, cfr. Condinanzi

Nascimbene, La libera prestazione dei servizi e delle professioni in ge

nerale, in Tizzano (a cura di), Il diritto privato dell'Unione europea,

Torino, 2000, I, 283 ss.).

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