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Anna Maria Civati Violamammola e le Bullortiche

Date post: 24-Mar-2022
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Anna Maria Civati Violamammola e le Bullortiche
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Anna Maria Civati

Violamammolae le Bullortiche

VIOLA MAMMOLA E LE BULLORTICHE Le note di un flauto dolce sussurrano, nel riverbero del primo tiepido sole,l’inizio di un mutamento. Da una pedana innalzata da un refolo di pacifico vento, l’inverno,voltando le curve spalle all’orchestra,scende e consegna in una imprescindibile alleanza la bacchetta nelle mani affusolate della primavera. Mentre lontane aleggiano ormai soffuse,le note che rimandano alle foglie morte,l’orchestra diretta dalla nuova stagione ha già intonato un tripudio di armoniche melodie assecondando il clamore del risveglio. Radura, luogo di pace e solfeggi,abbracciato da libere pareti di alberi,boschi che contornano senza mai chiudere,luci che vanno e vengono rincorrendo colori e ombre,suoni che si intervallano a silenzi udibili. Qui le emozioni si donano,si offrono con l’umiltà e la forza dei magnifici eventi. Ma come purtroppo spesso accade, non tutti sanno aprire la mano e cogliere l’intorno che li circonda limitandosi a vedere l’io e non l’altro. Allora la musica arriva alle loro orecchie ma fatica a raggiungere il cuore, gli occhi non vedono l’oltre e l’io cancella e annebbia l’orizzonte. Davanti alla sterilità di emozioni,al bieco egoismo e al cieco io,anche la primavera difficilmente riuscirà a farsi sentire e le sue dolci altruistiche note rimbalzeranno su muri del suono che nulla lasciano mai penetrare.

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Questo racconto è un sussurro lieve lieve, una carezza,è la speranza che il recupero di serenità e pace possa passare anche da qui. Sul finire di un fitto bosco si apre una verde radura. Sul finire di una verde radura si apre un fitto bosco. L’erba da poco rinverdita,accoglie e si adorna di tremule corolle che spezzano la monotonia del verde,come gemme che sprigionano luce da uno scrigno aperto verso il cielo. Primule carnose,Pratoline bianche che timide arrossiscono sul finire di tremuli petali,Miosotis azzurri e sereni, Mughetti che spargono gocce di rugiada e inebriante profumo,e……Viole Mammole. Ogni specie di fiore sbuca qua e la da unici ceppi formando capannelli di cromatiche vibrazioni,mosse da un vento buono che intuisce,asseconda,raccoglie,racchiude intravedendo in loro la similitudine con un’adolescenza appena sbocciata. Dentro quel pezzo di prato va in scena l’inizio di un cambiamento,quei gruppetti di complici fiori, evocano e ci rappresentano la giovinezza che consacra le non regole, che sprigiona e sospira,afferra e si ritrae esplodendo in una frenesia di linguaggi nuovi. Nei loro abiti, cuciti dal per sempre,quei gruppetti di affiatati fiori sembrano fanciulle che bisbigliano e si confidano segreti. Oltre lo sguardo da quei gruppetti abbracciati e compatti,sul finire tra busco e radura s’intravede sbucare,piccola e solitaria,una coraggiosa Viola ,Mammola.

Poco distante,un gruppetto appartenente alla sua stessa specie,evoca fanciulle che si preparano radiose per il ballo delle debuttanti. La piccola solitaria Viola Mammola invano cerca di attirare la loro attenzione assecondando ogni soffio di vento nel tentativo di avvicinarsi facendo così in modo che si accorgano di lei. Ma nessuna delle Violette sembra notare la sua presenza e ogniqualvolta, costrette dal vento si trovano a guardare nella sua direzione, una studiata indifferenza chiude gli occhi all’altruismo addormentando i sorrisi su letti di aride coltri. Viola Mammola dal canto suo non abbassa mai il capino,certo,le capita spesso di chiedersi per quale strano,buffo destino ha piantato radici proprio lì,unica e distante,al margine della radura fra le radici di un Maggiociondolo dal tronco ne dritto ne grosso,schivo e discreto, un albero del quale dicono ci si può fidare. Dalla buona terra che li accomuna,la Viola Mammola a volte guarda su verso il Maggiociondolo scrutandone i rami rigogliosi adorni di grappoli fioriti in un’esibizione di gialle sfumature. L’albero dal canto suo, risponde a quegli sguardi con un cenno di tacito accordo che sembra voler dire:”Sono uno che si fa gli affari suoi,ma se per caso dovessi aver bisogno d’aiuto conta pure su di me”. Viola Mammola,nonostante la solitudine si sente al sicuro tra le radici di quel albero concreto che sa infonderle coraggio e fiducia. Maggiociondolo, nel fluire della sua linfa ha intuito ciò che spesso affligge il piccolo fiore,la percepisce vulnerabile

e triste mentre cerca di attirare l’attenzione dei gruppetti di fiori che distano così poco da lei,ma che proprio non vogliono saperne di accennare un piccolo sorriso: costerebbe così poco! Ma oltre la tristezza,che come la rugiada si posa e dispensa brividi tra i petali della Viola Mammola, Maggiociondolo aveva saputo cogliere nel piccolo fiore una grande dignità,non si piangeva mai addosso cercando ovunque risposte che portassero e parlassero al cuore. Il piccolo fiore non avrebbe mai smesso di sperare, di questo era certo l’albero,ma soprattutto non avrebbe mai cessato di credere. In questo luogo di pace e sussurri,al margine tra bosco e radura si inseriscono nel nostro narrare,a casaccio qua e la, personaggi aridi e di effimere vedute. Da poco rinverdite vestono i panni creati da un egocentrico sarto che, per sbaglio o per consapevole errore, ha lasciato tra la verde stoffa piccoli perfidi perenni spilli, decretandone loro malgrado da sempre e per sempre il nome di piante urticanti, sto parlando delle Bullortiche. Crescono raggruppate e anche da questo traggono forza, sentirsi parte del branco le rende spavalde e sicure, dall’alto dei loro centimetri di pura vanità, le Bullortiche si atteggiano altezzose e sciocche ridacchiando e lisciandosi le vesti ricoperte da una peluria ingannatrice. Certe e forti del fatto che nessuno oserà dar loro fastidio,vanagloriose si crogiolano nelle loro false convinzioni di esseri superiori, quando di colpo la loro attenzione viene attirate dalla piccola Viola Mammola. Come ogni codardo ben sa,è meglio stare alla larga dai gruppi se si vuole attaccar briga e concentrare tutta la


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